Rubrica
TESTI E CONTESTI
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Il libro Os sentidos do trabalho di Ricardo Antunes è, innanzitutto, un’ampia ricerca sulle metamorfosi nel processo di costituzione del capitalismo contemporaneo, a partire dai cambiamenti strutturali e congiunturali che accadono nel mondo del lavoro e le loro conseguenze più immediate per la classe lavoratrice.
Come una specie di sintesi di pensiero, in un momento di profonda maturità intellettuale dell’autore, l’opera rappresenta una lodevole impresa che, attraverso la rilettura dei concetti di Marx trova le chiavi per la comprensione del modello produttivo capitalista contemporaneo.
Senza alcuna pretesa di analisi teorica, basata su importanti autori marxisti contemporanei come Lukács e Meszáros, il ben noto posizionamento critico de Antunes diviene presente in tutta l’opera. Un altro merito dell’autore è che nell’attuale congiuntura dell’ideologia neoliberista, che sembra rendere obsoleta qualsiasi analisi critica accademica, dimostra il vigore della sua analisi, basata su dati empirici e sulla sua stessa teoria. Da questo risulta la preoccupazione del processo di installazione del neoliberismo per mezzo dello stato borghese come un meccanismo ideologico e vero guardiano dei processi di introduzione delle pratiche di ristrutturazione produttiva per “amministrare” un momento di profonda crisi, “depressed continuum” (Meszáros) con caratteristiche croniche e strutturali generate nelle viscere stesse delle contraddizioni del capitale.
Per Antunes i cambiamenti nel mondo del lavoro riflettono una dimensione fenomenica che si presenta sotto la forma della ristrutturazione produttiva nelle sue molteplici varianti concrete (materiali e ideologiche) nel sistema di produzione delle necessità sociali e di autoriduzione capitale. Da questa dimensione emerge un aspetto strutturale della crisi del capitale che si esprime nell’insieme delle risposte più immediate come la logica distruttiva del capitale e i suoi effetti nefasti per il metabolismo sociale.
Come ben dimostra l’autore, le esperienze di alcune imprese del Regno Unito sono caratterizzate da un certo scollamento tra gli “ideali” della modernità, rappresentati dal processo di ristrutturazione produttiva, e la realtà produttiva, che spesso si basa su tracce tradizionali. Questa contraddizione evidenzia che il processo di espansione delle nuove tecniche di produzione e flessibilizazione del lavoro assume contorni particolari nelle realtà dei diversi paesi, non essendo possibile una generalizzazione analitica delle sue applicazioni. Un buon esempio di questo adeguamento del capitale alla sua base materiale di produzione è la restrutturazione produttiva in Brasile che mette insieme, nel suo divenire elementi tradizionali del fordismo con le nuove tecniche di produzione flessibile.
Tutte queste forme specifiche di tecnica e gestione dell’organizzazione del processo di lavoro, in questo contesto, portano con sé conseguenze immediate per la classe lavoratrice la sua eterogeneizzazione, complessizzazione e frammentazione, e come ben sottolinea l’autore, la precarizzazione e l’intensificazione del lavoro, generando una sorta di combinazione di forme di subordinazione reale che si appropria degli elementi di subordinazione formale del lavoro presso il capitale.
In questo modo l’autore avanza in un concetto che è caro al marxismo, quello di classe sociale, riuscendo a farla vivere e ad avere valenza teorica nella contemporaneità attraverso l’espressione “classe-che-vive-del-lavoro”. E questa ricerca nell’apprendere dialetticamente le particolarità delle nuove forme sociali porta l’autore ad affermare la centralità del lavoro.
Il lavoro sociale oggi, complessizzato, socialmente inserito e intensificato nei suoi ritmi e processi, si colloca come sfera centrale della società in quanto processo che accresce valore. E, anche quando il lavoro vivo diminuisce, attraverso la riduzione del suo tempo fisico e del lavoro manuale diretto, dati presentati dall’autore dimostrano la necessità continua del capitale a forme di lavoro precarizzate e intensificate, anche nei paesi sviluppati, cosa che denota un sovrasfruttamento del lavoro, elemento questo vitale per la realizzazione del ciclo produttivo del capitale.
La centralità del lavoro esiste in quanto elemento fondante e strutturante del processo di socializzazione umano, dando alla vita senso e realizzazione, il che, come dice lo stesso Antunes: “è totalmente diverso di dire che una vita piena di senso si dedica esclusivamente al lavoro”. Nella ricerca di una vita piena di senso, l’attività lavorativa, molto vicina alla creazione artistica, si trasforma in un elemento umanizzante.
Ma l’affermazione della centralità del lavoro nel metabolismo sociale retto dalla logica del capitale nella sua forma eterodossa (Entfremdung) si trasforma in negazione. Questa dimensione di negatività del lavoro impedisce il senso di piena realizzazione della soggettività umana perché inverte la relazione di possesso e dominio delle condizioni sociali del lavoro; chi non produce nulla decide cosa e per chi si produce.
Molto suggestiva è anche la connessione analitica tra lavoro e libertà dalla quale si evince che, come condizione sine qua non, la necessità di una vita piena a partire dal lavoro impone il superamento della società retta dalla logica del capitale, senza il quale non esiste il dominio degli individui sull’organizzazione sociale, non c’è tempo libero e nessuna autorealizzazione umana.
Il libro contiene anche un’appendice che essenzialmente tocca temi e questioni reiterando e confermando le tesi presentate in modo più esteso nei capitoli del libro. Al termine dell’appendice l’autore si occupa in modo più diretto e metodico del processo di cambiamenti che hanno avuto luogo nelle relazioni sociali di produzione nello specifico del capitalismo brasiliano.
È evidente che l’opera di Antunes, oltre a presentarsi come un interessante riflessione teorica di largo respiro che cerca di presentare i nuovi elementi costituenti del metabolismo sociale capitalista, diventa molto di più che un’analisi sociologica, tenendo presenti durante tutta la sua riflessione contorni interdisciplinari i quali hanno permesso all’autore notevoli avanzamenti teorici.
In questo modo, l’analisi prende un contorno speciale che considera la dimensione ontologica dell’interno della vita quotidiana della società, e dalla quale emergono anche le contraddizioni e i poli della resistenza sociale a questa logica distruttiva del capitale. Antunes fa capire che i problemi strutturali di fondo presenti nel metabolismo sociale del capitale devono fare i conti con un pensiero critico che porti a una pratica, non distante dalla riflessione teorica, comprendendo le necessità di un fermo posizionamento in favore della classe-che-vive-del-lavoro e suggerendo una società “oltre il capitale”.
note
* Ricercatrice in Scienze Sociali all’Istituto di Filosofia e Scienze Umane della Unicamp (San Paolo-Brasile).
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