Rubrica
Tendenze della competizione globale

Copyright - Gli articoli si possono diffondere liberamente citandone la fonte e inserendo un link all'articolo

Autore/i

Alfredo Falero
Articoli pubblicati
per Proteo (5)

Professore Università della Repubblica Uruguay Facoltà Scienze Sociali

Argomenti correlati

America Latina

Brasile

Nella stessa rubrica

Il sindacato e il lavoro in Europa
Guglielmo Carchedi

Considerazioni sul trionfo elettorale di Lula e il nuovo contesto regionale
Alfredo Falero

Economia, potere di influenza e il contesto latino-americano
Jaime Cesar Coelho

Intervista a René Contreras* a cura di M.Grazia Orsati

 

Tutti gli articoli della rubrica "Tendenze della competizione globale"(in tutti i numeri di Proteo)


Home
Autori
Rubriche
Parole chiave

 

 

 

Considerazioni sul trionfo elettorale di Lula e il nuovo contesto regionale

Alfredo Falero

Formato per la stampa
Stampa

Nella attuale congiuntura, si può discutere molto sulla trascendenza del trionfo del candidato del PT in un paese con la influenza del Brasile e ciò che significherà effettivamente per la regione. Per esempio, è sicuro che, come sempre succede, uno dei punti critici del dibattito si incentra nell’individuare la più adeguata ponderazione delle sue possibilità reali di imprimere cambiamenti di rotte. Una prospettiva che riconoscendo quanto già realizzato, senza ostacoli finisce per impedirci l’apertura volta a comprendere la realtà come potenzialità di costruzione di nuove configurazioni socio-storiche.

Per questo, di seguito, si cercherà soprattutto, di sottolineare gli orizzonti delle possibilità piuttosto che le realtà sociali strutturate. È necessario prima, de plano, esplorare le coordinate del dibattito. Qui si può trovare un varietà di posizioni che vanno dal pessimismo all’ottimismo da parte di sociologi coinvolti effettivamente nel cambiamento sociale. Segnaleremo alcune di queste espressioni, per comporre un quadro che inevitabilmente risulterà schematico.

Nel primo vettore, si possono collocare le segnalazioni di stile del famoso sociologo James Petras, che poggiandosi sulle contraddizioni interne del PT e sull’opportunismo di una parte dell’imprenditoria che ha appoggiato questa opzione, sostiene un probabile fallimento del progetto che naturalmente causerà demoralizzazione, ma d’altra parte stimolerà la radicalizzazione delle lotte extraparlamentari come già è accaduto nella campagna contro l’ALCA.

Nel secondo gruppo, che sembra più numeroso, ci sono quelli che all’interno dell’attuale contesto di globalizzazione neoliberale, valutano, come il sociologo portoghese Boaventura de Sousa, che il governo Lula significherà senza dubbio un compromesso con una transizione pacifica e graduale verso un nuovo patto finanziario ed economico globale. Oppure economisti politici brasiliani di posizioni molto diverse però seguaci della tematica -dalle più estese e conosciute, nel caso di Celso Furtado, fino ad altre più giovani e meno visibili, come quelle di Marcos Costa Lima- che tendono a marcare ugualmente la prospettiva ottimista in funzione di freno alla forte pressione nordamericana volta a consolidare l’ALCA, e in quel senso non smettono di osservare un sicuro sforzo economico e diplomatico di Lula per rilanciare il MERCOSUR [1].

Dalle posizioni vincolate all’establishment, si può osservare come la domanda chiave si potrebbe ridurre direttamente alla seguenti: il populismo può funzionare? Almeno cosi si presenta il tema in copertina della rivista Newsweek [2]. Più del concetto di populismo che appare estremamente vago tale da includere cose molto diverse, si può avvertire in questo tipo di posizioni come il possibile impatto regionale (come già è accaduto nel caso di Chavez) o anche globale, appaia minimizzato.

A partire dal passato, una conclusione quasi ovvia ma sostanziale è che la reale proiezione che si può realizzare, si colloca sempre nelle aspettative esistenti. In altre parole, se si hanno aspettative che il nuovo scenario può supporre una trasformazione delle relazioni sociali (più che altro che si facciano passi avanti importanti in tematiche come l’agraria o le politiche sociali), non esistono prove che si possa potenziare un cambio di reale grandezza. Qui l’orizzonte di possibilità è molto limitato, anche considerando le forze potenziali in quel senso (settori del PT e dei movimenti sociali come quello dei Senza Terra).

Invece, se le aspettative si concentrano su un piano regionale, in ambito geopolitico, appare un rinnovato spazio di discussione, attraverso espressioni di progetti regionali d’integrazione più o meno alternativi. Questo rinnovato insieme di aspettative davanti ad un nuovo orizzonte di possibilità, si stabilisce particolarmente in funzione di evitare l’instaurazione dell’ALCA.

La valutazione di questo aspetto, include il recupero dello spazio geografico e la riconsiderazione della sua relazione intima con il potere, cioè che si smetta di vederlo come una realtà oggettiva esteriore alla società. In effetti, se togliamo la sostanza e incominciamo a valutare come le società si impadroniscono piano piano, nella loro costruzione storica, di una configurazione territoriale, stiamo incorporando una dimensione chiave per l’analisi di quello che potenzialmente può significare il trionfo del PT in Brasile. Semplificando, si può dire che qualsiasi progetto di società alternativo, richiederà una riflessione inevitabile sul nuovo significato del concetto di territorio proprio e regionale e anche il senso di nozioni come sovranità.

Siamo in una tappa capitalista di crescente interrelazione, di flussi che attraversano frontiere come si è soliti indicare oggi, con istituzioni forti (FMI, BM, OMC, multinazionali, o governi di potenze egemoniche) che imprimono una specifica direzione (sebbene non sempre coincidenti tra loro). Non esiste un “fuori” da questo processo di globalizzazione che sussume e coinvolge tutte le società in un’unica logica di sistema. Una logica che ridefinisce la forma di Stato, togliendole strumenti e ricorsi.

Però è anche, come va sostenendo da alcuni anni Wallerstein (1996), una tappa di caos sistemico, di instabilità globale in cui appaiono le linee di biforcazione che possono condurre ad altre realtà. Ciò vuol dire che in questo contesto si chiudono delle possibilità ma se ne aprono altre nuove. Tra quelle chiuse, appare ogni volta più chiaro che la trasformazione limitata ai confini di un paese -che si fanno coincidere generalmente con quelli di una società-possono risultare oggi totalmente fittizi. Per questo è molto difficile realizzare progetti di società alternativi (più democratici, partecipativi e egualitari), con carattere autonomo e sostenibile nel tempo.

Nella riflessione sulle aperture, comincia a evidenziarsi un piano regionale e globale di resistenza. In America Latina comincia a essere visibile una grande tensione, una grande risonanza che inevitabilmente incrocia le nostre società ed è ciò che implica il progetto ALCA. Non è una novità da indicare, però il caso del Messico e la relazione che lo vincola con il TLC (Trattato del Libero Commercio tra Messico Stati Uniti e Canada) è un anticipo della forma che implica una integrazione verso gli Stati Uniti.

In tale schema, sfuggire dallo scenario probabile di rigenerazione di un modello di crescita socialmente escludente, eleva il dibattito della elezione di Lula a un piano diverso. Nonostante soggetto alle pressioni del “mercato” -eufemismo che nasconde le minoranze con capacità di prendere decisioni alla forte massimizzazione del beneficio individuale- si apre la possibilità di un cambiamento politico regionale, di un altro progetto di integrazione non solo commerciale ma anche sociale, alternativo e con obiettivi ben distinti dall’ALCA.

Non c’è un cammino inevitabile per nessun progetto di integrazione. Deriverà sempre dalle azioni nate dall’interagire dei diversi interessi economici (di breve o medio periodo), politico-partitici (invariabilmente nella realtà di breve periodo) e dalla apertura reale alla società, in cui sono impressi. Da ciò si ricava che il processo che si segue può provocare uno scossone geopolitico in uno scenario di cristallizzazione di una integrazione più autonoma dagli Stati Uniti o può finire col coincidere più o meno con le richieste statunitensi.

Una dimensione chiave per un progetto di integrazione alternativo reale, è l’impulso a forme sopranazionali che considerano una base di diritti sociali comuni ai paesi integranti. Gli ostacoli a questo processo devono essere sottolineati con enfasi. Rispetto alla Unione Europea, Samir Amin segnalava tra le critiche più importanti, che nonostante le apparenze, non è basata su un progetto volto a conformare una società comune con buoni caratteri sociali e aggiungeva che per convincersi di ciò, basta constatare la posizione di seconda fila che occupa la “dimensione sociale”nei regolamenti comunitari. (1999,p.147)

In questo senso,la partecipazione dei movimenti e organizzazioni sociali, ciò che frequentemente si riassume nella nozione di società civile (altra nozione estremamente lata, i cui contenuti e conflitti variano in funzione della prospettiva politica che si occupa) risulta essenziale. Organizzare la partecipazione delle società in un progetto regionale è un tema molto ampio che qui non è possibile discutere malgrado si sottolinei la sua importanza. Di fatto, la armonizzazione degli interessi frammentati è un processo lento e contraddittorio che tuttavia presuppone una problematica specifica all’interno di ogni organizzazione. Frequentemente tuttavia, nascono costruzioni di carattere elitario, sarebbe a dire minoranze dotate di un potere formale o informale superiore a quello della base, che non problematizzano la loro relazione con questa.

Per esempio, Pierre Bourdieu, rifiutava chiaramente la mera attuazione di direttive in un progetto reale di integrazione regionale, quando analizzava la necessità di “un movimento sociale europeo” (1999). Considerava il sindacalismo europeo in questo processo, come un “partner molto preoccupato di partecipare con decoro e dignità alla gestione degli affari”.

Per far questo serve una sfida che si conclude cominciando da quanto appena detto, per le organizzazioni della società civile è recuperare, dinamizzare uno spirito di mobilizzazione internazionalista .Le pratiche con questo spirito non smettono di essere contraddittorie, ma la sfida apparirà ogni volta con una maggiore chiarezza e i Fori Sociali Mondiali sono dei passi in questo senso.

Tutti questi lineamenti rapidamente tracciati, permettono di costruire un quadro che ci permette di analizzare orizzonti di breve periodo. Esiste una interessante opportunità per approfondire un progetto regionale alternativo con la partecipazione della società civile e il governo del PT ha la possibilità di avanzare sostanzialmente in questa direzione. Ciò significa costi inevitabili per il Brasile,presuppone una logica di cooperazione con i paesi della regione,sebbene con potenziali benefici generali (come il caso europeo).

D’altro canto, esiste oggi la possibilità di approfondire il percorso verso l’ALCA attraverso la volontà degli Stati Uniti e le sue articolazioni locali (economiche, politiche) e in questo scenario, alcuni governi della regione (come l’Uruguay) possono, più o meno velatamente, appoggiarlo cercando di trarne benefici. Questo progetto così come si pianifica attualmente significa,in termini di spazio geografico,una rinnovata colonizzazione sotto la promessa di un territorio di libera circolazione di beni, servizi e capitali. E si osservi che sebbene questo è così, non si parla mai di libera circolazione di persone con gli Stati Uniti, ciò è una restrizione severa nel contesto attuale in cui si vuole la massima capacità di movimento del capitale.

In sintesi, da questo punto di vista, recuperando la coscienza specifica delle nostre società, si può andare oltre il problema iniziale e vedere fin dove si compie il programma del PT di rinvigorire il MERCOSUR e la sua scommessa e ricerca di un altro patto regionale in America Latina. Al contrario si dovrà pensare che Petras in fondo aveva ragione. In ogni caso la società non può restare fuori dalla discussione.

BIBLIOGRAFIA

Amin, Samir: “El capitalismo en la era de la globalización”
 Buenos Aires, Piados, 1999.

Bourdieu, Pierre: “Por un movimiento social europeo”, nella rivista Análisis Político, Universidad Nacional de Colombia, IEPRI, Maggio-Agosto 1999.

Wallerstein, Inmmanuel: “Después del Libelarismo”, México, Siglo XXI/ CIIH-UNAM, 1996.


[1] Le fonti sono le seguenti: intervista a Petras nella Radio Nederland il 12.12.02, l’articolo de Boaventura de Sousa in Folha di Sào Paulo dal 04.10.02, l’articolo di Celso Furtado nella Revista 3 Puntos Nop. 278 dal 24.10.02, comunicazione dell’economista Marcos Costa Lima della Università Federale di Pernambuco, Recife, Novembre 2002.

[2] Newsweek, 13 novembre 2002, vale la pena riprodurre la introduzione che fa la rivista:”Los populista vuelven a estar de Moda en America del Sur”, I Populisti tornano a essere di moda in America del Sud.