
Rubrica
TRASFORMAZIONI SOCIALI E SINDACATO
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Il Piano di ridimensionamento e di frammentazione
di Alitalia approntato da Cimoli e dal suo staff ha ormai
fatto il suo corso.
Come previsto dalla Cub Trasporti, alle promesse di rilancio
del vettore e agli impegni di risanamento del bilancio
della Compagnia non è seguito alcun riscontro.
La realtà di oggi, al contrario, ci consegna una Compagnia
ridimensionata sia nel personale che nel network:
un vettore che ha abdicato al suo originario carattere globale
(global carrier) in favore di una dimensione poco più
che regionale (regional carrier), peraltro ancora ben lontano
dalla quadratura dei propri bilanci e, nonostante gli
aumenti generalizzati degli indici di traffico passeggeri e
merci in Europa e nel mondo, in grossa difficoltà sia sul
mercato domestico, ove la concorrenza è asfissiante, che
su quello internazionale ed intercontinentale.
La “nuova-piccola” Alitalia è scaturita dalla frantumazione
in due della ex-Compagnia di Bandiera italiana da
cui sono stati separati il core-business propriamente detto
(aerei e tratte con al seguito piloti, assistenti di volo e
pochissimo personale di terra) dalle attività di terra (manutenzioni,
handling, informatica, amministrazione, callcenter,
ecc) fatte confluire in Alitalia Servizi insieme ai
quasi 10.000 lavoratori del comparto complessivamente
impiegati: una società a sua volta destinata ad una rapida
polverizzazione in numerose società più o meno partecipate
da AZ stessa.
Un progetto varato dall’ex-Ministro del Tesoro, Tremonti,
il quale, oltre ad un ridimensionamento generalizzato
della Compagnia, aveva pensato di suddividerla in
due: Best Company e Bad Company, facendo confluire
nella prima, da avviare alla privatizzazione, le attività di
volo, mentre nella seconda le attività “complementari”,
con il personale di terra ed...i debiti!
Detto. Fatto! Anzi in realtà gran parte della realizzazione
di tale scellerato disegno lo ha realizzato il nuovo
Governo che non ha messo in discussione né la strategia
complessiva né l’attuazione della realizzazione di tale piano
di smantellamento dell’Alitalia.
.Ciò che rimane del vettore vero e proprio, con il consenso
del sindacato ad eccezione della Cub Trasporti, è
ben poca cosa rispetto alle origini e rappresenta una Compagnia
“snella e attraente” da piazzare sul mercato
La decisione di vendere la quota pubblica della compagnia
attraverso un’asta si deve leggere come l’ultimo atto
del processo di ridimensionamento della compagnia di
bandiera italiana, perseguito sia dai governi di centro destra
che di centro sinistra, in ottemperanza a quanto previsto
già da oltre un decennio dalla Comunità Europea
che aveva ipotizzato la suddivisione del continente in aree
di mercato presiedute esclusivamente dalle compagnie
aeree delle tre maggiori potenze Francia, Germania, Gran
Bretagna.
In questo scenario l’Alitalia avrebbe dovuto essere acquistata
dalla Air France e diventarne il braccio operativo
nell’area mediterranea. Una compagnia quindi non più
globale ma di carattere regionale.
In questa direzione ha operato Cimoli, in perfetta
continuità con i suoi predecessori, le cui scelte erano addirittura
eterodirette dall’amministratore di Air France
Spinetta detentore di un 2 % di azioni di Alitalia ispiratore
del piano di smembramento per poter acquisire esclusivamente
la flotta e il personale navigante della compagnia,
dismettendo la quasi totalità delle attività di terra.
Al momento, Alitalia Servizi è già stata deconsolidata
dal bilancio del Gruppo AZ ed è una società partecipata da
Fintecna, ovvero la finanziaria di Stato con il compito di
piazzare sul mercato i vari “pezzi di attività” della Compagnia
che verranno ceduti al miglior offerente.
Soltanto il peggioramento dei conti dell’azienda e il
ritardo, per la opposizione dei lavoratori, nella separazione
del core business dalle aree ritenute non strategiche e
da dismettere, hanno raffreddato l’interesse della compagnia
transalpina e hanno determinato la decisione del governo
Prodi di mettere all’asta l’Alitalia
Infatti il Governo, nonostante le promesse pre-elettorale
di approntare un Piano di risanamento e di rilancio
della Compagnia prima di qualsiasi riassetto proprietario
o di qualsivoglia riassetto organizzativo, non ha rimesso
in discussione alcunché del Piano Cimoli.
Al contrario delle aspettative, dopo l’insediamento del
nuovo Governo, si è dovuto aspettare che trascorresse
l’intera estate del 2006 prima che l’Esecutivo intervenisse
sulla questione di Alitalia, nonostante l’azienda continuasse
a perdere “quota” ed il rischio della “catastrofe di
bilancio” si facesse giorno dopo giorno più vicina.
Solo il 10 Ottobre 2006, infatti, azienda e sindacatifirmatari
degli accordi del 2004 (...quelli con il Governo
Berlusconi) sono stati convocati (...ad eccezione della
Cub Trasporti in quanto non firmataria!) a Palazzo Chigi
in una riunione in cui, senza produrre nulla di concreto,
il Governo ha annunciato la volontà di avviare la fase della
vendita della quota di azioni Alitalia rimasta in possesso
del Tesoro dopo la ricapitalizzazione avvenuta alla fine
del 2005 e il relativo abbattimento della proprietà da circa
il 63% fino al 49,9%.
Un cambio di programma (...in Campagna elettorale
si era parlato di rilancio e poi di privatizzazione!) che non
sorprese chi aveva “letto” una assoluta continuità nella
politica attuata dal nuovo Esecutivo nel comparto del Trasporto
Aereo nazionale ed, in particolare, per quanto riguarda
il futuro dell’Alitalia rispetto a quanto avviato dal
Governo Berlusconi.
Prima della pubblicazione “dell’asta” approntata dal
Governo per la vendita di Alitalia, un processo peraltro
ancora in corso, in occasione di una ricapitalizzazione
della Compagnia il Governo ha deciso di abbattere la quota
di proprietà del Ministero dell’Economia.
Il bando è ancora in corso di espletamento e al momento
sono al vaglio del ministro dell’economia tre offerte
preliminari di acquisto pervenute da due compagnie
aeree, Air One e Aeroflot e da un fondo di private equity
americano Texas Pacific Group.
E mentre sono chiari gli intenti speculativi del fondo
finanziario che mira ad una rapida ristrutturazione per rivendere
poi al miglior offerente, diversi gli obiettivi delle
compagnie aeree: Air One, piccola compagnia italiana
partecipata da Lufthansa, ambisce ad acquisire le quote di
mercato dell’Alitalia ma essendo a corto di liquidità potrà
investire soltanto grazie ad un massiccio sostegno finanziario
delle banche; Aeroflot la compagnia di bandiera russa, punta ad espandersi ad occidente e il mercato italiano
sarebbe un’eccezionale base di decollo, ed è l’unica
in grado di sostenere un esborso di capitali adeguato in
quanto di proprietà dello Stato russo che diverrebbe quindi
l’azionista di maggioranza di Alitalia.
La vendita all’asta non è comunque l’unica operazione
posta in essere per l’Alitalia. Parallelamente come sopra
accennato, procede il piano di smembramento della
compagnia che l’azienda, governo e sindacati (firmatari
degli accordi di ridimensionamento e privatizzazione fin
dal 2004), tendono a tenere celato per evitare una esasperazione
della tensione e della conflittualità della categoria
da sempre contraria a tale scellerata opzione.
Così anche nella fase della diffusione delle procedure
stabilite dal governo relative all’asta, non si esce dall’ambiguità
rispetto alla porzione di azienda messa in vendita.
E’ il core business ad essere oggetto di vendita o tutta la
compagnia comprensiva degli asset non strategici da dismettere?
Ancora una accorta regia è necessaria per non innescare
il detonatore di una questione esplosiva non da poco
in quanto lo smembramento definitivo della compagnia
determinerebbe l’espulsione di circa 10000 lavoratori
dall’azienda
Gli stessi sindacati firmatari infatti tentano di distrarre
l’attenzione dei lavoratori dallo smembramento e dalla
vendita all’asta della compagnia, richiedendo a gran voce
il rinnovo del contratto del personale di terra con l’obiettivo
reale di negoziare uno scambio tra le societarizzazioni
e le dismissioni con gli aumenti salariali dovuti dopo
anni di moratoria contrattuale. Tentano cioè di creare le
condizioni affinché si possa far accettare ai lavoratori lo
smembamento senza eccessivi contraccolpi.
.
Così, senza presentare alcuna piattaforma ai lavoratori
cgil cisl uil ugl sdl stipulano l’accordo di rinnovo contrattuale
in tutta fretta nel mese di aprile e darànno l’avallo
ufficiale alla creazione di un nuovo Gruppo industriale
denominato Alitalia Servizi al di fuori del gruppo
Alitalia, di cui è azionista di maggioranza Fintecna. L’assenso
allo smembramento dell’azienda da parte dei sindacati
firmatari è stata l’arma di scambio per ottenere gli aumenti
salariali!
Una obliqua operazione quindi con cui i sindacati si
preparano a gestire la fuoriuscita dall’Alitalia di innumerevoli
attività e il relativo personale preposto inizialmente
costituendo società a capitale misto (Alitalia Servizi e
altri partner) per poi dismetterle .
Le analisi puntuali e precise della Cub Trasporti nell’arco
di tutta la vertenza hanno trovato purtroppo riscontro
nei fatti. Attraverso le mobilitazioni dei lavoratori
è riuscita a ritardare e in alcuni casi ad ostacolare l’attuazione
del disegno strategico di smantellamento della
Compagnia, ma non è riuscita a respingerlo definitivamente.
Note a tutti sono le difficoltà in cui opera un sindacato
di base in un contesto in cui le relazioni sindacali
si basano su modelli partecipativi (Non dimentichiamo
che per alcuni anni le altre organizzazioni erano presenti
nel consiglio di amministrazione della compagnia!) e in
cui vigono regole ferree contro il diritto di sciopero.
Enormi quindi sono le responsabilità di quelle organizzazioni
sindacali e proprio il nuovo contratto stipulato
nel mese di aprile rappresenta il tassello fondamentale
della liquidazione della Compagnia di bandiera e del progressivo
declino industriale di tutto il trasporto aereo italiano,
privato del fulcro vitale attorno a cui ruota tutto
l’apparato produttivo del settore.
Nelle ultime settimane è il piano di ristrutturazione
presentato dall’Air One, unica compagnia rimasta in gara,
dopo il ritiro dell’Aeroflot, ad essere al centro dell’attenzione
di governo e sindacati. In linea con i disegni di ridimensionamento
di Alitalia risalenti ormai ad oltre dieci
anni fa il piano prevede circa 2300 esuberi individuati in
Alitalia Fly tra il personale navigante e il personale di terra.
Ma sarà quest’ultimo a subirne le ricadute più gravi in
quanto praticamente sarà azzerato nella nuova struttura
prevista da Toto, amministratore delegato di Air One.
Anche per i sindacati trattanti al momento la proposta
di ristrutturazione presentata da Air One risulta inaccettabile
tanto che Carlo Toto, a corto di liquidità, potrebbe
cogliere la palla al balzo per ritirarsi. Si affaccia quindi
di nuovo l’ipotesi di un intervento di acquisto in extremis
da parte di Air France che ancora però ufficialmente non
si pronuncia nel merito. Una soluzione che potrebbe essere
stata stabilita dai governi italiano e francese in barba
al percorso formale della gara d’asta.
Lo stesso piano industriale Alitalia illustrato dal Presidente
del gruppo Maurizio Prato e presentato al Consiglio
d’Amministrazione di fine agosto, è ancora una volta
un progetto “lacrime e sangue” per i lavoratori.
Si parla infatti non solo di un grande aumento di capitale
di un miliardo e mezzo di euro per diluire ancora
ulteriormente la quota pubblica e rafforzare la privatizzazione
con nuovi azionisti non pubblici, ma soprattutto si
mette sul piatto il licenziamento di oltre mille lavoratori
e un aumento di produttività del personale che si traduce
in incremento dei ritmi di lavoro e sicuramente maggiori
rischi.
Si rende così ancora più facile la privatizzazione a favore
di nuovi acquirenti che, viste le nuove condizioni,
favorevoli ovviamente per il capitale privato e non per i lavoratori,
crescono di numero come avvoltoi su una facile
preda: all’Air France KLM si aggiunge l’AirOne di Carlo
Toto e nuove cordate di finanzieri italiani che già pregustano
il “bocconcino” facile quanto prelibato.
Ancora quindi migliaia di posti di lavoro a rischio in
Alitalia Fly, mentre continua il piano di smembramento
delle attività finite in Alitalia Servizi e ormai destinate ad
essere esternalizzate da Fintecna.
La liquidazione dell’Alitalia è pertanto in dirittura
d’arrivo.
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