1. Da Seattle a Genova... [1]
Da Seattle a Genova, un movimento nuovo ha investito con
forza la globalizzazione. L’internazionalismo del movimento, il rifiuto di forme
elitarie di organizzazione, e i tentativi di unire lavoratori e ambientalisti (e
altre forze) sono del tutto esemplari, come lo è l’opposizione esplicita di una
sezione crescente del movimento contro lo stesso "capitalismo
globale".
Se questo movimento nuovo potrà imparare dagli errori
passati della Sinistra, potrà evitare di ripeterli. Uno errore chiave, credo,
è la tendenza di prendere particolari forme e istituzioni del
capitalismo--proprietà privata, il mercato, società per azioni, e dominazione
imperialista, il Fondo Monetario Internazionale ecc.--per il capitalismo stesso.
Lottare solamente contro specifiche forme istituzionali equivale a permettere al
capitalismo di riemergere sotto forme nuove, come la proprietà statale e/o
un’economia pianificata. Un altro errore è quello di supporre che la radice dei
nostri problemi sia l’avidità o il mal volere dei capi delle istituzioni
capitaliste piuttosto che le leggi economiche oggettive a cui anche loro sono
sottoposti. Qualche cosa di più fondamentale deve essere sostituito che non
riguarda solo le persone in carica.
Quello che penso che debba essere sostituito è la produzione
del valore. Il capitalismo ha ristrutturato la produzione e in verità tutta la
vita attorno all’incessante necessità di produrre e accumulare sempre più
valore come fine a se stesso. La storia ha mostrato, credo, che questo processo
non può essere soggiogato e pianificato maneggiando le sue forme istituzionali.
Ogni impresa capitalista e ogni nazione devono fare tutto ciò che possono per
espandere il valore al massimo se non vogliono soccombere nella lotta
competitiva. Le istituzioni capitaliste e i loro leader devono fare del loro
meglio per espandere al massimo il valore se non vogliono essere sostituiti da
istituzioni e leader che sapranno meglio comportarsi in tal modo.
Così il movimento contro il capitalismo globale farebbe bene
a lottare non solo le battaglie concrete e immediate, che sono certamente
necessarie e importanti, ma anche la battaglia contro la produzione del valore
stessa. E farebbe bene a considerare lavori come il Capitale di Marx che
analizza il processo di produzione del valore e indica l’alternativa--una
società nella quale la meta è "lo sviluppo dei potenziali umani come un
fine in se stesso" (Marx 1981:959)----e lavori come Dunayevskaya (1967),
Marxismo e Libertà, che aiuta a concretizzare e a sviluppare questa prospettiva
umanista alla luce di eventi più recenti.
Ma il resto di questo articolo non riguarda tutto ciò,
almeno non direttamente. Riguarda un paio di ostacoli che stanno impedendo ai
militanti e ai pensatori di potere ritornare seriamente al concetto di valore
come è stato sviluppato in lavori come il Capitale e Marxismo e Libertà.
Un ostacolo è l’idea che la teoria del valore di Marx è
contraddittoria e addirittura sbagliata. Un altro è l’ipotizzare che gli
economisti moderni (sia marxisti che sraffiani) hanno realizzato le versioni
corrette della teoria del valore di Marx--fondamentalmente la stessa teoria ma
senza tutti i suoi errori e contraddizioni--così che, sebbene un ritorno
diretto a Marx non sia possibile, si può ritornare a Marx attraverso questi
eredi del suo progetto. Spero di dimostrare che entrambe tali idee sono false.
2. Le "Contraddizioni Interne" di Marx
Economisti marxisti e anti-marxisti non saranno d’accordo su
molto, ma pressoché tutti sono d’accordo sul fatto che le teorie di Marx del
valore, profitto, e crisi economiche sono state dimostrate essere impregnate da
contraddizioni. In altre parole, molte delle sue conclusioni teoriche più
importanti sarebbero state dimostrate essere non valide. Sarebbe perciò
impossibile accettare le teorie di Marx nella loro forma originale.
Pressoché tutti gli economisti marxisti sono anche d’accordo
con gli anti-marxisti che la analisi di Marx della produzione capitalista non
merita neanche di essere discussa o insegnata come una teoria viva. Se la sua
analisi sarebbe internamente contraddittoria, non avrebbe senso, e così non
potrebbe essere giusta--anche se i fatti possono sembrare sostenere Marx e i
suoi argomenti potrebbero sembrare convincenti. Le presunte prove delle
contraddizioni interne servono così come una giustificazione potente per
l’esclusione quasi totale della critica marxiana della economia politica, nella
sua forma originale, sia dagli istituti di insegnamento che dalle pubblicazioni.
C’è, comunque, una differenza significativa fra i critici di
Marx. Gli anti-marxisti usano le prove presunte delle contraddizioni interne per
sostenere che le teorie di Marx dovrebbero essere rifiutate. I marxisti e gli
sraffiani (seguaci di Piero Sraffa, 1960), d’altra parte, si considerano gli
eredi del progetto di Marx piuttosto che i suoi critici. In uno modo o nell’
altro, tutti si vantano di aver "corretto" i suoi errori-cioè, di
arrivare in pratica alle stesse conclusioni a cui arrivò Marx, ma in un modo
logicamente accettabile. Per esempio, Riccardo Bellofiore (1997:2) scrive "
il mio punto di partenza è che il progetto di Marx non si può difendere come
è, e che le contraddizioni sulle quale i critici hanno insistito sono veramente
lì, nel Capitale. [Tuttavia] il "nocciolo" della sua critica della
economia politica... può essere stabilito su una base teoretica più solida”.
Similmente, Mongiovi (2001:3), uno dei principali sraffiani
americani,, scrive che "gli errori di Marx sono, alla fin fine, minori;
infatti essi possono essere eliminati attraverso una revisione della forma nella
quale la sua teoria del valore e distribuzione è presentata, senza minare
nessuna delle sue asserzioni fondamentali su come il capitalismo funziona e su
come si sviluppa storicamente”.
3. Le "Correzioni" di Marx
Intendo dimostrare che queste asserzioni sono false. Le
versioni cosiddette corrette della teoria di Marx non riportano i suoi risultati
teorici su una base più solida. Al contrario, esse minano le sue tesi
fondamentali circa il funzionamento e lo sviluppo del capitalismo. Esiste una
grande varietà di proposte di correzione, ma tutte negano molti dei risultati
teorici di Marx, includendo alcuni dei più importanti.
Il più importante di tutti i risultati marxiani negati è
" la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto". Questa
legge è al centro della sua tesi che le crisi economiche sono inevitabili nel
capitalismo. Marx argomentò che la natura stessa del capitalismo costringe le
imprese a cercare profitti sempre maggiori, e così ad adottare innovazioni più
produttive e ’labour saving’. Ma sebbene le imprese considerate individualmente
possano elevare così i loro saggi di profitto, Marx sostenne, che tali
innovazioni tenderanno necessariamente ad abbassare il saggio di profitto medio,
cioè il saggio di profitto per la economia nella sua totalità.
Tratterò più tardi gli argomenti che supportano questa
conclusione. Qui, il punto è che tutte le "correzioni" di Marx
(includendo quelle preferite da Bellofiore e Mongiovi) portano alla conclusione
che la sua legge è falsa; secondo tali ‘correzioni’ le innovazioni
tecnologiche che aumentano la produttività aumentano, e non abbassano,
necessariamente il saggio di profitto medio. Così la versione di Bellofiore
del" nucleo fondamentale della sua critica dell’economia politica," e
la versione di Mongiovi delle "sue tesi di base riguardanti il
funzionamento del capitalismo e il suo sviluppo nel corso della storia"
rifiutano proprio quella legge che Marx (1973:748) considerò essere "in
ogni rispetto la legge più importante dell’economia politica e moderna."
Un altro risultato importante di Marx, che è negato da tutte
le cosiddette correzioni, è la sua teoria che il profitto viene dal
"lavoro non retribuito" (anche chiamato "pluslavoro") dei
lavoratori. Marx riconobbe che l’ammontare di profitto che un’impresa realizza
differisce dal "plusvalore," l’equivalente monetario del lavoro non
retribuito estratto dai lavoratori. Tuttavia ribadì chiaramente che le
differenze si annullano a vicenda. Se l’economia è presa nel suo insieme, il
profitto totale equivale al plusvalore totale e corrispondentemente il prezzo
totale (il totale ricevuto dai capitalisti tramite la vendita dei loro beni)
equivale al valore totale prodotto dal lavoro.
La maggior parte delle "correzioni" di Marx
sostengono che egli aveva torto anche su questo punto. Una volta che i suoi
"errori" sono corretti, le due uguaglianze non possono essere valide
allo stesso tempo. Questo è il famoso "problema della
trasformazione," il cosiddetto problema inerente alla
"trasformazione" di valori in prezzi e del plusvalore in profitti.
Tale ’problema’ è di nuovo al centro dell’attenzione nella rinnovata
discussione sulla teoria del valore nella Sinistra italiana (si veda l’articolo
di Guglielmo Carchedi in questo numero).
È una sfortuna che il dibattito si sia focalizzato così
strettamente solo su questo punto, perché "risolvere il problema della
trasformazione"--ottenendo le uguaglianze di Marx--non ha il significato
che si pensa che abbia. Alcune recenti "corrette" versioni della
teoria di Marx ottengono entrambe uguaglianze. Tuttavia, come dimostrerò più
sotto, anche queste "correzioni" non riescono a confermare
l’asserzione di Marx che il pluslavoro di lavoratori è la sola fonte di
profitto. Tutte delle "correzioni" implicano che il profitto potrebbe
essere positivo anche se i lavoratori non erogassero pluslavoro, e che il
profitto potrebbe essere negativo anche se lavoratori erogassero pluslavoro.
4. Confutazioni delle critiche
Ci sono anche molti altri esempi, alcuni dei quali saranno
discussi più avanti, in cui le cosiddette correzioni non riescono a ristabilire
i risultati di Marx su una base teoretica più solida. Tuttavia, e se la base
teoretica di Marx fosse dopotutto solida? E se, in altre parole, le prove delle
cosiddette contraddizioni in Marx fossero esse stesse erronee?
Questa non è fantasia, ma un fatto. Durante le due decadi
passate, un piccolo ma crescente numero di ricercatori, associato con quello che
ora è chiamata l’interpretazione temporale del sistema unico (d’ora in
avanti, TSSI), ha confutato tutte le cosiddette prove delle contraddizioni nella
dimensione quantitativa della teoria del valore di Marx. Quelle che sembrarono
essere conclusioni indifendibili--la legge della caduta del saggio di profitto,
la nozione che tutto il profitto viene da lavoro non retribuito,
ecc.--riemergono come logicamente aderenti a questa interpretazione (si veda
Freeman e Carchedi, 1996).
Il TSSI rimane relativamente poco noto, e impopolare. Tuttavia, anche i suoi
critici hanno cominciato recentemente ad ammettere, anche se a malavoglia, che
il TSSI è stato in grado di confutare le prove dichiarate delle contraddizioni
interne in Marx. [2] Queste confutazioni hanno delle conseguenze importanti:
• "il progetto di Marx" può veramente
"essere difeso come è". Le sue teorie, che siano giuste o sbagliate,
possono essere interpretate come logicamente coerenti.
• Nella misura in cui le revisioni fatte dai marxisti e
dagli sraffiani alle teorie di Marx contraddicono i suoi risultati, queste non
sono correzioni--non c’è bisogno di nessuna correzione----ma sono semplicemente
teorie contrarie alla sua.
• L’esclusione delle teorie di Marx nella loro forma
originaria non è un giustificabile tentativo di estirpare errori, ma semplice
censura.
Il TSSI è stato criticato in vari modi. Tuttavia coloro che
desiderano ripristinare le prove confutate delle contraddizioni in Marx devono
fare qualcosa di più che criticare. Devono dimostrare che le confutazioni del
TSSI di queste prove sono sbagliate, sia identificando errori matematici o
logici nelle confutazioni o dimostrando che il TSSI non può essere una lettura
corretta della teoria del valore di Marx. Il TSSI ora ha 21 anni, e niente di
tutto ciò è stato ancora dimostrato.
Nell’assenza di tale dimostrazione, non si può più
sostenere onestamente che "le contraddizioni sulle quale i critici hanno
insistito sono veramente lì nel Capitale". Quando Marx è interpretato in
un certo modo, sembra contraddire se stesso, ma quando è interpretato in un
modo diverso, quelle che sembrano essere contraddizioni scompaiono. Quindi
dobbiamo concludere che, nell’assenza di una prova che le confutazioni del TSSI
siano erronee, le contraddizioni non sono contraddizioni insite in Marx ma
contraddizioni tra le teorie originarie e certe interpretazioni che non riescono
a dare senso a tali teorie.
[1] Questo saggio è stato tradotto dalla
versione originale in inglese ed è dedicato dall’Autore alla memoria di Carlo
Giuliani.
[2] Il teorema di Okishio avrebbe provato che la legge marxiana
della caduta tendenziale del saggio di profitto sarebbe falsa. Tuttavia
recentemente due prominenti marxisti hanno dovuto ammettere che questo non è il
caso. Foley (2000; 282) scrive che la ricerca del TSSI dimostra che “il
teorema di Okishio, nella sua accezione letterale, è sbagliato... il saggio di
profitto in termini di denaro e di lavoro [possono] cadere nelle circostanze
specificate nelle sue ipotesi”. In maniera simile, Laibman (2000b; 275) annota
che il teorema di Okishio non prova nulla circa la tendenza del saggio di
profitto reale ma solo che “il nuovo saggio di profitto materiale deve essere
maggiore di quello precedente”.
La ‘prova’ chiave (e unica) della contraddizione interna
dell’approccio Marxiano della trasformazione dei valori nei prezzi di
produzione è quella di Bortkiewicz. Bortkiewicz (1952:6-9) sostenne che la
differenza nei prezzi degli inputs e degli outputs nella procedura di Marx crea
un illegittimo crollo nel processo di riproduzione. Tuttavia Laibman riconosce
che la ricerca del TSSI ha confutato l’asserzione di Bortkiewicz. I prezzi
degli inputs e degli outputs sono differenti nei contro-esempi del TSSI e
tuttavia “l’equilibrio nella riproduzione esiste da un periodo all’altro”
(Laibman 2000a:323). (Vedi Kliman and McGlone, 1990, per la prima di tali
confutazioni). Similmente, Mongiovi (2001:33) ammette “l’assenza di errori
aritmetici” nei modelli del TSSI più il fatto che, in questi modelli, “non
è assolutamente possibile che i postulati di invarianza di Marx [profitti
totali = plusvalore totale e prezzi totali = valore totale] possano essere
violati”.