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Il punto, la pratica, il progetto

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RdB/CUB-Immigrati: lotte, organizzazione e prospettive

Aboubakar Soumahoro

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1. Il lavoro sindacale e le lotte

L’immagine degli immigrati e dell’immigrazione in Europa, e in particolare in Italia, è sempre più legata a questioni d’ordine pubblico e a modelli di esclusioni e di precarietà istituzionale e non solo. Ciò avviene proprio iniziando dalla legge Turco-Napolitano, la n. 40/98, che ha introdotto i centri di permanenza temporanei (CPT) che si sono poi rivelati come veri e propri luoghi di segregazione, dove sono stipati esseri umani, senza aver commesso nessun tipo di reato e subendo l’umiliazione dei loro diritti in una sconcertante prigionia.

Si tratta di donne e di uomini già perseguitati da un precedente martirio politico e civile vissuto nella loro terra d’origine, dove tra l’altro è in corso una nuova colonizzazione economica sostenuta da politiche neo-liberiste, che agiscono attraverso la BANCA MONDIALE e il FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE tra altre.

L’attuale legislazione italiana, la legge n. 189 (Bossi-Fini) è basata sul precedente testo unico sull’immigrazione Turco-Napolitano, che introduce nuove forme di politiche di apartheid e sostenuto dall’intero governo di Silvio Berlusconi a danno dei cittadini immigrati, che lontani di favorire per eliminare l’estrema difficoltà d’accesso ai servizi socio-sanitari, gli accentuando in maniera sproporzionata.

Gli immigrati sono così considerati elementi marginali della società italiana, poiché sono trattati alla stregua di soggetti privi di dignità, di cultura e di vita propria. Il cittadino immigrato assume una parvenza di dignità solo in funzione di ciò che produce ovvero quando è al servizio e sfruttato dal suo padrone di turno, che nel momento in cui ritiene di non averne più bisogno, può facilmente liberarsene (vedi l’introduzione del contratto di soggiorno).

Nella Regione Campania, e in particolar modo a Napoli, c’è una diminuzione del numero d’immigrati residenti e un ampliamento delle aggressioni ai loro danni; tale è il caso dei Rom, da sempre vittime di discriminazioni e repressioni ingiustificate, vi sono carenze di vere politiche legate all’accesso ai servizi socio-sanitari che da oltre dieci anni concedono situazioni abitative scandalose come quelle dei Bipiani di Barra: prefabbricati scandalosamente ricchi di amianto. Inoltre, anche a Pianura permane una situazione di degrado totale dove gli stessi immigrati sono vittime. Tutto ciò sotto gli occhi delle istituzioni locali, senza dimenticare le promesse mai mantenute, e i tavoli inter-istituzionali fantasma.

A fronte di tutto ciò, esistono condizioni lavorative precarie nell’ambito dell’agricoltura, dell’edilizia, nel lavoro domestico, ecc. dove emergono inesorabili nuove forme di schiavitù e abusi nei rapporti con gli stessi datori di lavoro; affianco a questa situazione, si inserisce la situazione precaria dei lavoratori ambulanti, che si confrontano con problemi che partono dalla mancanza di spazi per poter svolgere la propria attività, alla quotidiana caccia all’uomo da parte di una apposita squadretta dei vigili urbani.

Il nostro lavoro sindacale parte proprio da questo quadro, cominciando da una diversa visione dell’immigrazione e iniziando proprio dal riconoscimento dei soggetti immigrati che devono essere finalmente riconosciuti nella loro dignità di esseri umani e portatori di culture, tradizioni e saperi. Il lavoro del nostro sindacato deve partire dalla centralità del tema dell’immigrazione non solo in termini di vertenza ma anche nella pratica e nell’azione politica, attraverso le istituzioni centrali e quelle periferiche nonché nei movimenti. Tale progetto sindacale deve affermare principi di uguaglianza, diritti di cittadinanza e autodeterminazione dei migranti. La realizzazione di tale progetto si evince nei seguenti punti:

- La chiusura definitiva dei Centri di Permanenza Temporanea (CPT);

- L’abrogazione tout court della legge Bossi-Fini, senza che si torni alla precedente legge Turco - Napolitano e alla cultura che l’ha ispirata;

- La rottura nette del legame tra diritto a risiedere e circolare in Italia e il contratto di lavoro; la lotta contro la legge 30 sul mercato del lavoro in quanto funzionale all’estensione della precarietà e della clandestinità degli immigrati;

- Una legge in materia d’asilo che tuteli realmente i richiedenti asilo e i rifugiati;

- una cittadinanza di residenza.

- La libertà di circolazione e la regolarizzazione permanente senza condizioni di tutti gli immigrati;

- Diritto di voto attivo/passivo a tutte le elezioni;

- Avvio di una nuova politica per lo sviluppo socio-economico;

- La lotta contro ogni forma di razzismo, discriminazione e xenofobia;

- La garanzia dei diritti dei Rom;

- La garanzia piena del diritto al ricongiungimento familiare;

- La libertà di circolazione e la regolarizzazione permanente per tutti i migranti;

- Il rilascio e il rinnovo immediati di tutti i permessi e delle carte di soggiorno;

- Annullamento di tutte le espulsioni e gli accordi di riammissione;

- Avvio di una nuova politica per l’integrazione, l’inserimento e la partecipazione degli immigrati alla vita socio-politica;

- Il trasferimento del rilascio dei documenti dalle questure ai enti locali;

- La garanzia dei diritti di cittadinanza fino ad oggi negati (libero accesso ai servizi socio- sanitari, casa, salute, lavoro, riconoscimento del titolo di studio, formazione finalizzata ad un adeguato inserimento sociale ecc...)

Possiamo dire che la manifestazione nazionale del 4 Dicembre 2004 che ha visto la partecipazione di oltre 30 mila persone, è stato un momento significativo e determinante, dove ancora una volta i cittadini immigrati insieme alle forze che li sostengono (tra le quali la CUB), hanno saputo articolare le varie vertenze territoriali di questi ultimi mesi facendole confluire in una giornata di mobilitazione.

Proprio dalla manifestazione voglio partire con alcune analisi e considerazione che richiamano i seguenti soggetti ed elementi;

2. Il centro sinistra istituzionale

Il messaggio ovvero le parole d’ordine della manifestazione erano non solo una risposta alle politiche “d’Apartheid” del governo Berlusconi, ma anche un richiamo alle forze che compongono il Centro sinistra/Sinistra radicale, come si leggeva nel punto “Abrogazione tout court della legge Bossi-Fini, senza che si torni alla precedente legge Turco-Napolitano e alla cultura che l’ha ispirata” vale a dire che il movimento degli immigrati “non farà regalo” a nessuno, né all’attuale maggioranza di centro destra, né a coloro che ci stanno apprestando verso l’alternativa, scusatemi “l’alternanza”, dico alternanza perché l’attuale normativa sull’immigrazione, ovvero la legge n°189/ del 2002 conosciuta come legge Bossi-Fini, non è nulla altro che l’affermazione di ciò che ha ideato la Sinistra con la legge n°40/ de 1998, conosciuta come legge Turco - Napoletano.

Per essere più chiaro, proprio a questa sinistra che non si è ancora pentita di essere stata alla base del calvario che vivono oggi milioni di cittadini immigrati, questa sinistra in cerca di “cose di sinistra” o ancora una sinistra che si è destra nei contenuti e nella strategia.

In una battuta, posso dire che la protesta era rivolta non solo all’attuale maggioranza di centro destra, ma anche a tutti quelli che aspirano a governare un domani. I movimenti antirazzisti non faranno regalo a nessuno, e che il confronto è e sarà sempre sui i contenuti.

3. Il movimento

Camminando e osservando da una parte la presenza determinata e massiccia delle migliaia di cittadini immigrati(quasi il 90% dei manifestanti) e dall’altra parte l’assenza del movimento o dei movimenti, mi pongo la seguente domanda: dov’è finito quel movimento che si è autodefinito di essere contro le politiche neo/liberiste? o contro le guerre?

Dopo aver riflettuto, una riposta alla mia domanda l’avevo trovata, cioè che esiste o esistono il/i movimento/i, e che la scarsissima presenza dei sue componenti oltre agli immigrati, metteva in evidenza la questione della centralità del tema dell’immigrazione nel percorso/cammino e nella pratica politica quotidiana del detto movimento.

Come si può pretendere di combattere questo sistema, ovvero questa globalizzazione dei profitti, senza riconoscere nella pratica l’immigrazione come uno degli elementi centrali sulla quale bisogna incidere.

Questa situazione richiama un altro argomento, quella del movimento antirazzista, in altre termini se esisteva un movimento antirazzista in Italia?

A questa domanda, la riposta è che in Italia un movimento nazionale antirazzista non c’è: esistono dei collettivi, dei gruppi e dei soggetti che a livello locale portano avanti delle battaglie importanti, ma queste esperienze non trovano un’articolazione nazionale. Una delle ragioni è che ancora manca una reale partecipazione dei cittadini immigrati come soggetti attivi, direi protagonisti in prima fila, capaci di crescere nel movimento. A livello locale ciò comincia ad accadere, senza trovare la sua sistemazione in un percorso articolato su scala nazionale.

Quando sarà superato nei fatti questo ostacolo e saremmo in grado di articolare tutte le vertenze che vengono portate avanti dagli immigrati e attivisti a livello locale, ci saremmo avviati verso un movimento antirazzista su scala europea ed internazionale contro le politiche degli stati nazione, con l’assunzione della libera circolazione delle persone come un punto centrale e praticato.

4. Gli assenti

Nella lista degli assenti spiccano tutti i sindacati confederali, in particolare CGIL, CISL e UIL che avevano indetto un’altra manifestazione il 18/12/04: una manifestazione nella quale, la scarsa presenza degli immigrati, l’ambiguità della piattaforma e il numero ridotto dei manifestanti erano in conflitto tra loro.

Per la cronaca, uno dei punti della manifesta era la richiesta di “umanizzare i Centri di Permanenza Temporanei” (veri lager): per la memoria dei lettori, è uno degli articoli della legge voluta ed approvate dal governo di Centro Sinistra (compresa l’attuale sinistra radicale) nel 1998, strutture nelle quali sono rinchiusi persone che non hanno commesso nessun reato, solo quello di aver scelto la via della “ricerca di una vita migliore” ovvero contro la libertà di circolazione e di movimento delle persone.