Sindacati, fondi pensione e mercati finanziari: bilancio e limiti delle strategie nord-americane. Quale valore d’esempio per i sindacati in Europa?
Catherine Sauviat
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Questo fondo ha una doppia funzione: è destinato a sostenere
e a sviluppare posti di lavoro a livello locale, sia con investimenti a lunga
scadenza nelle imprese del Quebec non quotate (con meno di 500 lavoratori e meno
di 50 milioni di dollari canadesi di attivo), sia investendo in imprese
straniere la cui attività abbia delle ricadute nella provincia. È costretto
dalla legge ad investire in queste imprese almeno il 60% del suo attivo netto
dell’anno precedente (a partire dal quinto anno di esistenza), il resto può
essere investito in titoli con minor rischio (grandi imprese quotate, buoni del
Tesoro, titoli del mercato monetario, etc.). In questa maniera ha sviluppato una
rete di 17 fondi regionali e di 86 fondi locali, oltre a 19 fondi settoriali
(biotecnologie, genetica, etc.). I suoi criteri d’investimento non sono
unicamente finanziari ma anche sociali: gli investimenti del fondo devono
assicurare un ritorno equo ai partecipanti selezionando imprese nelle quali la
gestione delle risorse umane (sul piano delle relazioni professionali, delle
condizioni di lavoro e di sicurezza, etc.) e i rapporti con la comunità
circostante siano giudicati soddisfacenti. Questo filtro non è esclusivo e non
si esige per esempio che l’impresa sia sindacalizzata, (ossia i suoi
lavoratori siano iscritti ai sindacati). Occorre sottolineare che lo sviluppo
del fondo, dalla sua creazione, è basato su una rete di volontari incaricati di
far conoscere e diffondere questo prodotto di risparmio (2.200 lavoratori
sindacalizzati della FTQ). Questa funzione è complementare rispetto alla prima:
ha anche una missione di educazione economica presso i lavoratori delle imprese,
delle quali detiene le azioni.
Come prodotto del risparmio-pensione individuale, il fondo di
solidarietà FTQ è particolarmente interessante per i lavoratori come per il
grande pubblico, tenuto conto degli incentivi fiscali esistenti. I lavoratori
iscritti ai sindacati rappresentano il 59% degli azionisti del fondo, il resto
degli investitori (41%) è rappresentato da individui benestanti che hanno poco
o nulla a che fare con il mondo sindacale. Il risparmio in questo fondo è
teoricamente bloccato fino alla pensione, salvo circostanze particolari (perdita
dell’impiego, tempo di formazione, etc.).
b. Gli altri fondi pro-sindacali e gli investimenti “etici”
I Fondi d’investimento sindacali (FIS) sono ispirati
direttamente dall’esempio del Quebec. La loro creazione, plebiscitaria per il
personale politico canadese tradizionalmente favorevole ai finanziamenti delle
PMI, deve avere il sostegno di un sindacato. Questo sostegno in alcuni casi non
è che di facciata come in Ontario dove sono qualificati come rent a union
fund (Stanford, 1999). Il risparmio individuale si è mutualizzato
attraverso dei piani di risparmio pensionistici gestiti collettivamente (Registered
Retirement Saving Plans) e che beneficiano di grosse esenzioni fiscali. È
bloccato per otto anni. Il credito d’imposta emanato dai governi federali e
provinciali è del 40% dell’investimento con un massimo di 5.000 dollari
canadesi a persona all’inizio. Nel 1996 è stato ridotto al 30% e a 3.500
dollari per la presa di coscienza del carattere poco sindacale della maggior
parte di questi fondi. Rappresentano tuttavia il settore più dinamico del FIS
del Canada anglofono. I fondi “autenticamente sindacali” hanno cercato di
distinguersi dagli altri FIS, raggruppandosi con un codice etico (The
Canadian LSIF Alliance). Tra i loro principi, il fatto che il sindacato
partecipi alla gestione del fondo è fondamentale, oltre al perseguimento degli
obiettivi di sostegno o di creazione d’impiego e di sviluppo regionale.
Lo sviluppo dei FIS è favorito da esenzioni fiscali, molto
attraenti per i risparmiatori che investono in questo tipo di fondi. La maggior
parte di loro sono individui ad alto reddito, che hanno poco a che fare col
mondo sindacale e con la sua cultura. Questa è una differenza con il Fondo di
Solidarietà FTQ nel quale i partecipanti sono per la maggior parte lavoratori
iscritti ai sindacati. Il loro profilo è simile a quello del risparmiatore
tipico che investe in un conto di risparmio individuale. Questo non deve
sorprenderci, dal momento che la propensione al risparmio è maggiore quanto
più sono alti i redditi. Dal lato del risparmio, questi dispositivi favoriscono
principalmente non i lavoratori che ne avrebbero più bisogno per la loro
pensione, ma persone già agiate. I FIS hanno anche contribuito a diffondere il
mito di un capitalismo popolare in Canada, dove invece paradossalmente la
ricchezza è concentrata in poche mani, come del resto negli Stati Uniti
(Stanford, 1999).
Nel fondo il risparmio accumulato è orientato solo in parte verso le PMI e l’economia
reale (60% se il fondo ha più di 5 anni di esistenza). Quasi tutti i fondi non
raggiungono le percentuali stabilite dalle leggi, ed anche i fondi di recente
creazione, sono lontani dal raggiungere le previsioni legali. Le sovvenzioni
governative servono in parte all’acquisto di buoni del Tesoro.
D’altra parte le spese annuali di gestione dei FIS sono
più alte di quelle dei mutual funds classici (intorno al 5% dell’attivo
gestito), abbassando così i loro rendimenti. Infine, dal punto di vista delle
imprese con investimenti mirati, il numero di posti di lavoro creati o mantenuti
deve essere relativizzato; spesso è sovrastimato quantitativamente. Allo stesso
modo il pubblico, le PMI sono in genere abbastanza ostili all’ambiente
sindacale e non sempre meritano l’etichetta di “etiche”.
Oltre a questi fondi pro-sindacali esiste in Canada un
settore di mutual funds etici, cioè dei fondi il cui portafoglio è
filtrato secondo criteri non finanziari (tutela ambientale, finalità sociali,
etc.). Questo settore mira di più al risparmio individuale che al risparmio
istituzionale e fino ad ora i trustees sindacali hanno utilizzato poco i
filtri d’investimento per selezionare gli investimenti delle loro casse
pensioni. I pochi FP che vengono attivati negli investimenti etici o in forme d’investimento
“socialmente responsabili” si trovano per la maggior parte nel Quebec
(Quarter, 2001).
Il settore dei mutual funds etici ha preso il via con
le banche cooperative negli anni ‘80, in risposta all’aumento dei tassi d’interesse
ed alla concorrenza delle istituzioni finanziarie non bancarie che hanno drenato
una parte crescente del risparmio delle famiglie e dei lavoratori (noti come mutual
funds). Il più importante promotore dei mutual funds etici è il
gruppo Ethical Fund, nato da una cassa di credito cooperativa di
Vancouver (VanCity Savings and Credit Union). Conta in tutto dodici mutual
funds etici che totalizzano più di 2 miliardi di dollari canadesi di attivo
in gestione. Il suo fiore all’occhiello è l’Ethical Growth Fund, creato
nel 1986 e che fa parte oggi dei primi dieci mutual funds canadesi,
che gestiscono circa 740 milioni di dollari canadesi. Altri gruppi di mutual
funds hanno cercato di investire in questo settore dell’etica, come Investor’s
Group, uno dei più importanti mutual funds del Canada, che gestisce
20 miliardi di dollari canadesi in maniera non etica e che ha creato, per
opportunità commerciale, il suo proprio mutual fund etico, Summa Fund
(600 milioni di dollari canadesi). Infine il Desjardin Trust Group
associato ai movimenti cooperativi del Quebec ha creato un suo fondo ambientale,
con 125 milioni di dollari canadesi di attivo gestito.
3. “I soldi dei lavoratori” come trampolino per una nuova militanza d’azione
sindacale
È a partire dalla seconda metà degli anni ‘80, ma
soprattutto nel corso degli anni ‘90,che i sindacati e l’AFL-CIO hanno
sviluppato una nuova strategia, cercando di promuovere un attivismo nell’azionariato
fondato sul pieno esercizio del “diritto di proprietario”. I mezzi a
disposizione sono di due tipi: l’acquisto o la vendita di titoli a seconda che
i proprietari di azioni vogliano far rilevare il loro accordo o il loro
disaccordo con la politica dell’impresa; le battaglie di risoluzione e di voto
alle assemblee generali per portare avanti degli obiettivi propriamente
sindacali, inserendosi nel gioco della corporate governance. Questo nuovo
orientamento rompe con l’utilizzo limitato fatto fino a quel momento: in
effetti solo due sindacati, quello dei minatori (UMW) e quello tessile (ACTWU)
si erano serviti negli anni ‘70 dello strumento dei loro FP per ottenere le
rivendicazioni sindacali o favorire le imprese sindacalizzate (Roberts, 1987).
Negli ultimi due decenni questa strategia diventa un cavallo di battaglia
privilegiato dall’azione sindacale sul piano nazionale, mentre, allo stesso
tempo, l’AFL-CIO tenta d’imporlo a livello internazionale come la forma di
risposta sindacale alla mondializzazione del capitale. Evidentemente si suppone
che i FP sindacali investano sempre più in azioni, come è stato in questi
ultimi anni, dove effettivamente, questi fondi, hanno rafforzato il loro
portafoglio d’azioni, confortati dal rialzo dei mercati borsistici negli anni
‘90.
3.1. I sindacati, attori nuovi e molto attivi della corporate governance
Questa strategia è stata intrapresa e rivendicata dall’AFL-CIO
e da alcune sue federazioni negli Stati Uniti; in particolare dai sindacati
delle costruzioni. Questa confida, tenuto conto della debolezza del loro peso
finanziario, sulle alleanze con i FP del settore pubblico che sono
particolarmente attivi, contrariamente ai loro omologhi del settore privato e ai
loro gestori di fondi (money managers indipendenti, gestori di mutual
funds, etc.).
Le iniziative sindacali intraprese consistono nell’utilizzare
meglio il quadro giuridico estremamente codificato e rigoroso atto a fissare le
regole di comportamento tra gli azionisti e i dirigenti d’impresa, ossia il corporate
governance. Ormai alcuni sindacati cercano di usare il loro potere azionario
cercando di condizionare il voto dell’assemblea generale, figurando davanti ai
FP a seconda del numero di proposizioni sottoposte al voto (Brancato, 1997). I
sindacati più attivi in questo settore sono compresi nelle più importanti
federazioni dell’AFL-CIO: sono i sindacati dei trasportatori (Teamsters),
del tessile e dell’abbigliamento (UNITE), del commercio (UFCW), dei servizi
(SEIU) e dei mestieri attinenti alle costruzioni (Carpenters, Electrical
workers). Secondo Schwab & Thomas (1998), queste iniziative rivestono
essenzialmente quattro forme e sono oggetto di intense battaglie giuridiche con
i datori di lavoro e con l’autorità borsistica americana (Securities
Exchange Commission). Le due prime forme sono state utilizzate con
successo da vari FP sindacali. Le altre due forme sono simboliche più che
orientate alla ricerca di risultati immediati.
La prima forma d’iniziativa è l’uso di una regola che si
chiama regola 14-a8 conformemente alla sezione corrispondente del Securities
Act. Questa regola circoscrive molto precisamente il contesto e la natura delle
proposte degli azionisti sottoposte al voto ed ha reso per lungo tempo, molto
difficili, le condizioni di esercizio del diritto di voto per i FP sindacali:
tutto quello che ha a che fare con la gestione ordinaria degli affari (ordinary
business), come la gestione degli stipendi dei lavoratori e dei dirigenti non
può essere sottoposto al voto degli azionisti, ma resta sotto l’autorità
esclusiva della direzione. La pressione degli investitori istituzionali ha
obbligato la SEC a prevedere la possibilità di utilizzare questa regola già
dal 1992 (O’Sullivan, 2000), e a rendere più facile la comunicazione e le
coalizioni tra azionisti (Gillan & Starks, 2000). I sindacati l’utilizzano
molto proponendo al voto due tipi di risoluzioni: l’abrogazione dei
dispositivi anti-OPA (poison pills) utilizzati dai dirigenti negli anni
‘80 per proteggersi dalle OPA ostili; l’abrogazione dei consigli d’amministrazione
classificati (classified boards) che impediscono il rinnovamento
completo dei consigli di amministrazione. Questa attitudine è nuova per loro:
negli anni ‘80 hanno costantemente votato insieme ai dirigenti d’impresa
contro gli altri investitori istituzionali, credendo così di difendere i loro
posti di lavoro e i loro stipendi.
La seconda forma d’iniziativa consiste nel proporre
emendamenti agli statuti delle imprese, dove questi permettono ai dirigenti d’impresa
di introdurre dispositivi anti-OPA, senza ricorrere al parere degli azionisti.
Questi escamotage giuridici sono combattuti generalmente tra stati sovrani nello
in grado di indirizzare il diritto societario. Anche se agli azionisti è
riconosciuto il potere di modificare gli statuti delle società, sono i consigli
d’amministrazione che nella pratica si arrogano questo diritto e che di fatto
negano esplicitamente agli azionisti tale esercizio. I Teamsters hanno
brillato con successo in questo genere d’iniziative. Uno degli esempi più
recenti in materia è il tentativo d’opposizione di tre FP sindacali alla
proposta di cambiamento della carta costitutiva dell’AT&T voluta per
facilitare lo smembramento dell’azienda. Se questi ultimi sono riusciti ad
imporre un tavolo di trattative alla direzione dell’azienda per cambiamento in
questione, d’altro canto, sotto pressione della direzione, hanno dovuto
accettare di abbandonare le loro rivendicazioni contro l’AT&T.
Le ultime iniziative sono a livello informativo. Si tratta di
rendere pubbliche le risoluzioni delle assemblee generali degli azionisti non
tanto affinché vengano attuate, quanto per farle conoscere agli altri
azionisti. O anche per condurre campagne pubbliche (conosciute sotto il nome di Just
vote no) simili a quelle condotte dai grandi FP del settore pubblico come
CALPERS, come esempio di impresa poco performante. Questo tipo d’azione è
stato sperimentato dal SEIU, il sindacato dei lavoratori dei servizi.
3.2. L’attivismo azionariale, nuovo cavallo di battaglia dell’AFL-CIO
L’arrivo di John Sweeney al vertice dell’ AFL-CIO e il
rinnovo della squadra dirigente nel 1995, sono stati l’occasione per
riaffermare con forza l’idea di utilizzare i FP come leva per l’azione
sindacale. Il nuovo gruppo dirigente ha scelto di rinforzare le modalità di
azione in due modi: da una parte con uno sforzo di formazione e di informazione
dei Trustees sindacali affinché possano affrancarsi dalla tutela dei
consulenti e dei gestori finanziari, dall’altra con un tentativo di
coordinamento centralizzato delle politiche dei differenti sindacati e delle
federazioni in materia di voto.
A questo scopo, è stata modificata la sua organizzazione
interna ed è stato creato un “dipartimento dei rapporti con le società” (Department
of Corporate Affairs), diviso in quattro centri, tra cui un ufficio per gli
investimenti. Questo ufficio, composto da una trentina di persone, è incaricato
di coordinare la gestione dei fondi di risparmio pensionistici e di risparmio
salariale dei lavoratori. Il suo responsabile, W. Patterson, ha creato nel 1998
il Center for Working Capital, con lo scopo di promuovere l’esercizio
dei diritti di voto dei FP sindacali e la formazione dei loro amministratori.
L’AFL-CIO ha scelto di sviluppare tre assi strategici, due
già sperimentati dalla precedente direzione dalla fine degli anni ‘70 che
occorreva riaffermare e approfondire e il terzo relativamente nuovo. La
costituzione di una base di dati sulla partecipazione finanziaria dei FP misti e
dei FP del settore pubblico è stata la prima tappa di questa nuova strategia. A
partire da questa si devono incitare i FP ad investire nelle imprese
sindacalizzate o non apertamente ostili ai sindacati.
Il secondo asse strategico consiste nel mettere a punto una
base di dati sui voti dei money managers incaricati di gestire gli
investimenti dei FP sindacali. Dal 1997 questi voti sono stati esaminati
sistematicamente per verificare la loro conformità alle nuove consegne e agli
orientamenti generali, resi pubblici dal sindacato centrale. La filosofia
generale del progetto è di sviluppare i legami e di favorire il dialogo tra la
comunità finanziaria e i sindacati. Per il momento i risultati sono limitati,
solo una minoranza di money managers votano in piena conformità con le
raccomandazioni del sindacato (O’Connor, 1999).
Il terzo asse mira a promuovere i sindacati come protagonisti
della corporate governance. Questi ultimi sono invitati a far prevalere i
loro “diritti di proprietari” per esigere dai dirigenti che agiscano
conformemente agli interessi degli azionisti. Questa strategia conta sulla
costituzione di un blocco di voti nei FP sindacali e su alleanze con gli altri
azionisti, come i FP del settore pubblico. Questi FP si ritrovano nel Council
of Unstitutional Investors, politicamente molto influente, nel quale i
leader sindacali sono parte della classe dirigenziale. Tuttavia l’AFL-CIO
incontra dei limiti nell’affermarsi come protagonista centrale del
sindacalismo americano di fronte alle potenti federazioni sindacali che traggono
la loro forza e loro legittimità dalla negoziazione collettiva e dalla firma di
convenzioni collettive. Si scontra con la grande autonomia dei sindacati locali,
gelosi delle loro prerogative e diffidenti verso le iniziative provenienti da
“Washington D.C.”.