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L’analisi-inchiesta

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Luciano Vasapollo
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per Proteo (48)

Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Ristrutturazione capitalistica

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica
Luciano Vasapollo, Rita Martufi

 

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Quarta parte: Le dinamiche evolutive dei processi di internazionalizzazione

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Ed ancora è interessante analizzare la Tab.33 che mette a confronto le strutture proprietarie di alcuni paesi; dall’esame dei dati si rileva facilmente il ruolo fondamentale che rivestono i fondi pensione in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (nel primo paese il 50% delle azioni e negli Stati Uniti il 28%); in Italia e in Francia invece rivestono un ruolo preminente le grandi famiglie (rispettivamente il 50 e il 19%); anche in Germania la proprietà è in mano alle grandi famiglie per il 15% mentre in Giappone per il 24%.

Se si analizza la Tab.34 si nota che circa il 36% delle grandi imprese nel mondo è a proprietà diffusa, il 30% appartiene a famiglie; il 18% appartiene allo Stato e il rimanente 16% è suddiviso nelle altre categorie. Va evidenziato che in base ai dati del 1998 solo lo 0,5% delle aziende è gestito dalle agenzie assicurative o dalle banche. Ed ancora: mentre per gli Stati Uniti e in Gran Bretagna l’azienda a proprietà diffusa rappresenta circa l’80%, in Italia la percentuale è del 20% mentre lo Stato detiene il 40% della proprietà e le famiglie il 15%. Si nota una notevole differenza tra i due gruppi di paesi relativamente al numero di imprese a proprietà diffusa in quanto mentre i valori del primo gruppo sono del 48% per i secondi si scende al 27%.

Se si analizza la struttura della concentrazione secondo una definizione di controllo più “leggera”, ossia controllo del 10%, la situazione è allora deducibile dalla Tab.35. Si nota subito che in questo caso i valori percentuali riferiti alle imprese a proprietà diffusa scendono al 24% mentre gli altri valori si attestano su percentuali simili alle precedenti. Nel nostro Paese la percentuale delle aziende a proprietà diffusa scende al 15%.

Va rilevato che persiste la differenza tra i due gruppi di paesi relativamente al numero di imprese a proprietà diffusa, in quanto mentre i valori del primo gruppo sono del 34% per i secondi si scende al 16%.

Se si esamina invece la situazione delle imprese medie ci si accorge che in questo caso per il 45% la proprietà è gestita dalle famiglie; se si guarda l’Italia ci si accorge che circa il 60 % delle imprese è in mano alle famiglie poichè in sostanza non ci sono imprese medie a proprietà diffusa o che sono gestite dallo Stato (cfr. Tab.36).

In Italia in sostanza le famiglie risultano essere i soggetti proprietari più presenti nelle aziende mentre le imprese a proprietà diffusa sono quasi inesistenti poichè di solito sono presenti in quei paesi nei quali è più alta la protezione degli azionisti e in cui la scelta da anni è stata effettuata verso un peso determinante del sistema finanziario; ancora, in Italia, le finanziarie, le banche non hanno un ruolo prevalente mentre le aziende a controllo statale sono ancora molto diffuse, così come è superiore alla media il controllo tramite le altre imprese private e il controllo di insieme misto (o miscellanea).