“The Federal Business Revolution”. Parte prima: i percorsi attuativi della “grande” riforma della Pubblica Amministrazione
Luciano Vasapollo
Rita Martufi
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Infatti “Gli anni cinquanta e sessanta sono gli anni in cui
si sviluppano gli uffici tecnici dei Comuni e gli anni settanta e ottanta sono
gli anni in cui si sviluppano le strutture di assistenza e di servizio (cultura,
assistenza sociale, ecc.)...“. [1]
Fino ad arrivare all’ambito della attuale riforma della PA in cui si
possono individuare quattro diverse aree di intervento: quella del decentramento
amministrativo (rivolto alle regioni, alle province e ai comuni [2]); quella di un completamento della
privatizzazione del lavoro pubblico, quella della semplificazione
amministrativa [3] (ossia le nuove certificazioni, la nascita dello sportello unico, la
carta di identità elettronica, ecc.) ed infine quella relativa all’ottimizzazione
della gestione attuabile attraverso la realizzazione di progetti tesi a
migliorare la gestione tecnico-organizzativa.
In particolare si ricorda che:
“La riforma è articolata su quattro punti fondamentali:
Decentramento:
delega al Governo ad emanare uno o più decreti legislativi
per conferire a regioni ed enti locali funzioni e compiti amministrativi dello
Stato;
- Il trasferimento di compiti e funzioni dall’Amministrazione
Centrale alle regioni e agli enti locali avviene attraverso un procedimento
completamente nuovo rispetto alle operazioni analoghe previste in passato:
invece di individuare quali attribuzioni occorre trasferire, la delega specifica
quali sono le funzioni che restano allo Stato.
- Lo spostamento di compiti e funzioni verso la periferia,
che viene delineato attraverso questo percorso, attua il cosiddetto “federalismo
a costituzione invariata” basato prevalentemente sul decentramento
amministrativo.
Riorganizzazione:
delega al governo ad emanare uno o più decreti legislativi
su:
1. razionalizzare l’ordinamento della Presidenza del
consiglio dei Ministri e dei ministeri, anche attraverso il riordino, la
soppressione e la fusione dei ministeri;
2. riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori
diversi dalla assistenza e previdenza;
3. riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di
monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività
svolta dalle Amministrazioni Pubbliche;
4. riordinare e razionalizzare gli interventi diretti a
promuovere e sostenere il settore della ricerca scientifica e tecnologica,
nonché gli organismi operanti nel settore stesso.
Completamento privatizzazione del lavoro pubblico:
delega al Governo ad emanare uno o più decreti legislativi
per completare l’integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella
del lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro pubblico delle
disposizioni del Codice Civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell’impresa;
Semplificazione:
autorizzazione al Governo ad emanare regolamenti di
delegificazione di 112 procedimenti amministrativi.
Inoltre, nella legge “Bassanini 1” sono previste alcune
deleghe speciali per la disciplina delle attività economiche e del trasporto
pubblico locale (in base alle quali sono stati tra l’altro introdotti principi
di liberalizzazione nel settore commerciale e in quello del trasporto pubblico
locale), oltre a norme per l’autonomia scolastica e universitaria.” [4]
L’intento di raggiungere un buon decentramento è
ravvisabile nell’idea di ottenere uno Stato leggero e snello. La legge
di riforma prevede di definire le funzioni che rimarranno e invece di dismettere
tutte le altre attraverso l’assegnazione ai privati e
conservando allo Stato l’autorità di regolazione, promozione, coordinamento.
Occorre verificare, che questo trasferimento di funzioni
dallo Stato alle amministrazioni locali produca realmente l’agognato
miglioramento nell’efficacia e nell’efficienza delle azioni pubbliche.
Infatti il concetto di decentramento include in sé oltre che un passaggio di
poteri anche un trasferimento di responsabilità; non risulta certo utile il
fenomeno spesso diffuso delle “guerre di competenze”, delle opposizioni, dei
divieti che ostacolano la collaborazione tra i vari enti pubblici: “C’è la
necessità di nuovi comportamenti istituzionali e amministrativi, che né la
previsione normativa delle riforme, né nuove forme di investitura elettorale
possono garantire di per sé”. [5]
Il decentramento amministrativo fa riferimento al concetto di
sussidiarietà, nella duplice concetto di sussidiarietà orizzontale
e verticale: la sussidiarietà verticale riguarda un rapporto nuovo tra
il centro e la periferia e sussidiarietà orizzontale invece riguarda il
rapporto le funzioni pubbliche e le attività dei privati, e per quanto concerne
i rapporti economici riguarda il criterio di equilibrio tra le esigenze del
mercato con quelle della solidarietà sociale.
Va ricordato che il concetto di sussidiarietà non appartiene
alla nostra tradizione giuridica; “Il dizionario giuridico di Gerard Cornu ne
parla solo sotto l’aggettivo <sussidiario> di cui dà la seguente
definizione: <ciò che ha vocazione a presentarsi in secondo luogo (a titolo
suppletivo, sostitutivo, di rimedio, di garanzia) nel caso in cui ciò che è
principale, primordiale venisse a mancare>...”. [6]
Il decreto legislativo del 18 agosto 2000 affronta di nuovo
il tema della sussidiarietà e all’art.5 recita testualmente:
“I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e
di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il
principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni
anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente. esercitate dalla
autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali. “
Il diritto comunitario invece, all’art.3 B del Trattato di
Maastricht, oltre ad illustrare il concetto di sussidiarietà, stabilisce che
questo divenga un principio fondamentale nell’ordinamento dell’Unione
Europea.
“...Nella prospettiva dell’Unione Europea un’amministrazione
pubblica efficiente ed efficace è condizione fondamentale per esercitare
appieno il diritto di cittadinanza europea. Lo stesso Trattato di Maastricht in
più punti, infatti, fa riferimento a tale condizione come imprescindibile per
il concreto esplicarsi dell’esercizio di questo diritto. Essere cittadini
europei significa, infatti, godere delle stesse opportunità e dei medesimi
diritti su tutto il territorio dell’Unione a prescindere dal paese di
appartenenza e di residenza. Un forte squilibrio della qualità delle pubbliche
amministrazioni tra i diversi Stati membri metterebbe, perciò, in crisi l’idea
stessa di cittadinanza europea”. [7]
La Commissione Bicamerale per le Riforme Istituzionali
istituita per cambiare la seconda parte della nostra Costituzione (segnata
però, possiamo dire fortunatamente, da un insuccesso in quanto non è stata
portata a compimento per i soliti giochi politici di comodo di entrambi gli
schieramenti di centro-destra e centro-sinistra) recepiva anche il concetto di sussidiarietà
“in virtù del quale i diversi soggetti che compongono la Repubblica
esercitano i loro poteri nell’intendimento di valorizzare l’Ente più vicino
al cittadino e di soccorrerlo con l’Ente più grande, laddove il più piccolo
non riesca, con le proprie forze a soddisfarne le esigenze. Il principio ha
valenza orizzontale (enti pubblici e iniziativa privata sono sullo stesso piano)
e verticale (le competenze sono ripartite fra loro dal basso verso l’alto). Ai
Comuni, che sono gli enti più vicini al cittadino, spettano potestà
regolamentari e amministrative generali. Alle Regioni spetta la potestà
legislativa su tutte le materie non riservate alla Costituzione dello Stato. Si
tratta di una inversione del principio contenuto nell’attuale Costituzione che
individua, all’art.117, le materie di competenza legislativa delle Regioni e
lascia allo Stato tutte le altre” [8].
Il concetto della sussidiarietà orizzontale è impostato,
quindi, secondo un principio di equilibrio tra i bisogni di autonomia degli
individui e della società, per regolare le necessità del mercato con quelle
della solidarietà sociale, abbattendo nei fatti sia la funzione della PA in
quanto erogatrice di servizi non destinabili alla vendita, cioè di servizi che
non rispondono alla logica e alla domanda di mercato, sia smantellando i
principi di universalismo dei diritti tipici del Welfare State.
A questo proposito la legge 127/97 facilita la costituzione
di società miste che gestiscano i servizi pubblici locali; sempre nell’ambito
del rispetto dei principi di efficienza, economicità ed efficacia si cerca di
adattare le regole imprenditoriali delle imprese private a queste nuove società
miste, e alla logica regolatrice dell’attività della PA.
Il principio della sussidiarietà verticale, invece, vuole
essere un criterio di equilibrio tra le necessità di autonomia ed autogoverno
territoriale, distorcendo nei fatti quella che può essere una giusta richiesta
di modernizzazione delle funzioni statali e della PA in un’ottica di
equilibrato decentramento federalista in senso regionalista.
Per quanto riguarda la “semplificazione amministrativa”
si continua a rilevare che è necessario non solo migliorare l’efficienza
della Pubblica Amministrazione, anche se si vuol far intendere che trattasi di
un’efficienza temperata perché deve essere collegata alla necessità di
conservare adeguate garanzie ai cittadini, in quanto possano realizzare i loro
interessi legittimi. È chiaro, quindi, che ad ipotetica parità di garanzie
risulta essere più efficiente quel procedimento che consente di realizzare
minori costi complessivi per la collettività, per l’amministrazione e per i
riceventi l’intervento, laddove l’analisi costi-benefici dismette
completamente la sua funzione sociale assumendo del tutto la logica del profitto
a connotati tipici dell’impresa privata. Ne segue che, ad esempio, con
riguardo alla quantità di tempo di lavoro impegnato ed alla durata dell’atto
è necessario valutare quantitativamente il tempo di attesa del destinatario per
la conclusione del programma stesso; cioè in teoria dal punto di vista del
cittadino-utente, va contabilizzato il periodo di tempo necessario all’ottenimento
del procedimento. Tali dati determinano i “costi di transazione”, che
rappresentano “l’area fondamentale di intervento per il recupero di
efficienza della Pubblica Amministrazione” e a questi costi ci si deve
riferire per comprendere quanto sia importante la realizzazione delle norme
rivolte alla “semplificazione” delle procedure, anche se in realtà ciò
significa un particolare irrigidimento nella disciplina e nell’organizzazione
del lavoro del dipendente pubblico senza che questo comporti risvolti positivi
salariali e di normativa per il lavoratore [9]. La ricaduta è
stata la riduzione dei costi del personale. Per esempio sono ormai tanti anni
che non c’è assolutamente il ricambio, è bloccato il turn-over nella PA,
sono ferme le assunzioni. Altro dato riguarda gli investimenti pubblici, quindi
un piano di sviluppo sul modello keynesiano, basato cioè sull’allargamento
della spesa pubblica che nel nostro paese è completamente bloccato,
abbandonando così definitivamente la logica dello Stato interventista e dello
Stato occupatore in un modello di economia mista, cioè di un’economia privata
e di un’economia pubblica, nella quale, al di là di quelli che poi erano i
fenomeni di distorsioni e di corruzione pubblica, si garantiva però comunque un’espansione
della domanda, si garantivano da parte dello Stato livelli di occupazione
adeguati allo sviluppo nell’Amministrazione Pubblica, venivano garantiti gli
investimenti pubblici. Tutti questi meccanismi di economia pubblica oggi vengono
a mancare in maniera definitiva per le scelte politiche orientate al
consolidamento definitivo del Profit State attraverso i percorsi della Federal
Business Revolution.
Per quanto riguarda la generale riorganizzazione del Governo
al fine di una ottimizzazione della gestione vanno ricordati i diversi
decreti legislativi approvati nel luglio del 1999 per attuare il Capo II delle
legge 59/1997; si tratta di una riorganizzazione dei ministeri e dell’istituzione
di 11 Agenzie (ottenute dalla trasformazione delle diverse strutture dei
ministeri).
Le Agenzie sono: Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane,
Agenzia per la protezione civile, Agenzia del Territorio, Agenzia per le
normative ed i controlli tecnici, Agenzia del demanio, Agenzia per la protezione
dell’ambiente e per i servizi tecnici, Agenzia per i trasporti terrestri e le
infrastrutture, Agenzia Industrie Difesa, Agenzia per la Formazione e l’istruzione
professionale, Agenzia per la proprietà industriale.
Per quanto riguarda i ministeri invece [10]
restano immodificati i ministeri tradizionali degli affari esteri, dell’interno,
della giustizia e della difesa, mentre vengono istituiti due ministeri
economici; in specifico è previsto l’accorpamento dei ministeri delle finanze
e del tesoro in un unico ministero: il ministero dell’economia e delle
finanze; invece il ministero dell’industria, delle comunicazioni e del
commercio con l’estero si riuniscono in un unico ministero: il ministero delle
attività produttive e delle comunicazioni. I ministeri del territorio invece
sono accorpati in tre strutture. Vi è poi un ministero unico che riunisce il
ministero del lavoro, il ministero della sanità e il dipartimento della
solidarietà sociale della Presidenza del Consiglio.
Sono previsti, infine, il ministero delle politiche agricole
e le attività forestali, il ministero per i beni e le attività culturali, un
unico ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca che
accorpa i ministeri della pubblica istruzione con quello della ricerca e dell’università.
Sono previsti in sostanza 12 ministeri in luogo dei 18
attuali.
Di seguito si mostra una tabella che confronta la situazione
attuale con quella prevista dalla riforma.
TAB. PUBBLICA AMMINISTRAZIONE [11]

[1] Cfr. M Balducci, E. Forni: “L’incentivazione
della produttività e i nuovi contratti collettivi del comparto enti locali”;
Maggioli ed., Rimini, 1996, pag.8.
[2] La legge
59/97 - Bassanini 1 all’art.2 cita testualmente: “Sono conferite alle
regioni e agli enti locali, nell’osservanza del principio di sussidiarietà di
cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), della presente legge, anche ai sensi
dell’articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tutte le funzioni e i
compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi e alla promozione
dello sviluppo delle rispettive comunità, nonchè tutte le funzioni e i compiti
amministrativi localizzabili nei rispettivi territori in atto esercitati da
qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici, ovvero
tramite enti o altri soggetti pubblici”.
[3] La legge 127/97 - Bassanini bis recita: Art. 1. “Semplificazione
delle norme sulla documentazione amministrativa. “1. Entro dodici mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti da
adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, il Governo adotta
misure per la semplificazione delle norme sulla documentazione amministrativa.
Le Commissioni si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
Decorso tale termine il decreto è emanato anche in mancanza del parere ed entra
in vigore novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale...
3. Il regolamento si conforma, oltre che ai princìpi contenuti nell’articolo
18 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ai seguenti criteri e princìpi direttivi:
a) eliminazione o riduzione dei certificati o delle
certificazioni richieste ai soggetti interessati all’adozione di provvedimenti
amministrativi o all’acquisizione di vantaggi, benefìci economici o altre
utilità erogati da soggetti pubblici o gestori o esercenti di pubblici servizi
...”
[4] Cfr.
www: palazzochigi.it/approfondimenti/convegno_pa/federalismo.it.
[5] Cfr.Laimer Armuzzi: “La riforma e il
decentramento della Pubblica Amministrazione”, in Quale Stato, Trimestrale
CGIL, Roma, n..3/2000, pag.203.
[6] Cfr. M. Balducci, “Managerialità
e sussidiarietà: due sfide per il governo locale”, Franco Angeli edit., 1996,
pag.221.
[7] Cfr. Laimer Armuzzi: “La riforma e il
decentramento della pubblica...”, op. cit. pag.196.
[8] Cfr. G.V. Lombardi, “L’ordinamento
degli...”, op. cit. pag.30.
[9] Cfr. www:
palazzochigi.it/approfondimenti/convegno_pa/federalismo.it.
[10] A questo proposito
cfr. www:palazzochigi.it/approfondimenti/riforma_pa/governo_intro.html.
[11] Cfr. www:
palazzochigi.it/approfondimenti/riforma_pa/governo_intro.html.