Il Coordinamento nazionale della UNT
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Il Venezuela è il Paese più settentrionale dell’America
del Sud. È un grande esportatore di petrolio e di minerali, come ferro,
alluminio e oro. Il sistema di governo è democratico, dal 1958 quando un’insurrezione
popolare pose fine all’ultima dittatura, permettendo così l’avvio di un
processo il cui risultato principale è stato la Costituzione del 1961.
Oggi, il Venezuela vive un’altra tappa del suo processo
democratico, quella di una democrazia per tutti. In questi ultimi cinque anni l’OIT
ha ricevuto diverse denunce su pretese violazioni della libertà sindacale.
Sempre in questi ultimi cinque anni, il Venezuela ha dovuto affrontare una
dozzina di tentativi di colpi di Stato, di cui uno ha portato all’imprigionamento
del Presidente della Repubblica e all’instaurazione di una breve dittatura
durata 48 ore, finché i golpisti non sono stati spazzati via grazie alla
mobilitazione popolare. In questi ultimi cinque anni ci sono state in Venezuela
quattro serrate organizzate dalla Fedecámeras con il sostegno della CTV
(Confederación de Trabajadores de Venezuela). Una di queste serrate è stata
accompagnata da atti di sabotaggio contro l’industria petrolifera a causa dei
quali la produzione di petrolio è stata bloccata per due mesi. Grazie al
sostegno della popolazione, il sistema democratico è uscito indenne da tutti
questi attacchi. Ma le minacce e i pericoli continuano. Nel quadro di queste
minacce contro le istituzioni democratiche, i diritti dei lavoratori e il
diritto alla vita, è lecito chiedersi quali interessi sono quelli che spingono
a una condanna delle libertà sindacali in Venezuela e da che parte faranno
pendere la bilancia della OIT.
Il movimento sindacale venezuelano, attraverso la UNT (Unión
Nacional de Trabajadores) vuole dare la sua opinione ai rappresentanti delle
organizzazioni sindacali mondiali. (...)
La CTV e Fedecamaras frequentano la OIT da molti anni. Hanno
amici e sono creditori di favori. I nuovi venuti sono degli intrusi. La verità
sul Venezuela? Non ha importanza. Ciò che conta è favorire la CTV e
Fedecamaras, perché sono loro gli amici. E pazienza se su questo cammino chi ci
rimette è il Paese.
I metodi applicati finora per quanto riguarda il Venezuela
lasciano molto a desiderare sulla trasparenza dell’OIT. Sembra che l’interesse
non sia cercare la verità, ma piuttosto fare pressione affinché il governo
ceda su alcune richieste. In particolare sulla restituzione dei privilegi di cui
godeva la CTV quando era al potere.
Durante l’ultimo congresso della CTV, nel novembre 2003,
era presente il sig. Tapiola. Dopo 4 anni questo congresso avrebbe dovuto
discutere del risultato delle elezioni del 2001, del colpo di Stato del 2002,
della serrata petrolifera del 2003, ma non andò così. Il solo punto all’ordine
del giorno era l’organizzazione di un piano per raccogliere firme al fine di
richiede un referendum revocatorio contro il Presidente Chávez. Questo non è
un congresso, ma piuttosto un incontro politico. Il sig. Tapiola non se ne è
accorto, forse a causa di problemi linguistici.
Il dirigente della CTV José Navarro dell’Associazione
sindacale indipendente (ASI), feroce oppositore del governo, ha fatto circolare
un libretto in cui si poteva leggere: “Si deve rafforzare la CTV convocando
nuove elezioni, più giuste, senza la frode dell’ultimo impegno elettorale. È
il solo modo di affrontare il pericolo del parallelismo sindacale della UNT”.
(...)
Il sig. Tapiola non si è sorpreso di vedere che il Congresso
si teneva nell’albergo più lussuoso del Paese, né del fatto che una dozzina
di poliziotti armati l’accompagnavano in tutti i suoi spostamenti. Quei
poliziotti non erano stati mandati dal Governo, ma appartenevano ai corpi di
polizia della Cordinadora dell’opposizione.
Due volte gli uffici della OIT sono stati usati per l’organizzazione
di atti politici contro il governo Chavez. Ma quando la UNT ha chiesto di usare
gli uffici per poter spiegare la situazione sindacale venezuelana, il permesso
gli è stato rifiutato. L’OIT è democratica?
Sappiamo di denunce a proposito di violazioni estremamente
gravi, che sono state tenute in un cassetto per lasciare tempo al caso Venezuela
e favorire così alcuni interessi politici. Perché sono soltanto i Paesi poveri
a trovarsi sul banco degli accusati? Non ci sono forse violazioni sindacali
negli Stati Uniti? Perché questo Paese, che non ha ratificato quasi nessuna
convenzione, siede nel Consiglio di amministrazione? E i sindacalisti
colombiani? Si sa che la loro vita viene negoziata senza vergogna alla
caffetteria del BIT?
Come aver fiducia nei rapporti sulle violazioni del diritto
sindacale da parte dei governi quando noi stessi abbiamo assistito alla
montatura contro il Venezuela? Nonostante lunghi anni come dirigenti sindacali,
non avevamo mai potuto assistere all’OIT, ma abbiamo sempre creduto in questa
organizzazione e nei suoi principi. Oggi che siamo qui, non ci sembra possibile
che l’OIT sia alla mercé di alcuni funzionari che manipolano tutto e si
pongono al disopra di quelli che sono i veri rappresentanti e cioè i delegati
dei paesi membri.
Il Comitato per la libertà sindacale deve dotarsi di metodi
trasparenti, democratici e equi. È il solo modo di garantire che i casi vengano
seguiti senza l’ingerenza di interessi politici.
Senza incertezze possiamo affermare che oggi in Venezuela
viviamo il periodo di maggior libertà sindacale. Non ci sono mai state tante
organizzazioni sindacali nel Paese; i lavoratori non hanno mai avuto tanta
libertà di iscriversi all’una o all’altra organizzazione. Tuttavia, il
dubbio è lecito. Potremmo creare una commissione equilibrata di lavoratori per
coordinare una visita che permetta di valutare, con certezza, la realtà
sindacale del Venezuela. Noi non abbiamo niente in contrario.
Ma l’interesse di alcuni non è la verità. Allora cos’è?
Urbieta è membro del Consiglio d’amministrazione in
rappresentanza dei lavoratori, benché non sia mai stato un lavoratore in tutta
la sua vita. Ogni volta che visita il Paese organizza delle conferenze stampa a
nome dell’OIT in cui afferma che il Venezuela sarà espulso dall’OIT, che
sarà sottoposto a sanzioni e isolato, che sarà stritolato da un embargo. Qual
è il motivo di una tale campagna?
Lo scopo è spaventare la popolazione, far credere che l’avvenire
sia catastrofico, che il Paese va verso la guerra e il caos. Si vuole seminare
la paura perché la gente rinunci a costruire il Paese della rivoluzione
bolivariana. È quello che è successo in Nicaragua. Ma se la paura non li
porterà alla vittoria, allora resterà sempre il pericolo di un’invasione che
ci venga a “liberare”, come è successo in Iraq, e salvi le nostre ricchezze
petrolifere. Ecco perché si spinge per una condanna da parte dell’OIT.
Le violazioni della libertà sindacale in Venezuela sono l’equivalente
delle armi biologiche in Iraq. Non esistono, ma sono una buona scusa. Il vero
interesse è il petrolio. È per questo che non sorprende vedere che le denunce
contro il Venezuela vengono da persone legate al petrolio e che alcuni
funzionari del BIT hanno un grande interesse a difenderle.
Se il piano riuscisse e il Venezuela fosse aggredito, fareste
come per l’Iraq? Ne sarete dispiaciuti e manifesterete per la pace?
Dimenticherete di essere stati parte del piano? L’OIT è disposta a far parte
di questa messinscena? Noi speriamo di no.
Il problema del Venezuela non è la libertà sindacale, ma il
fatto che viviamo sopra una riserva petrolifera che fa gola a molti e che il
popolo venezuelano deve uscire dal 20° secolo in cui ci ha lasciato la
globalizzazione e inaugurare il suo 21° secolo. Da qui deriva la nostra parola
d’ordine: Non toccate il Venezuela!