Stato, regioni ed enti locali nel quadro della riforma della Pubblica Amministrazione
Arturo Salerni
Dislocazione dei poteri, trasferimento di compiti, decentramento e federalismo: tra riforme costituzionali e mutamenti già avvenuti
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La redazione di Proteo ha ritenuto necessario affrontare
anche sul piano delle trasformazioni giuridiche il mutamento che ha investito e
sta investendo l’assetto istituzionale della Repubblica, ed in particolare con
riferimento al profilo del decentramento delle funzioni dallo Stato verso le
Regioni e le autonomie locali. È un processo complesso, che merita
approfondimento e discussione, ed il suo esito sarà assolutamente decisivo
anche sotto il profilo delle prospettive della pubblica amministrazione. Abbiamo
ritenuto utile suddividere questo lavoro - scritto da Arturo Salerni,
avvocato, dell’associazione Progetto Diritti, componente del comitato
scientifico del Cestes e responsabile delle pagine dedicate da Proteo a “trasformazioni
sociali e diritto” - in due parti.
La prima, quella che segue, cerca di delineare in termini
generali, a partire dalle trasformazioni realizzate ed in atto sul piano
costituzionale, la nuova dislocazione delle funzioni tra Stato, Regioni ed Enti
Locali e di ricostruire il disegno ed il senso complessivo delle riforme.
Nella seconda parte, che sarà pubblicata nel prossimo numero
della rivista (1/2001), affronteremo in modo specifico i nessi esistenti tra
decentramento delle funzioni e trasformazione/modifica dell’azione della
pubblica amministrazione, investita anche dalla riforma del procedimento
amministrativo, valutando le conseguenze che i mutamenti in atto determinano sui
processi lavorativi nel settore pubblico, anche sotto il profilo dell’azione e
delle regole sindacali.
1. La riforma costituzionale del 1999
Ron la legge costituzionale n.1 del 1999 sono stati
modificati gli articoli 121, 122, 123 e 126 della Costituzione Italiana (parte
II, titolo V “Le Regioni, le Province, i Comuni”).
Il nuovo terzo comma dell’art.121 della Costituzione amplia
i poteri del Presidente della Giunta Regionale (“dirige la politica della
Giunta e ne è responsabile”).
L’art.122 della Costituzione, nella nuova formulazione,
prevede al primo comma che “il sistema di elezione e i casi di
ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti
della Giunta Regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con
legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge
della repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”.
Viene introdotto cioè il principio che è la legge regionale
e non più una “legge della Repubblica” a stabilire quale debba
essere il sistema elettorale e quale la durata degli organi elettivi regionali
(si può verificare l’elezione diretta non solo per i consiglieri regionali ma
anche per il Presidente e per i componenti della Giunta regionale).
L’ultimo comma dello stesso articolo, modificata la vecchia
formulazione (“Il Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal
Consiglio regionale tra i suoi componenti”), introduce la nuova regola per
cui “il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale
disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto”. Ed
ancora: “Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta”.
Possibilità di scelta della legge elettorale, con una
ipotesi già segnata: quella dell’elezione diretta del Presidente, come già
avviene per i Comuni e le Province. Il segno di trasformazione istituzionale che
ha segnato gli anni novanta - con lo spostamento del peso decisionale dalle
assemblee elettive ai vertici degli enti territoriali eletti direttamente dal
popolo e con la trasformazione in senso maggioritario dei sistemi elettorali,
cui segue la necessaria semplificazione delle dinamiche politiche - continua
ancora a produrre i suoi frutti.
Il nuovo articolo 123 della carta costituzionale,
successivamente all’intervento di modifica del 1999, recita testualmente: “Ciascuna
Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la
forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo
statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi
e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e
dei regolamenti regionali.
Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale
con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due
deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale
legge non è richiesta l’apposizione del visto da parte del Commissario di
Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di
legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte
costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro
tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli
elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo
statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla
maggioranza dei voti validi.”
Il testo precedente dell’art.123 era il seguente: “Ogni
Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e le leggi della
Repubblica, stabilisce le norme relative all’organizzazione interna della
regione. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del
referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la
pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
Lo statuto è deliberato dal Consiglio regionale a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge della
Repubblica”.
Con le modifiche approvate dal Parlamento ci troviamo di
fronte ad un potere statutario delle regioni praticamente senza limiti.
Nel testo originario della Costituzione lo Statuto veniva
deliberato dal Consiglio Regionale ed approvato con legge dello Stato. Con la
riforma del 1999 il potere statutario passa completamente in mano alla Regione,
con un procedimento - la doppia lettura da parte dell’organo che lo delibera,
il Consiglio Regionale e l’eventuale sottoposizione ad un referendum per la
sua definitiva approvazione - che presenta una chiara similitudine al percorso
previsto (dall’art.138 Cost.) per le procedure di revisione costituzionale.
Una vera e propria costituzione per le Regioni, una
costituzione adottata dalla Regione stessa.
La Regione può ora scegliersi la propria forma di governo
(un potere più o meno ampio dell’organo legislativo, l’elezione diretta del
presidente e dell’esecutivo, o quant’altro sarà ritenuto opportuno) ed il
proprio sistema elettorale. Peraltro - come abbiamo già visto - esiste una
indicazione in senso “presidenzialista”, contenuta nel nuovo articolo
122, per cui se non è deciso diversamente nell’ambito dello Statuto
Regionale, si avrà l’elezione diretta del Presidente della Giunta Regionale,
al quale viene dato il potere di nominare e revocare i componenti dell’organo
di governo regionale.
Abbiamo infatti assistito - così imponeva la disciplina
transitoria - nella tornata elettorale del 2000 alla elezione diretta di coloro
che sono stati subito battezzati, mutuando la terminologia statunitense, “governatori”.
Peraltro tale elezione diretta si aggiunge alla riforma elettorale regionale del
1995, che già prevedeva attraverso l’attribuzione di un certo numero di seggi
alla coalizione vincenti, determinando un mix tra premio di maggioranza ed
elezione diretta del Presidente che di fatto blinda le posizioni dello
schieramento vincente e riduce ampiamente i poteri del Consiglio regionale e la
sua dialettica interna.
L’unico limite al potere statutario delle regioni resta
quello della legittimità costituzionale dello Statuto, con rimessione alla
Corte Costituzionale che solo il Governo centrale può promuovere nel termine di
trenta giorni dalla pubblicazione. E se il Governo è un Governo amico? E
quale è la forza di questo Statuto? Può esserne proposta la questione di
legittimità con il procedimento ordinariamente previsto per ogni altra legge?
Va peraltro evidenziato che è in corso - come vedremo - il
processo di revisione costituzionale di tutto il titolo V della seconda parte
della Costituzione, e cioè la ripartizione dei poteri e delle funzioni tra
Stato, Regioni ed Enti Locali.
Conviene ora - per completare questo rapido excursus sulla
riforma costituzionale del 1999 - porre a confronto il nuovo ed il vecchio testo
dell’art.126, che attiene ai rapporti tra Regione e Governo centrale da un
lato ed i rapporti tra gli organi della Regione dall’altro, con un
rafforzamento ulteriore del ruolo del Presidente (si tratta delle cosiddette “norme
antiribaltone”).
Il nuovo testo recita così: “Con decreto motivato del
Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio
regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti
contrari alla costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la
rimozione possono essere altresì disposti per ragioni di sicurezza nazionale.
Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita
per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.
Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei
confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da
almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a
maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in
discussione prima di tre giorni dalla presentazione.
L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del
Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la
rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello
stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In
ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della
maggioranza dei componenti il Consiglio.”
Il testo sostituito prevedeva invece che “il Consiglio
regionale può essere sciolto quando compia atti contrari alla Costituzione o
gravi violazioni di legge, o non corrisponda all’invito del Governo di
sostituire la Giunta o il Presidente,che abbiano compiuto analoghi atti o
violazioni.
Può essere sciolto quando, per dimissioni o per
impossibilità di formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare.
Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza
nazionale.
Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del
Presidente della Repubblica, sentita una Commissione di deputati e senatori
costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della
Repubblica.
Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di
tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro
tre mesi e provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e
agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio”.
2. Il disegno di legge costituzionale sui nuovi poteri delle Regioni e
delle autonomie locali
Il processo di revisione costituzionale richiede, come è
noto, un doppio passaggio dei testi di riforma all’esame dei due rami del
Parlamento. La prima lettura è stata compiuta e il Parlamento si accinge
(gennaio 2001) - salvo ostacoli dell’ultima ora - all’approvazione
definitiva (che potrebbe essere messa in discussione soltanto dallo speciale
strumento referendario previsto dall’art.138 della Costituzione) del disegno
di legge costituzionale contenente “modifiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione”.
Si tratta in buona sostanza di un ribaltamento nelle
attribuzioni del potere legislativo tra Stato e Regioni, per cui allo Stato
viene riservato uno spazio (sul piano della potestà legislativa e sul piano
della funzione amministrativa) assolutamente residuale, ed ancor più ridotto se
solo si pensa allo spostamento di attribuzioni che si è verificato -
precipitosamente nell’ultimo decennio - in ragione dell’intensificarsi del
progetto di integrazione europea.
Si passa dalla vecchia formulazione dell’art.114 per cui
“la Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” alla
individuazione dello Stato quale una delle diverse entità che compongono la
Repubblica (“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle
Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”, primo comma dell’art.114
Cost. nel testo in via di approvazione).
Ed ancora - riallacciandosi alla riforma del 1999 - il testo
approvato in prima lettura dalle Camere inserisce due ulteriori commi all’art.114
della Costituzione, l’articolo che apre il titolo dedicato a Regioni, Province
e Comuni. Il secondo comma in particolare prevede: “I Comuni, le Province,
le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione” [il testo
vigente dell’art.128, che verrebbe abrogato, prevede che Province e Comuni
sono enti autonomi “nell’ambito dei principi fissati da leggi generali
della Repubblica che ne determinano le funzioni”].
Il punto centrale della riforma all’esame delle Camere è
costituita dall’articolo 117 della Costituzione. Nel testo vigente si
riconosce alle Regioni un potere legislativo (sia pur “nei limiti dei
principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme
stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre
Regioni”) in una serie limitata - e dettagliata - di materie (ordinamento
degli uffici e degli enti dipendenti dalle Regioni, circoscrizioni comunali,
polizia locale urbana e rurale, fiere e mercati, beneficenza pubblica ed
assistenza sanitaria ed ospedaliera, istruzione artigiana e professionale e
assistenza scolastica, musei e biblioteche di enti locali, urbanistica, turismo
ed industria alberghiera, tranvie e linee automobilistiche di interesse
regionale, viabilità e lavori pubblici di interesse regionale, navigazione e
porti lacuali, acque minerali e termali, cave e torbiere, caccia, pesca nelle
acque interne, agricoltura e foreste, artigianato). Inoltre il vigente art.117
prevede, al secondo comma, che “le leggi della Repubblica possono demandare
alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione”. Ai sensi
del testo in via di approvazione, innanzitutto, “la potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché
dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali”.