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Tendenze della competizione globale

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Gorge Liodakis
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per Proteo (3)

Professore di economia all’Università di Creta

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Il ruolo della bio-tecnologia nel sistema agro-alimentare e l’orizzonte della trasformazione sociale

Gorge Liodakis

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Parte prima

1. Introduzione

In tutte le società di classe il problema economico dominante riguarda la produzione e appropriazione del plus-prodotto. Nel capitalismo, in particolare, la produzione e appropriazione del plus-valore è determinata dalla appropriazione dei mezzi di produzione e di sussistenza. Tale appropriazione, conosciuta come ‘accumulazione primitiva’, si basa sulla appropriazione dei mezzi di produzione e di sussistenza da parte di una classe dominante, quella capitalista. Ma la ‘accumulazione primitiva’ riguarda non solo storicamente il sorgere, originariamente, del modo di produzione capitalista (MPC) ma anche la sua evoluzione contemporaneamente al processo di accumulazione capitalista attuale.

Come in tutte le società, dopo uno stadio iniziale basato sulla caccia e sulla raccolta, anche nel capitalismo la produzione e l’approvvigionamento degli alimenti è di importanza fondamentale non solo perché influenza direttamente il benessere sociale ma anche perché è un importante fattore che determina i costi di riproduzione degli stessi produttori e quindi la produzione potenziale del surplus economico. Il ruolo della tecnologia, che dovrebbe essere vista come uno strumento chiave nella relazione metabolica tra gli esseri umani e la natura, è di estrema importanza nella determinazione storica delle possibilità di produrre il surplus. Lo sviluppo tecnologico ha ridotto grandemente, tramite l’incremento della produttività del lavoro, i costi di tutta la produzione e conseguentemente anche i costi di riproduzione della forza lavoro, esercitando così un’immensa influenza sulla produzione del surplus. Quindi, lo sviluppo e l’applicazione della tecnologia moderna, in particolare nel contesto della produzione capitalistica agro-alimentare, ha determinato in maniera significativa le possibilità di crescita della accumulazione capitalistica non solo nel settore agricolo e degli alimenti ma anche nell’economia nel suo insieme.

Contrariamente alla prevalente concezione deterministica e reificata della tecnologia, secondo la quale la tecnologia è un fattore esogeno e socialmente neutrale le cui conseguenze per la società sono positive e non-problematiche, questo articolo si pone in un’ottica, più critica e dialettica, che è stata sviluppata recentemente. Questo approccio considera la tecnologia come un fattore endogeno dello sviluppo sociale, formato dalla società e quindi socialmente non-neutrale. Su questa base, è chiaro che la vera sfida per le società contemporanee non sia solamente il livello di sviluppo della tecnologia oppure l’accesso ad essa o il suo uso adeguato. La vera e più fondamentale sfida riguarda da una parte la forma concreta e l’orientamento sociale della tecnologia assieme al diverso impatto sulle classi che deriva dal suo uso, e dall’altra la riorganizzazione sociale (trasformazione) che sarebbe necessaria per assicurare sia un appropriato sviluppo della tecnologia che un utilizzo razionale e completo della tecnologia esistente a vantaggio di tutta la società.

 

2. Il sistema agro-alimentare e il contesto socio-storico per lo sviluppo della biotecnologia moderna

La ristrutturazione sociale ed economica sia dell’agricoltura che dell’industria, che è stata causata dalle nuove tecnologie e da altri cambiamenti strutturali, ha condotto rapidamente negli ultimi decenni ad una stretta integrazione tra industria e agricoltura. Questa integrazione ha condotto alla formazione, sviluppo, e transnazionalizzazione del cosiddetto sistema agro-alimentare, anche se vi sono limiti ad un processo indifferenziato di globalizzazione di tale sistema posti sia da specificità biofisiche e sociali che dalla mutata importanza di alcune merci nella loro interrelazione.

Il sistema agro-alimentare comprende un’integrazione verticale sia a monte, che include la produzione di tutti gli input usati nella produzione agricola, che a valle, che include la lavorazione dei prodotti agricoli e la produzione e distribuzione alimentare fino alla fine della catena dove i prodotti o servizi agricoli o alimentari sono messi a disposizione dei consumatori. Attraverso tale integrazione, la produzione agricola ha assunto più marcatamente le caratteristiche della produzione industriale mentre l’applicazione delle nuove tecnologie ha contribuito grandemente a superare gli ostacoli posti dalla natura e dall’elemento biologico della produzione agricola allo sviluppo capitalistico. In tal modo, la produzione agricola e alimentare è diventata meno dipendente dalla terra e più soggetta a ulteriori manipolazioni mentre il suo bisogno di mano d’opera si è ridotto grandemente.

In questo contesto, un tentativo di modernizzazione tecnologica dell’agricoltura ha preso la forma della cosiddetta ‘Rivoluzione Verde’ (RV), che comprende l’uso combinato di macchinari agricoli, l’utilizzazione estensiva dell’irrigazione, di fertilizzanti, di pesticidi e, di grande importanza, di semi ibridi migliorati. L’applicazione e la diffusione della RV nel primo dopoguerra ha condotto a notevoli aumenti della produttività del lavoro e ha reso possibile l’utilizzazione sistematica (ma anche occasionalmente un uso eccessivo) di alcune risorse naturali. Tuttavia essa da una parte non è riuscita ad eliminare la fame nel Terzo Mondo e dall’altra ha stimolato una maggiore concentrazione economica e sociale e il degrado ecologico. Inoltre, essa si è ristretta solo a certe zone climatiche e a quei paesi o regioni con sufficienti terre fertili e risorse idriche. L’esperienza della RV ha condotto alla incontrovertibile conclusione che è impossibile risolvere una problema di natura sociale semplicemente con mezzi tecnici.

È mia convinzione che la ‘Rivoluzione Biotecnologica’ (RB) dell’ultimo quarto del Secolo Ventesimo sia un superamento dialettico della RV, nella misura in cui mantiene alcune delle importanti caratteristiche della RV (la meccanizzazione, l’uso intensivo di sostanze chimiche, ecc.) ed è un elemento costitutivo della più ampia rivoluzione tecnologica sottostante la fondamentale trasformazione del capitalismo contemporaneo. La biotecnologia moderna apre orizzonti ben più vasti di quelli della RV sia per quanto riguarda le sue applicazioni che per quanto riguarda gli investimenti redditizi di capitale, perfino in aree o casi in cui la RV non poteva essere applicata. I prodotti della biotecnologia, il risultato della manipolazione biologica delle risorse naturali e della manipolazione genetica del germoplasma, hanno conseguenze di vasta portata per un’ampia gamma di condizioni e attività umane. Questa è la differentia specifica tra la RB e la precedente RV. Ora, il problema che si pone riguarda le cause specifiche e la specificità storica della RB (perché la biotecnologia e perché ora?).

L’applicazione del metodo materialista e dialettico rivela che la RB è stata il risultato storico nell’attuale congiuntura capitalista dell’interazione dialettica dei seguenti fattori:

a) il superamento dell’attuale crisi d’accumulazione richiede un aumento della produttività e un’espansione sia della proprietà capitalista che della gamma di produzione (compresa la produzione agricola e alimentare). L’attuale RB è una risposta moderna alla tensione permanente inerente all’agricoltura capitalista. Contrariamente all’incessante degrado capitalista del suolo e del lavoro (che riduce la produttività), la RB punta ad un sempre maggiore aumento della produttività del lavoro e all’indipendenza sia dal lavoro che dalla terra. Il consumo di prodotti alimentari manipolati geneticamente e di basso valore ridurrebbe anche il valore della forza lavoro e frenerebbe potenziali insurrezioni sociali (proprio come la RV) mentre l’utilizzo della biotecnologia contribuisce al supermanto degli ostacoli allo sviluppo capitalista e stimola questo sviluppo attraverso la differenziazione di classe.

b) La RB è stata parzialmente stimolata ed è stata resa possibile da un generale sviluppo della scienza e in particolare di alcune tecnologie, come l’informatica.

c) Le ditte nel campo della biotecnologia, che sono altamente concentrate, hanno grandi profitti e incentivi per investimenti, nella misura in cui esse si appropriano liberamente di una enorme ricchezza sociale nella forma di germoplasma indigeno. Tra l’altro, è il ruolo cruciale (genetico) del germoplasma nella produzione agricola che rende possibile l’appropriazione da parte delle imprese biotecnologiche di una larga parte del surplus agricolo. Quindi esse hanno la possibilità, oltre che la necessità, di lanciare massicce campagne pubblicitarie.

d) Le grandi fattorie capitaliste incoraggiano sia un’alta e intensiva ricerca di prodotti biotecnologici che la loro domanda. Più in generale, la concentrazione competitiva e la costante ricerca tecnologica danno un ruolo cruciale agli input agricoli e in particolare ai semi.

e) Nonostante una forte privatizzazione, l’appoggio statale per la ricerca nella biotecnologia è stato molto importante e ugualmente significativa è stata la creazione da parte dello stato delle pre-condizioni ideologiche per lo sviluppo della biotecnologia. Queste pre-condizioni riguardano (a) l’ideologia del produttivismo e dello sviluppo e un concetto reificato dello sviluppo della tecnologia (b) una falsa (neo)maltusiana concezione dei limiti naturali della produzione alimentare e (c) l’ideologia dominante neo-liberale che incoraggia l’espansione dei diritti di proprietà intellettuale connessi alle innovazione biotecnologiche.

Questa RB si associa ad un crescente controllo privato, anzi corporativo, del germoplasma, il mezzo più cruciale della produzione agricola. Tale controllo è in gran parte il risultato della privatizzazione della ricerca nella biotecnologia, di una grande ‘bio-pirateria’, cioè di una appropriazione senza limiti del germoplasma indigeno, e di una rapida estensione della protezione dei diritti di proprietà intellettuale. I dati disponibili indicano che le innovazioni biotecnologiche hanno favorito da una parte l’integrazione verticale e le fusioni tra le transnazionali dominanti nella produzione di sostanze agro-chimiche e di pesticidi, e dall’altra le società produttrici di semi nuovi e modificati geneticamente. Questa concentrazione aumenta il dominio da parte delle società agro-chimiche della produzione alimentare mondiale. Si tratta solo di alcuni conglomerati, quali Monsanto, Novartis, AgroEvo, Dupont, Zeneca, e Dow. Il controllo privato (capitalista) del germoplasma e il coinvolgimento attivo delle grandi transnazionali, delle organizzazioni internazionali, e delle nazioni capitaliste più avanzate per brevettare e proteggere le innovazioni biotecnologiche costituiscono una delle forze principali nel processo di ristrutturazione e di trasformazione del sistema agro-alimentare.

Se l’accumulazione primitiva è la trasformazione dei mezzi di produzione in capitale, la RB e le nuove conoscenze acquisite nella scienza dell’agricoltura - sempre più privatizzata - possono essere considerati come ‘una componente essenziale della dinamica contemporanea della accumulazione primitiva nel settore agricolo’ (Kloppenburg).

Possiamo quindi concludere che lo sviluppo e l’applicazione della biotecnologia moderna nel capitalismo contemporaneo implica non solo un aumento esplosivo della frattura tra società e natura, ma anche una crescente tensione fra le classi e un crescente sfruttamento. Diventa sempre più evidente come l’alienazione della natura sia connessa inestricabilmente all’alienazione del lavoro salariato e che la doppia emancipazione della natura e del lavoro salariato si presuppongano a vicenda. Diventa altresì chiaro che, contrariamente alla fuorviante analisi dei gruppi sociali e all’approccio dei nuovi movimenti sociali ad essa connesso, una analisi di classe è oggigiorno più che mai pertinente, nonostante le molte forme assunte dalla classe dei capitalisti e da quella dei lavoratori, e che questa analisi è cruciale anche per le prospettive storiche per la soluzione delle contraddizioni sociali ad esse connesse. Oggi, non solo la maggioranza dei produttori agricoli è proletarizzata, ma anche il crescente processo dell’accumulazione primitiva implica che la maggior parte del lavoro concernente la (privatizzata) ricerca nella biotecnologia e la gestione delle risorse biologiche, così come tutta la catena del moderno sistema agro-alimentare, sono stati trasformati in lavoro salariato sfruttato dal capitale.

Parte Seconda

3. Le biotecnologie e le implicazioni negative per il sociale

Secondo la retorica della neutralità sociale della biotecnologia e le grandi promesse fatte dai sostenitori di uno sviluppo senza freni della biotecnologia, la manipolazione genetica renderà possibile un aumento considerevole della produttività del lavoro in agricoltura, la produzione di piante e di animali con le caratteristiche desiderate, una alimentazione adeguata per la crescente popolazione mondiale, e maggiori scelte e opportunità sia per gli agricoltori che per i consumatori. Si sostiene anche che il brevetto delle innovazioni tecnologiche incoraggerebbe la ricerca e lo sviluppo tecnologico e promuoverebbe flussi di tecnologia e di investimenti verso i paesi in via di sviluppo. I dati disponibili, tuttavia, mostrano che ciò che aumenta sono le esportazioni dei paesi sviluppati mentre si notano già perdite di benessere nei paesi in via di sviluppo.

D’altro canto, i critici della biotecnologia moderna, e in particolare dei prodotti geneticamente manipolati, pongono correttamente in evidenza che intere popolazioni stanno morendo di fame perché l’accesso al cibo è loro negato e non perché non vi sia sufficiente cibo, e che - dato che la manipolazione genetica con tutta probabilità restringerà piuttosto che accrescere la base genetica dei raccolti alimentari- metterà in pericolo la base stessa della nutrizione umana. Si sottolineano anche gli effetti di de-qualificazione e di dislocamento del lavoro causati dai prodotti della RB mentre si mette in dubbio l’impatto positivo sulla produttività nell’agricoltura. Inoltre, è stato dimostrato che l’uso dei prodotti della RB conduce verso una crescente differenziazione di classe e la bancarotta, lo spossessamento, e proletarizzazione dei contadini poveri. Per di più, la manipolazione genetica crea rischi per la sanità nel settore agro-alimentare e ha un impatto negativo per l’ambiente che tendono a minare la base ecologica della produzione alimentare. Contrariamente alle aspettative sui ‘prodotti di qualità’, i dati disponibili e i frequenti scandali nel settore alimentare indicano che l’uso della tecnologia moderna (e della biotecnologia in particolare) conduce verso un declino della qualità degli alimenti e dell’ambiente e quindi verso un declino della qualità della vita. Inoltre, essi indicano non solo una perdita di bio-diversità - che restringe future opzioni - ma anche una maggior dipendenza e una scelta più limitata sia per gli agricoltori che per i consumatori.

Si mette altresì in evidenza che i brevetti sulle innovazioni bio-tecnologiche promuovono la segretezza e sono un ostacolo per il libero scambio di idee e informazioni che sono essenziali per uno sforzo scientifico cooperativo. Il declino del sistema pubblico di ricerca nell’agricoltura e la crescente privatizzazione della ricerca (specialmente da parte delle transnazionali) generano forze sistemiche che spingono verso una confusione nella ricerca scientifica e verso errori negli stanziamenti dei fondi di ricerca. Fondi eccessivi per la ricerca controllata dai privati nella manipolazione genetica stanno sottraendo fondi alla ricerca in altre forme di agricoltura.

Se bisogna evitare un rigetto generale e tecnofobico della biotecnologia, dovrebbe essere altrettanto chiaro che, all’interno del quadro dominante capitalista, lo sviluppo e l’applicazione specifici della biotecnologia potrebbero avere molte implicazioni negative - sia dirette che indirette - per il benessere sociale. Primo, si può sostenere che l’uso generalizzato dei diritti di proprietà intellettuale sulle innovazioni biotecnologiche tenderà a ritardare lo sviluppo tecnologico e lo sviluppo delle forze sociali produttive. I brevetti implicano in genere un diritto monopolistico che impedisce il libero accesso all’uso del sapere o delle risorse produttive. Quindi, la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico sono seriamente ritardati. Secondo, esistono serie indeterminatezze e problemi per quanto riguarda le condizioni per concedere un brevetto e l’inefficienza nel rendere effettivi e proteggere i diritti di proprietà intellettuale. Terzo, c’è un problema ecologico cruciale collegato all’inefficienza e allo spreco di risorse nel rendere effettivi e proteggere i diritti di proprietà intellettuale nel campo della biotecnologia. Oltre all’esaurirsi delle risorse naturali e alla perdita di bio-diversità, vi è anche un crescente pericolo, posto dalla manipolazione genetica, che l’interdipendenza organica tra tutte le forme di vita e tra tutti gli habitat sia interrotta. Ciò implica un rischio crescente che la frattura tra società e natura si allarghi, il che mette a rischio le condizioni per uno sviluppo sostenibile. Quarto, bisogna sottolineare una grande e crescente contraddizione tra il carattere sociale delle forze produttive e le relazioni di proprietà e appropriazione privata ad esse connesse. Da una parte si sviluppa una socializzazione senza precedenti della ricerca, della tecnologia e della produzione, a livello sia nazionale che globale. Dall’altra, si registra una forte spinta verso la privatizzazione del sapere e delle risorse produttive (genetiche) così come un tentativo sistemico di proteggere i diritti di proprietà intellettuale sulle innovazioni biotecnologiche. Le grandi transnazionali nel campo della biotecnologia considerano il sapere tradizionale e le risorse genetiche estratte nei paesi in via di sviluppo come ‘risorse comuni’ e come una ‘eredità comune del genere umano’ mentre, brevettando le innovazioni tecnologiche, esse trasformano le ‘risorse comuni’ in una merce privata, escludendo così il libero accesso ad esse. Quinto, cresce il problema che sorge dalla intensificazione delle contraddizioni internazionali connesse allo sviluppo e allo sfruttamento della biotecnologia moderna e, più specificamente, dalla ripartizione internazionale dei benefici derivanti dalla ricerca della biodiversità. Diversi approcci sono stati proposti o seguiti nel tentativo di far fronte ad alcuni dei problemi internazionali che sorgono dallo sviluppo della, e dai brevetti sulla, biotecnologia oppure dalla ricerca delle risorse biologiche. La maggior parte di questi approcci hanno sottolineato, in verità senza una grande probabilità di successo, la necessità di riforme di mercato o una riforma delle regole statali e delle politiche delle organizzazioni internazionali. Contemporaneamente, nonostante il loro carattere dubbioso e discutibile, alcune ONG, come per esempio Greenpeace, anche se non pongono in dubbio il carattere capitalista dell’organizzazione della produzione, chiedono che si impedisca di brevettare le forme di vita e le risorse genetiche e che si prendano provvedimenti per preservare la biodiversità e per una ripartizione più equa dei benefici derivanti dall’uso delle risorse genetiche. Ma, a parte ogni altra cosa, cos’è una ‘equa divisione dei benefici’?

Perfino la profonda e stimolante analisi politico-economica della biotecnologia delle piante presentata da Kloppenburg soffre di serie inadeguatezze e debolezze. Egli esplora ‘strategie di non-mercato’ che potrebbero fissare tabelle di compensazione per l’appropriazione e uso di materiale genetico grezzo, in cui il germoplasma è considerato una proprietà nazionale. Anche se si riconosce che la proprietà nazionale non è necessariamente una soluzione ideale, egli sostiene che tale principio provvederebbe la base per una quadro internazionale attraverso il quale le nazioni del Terzo Mondo potrebbero essere risarcite per l’appropriazione e uso della loro informazione genetica.

Alla luce dei recenti sviluppi nella economia internazionale e della rapida globalizzazione (e socializzazione mondiale del lavoro) è dubbio, prima di tutto, se sia realistico tentare di rafforzare la sovranità nazionale. Inoltre, come ho sostenuto, la biotecnologia moderna implica una molto maggiore polarizzazione e differenziazione di classe, mentre il nuovo stadio emergente del capitalismo implica una crescente transnazionalizzazione delle contraddizioni di classe (capitale-lavoro). Per quanto riguarda le contraddizioni nazionali o geo-politiche contemporanee, la fondamentale importanza delle relazioni di classe vis-à-vis le relazioni e contraddizioni nazionali rende una analisi di classe e un approccio politico più pertinenti di un approccio focalizzato sullo stato nazione. Ne consegue che la sovranità nazionale oggigiorno non è un obiettivo realistico e che probabilmente non può offrire una soluzione delle contraddizioni di cui sopra.

Naturalmente, molti tentativi vengono fatti (da aziende private, da meccanismi regolatori nazionali, e da organizzazioni internazionali) per regolare gli scambi internazionali e per far fronte ad alcuni problemi pertinenti. Tali tentativi conducono ad una crescente omogeneizzazione legale e istituzionale. Tuttavia, il crescente conflitto sociale derivante da tale processo dà luogo ad un movimento internazionale contro la globalizzazione capitalista. Sebbene questo movimento sia ancora alla ricerca di una strategia, è mia opinione che gli sviluppi oggettivi sia dell’economia mondiale che della tecnologia da una parte rendono largamente obsolete le utopie nazionaliste o social-democratiche (e anche la regolamentazione Keynesiana) e dall’altra rendono un approccio di classe e una prospettiva anti-capitalista un essenziale prerequisito di tale movimento. Nel contesto di tale movimento, le necessarie alleanze politiche potrebbero essere formate attorno a questioni quali la sicurezza alimentare, la protezione dell’ambiente, l’uguaglianza sociale e internazionale, e la necessità di ri-orientare la tecnologia verso una direzione liberatrice. Tale strategia, nella misura in cui si ancorerebbe alle premesse materiali e ontologiche della prospettiva della classe lavoratrice, darebbe forma a tutte le pertinenti tattiche e alleanze, e si conquisterebbe una egemonia nel movimento anti-globalizzazione, assicurerebbe sia l’unità del movimento che una effettiva trasformazione della società, partendo da un riformismo minimalista.

 

4. Verso una strategia comunista per superare l’impasse dello sviluppo sociale e tecnologico

Come già dimostrato, lo sviluppo e l’utilizzazione della biotecnologia nel capitalismo e l’espansione dei connessi diritti di proprietà intellettuale hanno implicazioni ecologiche negative e tendono a ridurre il benessere sociale. Questi sviluppi tendono ad intensificare le contraddizioni interne del capitalismo e ad esacerbare sia la crisi sociale che quella ecologica. Ovviamente, vi è bisogno di una nuova strategia per far fronte a quei fondamentali problemi che sorgono dallo sviluppo della biotecnologia e del sistema agro-alimentare. Uno dei compiti principali dell’economia politica contemporanea, e più in generale della scienza e della società, è quello di contribuire a dar forma a siffatta strategia. Ovviamente, questa strategia dovrebbe non solo mirare ad uno sviluppo alternativo della biotecnologia e del sistema agro-alimentare ma anche ad una più generale trasformazione sociale, creando così le condizioni per rompere il circolo vizioso della doppia alienazione del lavoro salariato e della natura, per ristabilire l’unità dialettica e un metabolismo normale tra natura e società, e per un nuovo ordine sociale mondiale che sia giusto e ecologicamente sostenibile.

I germi dell’autodistruzione e del superamento esistono gia nel capitalismo contemporaneo, come reso evidente dal fatto che la legge del valore tende ad avvicinarsi ai suoi limiti storici e dal fatto che le nuove condizioni sociali e tecnologiche riguardanti la produzione agro-alimentare rendono la proprietà privata controproducente, poco efficiente, e difficile da implementare e proteggere. In altre parole, i diritti di proprietà capitalista (compresi i diritti di proprietà intellettuale), come proprietà capitalista storicamente specifica, raggiungono i loro limiti nella misura in cui lo sviluppo delle forze produttive tende a far esplodere il guscio sociale della proprietà privata e del modo di produzione capitalista.

Sia i coltivatori e i consumatori, che in numero crescente voltano le spalle all’agricoltura chimica e capitalizzata, che il movimento crescente contro la globalizzazione capitalista, indicano la necessità di un’agricoltura alternativa, radicalmente differente. E vi sono segni che, in alcuni casi particolari, una tale agricoltura alternativa esista già e che funzioni (o che sia fattibile) e che esista anche una tecnologia ecologica alternativa.

Si può sostenere che solo una strategia per una trasformazione in senso comunista potrà superare le contraddizioni e i rischi associati allo sviluppo della biotecnologia e del sistema agro-alimentare nel capitalismo. Tale strategia dovrebbe comprendere il controllo da parte della collettività di, e il libero accesso a, tutti i mezzi di produzione e di sussistenza, compresi i risultati dello sviluppo scientifico e tecnologico. Sarebbe un segno della più alta razionalità fissare il principio che tutto il sapere scientifico e tecnologico e tutti i germoplasmi e i mezzi di produzione siano la proprietà comune e l’eredità di tutto il genere umano. Il libero accesso ai mezzi di produzione e di sussistenza e il loro controllo da parte di tutti non solo eliminerebbe le classi sociali e lo sfruttamento ma eliminerebbe anche la produzione di merci e renderebbe possibile un’organizzazione collettiva della produzione (di valori d’uso) da parte di produttori associati o indipendenti, assicurando così sia una giusta distribuzione che la sostenibilità ecologica. Tale trasformazione renderebbe possibile uno sviluppo della tecnologia appropriato e ecologicamente compatibile e il suo uso completo per il beneficio di tutti.

Nonostante le difficoltà poste da tale trasformazione, questo compito complesso è reso del tutto raggiungibile sia dalle esperienze passate, che dal progresso scientifico raggiunto fino ad ora, che dal potere emancipatore di una scienza il cui unico scopo sarà quello di soddisfare i bisogni umani. Non si ha la pretesa di offrire in questa sede un progetto dettagliato di una società futura. Ma si può sottolineare in ogni caso che la specificità istituzionale di tale società sarà determinata solamente dalle forze sociali nel loro movimento storico.