Il problema inesistente: la trasformazione dei valori in prezzi in parole semplici
Guglielmo Carchedi
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Primo, la discrepanza (tra 130 e 140) è dovuta al fatto che
negli esempi di cui sopra (e per estensione in tutte le discussioni sulla
trasformazione) il capitale costante e quello variabile sono espressi in
percentuali piuttosto che nei loro valori assoluti (vedi sopra). Questi valori
percentuali sono stati implicitamente considerati dai critici come valori
assoluti e quindi sono stati fatti contare come una unità di capitale
investito per settore. Ma se si ipotizzano diverse unità di capitale investito
nei vari settori, il problema sparisce. Vediamo perché.
Consideriamo il periodo t1-t2. Se entrambi i settori hanno
comprato mezzi di produzione a t1 per 60+80=140 è ovviamente perché tali mezzi
di produzione erano allora disponibili a quei prezzi (indagare sulla formazione
di questi prezzi significherebbe accettare la validità della regressione ad
infinitum). Se, durante il periodo t1-t2, il settore 1 produce mezzi di
produzione che vende a t2 solo per 130 vuol dire (1) o che la produzione è
calata (e con essa è anche calato il potere d’acquisto, la domanda, per tale
offerta) cosicché a t2 (come inizio del periodo t2-t3) i mezzi di produzione
che possono essere comprati avranno un prezzo di 130 (2) o che nel settore 1
operavano più di una unità di capitale e quindi la quantità di capitale
investito e i mezzi di produzione prodotti sono tali per cui il prezzo totale
dei mezzi di produzione è 140. Ciò non può essere visto perché l’esempio
considera implicitamente solo una unità di capitale investito invece di
mostrare il capitale effettivamente investito, cioe l’esempio mostra le
percentuali invece dei valori assoluti. La critica non comprende l’ipotesi su
cui si basa la teoria marxista della trasformazione.
Per di più, anche se si considerano valori percentuali,
cioè solo una unità di valore investito per settore, per ciascun esempio in
cui c’è una ‘discrepanza’ come sopra, un altro esempio può essere fatto
in cui tale ‘discrepanza’ non esiste. Nell’esempio di cui sopra basta
ipotizzare che il settore 1 investe 73.3c e 26.7v per ottenere i seguenti
risultati
Settore 1 |
73.3c+26.7v+26.7s |
= |
126.7 |
Settore 2 |
60.0c+40.0v+40.0s |
= |
140.0 |
|
|
|
|
133.3c+66.7v+66.7s |
= |
266.7 |
Dopo la perequazione del tasso di profitto (66.7/200=0.33),
ciascun settore realizza un valore pari a 133.3. Quindi il settore 1 vende i
mezzi di produzione a 133.3 e entrambi i settori li comprano a 73.3+60.0=133. [1].
Secondo, abbiamo visto che non vi è ‘discrepanza’ tra i
valori dei mezzi di produzione comprati e venduti. Vediamo ora perché i critici
hanno potuto pensare che vi fosse tale discrepanza, cioè perché il metodo
di Marx sia presumibilmente affetto da circolarità. La ragione è che la
critica si basa su un madornale errore logico. Consideriamo il primo periodo,
t1-t2. A t1 le imprese di entrambi i settori comprano mezzi di produzione per
80+60=140. Con tali mezzi di produzione nuovi mezzi di produzione vengono
prodotti dalle imprese del settore 1 che li vendono (sia all’interno del loro
stesso settore che al loro esterno, al settore 2) per 130. Cioè,
indipendentemente dai valori a cui sono comprati e venduti, i mezzi di
produzione comprati a t1 (che servono per il periodo t1-t2) non sono gli
stessi di quelli venduti a t2 (che servono per il periodo t2-t3). Tuttavia,
la supposta circolarità nel metodo di Marx si basa sull’assurda ipotesi che i
mezzi di produzione comprati a t1 sono gli stessi di quelli venduti a t2.
Ciò è evidente se si considera l’affermazione su cui si basa la critica
della circolarità secondo cui nel metodo marxiano gli stessi mezzi di
produzione sono venduti ad un prezzo e comprati ad un altro prezzo (vedi sopra).
In altre parole, la critica sarebbe valida se i mezzi di
produzione prodotti dal settore 1 nel periodo t1-t2 (quindi venduti da tale
settore per 130 al momento t2) fossero comprati da entrambi i settori non al
momento t2 ma al momento t1 (quindi per 140). In questo caso essi sarebbero contemporaneamente
venduti per 130 ma comprati per 1403. Ma questo significa sovrapporre i due
momenti t1 e t2, significa cioè abolire il tempo. Questa è la contro-critica
che rivela la vacuità del cosiddetto problema della circolarità nella
trasformazione dei valori in prezzi. Tale contro-critica, da quando è stata
formulata negli anni 80 (si veda G. Carchedi, The Logic of Prices and Values, Economy
and Society, Vol.13, No.4, 1984 e G. Carchedi, Frontiers of Political
Economy, Verso, London, 1991, ch. 3) ad oggi non è mai stata
ribattuta. Si continua a parlare del ‘problema’ della trasformazione e a
trovare delle ‘soluzioni’ la cui assurdità metodologica è direttamente
proporzionale al poderoso arsenale matematico impiegato.
Concludendo, ridotta alla sua essenza, la questione è
semplice. In una concezione in cui il tempo non esiste, la teoria di Marx è
incoerente. Ma in una teoria in cui il tempo esiste è la critica a Marx che è
incoerente. Ciascuno faccia la sua scelta.
[1] N.d.R.:
come già annotato in precedenza, la critica al simultaneismo non dipende dall’esempio,
numerico scelto ma è valida qualsiasi siano i valori di riferimento adottati.