La riforma del trasporto pubblico locale
Giuseppe Baldassarri
La spinta riformista nel comparto del trasporto pubblico
locale ha radici molto profonde nella tradizione normativa del nostro Paese ed
è sintomatica di una evoluzione quasi biologica dei fondamenti
costituzionali [1] e delle intuizioni programmatiche delle politiche governative.
Questa nuova e moderna impostazione si realizza snellendo la
procedura normativa: la delega [2] che il Parlamento consegna al Governo, implica il
trasferimento di poteri amministrativi, patrimoniali e di programmazione [3] alle Regioni ampliandone le
attribuzioni costituzionali [4] e coinvolgendole
direttamente nei processi decisionali. |
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E’ del tutto evidente che la “ratio” della riforma del
trasporto pubblico locale si basa principalmente su tre aspetti generali, ancora
meglio evidenziati nel decreto legislativo 19 novembre 1997 n° 422 attuativo
dell’art. 4 della legge 59/97:
- trasferimento delle competenze di settore dal Governo
agli Enti Locali (principio del “chi ordina paga”);
- separazione delle funzioni di indirizzo, programmazione e
controllo da quelle di gestione (principio dell’autonomia imprenditoriale);
- trasformazione di un mercato di servizi caratterizzato da
una offerta di tipo monopolistico, con una forte presenza del pubblico nella
produzione degli stessi, in un mercato concorrenziale ove la gestione possa
essere affidata anche ad imprese private, meglio a capitale privato (principio
della competitività).
e) L’attuazione della riforma Bassanini-Burlando
Certamente i recenti provvedimenti sul TPL che abbiamo
brevemente commentato impongono alle Regioni di pianificare, in presenza di
risorse definite, i servizi che si intendono offrire alla collettività.
Tre sono gli elementi che caratterizzano la riforma su cui,
concludendo questa parte sull’evoluzione normativa, appare doveroso attirare l’attenzione:
E’ mutato il quadro che disciplina il trasferimento delle
risorse finanziarie da parte dello Stato alle Regioni e, conseguentemente ai
gestori dei servizi pubblici in generale e dei servizi di trasporto in
particolare. I due schemi che seguono sottolineano questo cambiamento a seguito
della attuazione della riforma indicando la situazione dei finanziamenti prima e
dopo la riforma Bassanini (vedi Schema 1 e Schema 2).
E’ stato introdotto un rapporto contrattuale (contratto di
servizio) fra imprese fornitrici di servizi ed ente pubblico committente del
servizio medesimo.(terzietà dell’impresa rispetto all’ente pubblico).
In questo senso la legge recepisce la normativa comunitaria
(Reg. CEE 1191/69 e 1893/91), che stabilisce un generale divieto agli Stati di
mantenere o imporre nuovi obblighi di servizio pubblico proprio a salvaguardia
della autonomia delle imprese che debbono operare in un contesto di trasparenza
di costi e di finanziamenti, ove concorrenza e impresa pubblica non sono
incompatibili purchè i servizi siano ben gestiti (efficienza ed efficacia nella
gestione).
E’ previsto che le Regioni assicurino un livello minimo di
servizi che a norma del DL 422/97 le regioni medesime dovranno individuare in
modo “qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la
domanda di mobilità”
Questo permetterà di eliminare quelle duplicazioni di servizi di cui ha
sofferto l’applicazione della precedente riforma (legge 151/81 e successive
modificazioni) a causa della dispersione dei finanziamenti fra Stato ed enti
locali; anomalia superata proprio con l’attuale normativa.
[1] L’articolo 16 della Costituzione sancendo che «Ogni
cittadino può circolare ...liberamente in qualsiasi parte del territorio
nazionale...», salvo deroga imputabile a motivi di sanità e sicurezza,
configura il diritto di mobilità, che se pur generico, pone a carico dello
Stato l’onere di costituire le condizioni di diritto e di fatto ad esso
conseguenti.
[2] Vd. art. 4 co. 4 della legge 59/97, (nota come
legge Bassanini).
[3] Vd.
art. 6 dlgs 422/97, (noto come decreto Burlando).
[4] L’articolo 5 della Costituzione sancisce che: «La
Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; ampia
nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle
esigenze dell’autonomia e del decentramento».