Intervista a René Contreras* a cura di M.Grazia Orsati
* Ingegnere petrolifero, membro della Giunta Direttiva ell’Associazione degli Imprenditori Indipendenti.
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Chi è René Contreras?
Sono un ingegnere elettronico venezuelano specializzato in
giacimenti petroliferi. Ho 25 anni di esperienza nell’industria petrolifera
venezuelana e mondiale. Mi sono formato nelle grandi compagnie transnazionali
dei servizi petroliferi e da loro ho appreso molto per quanto riguarda i
servizi, la produzione del petrolio, lo studio dei giacimenti. Tutto quello che
so in questo campo l’ho appreso da loro. In questi 25 anni sono stato anche
direttamente legato allo sfruttamento, alla esplorazione, perforazione e
produzione del petrolio in Venezuela. Ora sono un imprenditore, lavoro in
un’impresa della quale sono socio, che si occupa dei servizi petroliferi nella
zona occidentale del Venezuela.
Faccio parte della Giunta Direttiva dell’Associazione degli
Imprenditori Indipendenti, e della Giunta Direttiva dell’Associazione delle
Compagnie petrolifere contrattiste venezuelane.
I mezzi di comunicazione di massa ci informano che il Venezuela è
paralizzato dagli scioperi. Quali sono i settori in sciopero?
In Venezuela non c’è nessuno sciopero. Il processo che si
sta vivendo in Venezuela è di sabotaggio contro l’industria petrolifera. E’
molto chiaro chi fa parte di questo processo di sabotaggio. Il problema in
Venezuela è un problema di "cupole" ed è in rapporto con il processo
di cambiamento che si sta realizzando in Venezuela mediante il processo
bolivariano. Il processo bolivariano è un processo di cambiamento di strutture,
di riforme tendenti a democratizzare, a creare uno stato di giustizia sociale in
Venezuela; si cerca di recuperare il grande debito sociale accumulato in 40 anni
di furti, repressione e di omicidi e sequestri di persone contrarie al regime
allora in vigore.
In Venezuela, una volta avviati questi cambiamenti, i settori
non d’accordo con il processo bolivariano cominciano a unirsi perché vedono
minacciati i privilegi fino ad allora detenuti. Uso la parola "cupola"
riferendomi al fatto che in Venezuela la "cupola" sindacale è
golpista e non rappresenta nessun settore lavorativo venezuelano; mi riferisco
alla "cupola" imprenditoriale di Federcamara che non rappresenta la
maggioranza degli imprenditori venezuelani, ma solo quella “cupola” di
imprenditori che hanno partecipato a tutte le ruberie avvenute in Venezuela
negli ultimi 40 anni; mi riferisco alla "cupola" militare composta da
chi è arrivato a quelle cariche grazie ai legami con il vecchio regime; parlo
della "cupola" della chiesa, composta da quei sacerdoti, dagli alti
prelati che sono stati complici in quel "festino" che era il
Venezuela; parlo della "cupola" dei settori dell’istruzione, delle
università, della "cupola" delle corporazioni, la corporazione dei
medici, degli avvocati, degli ingegneri, cupola proprio delle corporazioni e non
dei medici, degli insegnanti o degli ingegneri. Il problema in Venezuela è
quello delle "cupole" ed è contro questo problema che stiamo
lottando.
Il petrolio sembra essere al centro delle crisi mondiali, come in Afganistan
o in Iraq, è lo stesso per il Venezuela?
Il problema del Venezuela non può essere circoscritto entro
le frontiere del Venezuela. Rientra nel problema legato alla crisi mondiale
dell’energia, dove i grandi consumatori di energia, come gli Stati Uniti,
importano una grande quantità di petrolio per poter mantenere la produzione e i
livelli di consumismo che hanno scelto come forma di vita.
Nel nostro territorio c’è il secondo giacimento del mondo,
quello che noi chiamiamo giacimento bolivariano, viene dal Perù, dalla Bolivia,
Ecuador, Colombia, Venezuela e Trinidad. Questo giacimento è enorme, in
Venezuela abbiamo una quantità di greggio paragonabile a quella del Medio
Oriente, il greggio del Venezuela ha però bisogno di metodi di sfruttamento
diversi da quelli usati per il petrolio del Medio Oriente.
I problemi del Venezuela devono essere analizzati nel
contesto del problema dell’energia mondiale.
La PdVSA ha un’importanza fondamentale all’interno dell’economia venezuelana.
Quali interessi coinvolge questa industria?
In Venezuela la principale fonte di entrate è il petrolio,
cioè la PdVSA.
Alla fine degli anni 70 circa l’80% delle entrate della
PdVSA arrivavano allo Stato, mentre il 20% era utilizzato per coprire i costi di
produzione e di investimento. Nel 1996 il Presidente del Venezuela nomina Luis
Giusti presidente della PdVSA.
Giusti non era certo la persona più qualificata all’interno
dell’industria, ma rappresentava uno dei settori più legati al capitale
petrolifero straniero, agli interessi internazionali. Questo signore, una volta
a capo della PdVSA inizia a lavorare per la privatizzazione della PdVSA e quando
inizia la famosa apertura petrolifera, che non era altro che la
denazionalizzazione dell’industria, e la altrettanto famosa
internazionalizzazione attuata tramite l’acquisto di raffinerie in diverse
parti del mondo, soprattutto negli Stati Uniti, raffinerie che hanno l’interessante
caratteristica di non poter raffinare il greggio venezuelano perché, come ho
già detto, in Venezuela abbiamo soprattutto greggio pesante e bituminoso,
mentre queste raffinerie sono per altro tipo di greggio. Così il Venezuela, da
paese produttore di petrolio diventa paese importatore di petrolio, per poter
avere il petrolio adatto da lavorare in queste raffinerie.
Su tutto questo oscuro giro di compra vendita il governo
venezuelano non ha mai avuto controllo. Nessuno conosce i conti, come si muove e
come si maneggia il danaro, che fine fa questo 80% attuale di guadagno. Questo
signor Giusti, una volta che prende la presidenza della PdVSA nel 1996, inizia
il processo di riduzione permanente e costante delle entrate nei confronti del
fisco venezuelano da parte della PdVSA, passando dall’80% di entrate e 20% di
spese di gestione al 20% di entrate nei confronti del fisco e 80% di spese di
gestione. La PdVSA è diventata un’utopia, una menzogna, è una grande impresa
i cui dirigenti, golpisti e sabotatori, l’hanno portata fino al punto da
essere molto poco redditizia per il Venezuela. Prima del processo di sabotaggio,
della paralisi dell’industria venezuelana, il petrolio aveva un prezzo di
circa 22/23 dollari che era un prezzo giusto per il petrolio a livello mondiale;
con questo prezzo così buono, con questa enorme quantità di danaro, il
Venezuela avrebbe dovuto avere una economia molto solida; ma, con l’80% delle
entrate dedicato alle spese di gestione, le cose non stanno così. La PdVSA, sia
in Venezuela che nel contesto del capitale petrolifero internazionale, è una
miniera d’oro visto che non ci sono stati cambiamenti significativi dal ’96
ad oggi che giustifichino l’aumento delle spese di gestione dal 20 all’80%.
Le infrastrutture petrolifere venezuelane sono state realizzate diversi anni fa,
gli aumenti contrattuali dei lavoratori non incidono molto nelle grandi entrate
della PdVSA, tanto che, se si aumentassero del 1000% i salari degli operai, non
inciderebbero per più dell’1% sulle entrate della PdVSA, quindi non c’è
nessuna giustificazione nell’aumento dei costi di gestione. Semplicemente, all’interno
del piano di internazionalizzazione della PdVSA, hanno cercato di sottrarre
denaro per riportarlo verso compagnie internazionali falsamente parte della
PdVSA e su cui lo Stato non ha potuto avere nessun controllo.
Interessi interni e anche interessi esterni. Il Venezuela
fino ad ora è stato un fornitore affidabile di petrolio per gli Stati Uniti,
sia per quanto riguarda la quantità che per quanto riguarda la vicinanza dei
giacimenti. Una petroliera dall’Arabia Saudita impiega 45 giorni per arrivare
negli Stati Uniti, la stessa petroliera dal Venezuela ne impiega 5. L’incidenza
dei costi di trasporto è molto importate per gli Stati Uniti come per qualsiasi
altro paese. Quando il governo bolivariano decide di intervenire nella PdVSA per
capire cosa sta succedendo e nomina una nuova giunta direttiva diretta da Gaston
Parra e dal dottor Potelá, autorità riconosciute a livello mondiale come
specialisti in economia petrolifera, gli interessi del capitale internazionale
petrolifero e gli interessi dei dirigenti della PdVSA, (non di tutti i
dirigenti, ma delle “cupole” all’interno della PdVSA) si sentono
minacciati e decidono di iniziare uno sciopero. A marzo del 2002 inizia il primo
sciopero petrolifero contro la nuova giunta direttiva. Con lo sciopero inizia
anche il sabotaggio dell’industria petrolifera, si chiudono le raffinerie,
infine, l’11 aprile, decidono di far cadere il governo, e ci riescono in
effetti, quello che non si aspettavano era la risposta decisa del popolo
venezuelano.
Una delle cose positive del processo bolivariano è che ha
recuperato l’autostima del popolo venezuelano, demoralizzato da tanti anni di
corruzione, di fame, di miseria e che ora vede la possibilità di partecipare al
progetto che è il Venezuela.
Non se lo aspettavano, due giorni dopo il golpe il popolo
mobilita più di 8 milioni di persone e riporta la democrazia in Venezuela.
Sappiamo tutti bene chi ha pianificato, ideato, finanziato questo golpe.
Soprattutto gli Stati Uniti che all’alba del 12 aprile hanno fatto le proprie
felicitazioni, come anche la Spagna, al nuovo presidente Venezuelano.
Il 12 aprile i golpisti, quando avevano appena preso il
potere, cominciarono ad apparire in televisione, a scrivere sui giornali,
discutendo in modo amabile e tranquillo su chi avesse partecipato in modo più
diretto al golpe, chi avesse lavorato di più alla sua organizzazione; i
sacerdoti, o meglio la “cupola” sacerdotale, salutarono il nuovo presidente
così come gli Stati Uniti, la Spagna e la classe più alta della società
Venezuelana entro la quale ha una parte da protagonista l’Opus Dei.
Inizia poi il processo di recupero del governo bolivariano
del giorno 14. I golpisti hanno bisogno del controllo dei giacimenti
petroliferi, è per questo che non tengono in nessun conto le proposte di
dialogo del presidente della Repubblica, hanno continuato le loro cospirazioni
sostenuti dalla famosa sentenza del Tribunale Supremo di Giustizia che decide,
con una sentenza assurda per il Venezuela e per il mondo, che in Venezuela non c’era
stato colpo di stato ma un vuoto di potere, cosa che non ha riscontro in nessuna
legge venezuelana; questo fatto ha prodotto una grande sensazione di impunità
che ha generato anarchia e violenza, ha permesso la presa della piazza Altamira
da parte dei militari golpisti che l’hanno definita zona liberata privando
della libertà tutti coloro che vivono intorno alla piazza e che hanno
presentato una richiesta di riapertura della piazza al Tribunale Supremo di
Giustizia per recuperare questa zona, ma non hanno ricevuto risposta. I golpisti
hanno mantenuto questo livello di conflittualità con l’unica intenzione, con
l’unica speranza di riprendere il potere, di farla finita con il processo
bolivariano. Dichiarano di voler far dimettere il presidente Chávez. In realtà
il presidente Chávez non è un problema, il problema è il popolo venezuelano.
Per questo dopo 55 giorni di sabotaggio della principale industria venezuelana,
il governo bolivariano ha ancora il suo mandato, e non solo ha il suo mandato,
ma ogni giorno si rafforza, aumenta la sua base, mentre i golpisti ogni giorno
perdono consensi, perdono la facciata di quella legalità che non hanno mai
avuto e inizia così un processo di abbassamento del livello di conflittualità.
Dichiarano che il “paro civico” gli è sfuggito di mano,
che non ne hanno il controllo. Sappiamo i motivi di questa nuova posizione,
stanno semplicemente cercando delle scuse alle richieste nazionali e anche
internazionali su quello che hanno fatto e che stanno facendo. Hanno interferito
con i diritti umani di un popolo, i diritti all’istruzione dei ragazzi a cui
hanno chiuso le scuole, del popolo a cui hanno chiuso gli ospedali, dei
lavoratori impossibilitati ad arrivare sui posti di lavoro, delle famiglie in
cui non si poteva più cucinare visto che non arrivava più il gas nelle case.
Questi signori dovranno dare molte risposte al popolo venezuelano e alla
comunità internazionale.
Hanno ragione quando dicono che non controllano più la
situazione. La nostra risposta è che ora il problema della “cupola” della
PdVSA non è più con il presidente Chávez o con il governo, ma con gli
impiegati e i lavoratori della PdVSA. Il problema dei vertici corrotti della CTV
non è più con il governo, ma con i suoi lavoratori; i problemi della
FEDERCAMARA non sono più con il governo, ma con gli imprenditori; i problemi
della “cupola” militare non sono con il governo, ma con la base del suo
esercito.
Non sappiamo come questa “cupola” spiegherà al popolo
tutto ciò che si sta perdendo, dal punto di vista morale, della convivenza del
popolo venezuelano, dal punto di vista economico, la credibilità della sua
principale industria che è la PdVSA.
Come dice il presidente Chávez, questa è solo una
battaglia, la guerra l’abbiamo già vinta e il popolo venezuelano ne è
cosciente. C’è un’espressione che usa spesso il presidente: solo il popolo
salva il popolo. Questo processo è irreversibile.
Il presidente Chávez è stato eletto con un’ampia maggioranza. Quale è la
sua base elettorale?
La vittoria delle elezioni del 1998 in parte è il risultato
di un processo di recupero dell’autostima dei settori popolari che vedono
rappresentate in Chávez, nel suo programma bolivariano, tutte le loro
aspirazioni; vedono in questo progetto di paese, la vera soluzione dei grandi
problemi vissuti per tanti anni e appoggiano ampiamente il processo bolivariano,
ma anche ampi settori della classe media e medio alta partecipano appoggiando
attivamente il progetto del presidente Chávez anche se, non perché perseguano
gli stessi interessi, ma, come accade nelle elezioni di tutto il mondo, ci sono
settori che si avvicinano al candidato favorito per poi reclamare posizioni di
potere, quote di potere, ma già quando il presidente Chávez rilegittimò il
suo mandato nel 2000, questi settori si allontanarono, sono stati la classe
popolare e la classe media più cosciente oltre ad alcuni settori
imprenditoriali quelli che gli hanno dato un appoggio decisivo.
In questo momento la base del governo bolivariano è
rappresentata dagli stessi settori che l’avevano appoggiato nel 2000, quando i
settori che avevano appoggiato il governo in modo ipocrita si erano già
ritirati.
All’inizio dell’anno scorso ha cominciato a ritirarsi
anche chi aveva capito che non avrebbe raggiunto lo scopo di ottenere una parte
di potere, come è il caso di Luis Miquilena che godeva dell’assoluta fiducia
del presidente Chávez e anche di ampi settori popolari. Il signor Miquilena
risultò essere il maggior nemico politico del processo bolivariano.
Quindi si può dire che la base del governo bolivariano è
formata essenzialmente dai settori popolari, tuttavia a novembre del 2002 nasce
un altro fenomeno sociale in Venezuela.
La base sociale dell’opposizione golpista era formata
soprattutto dalla classe media venezuelana, a partire dal novembre scorso è
nata una forza incontenibile composta dalla classe media che appoggia il
processo bolivariano. L’organizzazione della classe media è un fattore
determinante nella sconfitta dei cospiratori. Si amplia così la base politica
del presidente, non solo i settori popolari, ma anche la classe media è decisa
a difendere i propri diritti, a difendere le conquiste ottenute. Credo che anche
i militari di base e i settori medi e intermedi delle forze armate si
identifichino con la costituzione venezuelana e questo toglie molte forze al
settore golpista. Fare un colpo di Stato senza la partecipazione militare è
molto difficile.
Ci sono poi i settori di base della chiesa che fanno un
grande lavoro nei quartieri, i settori operai e sindacali che stanno facendo un
lavoro fenomenale di legalizzazione e di recupero del concetto dell’organizzazione
sindacale, un rilancio del sindacato. Credo siano questi i settori che
appoggiano il presidente Chávez, oltre ad alcune organizzazioni come il Partito
Comunista del Venezuela, il Patria para todos, il Movimento Quinta Republica, il
Movimento Electoral del Pueblo e poi una serie di organizzazioni popolari come l’Assemblea
Popular Revolucionaria, molti settori popolari stanno lavorando per la difesa e
la costruzione di un nuovo paese.
Stiamo esercitando un mandato della Costituzione, perché la
nuova Costituzione definisce il Venezuela come un paese sovrano, democratico e
protagonista. E’ questo protagonismo che sta esercitando il popolo del
Venezuela.
I mezzi di comunicazione in Venezuela hanno assunto un ruolo
da protagonisti all’interno del colpo di Stato continuato in atto in Venezuela
e disgraziatamente hanno assunto il ruolo più vergognoso cioè quello di
trasformare il modo d’essere dei venezuelani. Il popolo venezuelano non è
quello che fanno vedere sullo schermo: violento, irrazionale, razzista. Questo
è falso, è totalmente falso. Hanno assunto questo compito vergognoso di
mostrare al mondo un’immagine contraffatta di ciò che è il Venezuela e
sequestrare la verità quotidiana per istigare alla violenza, attraverso la
televisione e la stampa, e convincere che i settori rivoluzionari e i settori
progressisti del processo bolivariano debbano essere eliminati e che ogni
traccia di bolivarismo in Venezuela debba essere distrutta. Questa è una
formula che hanno importato e che cercano di inculcare nella mente dei bambini,
delle casalinghe, dei lavoratori, degli imprenditori, dei militari; è un
bombardamento irrazionale e continuo, ci rivolgiamo ai giornalisti di tutto il
mondo che verifichino quello che sta succedendo in Venezuela; quale è l’informazione
che arriva in Italia per esempio? L’informazione è che il settore bolivariano
non ha appoggio popolare, che tutto il popolo è con l’opposizione. Questo è
totalmente falso. Una dimostrazione ne è l’immensa manifestazione di appoggio
al governo del 23 gennaio a Caracas, dimostrazione dell’appoggio popolare al
presidente Chávez.