“The Federal Business Revolution”
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Parte Seconda. Dal Terzo Settore al "Welfare dei Miserabili": gli altri strumenti della Grande Riforma della P.A.
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Infatti "Il passaggio di competenze verso regioni ed enti
locali sta avvenendo con l’obbligo di liberalizzare e di privatizzare i servizi.
Si tratta di un federalismo "orientato" che decentra competenze togliendo
libertà di scelta agli enti locali e alle regioni e li trasforma in tanti protagonisti
di un "liberismo dal basso". Quello che avviene non è il decentramento
dello Stato ma una distruzione e privatizzazione dello Stato per via decentrata...
Il taglio alle risorse disponibili sta spingendo gli amministratori locali...
a mettere in pratica il principio anticostituzionale della sussidiarietà orizzontale.
Si sta cioè affermando nei fatti il principio che lo Stato - l’ente locale,
la regione - intervengono solo la dove non sia intervenuto il privato. Questa
situazione di regionalizzazione spinta pone grandi problemi al mantenimento
dei diritti sia per quanto riguarda l’utenza in generale che per quanto riguarda
i lavoratori dei servizi in particolare. È infatti del tutto evidente che i
diritti concretamente esigibili dalla cittadinanza non saranno più determinati
dalle leggi nazionali ma dalle risorse concretamente stanziate dalla regioni,
con il rischio di trovarci di fronte a 20 mini Welfare, con crescenti disparità
di diritti". [1]
Sempre con riguardo alla situazione dei lavoratori pubblici
va ricordato il decreto legislativo del 31 marzo 1998 n.80 recante "Nuove
disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni
pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge
15 marzo 1997, n. 59" che all’art.1 testualmente cita:
All’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, la lettera c) è sostituita dalla seguente "c) realizzare la
migliore utilizzazione delle risorse umane nelle Pubbliche Amministrazioni,
curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo
pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni
uniformi rispetto a quelle del lavoro privato."
Le Amministrazioni Pubbliche quindi riorganizzano la struttura
dei propri uffici seguendo principi di funzionalità, flessibilità e imparzialità;
inoltre " I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche
sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del
Codice Civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa,
fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto." Il
rapporto di lavoro è quindi determinato dai contratti collettivi [2] così come avviene per i rapporti
di lavoro privati ed è inserito il concetto della mobilità del personale.
Le assunzioni avvengono con contratti individuali di lavoro,
attraverso l’avviamento degli iscritti alle liste di collocamento. [3]
Le leggi chiamate comunemente "Bassanini" hanno introdotto
un ulteriore momento di discriminazione a beneficio (nelle spiegazioni del legislatore)
del ruolo della contrattazione collettiva; vi è stata, infatti, l’introduzione
dei limiti di rappresentatività delle organizzazioni sindacali che possono essere
ammesse alle trattative (il fatidico 5%). Vi è, inoltre, l’introduzione del
contratto integrativo ed anche la legge n.80 del 1998 istituisce anche per i
lavoratori pubblici il lavoro flessibile con i contratti di formazione e lavoro,
i contratti a termine, i contratti di fornitura e il lavoro a prestazioni temporanee.
In questo ultimo periodo si è avuto un attacco sferrato dalle
imprese soprattutto ai contratti di "secondo livello o integrativi".
Si ricorda che tutte le categorie di lavoratori sottostanno
nella loro contrattazione agli accordi di luglio 1993 (accordi tra i sindacati
confederali, il governo e le organizzazioni delle imprese) per i quali vengono
garantiti solo i livelli minimi dei salari in base anche alla revisione, ogni
due anni, delle differenze che intervengono per l’inflazione. Questo ha portato
evidentemente a una stabilità molto precaria dei salari, soprattutto per i lavoratori
del pubblico impiego, nei quali "il recupero attraverso la contrattazione
decentrata... è specificatamente limitato dalle disponibilità finanziarie definite
centralmente, e l’attitudine "burocratica" è molto più presente, in
particolare nelle controparti". [4]


Va evidenziato poi il nuovo ruolo assunto dai dirigenti pubblici
che vengono retribuiti attraverso contrattazione individuale (il livello di
retribuzione cambia a seconda della responsabilità e dell’incarico assunto).
Esaminando ora il trattamento economico dei pubblici dipendenti,
si ricorda che da studi condotti "negli anni ’80 hanno osservato che in
quegli anni la gran parte dei dipendenti pubblici percepiva le stesse retribuzioni:
oltre il 60% dei dipendenti pubblici erano inquadrati tra il 3° e il 5° livello
su otto o nove livelli previsti, dove le reali differenze salariali tra la retribuzione
minima e quella massima è del 14%; nel settore sanitario il 55% dei dipendenti
era concentrato su due livelli di inquadramento con un differenziale dl 9%;
negli Enti Locali l’84% dei dipendenti era concentrato su quattro livelli con
un differenziale del 16%. Le competenze accessorie o sistemi di retribuzione
variabile costituiscono il 10% del trattamento economico nei Ministeri; l’8-10%
nel settore sanitario; il 6% negli enti locali e l’1% nelle scuole... Nelle Amministrazioni
locali, ad esempio, le differenze salariali erano dovute principalmente all’anzianità
e agli straordinari più che al tipo e al risultato della prestazione”.
Arrivando invece all’anno 1999 sono molto interessanti le due
tabelle seguenti che analizzano le retribuzioni lorde medie nel pubblico impiego;
dai dati si segnala che l’aumento percentuale delle variazioni delle retribuzioni
rispetto all’anno precedente è molto elevato per quanto riguarda i dirigenti
(si arriva intorno al 15%) che comunque risultano essere quasi sempre il settore
più pagato.
Se si prende in esame ad esempio il settore dei ministeri i
dati sono ancora più eclatanti: da un articolo apparso su Liberazione del 10
aprile 2001 emerge come il divario tra i dirigenti e i semplici impiegati sia
arrivato a livelli insostenibili:
"Nei ministeri gli ultimi aumenti medi ai dirigenti hanno
portato cifre variabili tra i 17 e gli 82 milioni, mentre ai dipendenti un milione
e mezzo... Si può fare addirittura una ideale classifica in cui il primo della
lista si porta a casa, al netto del premio di risultato e della retribuzione
individuale, qualcosa come 199 milioni mentre l’ultimo, il ministeriale di livello
A1 la miseria di tredici milioni e mezzo. Naturalmente, ci sono due diverse
modalità di "composizione" della busta paga. Nel primo caso si tratta
di una vera e propria pattuizione tra il singolo dirigente di prima fascia e
l’amministrazione, una sorta di stipendio "fai da te". Nel secondo
caso basta un semplice rinnovo contrattuale che tenga conto della cosiddetta
inflazione programmata, che non è mai uguale all’inflazione reale". [5]
Bibliografia ESSENZIALE
Armuzzi L., Contratti e democrazia, in Quale
Stato, gennaio 2001
Barbetta G.P., Il settore non profit italiano,
settembre 2000, il Mulino
Cavazzuti F., Privatizzazioni comunali, Impresa
e Stato n. 42.
CNEL, Rapporto su: Statualità, mercato e socialità
nel welfare, assemblea marzo 1996.
De Nardis S. (a cura di), Le privatizzazioni italiane,
il Mulino, Bologna, 2000.
Ferrera M., Le trappole del Welfare, Il Mulino,1998
Ministero del Tesoro, Relazione sulle privatizzazioni,
anni 1997, 1998, 1999 e 2000
Nivarra L., Le privatizzazioni tra riforma del mercato
azionario e democrazia economica", in www.ansa.it
Ota de Leonardis, In un diverso Welfare, Feltrinelli,
Milano, Marzo 1998.
Pennacchi L., Lo Stato sociale del futuro, Donzelli
editore, Roma, 1997.
PROTEO, annate varie
Quadro Curzio A., Fortis M., Le liberalizzazioni
e le privatizzazioni dei servizi pubblici locali, il Mulino, 2000.
Ranci C, Vanoli A., Beni pubblici e virtù private,
Fondazione Adriano Olivetti, 1994
Siniscalco D., Bortolotti B., Fantini M., Vitalini S.;
Privatizzazioni difficili, Il Mulino, Bologna, 1999.
www.ansa.it
www.Italgas.it/homepage
www.acea.it/
www.enel.it/storia/
[1] Liberazione del 10 aprile 2001, pagg. 6/7.
[2] Infatti l’art.
6. recita:
1. L’articolo 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, è sostituito dal seguente: "Art. 10 (Partecipazione sindacale)
- 1. I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli
istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti interni di organizzazione
aventi riflessi sul rapporto di lavoro."
[3] Titolo
III - CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E RAPPRESENTATIVITÀ SINDACALE
Art. 45 - Contratti collettivi nazionali e integrativi
1. La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie
relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.
2. abrogato
3. Mediante appositi accordi tra l’ARAN e le confederazioni
rappresentative ai sensi dell’articolo 47 bis, comma 4, sono stabiliti i comparti
della contrattazione collettiva nazionale riguardanti settori omogenei o affini.
I dirigenti costituiscono un’area contrattuale autonoma relativamente a uno
o più comparti. Resta fermo per l’area contrattuale della dirigenza del ruolo
sanitario quanto previsto dall’articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modifiche. Agli accordi che definiscono i comparti
o le aree contrattuali si applicano le procedure di cui all’articolo 46, comma
5. Per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità,
svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi oppure tecnico
scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline distinte nell’ambito dei
contratti collettivi di comparto.
4. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con
il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi,
la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli. Le pubbliche amministrazioni
attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto
dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale
e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa
si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali,
tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa
può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche
amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi
integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali
o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale
e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e
non possono essere applicate.
5. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti
con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione
definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi
ordinamenti.
[4] Armuzzi L., "Contratti e democrazia"
in Quale Stato, gennaio 2001, pag. 11.
[5] Liberazione
del 10 aprile 2001 pag. 8-9.