Il Mobbing: vecchia o nuova tensione confinata soltanto al posto di lavoro ed al solo individuo?
Augusto Ricci
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1. Premessa
L’Associazione Urbinate di Giornalismo Europeo (A.U.G.E.),
come preannunciato nel n.1-2000 di Proteo, ha tenuto ad Ancona l’8 Aprile c.a.
un Convegno sul fenomeno del Mobbing.
Le idee che esporrò, sebbene rientrino nella filosofia
generale dell’Associazione che presiedo, esprimono, comunque, anche un
pensiero più strettamente personale. Per quale motivo un’associazione
culturale legata all’informazione si è andata ad interessare fino a questo
punto del fenomeno del Mobbing?
È un quesito che abbiamo dibattuto anche nell’ambito dell’
Auge “Il Mobbing”. La risposta che abbiamo trovato sta nel fatto che, per
noi, il Mobbing è un fenomeno culturale, insito nel sociale, che solo
recentemente, nel 1990 da Leymann, è stato definito in un suo preciso ambito,
il lavoro. Tale fenomeno è ad esponenziale diffusione caratterizzata spesso
dall’improvvisazione dell’informazione e dallo spontaneismo dei tentativi di
gestione del fenomeno che potrebbero, a loro volta, vanificare e prestare a
strumentalizzazione un fenomeno che pure esiste.
2. Definizione di cultura
Mi si permetta un inciso: vorrei riportare cosa intendiamo
per cultura così che non ci siano malintesi sulle possibili interpretazioni del
termine.
Cultura è: “L’insieme delle cognizioni di cui è dotata
una persona... Si distingue, in genere, tra erudizione e cultura, in quanto
quest’ultima designa una più profonda rielaborazione non solo intellettuale,
ma anche spirituale, delle nozioni acquisite nei vari rami del sapere, che si
risolve, da un lato, nella formazione della personalità morale dell’uomo, e,
dall’altra, nell’educazione del gusto in etologia s’intende per cultura l’insieme
delle manifestazioni tradizionali della vita materiale, sociale o spirituale di
un popolo” (Dal Dizionario Enciclopedico Italiano Treccani, Vol III - pag.
689.).
3. Le domande sul Mobbing
In questa parte vorrei tentare di chiarire alcuni punti
chiave nei riguardi del fenomeno che abbiamo preso in esame rispondendo a delle
domande che mi sono posto e che mi sembrano i più elementari passaggi logici
per la comprensione del Mobbing.
1) Il Mobbing è un fenomeno che esiste solo nel mondo del
lavoro?
È una domanda d’importanza fondamentale poichè dalla
risposta ne deriveranno tutte le altre in sequenza logica. Mi è sembrato che l’approccio
più naturale sia quello di partire dalla storia del significato etimologico del
vocabolo Mobbing: questi, inteso come verbo, to mobb, di cui è il participio
presente, significa assalire, attaccare; come sostantivo, di uso dialettale
nello slang, mobb ha il significato di “banda”. Questo etimo, mobbing, ha la
sua prima comparsa grazie all’uso che ne fece l’indimenticabile etologo
Conrad Lorenz che si dedicò nello studio dei comportamenti degli animali
sociali e che lo usò per indicare la dinamica di gruppo con il quale il branco
(da mobb sostantivo “banda”) elimina o tenta di eliminare aggressivamente
(da to mobb verbo) l’elemento “diverso o “turbatore” dell’equilibrio
del sistema - branco.
Dalla fine degli anni ’60 e dai primi degli anni ’70 di
Lorenz passiamo al 1990 quando Leymann riprende il termine e lo utilizza per
designare le dinamiche tensive che si attuano nel mondo del lavoro, per cui oggi
universalmente quando si parla di fenomeno del Mobbing lo si individua come
aggressione, tensione, terrorismo nel mondo del lavoro.
Queste che possono sembrare disquisizioni filosofiche o
filologiche in realtà hanno una grande rilevanza pratica perchè ci
condizionano l’approccio critico al problema.
Infatti se ci atteniamo alla radice etimologica del termine
non possiamo non pensare che l’animale-uomo non metta in atto tale dinamica in
tutti i gruppi sociali comunque strutturati, e pertanto lo vediamo come fenomeno
sociale.
Se ci atteniamo al concetto di Leymann il fenomeno lo
dobbiamo confinare, convenzionalmente, per lo meno definendolo con tale termine,
solo nel mondo del lavoro, poichè altrimenti come dice Harald Ege: “tutto
diviene Mobbing”, e nulla perciò è Mobbing. Sarei dell’opinione di
definire con il termine di Mobbing quello che per tale s’intende, secondo il
concetto di Leymann e limitarlo nel mondo del lavoro. Questa definizione di
campo convenzionalmente stabilita ci fornisce molti vantaggi: definisce l’ambito
del fenomeno in un momento nel quale lo spontaneismo d’approccio sembra essere
la regola.
Definito l’ambito è più facile osservare il fenomeno e
studiarlo perchè diventa un sistema- sociale, tra i tanti osservabile, pur con
le sue infinite variabili ed anche perchè oltretutto ci sono già presenti
strutture di rappresentanza, i sindacati e le associazioni di categoria, che
storicamente si sono sempre interessate alle problematiche del mondo del lavoro.
Limitarlo al lavoro è perciò un primo passo prioritario di approccio
scientifico. La proposta di “SISTEMATIZZAZIONE“ del fenomeno nell’ambito
di quelli sociali è basata sulla visione della base biologica del fenomeno ed
è un tentativo “alla Linneo“, non per ghettizzare un fenomeno sociale per
isolarlo, ma solo per definire i suoi ambiti per poterlo osservare e studiare
diversificandolo, ove lo fosse, dagli altri, per poi inserirlo nel contesto
generale della società.
In sostanza un passaggio analitico per avere una visione d’insieme,
poichè, convinti assertori della “CULTURA DEL DIALOGO“ ci riferiamo
costantemente a quella poetica definizione di Gerald Morton, fisico e storico,
di “INCANTESIMO IONICO“ con la quale si indica l’unità della Scienza e
della Conoscenza che ha radici nella figura del filosofo Talete di Mileto e che
è espressa in maniera esaustiva da Einstein quando afferma: “È meraviglioso
cogliere l’unità in un complesso di fenomeni che, osservati direttamente,
sembrano distinti“.
Circoscritto perciò il termine al mondo del lavoro dobbiamo
pensare però che il problema possa essere più vasto perchè tipicamente
inserito nella società dell’uomo inteso come essere-biologico, pertanto se
“cataloghiamo” come “Mobbing” le tensioni sul lavoro della nuova
società, così dovremo trovare termini che definiscano le tensioni, pur se
sempre esistite, che oggi si presentano in nuove forme, della citata nuova
società.
Così da poter effettuare uno studio comparativo mediante il
confronto permesso dall’approccio scientifico-razionale; per noi, (altrimenti
che “incantesimo ionico” sarebbe?) non è pensabile disgiungere una “Filosofia
della Scienza” da una “Scienza della Filosofia”. Al di là della visione
poetica una pragmatizzazione dei termini commensurabili e quindi universalmente
compresi dovrà sempre più essere presente in un mondo sempre più, anche lui,
volenti o nolenti, globalizzato che, per rimanere coeso, avrà sempre più
bisogno di una informazione non solo attendibile, ma anche comprensibile. Come
si è fatto per la lingua, l’universalità dell’inglese semplificato, come
si sta facendo per l’economia, così dovremo fare per l’informazione e la
conoscenza.
In fondo come le grandi tensioni sociali del primo ’800
indussero l’osservazione scientifica dei fenomeni sociali, così oggi la nuova
importante spinta di radicali e veloci modifiche societarie richiede una nuova
osservazione di tali dinamiche con la stessa e più aggiornata mentalità
scientifica.
4. Il Mobbing è un fenomeno nuovo o vecchio?
Il concetto sopra espresso ha già risposto come la pensiamo:
la società umana vive e si sviluppa grazie alle tensioni che, modificando l’omeostasi
o stato di benessere statico, spingono gli individui ed i gruppi alla ricerca di
nuova omeostasi su un continuo dinamico modificarsi. Esistevano tensioni di un
certo tipo, nella società industriale, ne esistono, alcune ancora uguali, altre
nuove, oggi nella società post industriale. Vecchio è il fenomeno del Mobbing,
direi vecchio come l’uomo: è in fondo la strategica messa in atto dal “Potere”,
comunque espresso, per aggiudicare e mantenere se stesso, utilizzando lo
strumento fondamentale della prevaricazione del rispetto degli esseri umani
(e.u.) sui quali vuol imporsi.
Nuovo fenomeno è la strategia, cioè gli strumenti,
attraverso il quale raggiungere il proprio fine, strumenti adeguati alle nuove
realtà ed alle nuove tecnologie.
Il Mobbing si diffonde dal luogo del lavoro nella Società od
il lavoro si è diffuso nella Società?
Non è uno scioglilingua, ma mi è sembrato un interessante
quesito: nel passato il mondo del lavoro era più circoscritto, v. all’interno
per es. della fabbrica, oggi per lo meno nei paesi sviluppati, con il nuovo
modello flessibile, il lavoro, con la logica dell’impresa generalizzata, è
sceso nel vissuto sociale quotidiano.
La flessibilità che permette alla forza-lavoro di
rapidizzare i propri spostamenti da un punto all’altro degli interessi
economici che non ammettono latenze di tempo da un trasferimento da un lavoro ad
un altro sta creando sempre più una pseudo autonomia della gestione personale
del lavoratore: se è più autonomo in quanto può decidere di cambiare il
proprio lavoro, non lo è che in parte, poichè gli indirizzi del cambiamento
sono ben oltre le sue possibilità decisionali perchè sono decise dalle leggi
del mercato. Il lavoratore flessibilizzato, per lo meno in questa fase storica
del cambiamento tra una società che potremmo chiamare industriale o classica ed
una nuova società post industriale o “della new economy”, è di fatto in
difficoltà, perchè non ha ancora una propria identità di lavoratore. Non ha
la mentalità di imprenditore insita nel professionista o nel commerciante, per
esempio, che pur tipicamente figure individualistiche hanno, storicamente, il
senso di appartenenza, comunque, ad un modello comportamentale di lavoro.
Il lavoratore flessibile dell’anno 2000, se interrogato,
definirebbe se stesso più in maniera negativa che positiva: “non sono un
dipendente”, “non mi sento un libero professionista” (ed in effetti ha di
questi gli svantaggi: guadagna solo quando lavora e non per es. quando non ha
lavoro o sta male, non gli vengono pagate le ferie come quando era dipendente,
ma è tale ancora, più o meno,per i livelli retributivi dei compensi e per l’ambito
delle offerte di lavoro. Se prima, da dipendente, aveva un ambito stretto e
rigido da oggi la differenza è che “dipende” da un ambito solo più vario e
mobile).
Il lavoratore flessibilizzato perdendo il senso del gruppo di
appartenenza perde anche il riferimento del significato e della validità della
sua espressione storica di struttura di tutela cioè l’aggregazione per la
tutela degli interessi di gruppo rappresentato classicamente dal sindacato e
finisce per stratificare le tensioni ed orizzontalizzare la conflittualità che
in quella “classica” erano invece verticalizzate.
5. Il Mobbing è un problema individuale o sindacale?
La Società del lavoro non può che rispecchiare la Società
nel suo insieme che in questo momento storico si sta avviando sempre più ad
essere la cosiddetta “Società di massa”.
Questa, per essere tale, non può che essere composta da
individui e non da categorie o gruppi rigidi e strutturati, una sua
caratteristica è infatti la velocità di cambiamento; di questa è tipica la
necessità di una informazione capillare ed universalmente compresa, per la
quale si va sempre più utilizzando un linguaggio sempre più visivo e poco
scritto, semplificato, d’ immediata comprensione, la cui più tipica
espressione si condensa nello “spot”.
I “segni” contraddistintivi di categorie e gruppi vanno
svanendo per permettere la generalizzazione e la omogeneizzazione della
Società; seguendo un pò la concezione di Vilfredo Pareto, se assimiliamo la
società ad un esperimento di chimica, vedremmo che come due componenti per es.
due polveri, quanto più sono frantumate minutamente tanto più grande sarà la
loro superficie di contatto e rendendo più omogenea la miscela ciò permetterà
che si attui più rapida e completa la reazione chimica voluta.
Questo accade nella “Società di massa” che esige tutti
individui isolati, globalizzati nell’uguaglianza di appartenenza al mondo
delle monadi, secondo Leibniz, chiusi rispetto agli altri, con la forte tendenza
a surrogare l’esigenza di legame interumano, o sociale, con indirizzi
eteroindotti che divengono “mode” intense, rapide, fugaci, presto sostituite
da altre.
Un piccolo, apparentemente banale, esempio di ciò lo abbiamo
tutti quotidianamente sotto gli occhi: giovani e meno giovani che passano ore a
cercare contatti virtuali con e-mail, internet, “messaggini” telefonici, che
permettono loro contatti, è vero, con tante persone,rapidamente e con tutto il
mondo, ma che eliminano quella fisicità dell’approccio che può portarci all’imbarazzo
di una socializzazione diretta alla quale stiamo cominciando a disabituarci.
Forse dovremo, e rapidamente, prendendo atto di ciò,
compiere un’operazione culturale trasformando il nostro modo di pensare e,
come sostiene Mac Luhan, considerare, per es., il computer ed il cellulare come
un’estensione dei nostri sensi. Sebbene sempre secondo Mac Luhan se il “medium
è il messaggio”, cioè lo strumento diviene esso stesso messaggio e non solo
il contenente dello stesso, dovremo far molta attenzione sia a graduare il
passaggio perchè “natura non facit saltus” o se lo fà è a prezzo di forti
tensioni, sia ad impiegare i nuovi strumenti del comunicare per rendere più
facile, tramite l’informazione all’interno della Società, la coesione di
questa e non il suo utilizzo per frammentarla di più e disgregarla. In una
economia che porta la logica d’impresa nel sociale quotidiano, le tensioni, e
qui perchè siamo nel mondo del lavoro abbiamo detto che a tutto titolo possiamo
chiamare ciò Mobbing, sono vissute tipicamente come soggettive.
Il Mobbizzato tipico è colui che pensa, finchè qualcuno non
glielo dice, di essere lui incapace a far fronte ai suoi impegni, non pensa che
ci possa essere una strategia che lo induce a sentirsi tale.
Il Mobbing perciò potrebbe pensarsi come un fenomeno dell’incapacità
dell’individuo ad adeguarsi alla realtà, se consideriamo però che Mobbing,
vedi Lorenz e Leymann in accordo, è strategia del “Potere”, comunque
inteso, per farsi valere, allora su questo fatto che diviene il denominatore
comune, occorre trovare una comune difesa. La difesa si potrà realizzare
compiendo il passaggio del problema pensato da individuale a collettivo e
rivalorizzando perciò il ruolo delle rappresentanze collettive.
Se la soggettivizzazione spinta delle tensioni porta alla
anarchizzazione delle risposte, vedi uno per tutti il suicidio e per tale
intendiamo anche, forse impropriamente, quello stato di negazione psicologica
che va sotto il nome di depressione, patologia in vertiginoso aumento, l’oggettivizzazione
non può essere soggettiva, ma organizzata in una struttura delegata alla
rappresentanza. Nel mondo del lavoro esistono i sindacati, nel mondo della
società per quelle tensioni che, poichè sono nel sociale e non nel lavoro,
possiamo chiamare “NON MOBBING“ esistono le rappresentanze della Società
civile che sono le Istituzioni. La rapidità dei cambiamenti sociali sta
portando ad una inadeguatezza dell’azione delle Istituzioni che, strutturate
per essere adeguate alla Società “classica” in questa Società
globalizzantesi, stanno subendo uno scollamento con il reale a motivo delle due
diverse velocità di trasformazione.
Giungono così in ritardo nel recepimento dei cambiamenti e
rispondono in ritardo, sempre più spesso, alla domanda ed ai bisogni dei
cittadini.
Nella logica della “cultura del dialogo” occorrerebbe, a
nostro avviso, tendere ad annullare o diminuire la differenza tra le due
velocità aumentando le occasioni di dialogo tra cittadini ed Istituzioni che lo
rappresentano. In una Società flessibilizzata con la logica dell’impresa
diffusa nel Sociale mi viene sempre in mente IL SINDACATO CITTADINI, che
potrebbe essere l’unica in quella società cooperativa che è lo Stato, inteso
come una grande famiglia.
Tale sindacato non avrebbe così parte e controparte opposte,
ma due parti che nella dialettica del dialogo si integrano ed in tempo reale con
efficienza ed efficacia tendono al miglioramento continuo della qualità della
vita. Questa è lo strumento della logica d’impresa che, penso, trovi d’accordo
le varie componenti sociali e possa proporsi, al di là di qualsiasi ideologia
politica, per positivizzare le tensioni sociali: ovvio e scontato nella “cultura
del dialogo” è il concetto per il quale le due parti abbiano la “volontà
del dialogo”, ma ciò conviene ad entrambi perchè altrimenti si transiterebbe
nella “logica del conflitto”.
Le tensioni sociali ed inerzie istituzionali le troviamo, per
esempio, anche nei riguardi del fenomeno del Mobbing, altrimenti non ci
spieghiamo la motivazione per la quale sono sorte associazioni di autoaiuto e
citiamo qui, una per tutte, Mima (Movimento italiano mobbizzati associati.), che
coagulando persone che hanno subito o pensano di aver subito, soprusi nel mondo
del lavoro, le associa per difendersi. Lascia veramente sconcertati, senza
parole e con profonda amarezza, vedere nei Convegni sul Mobbing alzarsi e
prendere la parola persone, che persa la riservatezza di tenere per loro le
proprie sofferenze, le elencano con dovizia di documentazioni perchè altri non
le subiscano, infischiandosene del senso di compassione che le loro vicende
provocano. Viene da chiedersi come mai i sindacati si siano trovati per così
dire impreparati nei riguardi del Mobbing, personalmente la risposta l’ho data
prima quando ho parlato della inerzia delle Strutture istituzionali.
Oggi nei sindacati c’è gran fermento e tentativo di
recuperare il tempo perduto per lo meno per le RSU che stanno attivandosi
rapidamente ed aprendo sportelli d’ascolto.
Altre, tra le poche realtà che si occupano seriamente del
problema del Mobbing sono strutture pubbliche, v. l’ISPELS, la Clinica del
lavoro L. Devoto di Milano, Associazioni tipo PRIMA.
In tutte le cose c’è del buono: questo svegliarsi all’improvviso
su un problema di questa portata che non coinvolge più solo l’aspetto
salariale, ma l’e.u. nella sua totalità nel suo aspetto massimo che è il “rispetto
della persona”, tutto ciò non può che farci ben sperare nel futuro, purchè
ci si organizzi tenendo presente su di essa la centralità del problema e non su
aspetti contrattuali risarcitivi.
Questa visione globale, questa sì che la vogliamo di
globalizzazione!, della qualità di vita dell’essere umano dovrà divenire il
nuovo obiettivo di tutti noi.
Da questo nasce la proposta dell’Auge riportata nella prima
parte: dal timore che gli eccessi di spontaneismo, pur nella lodevole intenzione
di presto rispondere alle necessità possono portare ad una frammentazione delle
risposte alla domanda espressa dal fenomeno del Mobbing.
La frammentazione sarebbe per noi peggiore del male, potrebbe
essere strumentalizzata, e qui il Mobbing, come strategia del “Potere”, non
farebbe che cambiare solo la pelle, banalizzandolo in mille rivoli.
Bibliografia
G. Holton: La lezione di Einstein. In difesa della
Scienza. Ed. Feltrinelli - Milano 1997
R. Martufi - L. Vasapollo: Profit State,
redistribuzione dell’accumulazione e reddito sociale minimo. Ed."La città
del sole" - Napoli 1999
Mima: c/o M. Tosi Via F. Meda 169. 00154 Roma - e-mail
gcarama@tin.it
Ispels: Dipartimento Medicina del Lavoro. Laboratorio
di Psicologia e Sociologia del lavoro - Via Alessandria 220/e. 00198 Roma
Prima: Prima Associazione contro Mobbing e stress
Psicosociale - Via Tolmino 14 - 40134 Bologna - e-mail harald.ege@iol.it
Clinica del lavoro "L. Devoto": Via San
Barnaba 8 0122 Milano