Disoccupazione giovanile e lavoro assistito in Olanda
Rob Gerretsen
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1. Introduzione
In Olanda, così come in molti altri paesi capitalistici
occidentali, vi è stata una disoccupazione strutturale di massa fin dagli anni
’70. Le vittime sono diventate soprattutto i giovani, ma non solo i giovani.
Il governo e gli imprenditori olandesi - seguendo l’esempio
di Pinochet, Reagan e Thatcher - hanno reagito ai mutamenti nell’economia che
seguirono la crisi generale economica internazionale del 1974-75 (e in parte
anche avvenimenti precedenti) con una politica economica neo-liberale. Così
come in altri paesi, ciò significa una politica di deregolamentazione,
privatizzazioni, flessibilità del lavoro in varie forme, un graduale
smantellamento dello “stato del benessere”, e cioè un attacco ai salari, ai
sussidi sociali, e alla previdenza sociale, e una glorificazione ideologica del
mercato.
Il sindacato olandese, con la sua tradizione
burocratico-centralista e neo-corporativista [1] non era preparato a difendere gli interessi dei suoi membri. Nel
1982, i sindacati e i datori di lavoro firmarono il tristemente famoso accordo
di Wassenar, sotto il controllo del governo. In questo accordo i sindacati
accettarono di contenere i salari per un lungo periodo e di flessibilizzare il
lavoro in cambio di una forma limitata di riduzione dell’orario di lavoro. Non
c’è quindi da meravigliarsi se i profitti sono aumentati, la quota del lavoro
del reddito nazionale è diminuita, e la povertà e la precarietà - ma anche la
pressione sul lavoro - sono aumentate. Ma ciò non era ancora sufficiente per il
governo di destra del multimilionario Lubbers e nel 1983 il governo attaccò
duramente i salari degli impiegati governativi e della Pubblica Istruzione. Gli
impiegati reagirono con un lungo sciopero che però fu sconfitto. I nuovi
insegnanti guadagnarono molto meno. Il problema della disoccupazione strutturale
fu in parte ‘risolto’ in una maniera tutta particolare, e cioè dichiarando
centinaia di disoccupati inabili al lavoro, con l’approvazione del governo,
dei sindacati e dei datori di lavoro. La legge sulla inabilità al lavoro (WAO)
era stata concepita inizialmente come una rete di sicurezza per coloro che erano
diventati disoccupati o inabili al lavoro. Per molti che negli anni ’80 e ’90
erano diventati disoccupati il sussidio per l’inabilità al lavoro era
finanziariamente più favorevole del sussidio di disoccupazione. A lungo andare,
negli anni ’90 e all’inizio del 2000 - circa un milione di persone
ricevevano il sussidio per l’inabilità al lavoro. Ciò su una popolazione
attiva di circa sette milioni. Quindi, statisticamente, gran parte dei disabili
al lavoro dovrebbero essere considerati come disoccupati. Dopo anni di
discussione e ulteriori attacchi alla WAO, è diventato praticamente impossibile
ricevere il sussidio di inabilità per coloro che non siano soggetti a lunghe
malattie e completamente inabili.
Un’altra caratteristica particolare dell’Olanda è il
numero relativamente grande di persone (per la stragrande maggioranza donne) con
un lavoro part-time. Inoltre, in Olanda il numero di coloro tra i 55 e i 65 anni
che sono ancora attivi è relativamente basso, anche se il loro numero è
aumentato negli ultimi tempi. A incominciare dagli anni ”90, è anche
aumentato il numero di colori che hanno un lavoro temporaneo e interinale.
2. Disoccupazione strutturale e disoccupazione
giovanile
Secondo le statistiche ufficiali, che nel frattempo sono
state aggiornate, negli anni ’70 nei sette maggiori paesi capitalisti vi erano
circa un milione di giovani disoccupati. Nel 1983, questa cifra era aumentata a
9,5 milioni. In molti paesi la disoccupazione giovanile era dalle due alle tre
volte maggiore della disoccupazione tra gli adulti. In Olanda, la disoccupazione
giovanile, specialmente tra coloro che avevano appena finito gli studi, aumentò
fino al venti per cento. La situazione era ancor peggiore in Spagna, Portogallo
e Italia. Una delle conseguenze della disoccupazione giovanile era, oltre all’abbattimento
dei salari e dei sussidi, maggiori probabilità di dover fare lavori brutti.
Questo è il caso ancor oggi per molti giovani. “Negli Stati Uniti, i giovani
sono occupati prevalentemente in lavori bassi nel settore dei servizi - spesso
in lavori senza sbocco anche chiamati McJobs - in ristoranti, centri
commerciali, grandi magazzini, uffici, cinema, parchi di divertimento, eccetera.
I lavoratori minorili sono concentrati specialmente in lavori senza sbocco nei
servizi, e circa un terzo di loro lavora in ristoranti e negozi di alimentari.”
[2] A tutto ciò si aggiunge in Olanda
il lavoro part-time. “Diversamente che in altri paesi, il carattere dell’occupazione
giovanile si è spostato pesantemente verso il part-time. I giovani sono
occupati prevalentemente e sempre maggiormente in lavori poco pagati, flessibili
e part-time”. [3] Secondo
Salverda, una delle conseguenze di tutto ciò è “una sottovalutazione
statistica della disoccupazione giovanile e un non riconoscimento di problemi
strutturali”. Ancora secondo Salverda “I giovani hanno dovuto pagare per la
crisi degli anni ’80 con un aumento esplosivo della loro disoccupazione e una
implosione dei loro salari. Su questi ha agito soprattutto la politica
governativa sul salario minimo.”
Così come la disoccupazione in generale, anche la
disoccupazione giovanile non è rimasta la stessa negli scorsi decenni, anche se
la disoccupazione sia tra gli adulti che tra i giovani rimane alta (e ciò
nonostante la statistiche false). A metà degli anni novanta la disoccupazione
(compreso quella giovanile) era ancora alta (anche se più bassa che nella metà
degli anni ottanta) ma dopo diminuì. Però, a incominciare dal 2001, le cifre
aumentarono di uovo e l’anno scorso il governo Olandese prevedeva che la
disoccupazione giovanile sarebbe salita al 15%. Questo è in stridente contrasto
con gli accordi, per altro irraggiungibili, del Summit di Lisbona del 2000, dove
è stato stabilito che nel 2004 il numero dei giovani sotto i 24 anni senza
lavoro avrebbe dovuto essere dimezzato relativamente al livello del 2000.
Un altro gruppo per il quale la disoccupazione è aumentata
dal 2002 è quello degli extracomunitari o minoranze etniche, anche se vi sono
grosse differenze. [4] Anche in questo caso si tratta spesso
di giovani. La disoccupazione è molto alta tra i giovani Surinamesi e
Antilliani. Tra gli extracomunitari le donne sono maggiormente disoccupate
(60,000) degli uomini. E il governo reagisce a ciò smantellando la politica
occupazionale diretta specificamente verso le minoranze! Negli anni ’80 il
tasso di partecipazione dei giovani extracomunitari è aumentato. Specialmente
le giovani donne Marocchine hanno guadagnato terreno. In questo momento le cifre
sulla disoccupazione crescono velocemente verso il livello del 1983-4, e cioè
800,000. Sono specialmente le grandi città come Amsterdam e Rotterdam che sono
colpite. Così come negli anni ’80, i giornali parlano di una ‘generazione
perduta’. Una parte dei giovani tenta di ritardare la disoccupazione rimanendo
più a lungo a scuola anche se hanno già dei lavori part-time durante i loro
studi. Ma dopo corrono il rischio in ogni caso di diventare disoccupati o di non
trovare un lavoro all’altezza della loro preparazione. Il trend per i giovani
di allungare il periodo degli studi o di trovare un lavoro solo se al di sotto
delle loro qualifiche era già presente fin dal 1960. Mentre nel 1971 la
percentuale di coloro che lavoravano al di sotto del loro livello di formazione
era del 17%, nel 1995 era salita al 38%. [5] Sono specialmente coloro che si trovano in fondo al
mercato del lavoro che vengono espulsi cosicché sorgono nuove forme di
segmentazioni etniche.
3. Il lavoro sussidiato
Il governo Olandese, come quello di molti altri paesi, aveva
già negli anni ’70 reagito al sorgere della disoccupazione di massa con forme
di lavoro sussidiato. Nei trascorsi 30 anni, abbiamo visto numerose forme,
leggi, e regolamentazioni di lavoro sussidiato. In questo contesto non è
necessario analizzare in dettaglio le disposizioni, con le loro forme di
organizzazioni e finanziamenti. In generale, vi erano e vi sono disposizioni per
sussidiare i costi salariali: quei datori di lavoro (compreso lo stato) che, sia
temporaneamente o no, assumono lavoratori ricevono un sussidio per i costi
salariali. Oppure una speciale istituzione governativa assume lavoratori che poi
distacca temporaneamente presso ditte e istituti. Questa istituzione speciale si
occupa sia del lato amministrativo che della formazione professionale. Vi sono
anche disposizioni speciali per i portatori di handicap. Alcune disposizioni per
lavoro sussidiato riguardano specialmente i giovani. Ma vi sono anche
disposizioni per coloro che hanno dai 23 ai 65 anni. I lavoratori stranieri
fanno relativamente più lavoro sussidiato dei lavoratori autoctoni. Verso la
fine del 2002, vi erano 178,000 lavoratori con lavoro sussidiato.
In parte, si è ricorso alle disposizioni per il lavoro
sussidiato per far fronte alla dislocazione sociale e individuale (e alla
potenziale esplosione sociale) [6] derivanti dalla disoccupazione, sia giovanile che
non, senza dover pagare costi troppo alti. Infatti, i salari molto bassi, con i
loro costi, del lavoro sussidiato possono essere pagati in parte con i fondi per
i sussidi governativi. Per di più, con il lavoro sussidiato è stato creato un
esercito più o meno flessibile di forza lavoro poco pagata. Il lavoro
sussidiato è uno dei fattori che strutturano un mercato del lavoro flessibile
ed è allo stesso tempo dipendente da esso senza avere troppa influenza su di
esso. In parte, a questi lavoratori furono dati lavori che erano stati
precedentemente aboliti dai datori di lavoro o dal governo. I salari sono quelli
dei salari minimi legali (e quelli dei lavoratori giovani sono scandalosamente
bassi). Per questo il potere d’acquisto è rimasto indietro rispetto a quanto
stipulato nei contratti collettivi e relativamente ai prezzi crescenti. Dopo
alcuni anni, alcuni lavoratori guadagnano un po’ di più del salario minimo
legale ma altri guadagnano di meno perché sono obbligati a lavorare non più di
32 ore alla settimana.
Negli ultimi anni si parla di tagli sul lavoro sussidiato e
le regolamentazioni sono peggiorate. I politici hanno trovato la loro
ispirazione negli Stati Uniti (Wisconsin) e in Inghilterra. Grazie anche al duro
intervento del Presidente Clinton nella sicurezza sociale, i lavoratori furono
gettati in un mercato del lavoro flessibile, poco pagato e senza possibilità di
miglioramenti attraverso un sistema di ‘Workfare”. Più o meno
contemporaneamente allo sviluppo del lavoro sussidiato, abbiamo assistito anche
a grossi cambiamenti nell’organizzazione dell’insegnamento (anche
professionale) e di ogni sorta di programmi di insegnamento e di lavoro. [7]
4. Sviluppi recenti e l’introduzione della WWB
Il primo di Gennaio del 2004 è stata introdotta la nuova
Legge per il Lavoro e l’Assistenza Sociale (WWB). Ciò significa una nuova
legislazione per l’assistenza sociale, da cui sono dipendenti centinaia di
migliaia di persone in Olanda. Ma significa anche nuove forme di lavoro
sussidiato e allo stesso tempo tagli di bilancio. Una delle caratteristiche di
questa legge è la decentralizzazione della politica nazionale verso i comuni.
Questo principio era già stato applicato precedentemente alla riforma della
sicurezza sociale. Un altro importante elemento della nuova legge è che il
principio, ormai svuotato, del “lavoro adeguato” è stato abolito. Non è
più permesso di accettare solo quei lavori che sono adeguati alla formazione e
esperienza di coloro che cercano lavoro ma i lavoratori possono essere costretti
ad accettare qualsiasi tipo di lavoro. Il principio della WWB è che si deve
ricorrere il meno possibile al sussidio sociale e che si debba accettare un
qualsiasi lavoro pagato non appena ciò sia possibile. Si aumenta la pressione
sui lavoratori perché si accettino lavori cattivi. Il governo Olandese pensa,
come quello Tedesco, che i disoccupati debbano non solo riqualificarsi
professionalmente ma anche trasferirsi in altre località se non possono trovare
lavoro.
Con la WWB sono scomparse le vecchie regole nazionali sul
lavoro sussidiato assieme ai loro diritti e condizioni. I lavoratori devono
accontentarsi di peggiori regole comunali che sono ancora molto vaghe. Ciò
significa, tra l’altro, che i salari sono più bassi, i contratti di lavoro
più brevi, e che il lavoro adeguato è scomparso. Una delle conseguenze è che
i lavoratori si trovano di nuovo di fronte ad una situazione a “porta girevole”:
per un breve periodo un sussidio, poi un lavoro a tempo determinato, poi un
praticantato, poi di nuovo un sussidio, ecc. Per i sindacati e i consigli di
fabbrica è stato sempre molto difficile organizzare i lavoratori sussidiati,
che sono un gruppo continuamente mutante e sparpagliato. Ciò diventa ancora
più difficile con la nuova legge.
5. La lotta è necessaria per costruire una alternativa sociale
Dati i molti problemi che affliggono i disoccupati di lungo
periodo, un lavoro sussidiato è talvolta una buona (temporanea) soluzione. Ma
il compito del sindacato è quello di trovare assieme ad altri una vera
soluzione che sia nell’interesse dei lavoratori. Ciò significa tra l’altro
una lotta per una ulteriore riduzione del tempo di lavoro senza una diminuzione
del salario e con una equa ridistribuzione delle funzioni e una lotta contro la
politica neoliberale di tagli di bilancio, privatizzazioni, e smantellamento
della previdenza sociale. La società ha bisogno di molti nuovi lavori, ben
pagati, con buone condizioni di lavoro, nella pubblica istruzione, nei trasporti
pubblici, nella salute, e nell’edilizia.
[1] Si veda l’articolo di H.Boot sul
modello ‘polder’: Il modello sindacale Olandese, Proteo, Maggio-Agosto,
2002, No.2.
[2] Stuart Tannock, in Roulleau-Berger, 2003.
[3] Wiemer Salverda, Jeugdwerkeloosheid revisited: terug nar de
jaren tachtig? Tijdschrift voor Arbeidsvraagstukken, 2003, Nr.4.
[4] Jaco Dagevos, Op de golven van de conjunctuur. De
werkeloosheid onder minderheden en ontwikkelingen in het beleid, Tijdschrift
voor arbeidsvraagstukken,, 2003-19, No.4
[5] Organisatie voor Strategish
Arbeidsmarktonderzoek.
[6] L’OCSE ha constatato, all’inizio degli anni
1980, paura, mancanza di sicurezza e frustrazione nei giovani a causa della
disoccupazione. “La persistenza della disoccupazione e del sotto-impiego in
una grande parte della popolazione potrebbe distruggere il tessuto social della
nostra civilizzazione”.
[7] Si
vedano su questo punto anche gli articoli di Eric Verdier e Frank Braun in
Laurence Roulleau-Berger, Youth and work in the Post-Industrial City of
Nort-America and Europe, Brill, Leiden, 2003. si veda anche: Rapportage
Jeugd 2000, redazione di K.Wittebrood e Keuzenkamp, Social en Cultureel
Planbureau.