Il contraddittorio legame tra le trasformazioni economico-produttive e alcuni passaggi-chiave della storia del movimento sindacale dal dopoguerra ad oggi (Prima parte)
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
Sabino Venezia
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Tuttavia, da un lato lo sviluppo dell’industria
portò con
sé lo sviluppo di un sindacato più forte, dall’altro le
maggiori disponibilità economiche e la convinzione che un miglioramento
economico dei lavoratori serviva anche ai “padroni” (altrimenti
chi comprava le “600”?) comportarono condizioni favorevoli per
lo sviluppo del diritto del lavoro.
Ciò anche grazie alla “dottrina sociale” della
Chiesa, che influì positivamente su una parte della Democrazia cristiana,
consentendo un’ampio consenso, anche da parte di settori moderati,
intorno a riforme che oggi vengono tacciate come “comuniste” e
antiliberali.” [1]

5.4 Riorganizzare il sindacato di classe
Verso la metà degli anni ’50 la CGIL pose il
problema della riorganizzazione del sindacato a partire “dal problema
di direzione, di efficienza e di democrazia interna.” [2]
In effetti la necessità di riorganizzazione subì gli
influssi:
• della criticità del comunismo internazionale
dopo i fatti Ungheresi e Polacchi, il 23 giugno del ’56 a Poznan,
in Polonia, i lavoratori protestano per migliori condizioni di lavoro e salari
adeguati, una delegazione sindacale, inviata a Varsavia per le trattative,
verrà arrestata; la risposta in fabbrica non si lascia attendere,
gli scontri saranno durissimi e il bagno di sangue avrà echi internazionali.
La CGIL e Di Vittorio in prima fila, si schiera con i lavoratori e contesta
la versione dell’Unità, organo di stampa del PCI, secondo il
quale all’origine ci sono le manovre di alcuni agenti provocatori: “se
non ci fosse stato un malcontento diffuso e profondo negli operai, i provocatori
sarebbero stati facilmente isolato. Dovete eliminare il malcontento per eliminare
le provocazioni” la spaccatura con il Partito Comunista è ormai
avvenuta, le condizioni della classe operaia in Europa sono disastrose, l’8
Agosto 139 italiani muoiono nella sciagura delle miniere di Marcinelle, in
Belgio, nei giorni successivi si conteranno definitivamente 263 cadaveri,
il 26 Ottobre in Ungheria scoppia la rivolta, il PC Ungherese chiede aiuto
ai sovietici. La CGIL condannerà l’intervento sovietico in Ungheria.)
[3]
• quanto evidenziato nel punto precedente porta i primi
segni di spaccatura tra CGIL e PCI.La CGIL di Di Vittorio e il PCI di Togliatti
daranno un giudizio diverso sull’operato di Chruscev e sul percorso
dell’Unione Sovietica, giudizio che orienterà prepotentemente
la CGIL sulla strada dell’autonomia del partito.
• Va inoltre considerata la conseguente e quasi diretta
crescita, all’interno della stessa CGIL, della corrente socialista,
la cui impronta revisionista si caratterizzò anche con la progressiva
autonomia dal PSI (già in collaborazione politica con la DC; collaborazione
sancita dai congressi di Torino del ’55, di Venezia del ’57 e
di Napoli del ’59).
5.5 Le modificazioni socio-produttive
e nella composizione di classe
Si assiste, di fatto, ad una crescita economica che modificherà le
strutture sociali del paese e, di conseguenza, la composizione della classe
operaia. L’Italia si colloca, a partire dalla fine degli anni ’50,
tra i paesi industrializzati anche se tale privilegio, fatto di maggiori salari
e tendenza alla piena occupazione nel modello fordista, stenta ad approdare
nel paese. Va tuttavia registrato che il così detto “miracolo
italiano” si concretizzo anche perchè:
• l’esportazione italiana aumenta considerevolmente,
grazie anche ad elementi congiunturali quali la crescita dell’economia
americana, (e la conseguente stabilità del dollaro) e all’apertura
dei mercati internazionali che ne facilita lo sviluppo,
• la stabilità monetaria aiutò l’aumento
degli investimenti diretti,
• le grandi opere pubbliche che lo Stato effettuò rappresentarono
un importante sostegno allo sviluppo del paese.
Tale processo durerà un intero quinquennio, dal ’58
al ’63, fino cioè alla crisi del ’64-’65
Il censimento realizzato dall’ISTAT nel 1951 fornisce
una panoramica della distribuzione degli occupati nei settori primario, secondario
e terziario. (Cfr. Graff.1, 2, 3)
In questi anni cominciò a svilupparsi il concetto di “distretto
industriale” (ossia una raggruppamento territoriale di imprese indipendenti
e specializzate in una singola industria o filiera) o unità locali.
Il distretto si caratterizza per la specializzazione dl lavoro,
per l’ambiente di lavoro e per l’ambiente esterno al quale fa riferimento
(ossia le relazioni commerciali, le reti ecc.).
Nel settore primario, secondario e terziario, nel Nord e nel
Centro, il rapporto fra imprese e distretti era evidentemente, molto diverso
fra Nord e Sud. Questo anche perché al sud era più facile installare
piccole strutture e formare il personale con meno costi, rispetto alla complessità del
lavoro in fabbrica.
Per quanto riguarda gli occupati, si manifesta la persistenza
del divario fra nord e sud e i relativi problemi di occupazione. Sia per la
fuga dei giovani verso il Nord, sia per una mancata, voluta dagli industriali
e dal Governo, propensione allo sviluppo del Sud, gli addetti, in tutti i settori
risultano essere maggiormente occupati al Nord Italia.
Come si è visto in precedenza è proprio in questi
anni che si sviluppa e si rafforza l’organizzazione sindacale dei lavoratori;
la nascita della CGIL (Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori) nel
1944 e la successiva scissione in CGIL, CISL e UIL hanno portato negli anni ’50
ad una crescita delle iscrizioni dei lavoratori ad un sindacato (anche se alla
fine del decennio si è avuto un notevole rallentamento degli iscritti
dovuto alla percezione da parte dei lavoratori della scarsa attività e
incisività dei sindacati). Cfr. Tabb. 1, 2, 3.
In questo periodo come si è scritto si ha una prima
e profonda trasformazione socio-occupazionale con una forte industrializzazione
del Paese. Ciò a inizio degli anni ’60 porta al declino dei distretti
industriali, fino ad allora motore trainante della microeconomia italiana.
Nel 1951 risultano, dal censimento, 149 distretti sparsi su tutto il territorio,
e principalmente al Sud, in particolare in Campania e in Calabria. Negli anni
successivi questi sistemi locali quasi spariscono probabilmente perché soggetti
alla forte concorrenza esercitata dalle imprese del Centro-Nord, che mirano
a inglobare anche questi piccoli centri produttivi. Questo porta alla progressiva
desertificazione di queste realtà meridionali. Le strutture e le dimensioni
distrettuali comunque dopo questa temporanea battuta d’arresto daranno
vita negli anni a venire a una realtà decisamente positiva nell’economia
italiana.
I cambiamenti sociali di questo periodo trovano sicuramente
conferma sia nella nazionalizzazione dell’Energia Elettrica, ma soprattutto
nell’affermarsi del ruolo della donna nella vita sociale del Paese, gettando
le basi di un futuro inserimento anche nel mondo del lavoro (fine anni sessanta).
Il 1946, infatti, è l’anno in cui le donne possono
per la prima volta in Italia esercitare in diritto al voto, un diritto che
era stato a lungo negato nonostante le battaglie condotte per molti anni. Il
diritto appena acquisito contribuisce a riconoscere, a chi aveva contribuito
in maniera decisiva alla democratizzazione e alla crescita economica del Paese,
con un ruolo decisamente fondamentale nella società italiana.
Concludendo, è necessario sottolineare che all’indomani
della seconda guerra mondiale le sostanziali modificazioni produttive italiane
hanno sì aggravato la situazione di alcuni settori economici (la scomparsa
a esempio dei distretti industriali e il progressivo abbandono delle campagne),
ma, al contempo, la forte crescita dell’Industria ha portato l’Italia
verso la piena occupazione nei primi anni ’60. Nel 1963, infatti, si
registra un tasso di disoccupazione pari al 3,9 %, il più basso mai
raggiunto nel nostro Paese.
5.6 La fase della programmazione
Lo sviluppo del capitalismo, specie quello industriale, della fine degli anni ’50
evidenzierà però, nel decennio successivo, tutte le sue contraddizioni.
Le logiche di profitto determinano un impoverimento delle condizioni di vita
della società e i valori di solidarietà e giustizia sociale,
ricompresi anche nella morale della Chiesa cattolica, spingono la CISL verso
quei temi già cari alla sinistra sindacale determinando, di fatto, un
rinnovamento del processo unitario del sindacalismo italiano [4].

Tale processo si arricchisce della importante impronta della
componente socialista della CGIL che vede nella volontà unificatrice
lo strumento per un nuovo corso del sindacalismo italiano. Tale volontà si
concretizzerà nella logica di programmazione, utile nei rapporti con
i lavoratori ma ancora di più nei confronti di Governo ed industriali.
Unica voce in dissenso la sinistra CGIL che, pur contestando il modello anglosassone,
riproporrà il significato del sindacato come unico strumento di legittimazione
e difesa delle esigenze dei lavoratori [5].
[1] Giovanni Cannella (magistrato di Corte d’Appello)(pubblicato
su D&L, Riv. crit. dir. lav. 4/2001, p.873). L’articolo, che è pubblicato
anche su Omissis (www.omissis.too.it), riproduce la relazione introduttiva
per l’assemblea pubblica e dibattito dal titolo “No al lavoro
senza diritti”, organizzata a Roma il 14/12/01 dal Forum Diritti-Giustizia
(Social Forum Roma)-Antigone, Cred, Giuristi democratici, Progetto diritti,
Camera del lavoro e del non lavoro, Cobas, Rdb, Avvocati progressisti italiani,
Magistratura democratica romana.
[2] A. Pepe -
La difficile legittimazione - ora in Quaderni CESTES n° 9.
[3] Tragedia nella miniera di Marcinelle in Belgio. Crollata una galleria rimangono
intrappolati 237 minatori di cui 139 sono italiani. Emigranti che non dimentichiamo
si recavano in Belgio, paese che aveva fatto una convenzione sull’immigrazione
con l’Italia . Per ogni minatore inviato a lavorare nelle miniere veniva
riconosciuta l’importazione all’Italia di due quintali di carbone
al mese per ogni uomo. Le acciaierie in Italia potevano produrre acciaio
e auto anche per mezzo di questi poveri e affamati disgraziati. 50.000 furono
inviati in Belgio reclutandoli quasi tutti nel Veneto (23.500) a lavorare
in condizione inumane con l’assenza totale di norme di sicurezza che
provocarono numerosi incidenti. Però solo questo in pieno agosto mentre
gli italiani erano in vacanze, provocò fortissima emozione e un grande
sdegno. Ma non un giornale parlava di questo famigerato contratto uomo=carbone.
Il Belgio le sue buone ragioni le aveva. Non aveva più nessun olandese
che scendeva nelle miniere mentre gli italiani li si accontentava con molto
poco: baracche per viverci e condizioni di lavoro inumane.
[4] III Congresso
CISL Roma 19-22 marzo 1959
“Il III Congresso confederale si svolge a Roma al Palazzo dei congressi
dell’Eur. Vi partecipano 662 delegati, di cui 261 rappresentanti delle
Usp e 401 delle federazioni e sindacati di categoria. Gli iscritti alla Cisl
sono 1.654.242. I punti principali affrontati nella relazione sono: l’autonomia
sindacale, il rapporto sindacato-partito, l’unità dei lavoratori,
la politica contrattuale. Il Congresso conferma la linea della Cisl di riferire
l’incremento salariale all’incremento della produttività del
lavoro; sollecita un maggior snellimento delle procedure della contrattazione,
il riordinamento dell’assetto zonale salariale e la parità di
retribuzione tra uomo e donna.
Viene inoltre ribadito il giudizio negativo sull’attuazione
dell’articolo 39 della Costituzione e viene indicata, in linea di principio,
l’incompatibilità tra responsabilità sindacali e responsabilità politiche
e parlamentari”, in http://online.cisl.it/arc.storico/%233514667).
[5] Tra il ’56 ed il ’60 il
sindacalismo socialista dentro la CGIL interpreta la fase di grande espansione
del capitalismo e coglie lo stimolo per rinnovarsi ed adeguarsi, tentando l’isolamento
della corrente comunista ed assumendo un alto valore politico, mantenendo cioè un
sostanziale equilibrio con il partito di riferimento da un lato e nel tentativo
di mantenere l’unità della CGIL dall’altro (nonostante le
continue richieste di combattere la componente comunista che arrivano da CISL
e UIL).