Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Quarta parte: Le dinamiche evolutive dei processi di internazionalizzazione
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Se si analizzano i movimenti commerciali degli ultimi 30 anni
ci si accorge se ci si riferisce alle esportazioni, che l’Unione Europea scende
del 4,3% tra il 1965 e il 1998 della quota del commercio mondiale anche se mantiene
una posizione di preminenza con il 15% del totale. Gli USA passano dal 17,1%
del 1965 al 12,2% nel 1998 mentre il Giappone che fino al 1985 ha registrato
una crescita fino al 9,5% a partire dal 1993 ha cominciato a scendere fino ad
arrivare nel 1998 al 7,1% del totale (cfr.Tab.17 pagina seguente).
Per quanto riguarda le importazioni invece i paesi dell’Unione
Europea passano da una quota del commercio mondiale totale del 23% nel 1965
al 14,1% nel 1998; gli Stati Uniti fra incrementi diversi passano comunque dal
13,5% del 1965 al 15,7% del 1998, mentre il Giappone che nel 1965 si attestava
su un 4,6%, dopo una iniziale crescita (nel 1985 era arrivato al 6,6%) scende
di nuovo e nel 1998 registra un 4,7%.
E’ importante anche mostrare le esportazioni e le importazioni
dell’Unione Europea per aree geografiche (escluso il commercio intra-area).
La Tab.18 evidenzia che i principali partner commerciali dell’UE sono
gli Stati Uniti cui fa seguito il Giappone e la Svizzera, anche i paesi dell’Europa
orientale rappresentano una quota significativa mentre sempre più importante
diventa il ruolo dei Paesi in Via di Sviluppo.
La Tab.19 evidenzia che oltre il 50% delle esportazioni
e quasi i due terzi delle importazioni italiane sono da imputare al mercato
europeo.
E’ interessante ora analizzare i principali paesi verso i quali
sono rivolte le esportazioni e le importazioni italiane (vedi Tabb. 20, 21);
si nota immediatamente che più del 50% dei rapporti commerciali (sia di export
sia di import) del nostro paese sono tenuti con Francia, Germania, Spagna, Paesi
Bassi, Stati Uniti e Regno Unito, mentre risultano poco rilevanti i rapporti
con i paesi asiatici.
Se si analizza più da vicino la situazione del nostro Paese
va evidenziato che nel 1998 gli esportatori italiani sono stati più di170.000
di cui 160.000 specializzati nel commercio di manufatti. Gli addetti delle aziende
esportatrici sono stati nel 1996 circa 4.600.000 (quasi un terzo dell’intera
occupazione interna nei corrispondenti settori di attività; inoltre più del
92% è rappresentato da piccole imprese (ossia con meno di 50 addetti), che incidono
per il 32% in termini di occupati, il 7% sono medie imprese (da 50 a 249 addetti),
con una percentuale del 22% sugli occupati e solo lo 0,5% da imprese grandi,
che però incidono per il 46% degli occupati. Va rilevato che nel 1998 le esportazioni
e la produzione delle partecipate estere ha rappresentato oltre 600.00 miliardi
di lire, valore che si è quasi raddoppiato rispetto al 1991. La crescita del
numero di esportatori negli anni novanta è supportato dall’aumento del ricavo
medio all’esportazione, che va da 1,3 a 2,4 miliardi di lire tra il 1992 e il
1998; dalla minore rilevanza dei micro-esportatori; dall’aumento del numero
di esportatori stabili (ossia non episodici), e dalla migliore diversificazione
geografica delle attività delle aziende esportatrici che hanno esteso la loro
presenza a paesi dell’Africa, del Medio Oriente e dell’America Latina. Le imprese
esportatrici risultano essere collocate per il 69% nell’Italia settentrionale,
per il 19% nell’Italia centrale e solo per il 12% al Sud (va rilevato che negli
anni 1994-1998 si è avuto un aumento della quota del Mezzogiorno dell’1,7% e
dello 0,5% al Centro.
Il Graf.1 invece evidenzia i principali paesi di destinazione
delle esportazioni italiane; si nota immediatamente che i paesi maggiormente
interessati sono la Germania, la Francia e gli Stati Uniti; tra gli ultimi invece
si collocano la Cina, la Svezia e la Danimarca.
D’altro canto se si esamina la situazione dal versante opposto
(cfr. Graf.2) ci si accorge che le aziende che di più esportano in Italia
sono soprattutto di paesi quali Germania, Francia e Regno Unito, che insieme
negli anni 1997, 1998 interessano circa il 38% del totale delle importazioni
in Italia.
Continuando l’analisi delle dinamiche di internazionalizzazione
per l’Italia va rilevato che vi è un coinvolgimento sempre maggiore delle
piccole e medie imprese nel processo di competizione globale produttiva; le
imprese minori, infatti, soprattutto negli anni ‘90, per il continuo estendersi
del fenomeno della liberalizzazione e globalizzazione dei mercati, hanno visto
crescere molto la loro quota di gli investimenti diretti esteri (IDE).