Il movimento antiglobalizzazione: un nuovo soggetto nelle relazioni internazionali?
Rebeca Oroza Busutil
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1. Introduzione
Tra i ricercatori e gli studiosi dei movimenti sociali non
esiste un consenso nel momento stesso in cui inizia ciò che comunemente è
denominato Movimento Antiglobalizzazione [1]. Allo stesso tempo, la novità
del fenomeno e, conseguentemente, l’assenza di uno studio sistematico in
merito, unito alla straordinaria eterogeneità del movimento, non ci da ancora
la possibilità di formulare una definizione determinata, così come sarebbe
accaduto per un’organizzazione omogenea ed istituzionalizzata.
Nonostante ciò, lo studio e l’analisi delle sue
caratteristiche principali, così come il susseguirsi delle azioni che, da più
di una decade, sta portando avanti il Movimento, ci permette di valutare,
sommariamente, i rischi che affronta questa Sinistra sociale, plurale e diversa,
così come le possibilità e la forza reale, per le quali si può qualificarlo
come il più importante movimento di massa delle ultime tre decadi e come una
significativa espressione di resistenza al distruttivo modello neoliberale della
globalizzazione.
Comincieremo questo lavoro realizzando una caratterizzazione
del fenomeno della globalizzazione, la globalizzazione neoliberale, così come
dei problemi globali che oggi affronta l’umanità, per chiarire su che cosa il
Movimento indirizza la sua azione.
Dalla fine del XIX secolo, i classici del Marxismo-Leninismo
anticiparono il carattere obiettivo e, per tanto inevitabile, obbediendo alle
proprie leggi dinamiche, della progressiva concentrazione ed accumulo del
capitale che oggi si traduce nel processo di globalizzazione, e che, nell’oltrepassare
gli stretti confini dei principali paesi capitalisti, si internazionalizza,
segnalando: “la borghesia, nell’esplorare il mercato mondiale, da alla
produzione e al consumo di tutti i paesi un timbro cosmopolita (...) al posto
dell’antico isolamento e dell’autarchia delle regioni e delle nazioni, si
stabilisce uno scambio universale, una interdipendenza universale delle nazioni”.
[2]
Ma è nella fase del capitalismo monopolista o dell’imperialismo
nella quale “(...) una volta ottenuta la maturità economica, il sistema si
lancia verso l’espansione internazionale dei rapporti di produzione
capitalista ed il sistema diventa un sistema (di economia) mondiale.” [3]
Durante la tappa monopolista, il capitalismo continua a
realizzare uno sfruttamento estensivo ed intensivo delle risorse umane e
naturali, però adesso di tutto il pianeta, incluso anche di quei paesi che non
sono sottomessi alla dominazione coloniale, ma che sono comunque paesi
politicamente indipendenti.
È nella seconda metà degli anni 70 e specialmente negli
anni 80 che si accelera la tendenza all’espansione internazionale dei rapporti
di produzione capitalista su scala mondiale, periodo nel quale cominciano a
svilupparsi quelle che oggi conosciamo come tendenze globalizzatrici.
Successivamente, durante gli anni 90, con il collasso del
socialismo nei paesi dell’Europa Orientale e la disintegrazione dell’URSS,
il capitalismo abbandona il regime alternativo ed ottiene le condizioni
affinchè i suoi rapporti di produzione si estendano in tutto il pianeta, per
cui i problemi derivati dal suo funzionamento si convertono in problemi globali.
È in questo contesto internazionale che si produce l’irruzione pubblica del
Movimento Critico della globalizzazione neoliberale.
2. La globalizzazione neoliberale ed il suo Movimento Critico
La globalizzazione, che deve essere essenzialmente intesa
come il risultato storico dello sviluppo del capitalismo e come espressione di
un altissimo livello di sviluppo delle forze produttive, propizia una maggiore
internazionalizzazione della vita economica, un maggior grado di interdipendenza
tra le nazioni e conseguetemente approfondisce il carattere sociale della
produzione. Nonostante la globalizzazione abbia le sue radici nei processi
socioeconomici, si manifesta in tutte le restanti sfere della vita del pianeta.
Ma la globalizzazione non deve essere vista solamente come
fenomeno oggettivo, inerente alla natura del modo di produzione capitalista, ma
come il progetto promosso a volontà dai principali circoli di potere mondiale
con il fine d’imporre le loro politiche e le loro concezioni in tutto il
pianeta. In questo senso, la globalizzazione che realmente esiste oggi, basata
sulle concezioni economiche, politiche ed etiche del neoliberalismo è la
globalizzazione neoliberale, la quale sostiene, nell’ambito economico, una
radicale eliminazione del regolamento dell’economia, obbligando alle
privatizzazioni che giunguno fino ai servizi sociali, processi che danneggiano
non solamente le masse dei lavoratori, ma anche, e sempre di più, gli ampi
settori della media e piccola borghesia. D’altra parte, il fenomeno della
globalizzazione neoliberale ha inciso nell’aggravamento dei vecchi problemi di
carattere globale, presenti dai decenni degli anni 70 e 80 con il sorgere di
altri nuovi che toccano tutte le sfere dell’attività umana: l’economia, la
politica, il sociale, l’istituzionale, lo scientifico-tecnico, l’ambientale
e la cultura, tra gli altri.
Parlare brevemente dei principali problemi globali che
affronta oggi l’umanità, ci permetterà di comprendere il carattere
eterogeneo del Movimento come tratto essenziale che lo caratterizza, così come
l’ampiezza delle marce di protesta che si sono realizzate prima di ogni
incontro dei dirigenti delle principali potenze capitaliste e delle riunioni o
fori nei quali si è discusso ed analizzato le conseguenze della globalizzazione
neoliberale.
Nella sfera economica, l’applicazione della politica
economica neoliberale, in quasi tutti i paesi, incluso i paesi sviluppati,
lontana dal promuovere lo sviluppo, ha portato come conseguenza a una
contrazione dell’attività economica, così come la rottura dei contratti
sociali nei paesi sviluppati, ed insieme a ciò, la nuova natura della divisione
internazionale del lavoro implica che i rapporti commerciali internazionali si
stabiliscano tra le regioni o le zone specifiche dei paesi nella catena
produttiva trasnazionale e non tra i paesi. Questa strategia attuale delle
corporazioni trasnazionali, aggrava lo sviluppo diseguale delle regioni
economiche all’interno dei paesi.
L’aumento della disoccupazione, così come l’incorporamento
ai mercati dei lavoro di donne e bambini, i disoccupati a causa dell’applicazione
di nuove tecnologie, il deterioramento delle condizioni di vita della maggior
parte della popolazione mondiale, i problemi migratori, la disintegrazione
sociale con lo sviluppo di una serie di flagelli come la droga, la corruzione e
la violenza, la crisi della cultura politica, soprattutto nelle nazioni
sviluppate, la rinascita del razzismo, la discriminazione, la xenofobia, l’eventuale
esaurimento delle risorse naturali e la contaminazione del medio ambiente, danni
alla biodiversità del pianeta, costituiscono tra gli altri, alcuni dei problemi
globali che danneggiano quasi tutto il mondo.
D’altra parte, la crescita della concentrazione della
ricchezza, il potere e la presa di decisioni in un ridotto numero di attori
internazionali (paesi sviluppati, coorporazioni transnazionali, organismi o
organizzazioni internazionali, come l’FMI e il BM), ha implicato lo sviluppo
di una specie di diplomazia segreta nei rapporti internazionali.
Facendo riferimento all’impatto che ha avuto nei popoli
questa concentrazione di potere e di presa di decisioni in mano alle entità
soprannazionali e ad alcuni organi internazionali, limitando, sempre più, il
ruolo degli Stati Nazionali, uno degli studiosi dei movimenti sociali segnala:
“È precisamente la constatazione del fatto che la maggior parte dei governi
nazionali non ha più un potere di decisione sulle questioni centrali come la
politica economica o la crisi ecologica, una delle ragioni principali che
spiegano l’emergenza di alcuni movimenti sociali che, sfidando le risposte in
questi ambiti e provando la necessità di andare oltre le frontiere statali,
iniziano a vedere con “lenti globali” i loro problemi nazionali o locali”.
[4]
L’applicazione della politica neoliberale, con le sue
innumerevoli conseguenze di carattere globale, avendo come base non solo l’egemonia
economica, ma anche la tecnologia, la cultura, il settore militare, il
conseguente controllo politico e mediatico ed il per niente disprezzabile
appoggio dei grandi settori delle oligarchie nazionali, carenti del più
elementare senso della sovranità, spiega la reazione antiglobalizzatrice che,
dalla decade del 90, si viene sviluppando nel ambito mondiale, ottenendo oggi
livelli realmente importanti.
In merito a ciò, Eric Toussaint afferma: “Per la
concentrazione di coloro che decidono politicamente a livello mondiale, per la
similitudine dell’impoverimento che impone in tutto il pianeta, la lotta dei
contadini senza terra in Brasile, si lega alla lotta degli operai della
Volkswagen (...); con la lotta delle entità zapatiste (...), si unisce agli
scioperanti nordamericani della UPS; con la lotta centinaia di migliaia di
contadini indu che si oppongono alla OMC, si lega alla lotta dei clandestini di
Francia e dello Stato spagnolo (...). Ovunque il mondo si commuove...” [5]
Così, alle proteste di diversi gruppi contro la riunione
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) a Seattle, a novembre del
1999, considerata come la prova della crescita e dell’estensione di questo
movimento sociale, sono seguite una serie di azioni, e tra quelle che si
evidenziano, per la loro capacità di disarticolare piani di privatizzazione ed
anche progetti di maggiore portata che perseguono l’obiettivo di fortificare
un maggior dominio del capitale, vi sono le seguenti:
- La sfida all’incontro annuale del Foro Economico Mondiale
che ha luogo ogni anno a Davos, Svizzera, a gennaio del 2000, con la
partecipazione di mille rappresentanti del Movimento.
- A marzo del 2000 è stata fatta una marcia mondiale delle
donne che si è conclusa ad ottobre con la mobilizzazione di fronte alla sede
mondiale dell’ONU.
- Manifestazioni di protesta contro le riunioni dell’FMI e
del BM a Washington, ad aprile del 2000, bloccando l’accesso alle suddette.
- Praga, a novembre del 2000, sempre contro la FMI e la BM. L’iniziativa
è stata organizzata dall’INPEG (Initiative Against Economic Globalisation),
composta da anarchici, ambientalisti, socialisti e tutti quelli preoccupati per
il genocidio del mercato libero capitalista.
- Durante il Vertice di Nizza, effettuato a dicembre del
2000, più di 50.000 persone manifestano per “un’Europa del pieno impiego e
dei diritti sociali”.
- A gennaio del 2001, rappresentanti del Movimento cercano di
boicottare il Foro di Davos. Parallelamente si realizza il Foro Sociale Mondiale
di Porto Alegre che ha contato sulla partecipazione di 4000 attivisti.
- Manifestazioni in Quebec, sede del II Vertice delle
Americhe, contro l’istaurarsi di una zona di libero commercio per tutti i
paesi dell’area (ALCA).
- A Gotemburg, Svezia, la protesta antiglobalizzazione ha
obbligato a cambiare l’agenda dei leaders dell’Unione Europea, così come a
rinforzare la cooperazione della polizia per bloccare la violenza nei Vertici
europei.
- Grandi marce di protesta a Barcellona contro la repressione
della polizia e i tentativi di criminalizzare il Movimento nei mesi di giugno e
luglio del 2001, ciò ha fatto sì che il Banco Mondiale sospendesse la sua
conferenza annuale affinchè la stessa fosse realizzata su Internet.
- A luglio del 2001, a Salzburgo, il Governo Austriaco ha
sospeso il Trattato di Schengen, che permette la libera circolazione dei
cittadini nell’Unione Europea, per cercare di evitare l’entrata massiva di
manifestanti contro le giornate del Foro Economico Mondiale.
- A Genova, sede del Vertice dei G-8, si scatenano scontri
tra la polizia ed i manifestanti, il cui punto culminante è stata la morte di
un giovane attivista del Movimento.
- Celebrazione della seconda edizione del Foro Sociale
Mondiale di Porto Alegre, a gennaio del 2002, con la partecipazione di più di
60.000 persone, in contrapposizione alla classica riunione del foro di davos,
che si celebra a New York.
- Manifestazioni durante la celebrazione del Foro Sociale
tematico in Argentina, realizzatosi il 22 agosto del 2002, contro l’ALCA, l’FMI
e la politica neoliberale.
- A settembre del 2002, migliaia di manifestanti sfilano di
nuovo a Washington, vicino alle sedi del FMI e del BM.
Potremmo quindi segnalare che, il Movimento Critico alla
globalizzazione neoliberale, è conseguenza di due condizioni: da una parte la
graduale presa di coscienza dei settori, sempre più grandi, dell’opinione
pubblica internazionale riguardo la gravità delle conseguenze economiche,
sociali ed altre ancora della globalizzazione neoliberale e dei problemi globali
orginati o accentuati da quest’ultima e dall’altra, è il risultato della
necessità di una ricostruzione delle forze di Sinistra in un nuovo contesto
internazionale e su nuove basi organizzative. -----
3. Rischi e possibilità del movimento
L’attuale Movimento Critico della globalizzazione
neoliberale si caratterizza per la sua strutturazione a partire dai movimenti
indirizzati a far sorgere le rivendicazioni dei settori specifici della
popolazione che si sente danneggiata dagli effetti della globalizzazione
neoliberale; è a partire da ciò che questi movimenti hanno adottato
originariamente un tipo di comportamento monopolizzato e seprato. Ciò spiega
anche la sua attuale eterogenità, tanto sul piano nazionale che su quello
regionale e mondiale.
Questa pluralità e diversità sociale, constituisce il
lineamento essenziale del Movimento, con la partecipazione nello stesso dei
settori della piccola e media borghesia, degli studenti, dei lavoratori, dei
contadini, dei disoccupati, delle casalinghe e di altri gruppi sociali.
Per alcuni analisti, questa eterogenità è l’espressione
della vitalità, della freschezza presente nel movimento e identificano la sua
critica del neoliberalismo e della globalizzazione come una lotta
antisistematica ed anticapitalista. Questa ampiezza del suo spettro ideologico,
con la partecipazione degli ecologisti, delle femministe, dei pacifisti, dei
movimenti dei sessi, delle chiese dai differenti credi, dei sindacati, degli
anarchici autonomisti, degli autogestiti, del movimento dei senza terra, dei
socialisti, dei socialdemocratici, dei trotskisti, dei comunisti e marxisti,
implic a la presenza nello stesso di diverse correnti di pensiero politico ed
ideologico che sostengono, pertanto, differenti metodi per affrontare la
globalizzazione neoliberale.
D’altra parte, la critica al neoliberalismo presente nel
Movimento non è sempre un’aperta messa in discussione del sistema, così che
nelle proposte indirizzate ad umanizzare il capitalismo e a portare avanti la
lotta attraverso le manifestazioni pacifiche di pressione, il dialogo e la
negoziazione, così come la convinzione del fatto che un’altro mondo sia
possibile attraverso la via della partecipazione cittadina, senza far crollare
il potere borghese ed instaurare il potere della classe operaia, si osserva la
forte presenza di un settore riformista, rappresentato, da diverse ONG ed
organizzazioni come ATTAC (Associazione la Tassazione delle Transazioni
Finanziarie per l’Aiuto ai Cittadini) [6], dal movimento zapatista, dal
MAM (Movimento contro l’Europa di Maastricht e la Globalizzazione Economica)
[7], dal RCADE (Rete Cittadina per l’abolizione del
Debito Estero) [8], dalle burocrazie sindacali, così come dalla AFL-CIO e dalla
Confederazione Europea dei Sindacati (CES), tra gli altri.
Il settore più radicale del Movimento, integrato
fondamentalmente da giovani che partecipano attivamente alle manifestazioni,
oltre a mettere in discussione il sistema capitalista e a dichiararlo
responsabile dei mali che affliggono l’umanità, sono d’accordo nel
considerare l’azione diretta e la disubidienza civile come forme di lotta
contro il capitale, nonostante ciò, ancora non hanno un’alternativa al
capitalismo, e nemmeno un progetto per la sua sostituzione.
Questa eterogeneità ha inciso inoltre sul carattere e sulla
composizione delle mobilizzazioni. Intanto a Praga si sono evidenziati i settori
più radicalizzati politicamente; Seattle o Nizza, hanno contato sulla forte
partecipazione operaia, ma capeggiata dai loro dirigenti burocrati.
Anche nel Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre, questa
divisione è stata presente. Settori dell’accampamento giovanile hanno emesso
una dichiarazione intitolata “Un’altro mondo è possibile”, solo
distruggendo il capitalismo. Questa dichiarazione è stata promossa dalle
organizzazioni trotskiste tra cui Strategia Rivoluzionaria e Gioventù in Lotta
Rivoluzionaria [9], entrambe brasiliane, In Chiave Rossa,
argentina, e gruppi anarchici.
Generalmente, il Movimento, sia nella sua ala più radicale
che in quella riformista, è impegnato nella ricerca delle alternative, in
quanto considera che “Un’altro mondo sia possibile”, senza che osservi
come realmente ottenerlo.
D’altra parte, nella “Lettera dei Principi” del Foro
Sociale Mondiale di Porto Alegre, celebrato nel 2001 si afferma: “Il Foro
Sociale Mondiale è uno spazio plurale e diverso, non confessionale, nè
governamentale, non partitario, che articola in forma decentralizzata e non in
rete, le entità e i movimenti che sono coinvolti nelle azioni concrete, locali
o internazionali, per la costruzione di un’altro mondo”. “non devono
partecipare al Foro rappresentazioni partitarie nè organizzazioni militari”.
Potranno essere invitati a partecipare a carattere personale, governanti o
parlamentari che si assumano gli impegni di questa lettera”.
Queste definizioni, presenti anche a Porto Alegre 2002 e nel
Foro Sociale tematico celebrato in Argentina, lo scorso mese di agosto, indicano
la carenza di idee di governabilità e dei programmi alternativi nel Movimento e
riflettono un consenso dei suoi partecipanti perchè non vengano incorporati
gruppi istituzionalizzati, enfatizzando i partiti della Sinistra tradizionale.
Questa decisione è motivata, sembra, dal fatto che i gruppi suddetti vengano
identificati come vincolati alle istituzioni statali e a quelle di tipo
economico, sociale e culturale penetrate dal fenomeno globalizzatore, contro il
quale si scontrano precisamente i movimenti sociali.
Questa posizione estrema, e forse sostenibile nel futuro, non
è lontana dal pericolo reale che il movimento possa essere penetrato dalle
organizzazioni con capacità o possibilità di essere deviato dai suoi obiettivi
originali, terminando come un’alternativa più dello stesso capitalismo, le
cui potenzialità non devono essere ignorate. È innegabile inoltre il rischio
dell’assimilazione alla “istituzionalizzazione” che ora rifiuta e che
potrebbe significare la perdita della sua credibilità. L’esempio dei Verdi,
divenuti partiti politici, dimostra questo rischio.
Attualmente il Movimento, potenziato dai partecipanti al Foro
d’Argentina, si pronuncia contro l’ALCA, e per la prima volta, si è parlato
di imperialismo, così come di necessità di guadagnare maggiore vigore nelle
forze di Sinistra presenti nel Movimento. Ciò potrebbe portare in alcuni paesi
verso la lotta con criteri politici più definiti che muova alla ricerca di quel
“mondo migliore” per riordinarlo a partire dal potere. Questa possibilità
ha maggiore forza nei paesi dell’America Latina.
È inevitabile che nel suo discorso nel quale si sente la
parola imperialismo si sommi il socialismo. Otternerlo richiederebbe molto tempo
perchè non sono pochi e sono radicati i fantasmi che questa parola provoca
oggi.
In ogni caso, il fatto che il Movimento smascheri la
globalizzazione neoliberale come progetto politico sostenuto dalle elite dei
paesi capitalisti del più alto livello di sviluppo, garantiti dai loro
organismi internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca
Mondiale, dimostra la vulnerabilità di un fenomeno che sembrava irremovibile.
Anticipare la rotta futura del Movimento non è ancora
possibile. La sua attuale strategia di lotta su scala universale, nella forma di
disubidienza civile non violenta, potrebbe essere fattibile in paesi isolati. L’ottenimento
del potere e la possibilità di mantenerlo senza realizzare una rivoluzione
radicale è praticamente impossibile.
Nonostante ciò, deve prevalere l’ottimismo, in quanto non
c’è dubbio che il mondo attuale è governabile; così che avrà bisogno
sempre di più con maggiore urgenza che venga governato da forze capaci di
stabilire un ordine giusto che dovrà rispondere alle caratteristiche e alle
particolarità di ogni regione e di ogni paese, evitando la ripetizione mimetica
dei modelli che hanno condotto ad errori che hanno generato fallimenti ben
conosciuti per le loro conseguenze. Non deve essere negata la possibilità che
forze riordinatrici siano partorite dall’attuale Movimento Critico della
Globalizzazione neoliberale.
4. Conclusioni
Il Movimento Critico della Globalizzazione neoliberale, è
conseguenza di due condizioni: da una parte la graduale presa di coscienza dei
settori, sempre di più grandi, dell’opinione pubblica internazionale riguardo
la gravità delle conseguenze economiche, sociali e altre, della globalizzazione
neoliberale e dei problemi globali originati o accentuati da quest’ultima, e
dall’altra, è il risultato della necessità di una ricostruzione delle forze
di Sinistra in un nuovo contesto internazionale e su nuove basi organizzative.
Anche se è di vitale importanza che le multitudini
contestatarie identifichino e distinguano concettualmente i termini
globalizzazione e neoliberale, nella pratica ciò che è importante è che la
lotta non si indebolisca o muoia mossa da destini impercorribili.
Il Movimento Critico della Globalizzazione Neoliberale, è
stato ed è l’interruzione dell’internazionalizzazione degli aggrediti
contro l’internazionalizzazione degli aggressori. Nessuno dei soggetti sociali
affrontato è nuovo, nè la loro lotta è iniziata adesso. Ciò che distingue
questa nuova tappa nella storia del confronto del capitale e del lavoro, è il
carattere differente di entrambi, il primo sviluppando la sua nuova tappa d’internazionalizzazione
ed il secondo collaudando nuove forme di confronto in uno scenario differente a
quello di secoli immediatamente precedenti.
Nota
Quest’articolo è stato scritto prima della celebrazione
del Foro Sociale Europeo a Firenze. Dopo aver partecipato a quest’evento, ho
potuto constatare che gli elementi essenziali che si esprimono nell’articolo
confermano la tendenza generale di questo movimento su scala internazionale.
I temi centrali, che in forma trasversale hanno costituito
oggetto di dibattito e discussione del Foro, come la Globalizzazione, il
Liberalismo, la Guerra e la Pace, costituiscono tematiche imprescindibili per lo
sviluppo e il rafforzamento del movimento. Evitare la guerra in qualsiasi delle
sue dimensioni, è di vitale importanza per questo continente e dovrà essere
vista con la stessa ottica a Porto Alegre 2003.
Lo svolgimento del primo FSE ha costituito una nuova
significativa opportunità per il futuro sviluppo e consolidamento dell’attuale
Movimento antiglobalizzazione neoliberale, non solo nel continente, ma anche su
scala mondiale. Per tale ragione, è importante che tanto nel FSE di Firenze,
così come a Porto Alegre nel 2003, il Movimento non si limiti alla critica
della globalizzazione neoliberale, ma sia anche capace di presentare programmi
ed alternative reali che rendano possibile l’esistenza di un altro mondo che
oggi acclama, sempre con più forza, la maggior parte dell’umanità.
[1] Per un grupoo importante di studiosi
dei movimenti sociali, il sollevamento zapatista a gennaio del 1994 in Chapas e
la celebrazione del I Incontro per l’Umanità e contro il Neoliberalismo,
realizzatosi nella Selva Lacandona, nel 1996, costituiscono i fatti che, in
maniera simbolica, segnano l’inizio dell’attuale Movimento Critico alla
Globalizzazione Neoliberale. Nonostante ciò, è stata chiamata “Battaglia di
Seattle”, del novembre 1999, contro le manovre della OMC, quella che diede
inizio alle mobilizzazioni antiglobalizzazione e che evidenziò la crescita e l’estensione
di questo movimento sociale su scala mondiale.
[2] Carlos Marx e Federico Engels, “Manifesto del Partito Comunista”, Opere
Scelte, Edizioni Progresso, Mosca, Pag. 32.
[3] Si
veda: Barò Herrera Silvio: “Tendenze recenti di globalizzazione neoliberale”,
Articolo inedito, 2002. Nel suddetto, il ricercatore afferma che nella tappa
imperialista il modo di produzione capitalista presenta tre stadi nei quali è
possibile differenziare l’intensità con la quale si porta avanti l’espansione
dei rapporti di produzione capitalista: internazionalizzazione, situata
storicamente dalla fine del secolo XIX alla II Guerra Mondiale;
transnazionalizzazione, situata tra la II Guerra Mondiale e la metà degli anni
70 ed l’inizio degli anni 80, e globalizzazione, a partire dalla data
precedente.
[4] Si veda: Pastor Jaime, articolo: I Movimenti antiglobalizzazione Neoliberale,
VII Congresso Spagnolo di Sociologia, Gruppo di Lavoro 27: Movimenti Sociali ed
azione collettiva, Salamanca, settembre 2001. Preso da Internet:
www.nodo50.org.
[5] Si
veda: Toussaint Eric: “Per una globalizzazione delle risposte”, “Il
Vecchio Topo”, numero 163, marzo 2002.
[6] ATTAC, inizialmente denominata
Associazione per la Tassa Tobin dell’Aiuto ai Cittadini, con l’obiettivo di
lottare per rendere concreta la proposta della tassazione dei movimenti del
capitale speculativo, fatta dall’economista nordamericano, James Tobin, sorge
in Francia a giugno del 1998 e si è estesa già a circa 30 paesi. Inoltre ad
esigere misure concrete come l’imposizione della Tobin, la stessa stabilisce
la cancellazione dei paradisi fiscali, l’annullamento del debito estero
pubblico del Terzo Mondo, tra le altre esigenze.
[7] Il MAM, sorge alla radice della protesta di un settore proveniente dal
Movimento ecologista ed alternativo contro il Trattato di Maastricht,
attualmente è stato integrato nel MRG. Quest’ultimo, composto
fondalmentalmente da giovani, sorge nell’estate del 2000 e dopo la sua
partecipazione alle mobilizzazioni di Praga si è convertito in un punto di
riferimento del Movimento.
[8] RCADE ha origine nella Piattaforma costituita intorno alla
mobilizzazione sviluppata nel 1994 a Madrid per destinare lo 0,7% del PIL agli
aiuti per lo Sviluppo; la sua principale iniziativa pubblica è stata la
celebrazione di una Consultazione Sociale sull’Abolizione del Debito Estero,
coincidendo con la celebrazione in Spagna delle elezioni generali del 12 marzo
del 2000.
[9] Quest’organizzazione appartiene alla Frazione Trotskista
Strategia Internazionale, insieme al Partito dei Lavoratori per il Socialismo
dell’Argentina (PTS), la Lega dei Lavoratori per il Socialismo del Messico
(LTS), la Lega Operaia per la Quarta Internazionale di Bolivia (LOR-CI) e la
Classe contro Classe del Cile.