“The Federal Business Revolution”
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Parte Seconda. Dal Terzo Settore al "Welfare dei Miserabili": gli altri strumenti della Grande Riforma della P.A.
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A questo proposito va ricordato che l’art.116 del decreto legislativo
del 18 agosto 2000 riguardante il "Testo unico delle leggi sull’ordinamento
degli enti locali" testualmente recita:
1. Gli enti locali possono, per l’esercizio di servizi pubblici
e per la realizzazione delle opere necessarie al corretto svolgimento del servizio,
nonchè per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico,
che non rientrino, ai sensi della vigente legislazione statale e regionale,
nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per
azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga
a disposizioni di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta
dei soci privati e all’eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato
con procedure di evidenza pubblica. L’atto costitutivo delle società deve prevedere
l’obbligo dell’ente pubblico di nominare uno o più amministratori e sindaci.
Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata
all’azionariato diffuso e resta comunque sul mercato. Ed ancora al capo 2. La
costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli
enti locali è disciplinata da apposito regolamento adottato ai sensi dell’articolo
4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e integrazioni.
L’Articolo 120 invece è così strutturato:
1. Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione
della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare
e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti
urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere
che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura
di evidenza pubblica.
Se si esamina più da vicino la situazione dei servizi pubblici
locali va ricordato che mentre fino a tutti gli anni 80 questi erano gestiti
direttamente dagli Enti Locali, dal 1990 la situazione è mutata. I motivi che
si adducono sono:
"- riduzione della spesa pubblica. Per effetto del processo
di adesione all’unione Monetaria calano i trasferimenti e i contributi statali,
con un significativo impatto sui bilanci degli Enti Locali;
- ristrutturazione del settore. Inizia un processo di riorganizzazione
aziendale e di riposizionamento sul territorio...
- apertura al mercato e privatizzazione. Cresce la spinta alla
liberalizzazione dei servizi pubblici - anche per l’impulso dell’Unione Europea
e dell’Autorità Antitrust Nazionale -, si afferma il ricorso a formule gestionali
«privatistiche», come la società per azioni, e inizia un processo di riallocazione
proprietaria degli operatori." [1]
Si ricorda che i servizi di pubblica utilità (telefonia, trasporti,
gas, elettricità, ecc.) sono sostanzialmente "servizi a rete" ossia
il servizio che viene fornito agli utenti prevede in alcune sue fasi delle infrastrutture
a rete; di solito i costi da sopportare nella gestione della rete sono quasi
sempre inferiori se si tratta di una sola rete anziché di varie e frammentarie
reti distribuite sul territorio; è per questo che negli anni precedenti questi
servizi sono sempre stati caratterizzati da una gestione monopolistica con un
unico operatore produttore solitamente pubblico.
Tra le più importanti privatizzazioni di enti locali attuate
in Italia vi sono senza dubbio quelle relative alle gestioni delle acque, alla
raccolta e allo smaltimento dei rifiuti e quelle relative alla distribuzione
del gas naturale [2].
Per quanto riguarda il primo settore va ricordato che la riforma
dei servizi idrici è iniziata con la legge del 1994 n.36 (legge Galli)
anche se le Regioni non hanno attuato le norme di recepimento della legge e
non hanno individuato i territori e le autorità necessarie ad applicare le norme;
queste prevedevano il raggiungimento di economie di scala, una concentrazione
dei gestori e l’indicazione di tariffe in grado di aumentare l’efficienza e
incentivare la gestione dei servizi.
Il processo di attuazione della L. 36/94 (c.d. “Legge Galli”)
solo recentemente, ha iniziato a realizzare qualche modifica nella struttura
industriale del settore. Anche se sono trascorsi sei anni dall’approvazione
delle Legge di riforma del settore, le innovazioni effettivamente introdotte
sono ancora limitate e a livello organizzativo e gestionale, vi sono ancora
le gestioni dirette dei comuni; fino ad ora un solo ambito territoriale ottimale
ha iniziato il servizio idrico integrato e degli 89 Ambiti Territoriali Ottimali
previsti ne sono stati insediati 40.
In sintesi i servizi idrici sono gestiti da più di 8.100 soggetti
indipendenti, il maggior numero dei quali è concentrato nelle regioni del Nord
(60% dei gestori), mentre nel Mezzogiorno e nel Centro si collocano rispettivamente
il 29% e l’11%3. [3]
Le grandi città del Centro e del Nord che hanno operato una
trasformazione delle aziende pubbliche in società per azioni sono ad esempio
l’AMGA di Genova, l’ACEA di Roma.
In particolare si ricorda che l’ACEA, legata all’evoluzione
sociale, urbanistica e politica di Roma si è occupata dal 1984 del teleriscaldamento
e nel 1985 anche della gestione e depurazione delle acque; nel 1992 l’ACEA è
divenuta azienda speciale (legge 142/90) e dal 1998 è stata trasformata in società
per azioni.
Nel 1999 l’ACEA S.P.A. ha realizzato un riassetto del Gruppo
societario; nella nuova configurazione di gruppo societario, l’ACEA S.P.A. è
la società capogruppo e l’holding industriale. Questo ruolo fa sì che eserciti
sul Gruppo l’indirizzo, il controllo e il coordinamento generale.
Le società operative ACEA DISTRIBUZIONE S.P.A. ed ACEA ATO
2 S.P.A esercitano la gestione diretta dei servizi di distribuzione di energia
elettrica e del ciclo. [4]
Se si guardano i diversi paesi europei si ricorda che mentre
in Francia è presente una sorta di integrazione verticale caratterizzata da
un grado di concentrazione molto alto, in Inghilterra è la legge a definire
le dimensioni delle utenze e in Germania invece sono presenti una varietà di
soggetti che gestiscono il settore in una sorta di "catena del valore"
del servizio.
Il settore dello smaltimento dei rifiuti, invece, rifacendosi
a specifiche direttive dell’UE (91/156, recepita con l’ordinamento Ronchi del
1997), si basa su norme che prevedono lo smaltimento dei rifiuti in luoghi vicini
al posto in cui si realizzano (in base al principio della prossimità), che i
costi siano da addossare a coloro che producono i rifiuti (in base al principio
che dice "chi inquina, paga"), ed infine a norme che decretano che
ogni territorio deve essere autosufficiente ed avere una appropriata capacità
di smaltimento (principio dell’autosufficienza). Di solito anche questo settore
viene gestito da imprese pubbliche sia attraverso aziende municipalizzate sia
attraverso gestioni dirette (la percentuale delle imprese pubbliche sfiora il
90%).
La stragrande maggioranza dei rifiuti urbani è depositato nelle
discariche e solo una piccola parte viene raccolto in maniera differenziata.
In base al citato Decreto Ronchi viene diminuito molto l’uso delle discariche
e saranno gli Enti locali a dover provvedere alla raccolta differenziata dei
rifiuti. Ad oggi mentre nella raccolta di solito sono le imprese pubbliche ad
intervenire, per quanto riguarda lo smaltimento sono gli Enti Locali (i privati)
a doverlo gestire. [5]
Il settore del gas naturale invece è stato sottoposto
ultimamente ad un processo di liberalizzazione in nome di una ipotetica migliore
efficienza. Va ricordato che, essendo questo un settore a larga espansione (si
prevede che nel 2010 la domanda di gas naturale arrivi a 95 miliardi di mc a
fronte di un valore del 1999 di 67 miliardi di mc), il nostro Paese è e sarà
sempre più assoggettato alle importazioni che sono circa i 2/3 dei consumi nazionali.
Il metano è usato ormai dall’80% della nostra popolazione ed è arrivato a coprire
il 60% dei comuni.
Fino ad ora questo settore è stato caratterizzato da una grande
concentrazione ed il servizio di distribuzione è di solito assegnato ai comuni
che lo gestiscono direttamente oppure lo danno in concessione ad aziende private.
Il gruppo ENI che ha una posizione prevalente nel settore della
distribuzione a monte (ossia riguardanti la produzione, il trasporto e l’importazione)
in quanto copre delle fasce di mercato superiori al 90% sta procedendo alla
dismissione delle quote; anche il gruppo Edison possiede una percentuale rilevante
delle imprese operanti con una percentuale del 10%.
Per quanto riguarda invece la distribuzione locale del gas
naturale si è in presenza di una situazione di prevalente frammentazione dell’offerta
(ad esempio le aziende municipalizzate) ma dal 1994 si è avuta anche in questo
campo una modifica delle imprese in società per azioni nelle quali è entrato
prepotentemente il capitale di grandi multinazionali quali l’ENI, l’AEM ecc.
Una tra le aziende più importanti nel settore del gas per usi
civili è senza dubbio l’Italgas che ha più di 6 milioni di utenti e oltre 10
miliardi di metri cubi di metano distribuiti in un anno.
"Le diciassette aziende del Gruppo sono infatti guidate
dall’Italgas, una società per azioni a azionariato diffuso con oltre 76 mila
azionisti tra cui Snam (ENI) con il 40,9% del capitale.
Oltre che nella distribuzione del gas naturale, il Gruppo Italgas
opera nel settore idrico gestendo il servizio idropotabile in circa 300 Comuni
italiani, per un totale di quasi 2,2 milioni di abitanti serviti.
Con la pubblicazione della Carta del Servizio Gas, la cui prima
edizione risale al 1995, il Gruppo Italgas è stato uno dei primi operatori di
livello nazionale in Italia ad aver reso noti i criteri e gli standard di qualità
che caratterizzano il servizio di erogazione del gas naturale. Inoltre, nel
dicembre 1996 la capogruppo Italgas S.p.A. ha ottenuto la Certificazione del
Sistema di Assicurazione Qualità conforme alla normativa internazionale UNI
EN ISO 9001". [6]
Il settore dell’energia è stato sottoposto, con
il Decreto Bersani (inizio anno 2000), ad una liberalizzazione della domanda
anche attraverso l’istituzione dei consorzi di acquisto riguardanti imprese
di piccola o media dimensione; fino ad ora però gran parte dell’energia è ancora
fornito dall’ENEL. Questo ha fatto sì che il Governo, nonostante il forte veto
posto dai lavoratori, stia cercando di vendere in fretta le varie centrali ENEL
ai privati in nome della sempre più decantata efficienza ed efficacia nel mercato.
Si ricorda che L’ENEL è stata istituita nel 1962 (L.6 Dicembre
1962, n. 1643) come ente pubblico, operante in regime di monopolio, per consentire
di concludere il processo di elettrificazione dell’Italia garantendo al contempo
una riduzione complessiva dei costi di produzione, di distribuzione e di commercializzazione.
Nel 1992 l’ENEL è stata trasformata in Società per Azioni con
unico azionista il Ministero del Tesoro. La legge n.359 dell’agosto 1992 ha
disposto la trasformazione dell’Enel in società per azioni ed ha conferito al
Ministero del Tesoro l’incarico di elaborare un programma di riordino anche
in merito al collocamento della proprietà azionaria sul mercato.
[1] Cfr. Quadro Curzio A., Fortis M.,"
Le liberalizzazioni e le privatizzazioni dei servizi pubblici locali",
il Mulino, 2000, pag. 45.
[2] Per questo argomento si confronti: Quadro Curzio A., Fortis
M.,"Le liberalizzazioni e le...", op. cit., pagg. 22-24.
[3] Fonte: Istat, 2000.
[4] Va ricordato che "In linea con il processo di
liberalizzazione, il GRUPPO ACEA ha perseguito alleanze con altre ex aziende
municipalizzate, al fine di raggiungere una necessaria massa critica, idonea
a concorrere con altri operatori nel processo di acquisizione delle centrali
ENEL, nell’ambito di una immissione nel mercato di una parte della capacità
produttiva dell’operatore nazionale prevista dal Decreto Bersani. È nato così
ITALPOWER, consorzio che vede la partecipazione di ACEA, AEM (MI), AEM (TO)
ed ATEL, costituito appositamente per partecipare alla gara per l’acquisizione
di una delle tre GENCO (società costituite da ENEL a seguito dell’obbligo di
alienare 15.000 MW a favore del mercato e nelle quali sono state conferite le
centrali oggetto di cessione).
Successivamente alla definizione da parte del Governo delle
modalità di cessione delle centrali, nel novembre 2000, il Governo è ulteriormente
intervenuto nel processo di cessione (avviato più di un anno prima) fissando
con decreto un tetto del 30% alla partecipazione di “imprese pubbliche” ai soggetti
ammessi alla partecipazione alla gara. Alla luce di tale decreto ed al fine
di soddisfarne le condizioni poste, ITALPOWER sta predisponendo le opportune
alleanze con partner privati.", Cfr. La relazione 2000 dell’ACEA
S.p.A in www.acea.it/.
[5] Per questi argomenti si confronti: Quadro Curzio A., Fortis
M., "Le liberalizzazioni e le...", op. cit.
[6] Cfr. www.Italgas.it/homepage.