La via alle privatizzazioni nel modello capitalistico italiano. Un’indagine statistico-aziendale
Luciano Vasapollo
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L’idea era quella di creare con questa vendita una via di fatto
solo apparente, ad una comoda forma di democrazia economica che tutelasse i
piccoli risparmiatori; ma ciò è rimasto solo nelle intenzioni in quanto dopo
la privatizzazione si è appurato che è emerso un pool di soci molto forti e
l’assenza di una organizzazione efficace ha fatto si che i primi 12 azionisti
in sostanza riescono a controllare la Banca con il solo 16% del capitale sociale.
I componenti di questo “nocciolo duro” sono riusciti con una quota minima ad
ottenere il dominio della banca in quanto risultano del tutto assenti dal Consiglio
di Amministrazione i rappresentanti degli azionisti non facenti parte del nocciolo
così pure il rappresentanti dei dipendenti.


Si vedano i Graff. 15 e 16 per visualizzare la
composizione dei nuovi azionisti e i risultati delle O.P.V.
BANCA COMMERCIALE ITALIANA
La Banca Commerciale Italiana (COMIT) agisce, in Italia e all’estero,
in svariati settori di attività bancarie e finanziarie che comprendono l’erogazione
di prestiti, l’intermediazione in valori mobiliari, la raccolta di depositi,
i servizi di incasso e pagamento, le assicurazioni sulla vita e la previdenza,
i fondi comuni di investimento e la gestione patrimoniale; è quotata in Borsa
e dal 1989 anche al SEAQ di Londra.
Anche la COMIT, al pari del Credito Italiano, era stata rilevata
dall’IRI negli anni ‘30 per evitarne il fallimento; nel 1937 è diventata Banca
di interesse nazionale (nel 1993 questa definizione è stata eliminata in quanto
il recepimento della seconda direttiva CEE ha stabilito che tutte le banche
vengono denominate indistintamente enti creditizi). [1]
Nel 1992 vengono istituite tre sub-holding: la COMIT Holding
Italia S.p.A. che possiede le maggiori partecipazioni finanziarie e bancarie
italiane della capogruppo; la COMIT Holding International S.A. Lussemburgo alla
quale fanno capo le maggiori società finanziarie e bancarie estere; la COMIT
Holding S.p.A. che gestisce le partecipazioni nel settore parabancario e dei
servizi finanziari.
Di seguito si riporta la struttura del Gruppo COMIT prima della
privatizzazione (Cfr. Graf.17)
L’intera
quota detenuta dall’IRI (il 57,4%) è stata ceduta nel Febbraio 1994. Il meccanismo
è stato simile a quello del Credito Italiano : il 40% delle azioni ordinarie
destinate ai piccoli risparmiatori, l’8% ai dipendenti ed un’altra quota destinata
agli investitori stranieri ed istituzionali (non più del 2%).
L’operazione aveva l’obiettivo di favorire la massima diffusione
dei titoli attraverso l’Offerta Pubblica di Vendita in Italia, creando altresì
una vasta area di azionariato diffuso tra i piccoli risparmiatori e i dipendenti
e di collocare i titoli presso investitori istituzionali italiani e stranieri
per permettere l’attuazione di investimenti di lungo periodo.
Anche la COMIT ha predisposto degli incentivi per i “possibili
nuovi azionisti”; si è stabilito infatti che chi acquistava in OPV avesse diritto
ad una azione gratuita ogni dieci ( con un massimo di 500 per sottoscrittore
per chi non le rivende entro tre anni). Le azioni ordinarie acquistate consentivano
ai sottoscrittori il diritto di partecipare alle assemblee e di avere informazioni
sull’andamento della Banca.
Va evidenziato che la COMIT possedeva caratteristiche di solidità
patrimoniale e di alta redditività, abbinate ad un indiscusso prestigio internazionale;
nel 1992 era collocata ai vertici nelle classifiche mondiali, un patrimonio
netto di circa 6.000 miliardi di lire e con attività pari a circa 130 miliardi
di lire. Il Graf.18 mostra le percentuali di possesso dei nuovi azionisti
della Banca Commerciale Italiana; è agevole rilevare che tra i nuovi soci rivestono
un ruolo fondamentale le Assicurazioni (Generali 3% e Ras 1%), così come rilevante
è la presenza del gruppo Benetton (2%) e del Gruppo Gestione Fondi Fininvest
(0,50%); i dipendenti COMIT possiedono il 4% delle azioni.


Il Graf.19 visualizza immediatamente in che modo sono
state suddivise le azioni assegnate. Va ricordato che l’offerta globale è stata
di 570.680.000 di azioni ordinarie.
Fonte: IRI
IMI
L’operazione di privatizzazione dell’Istituto Mobiliare Italiano
è stata senza5 dubbio la meno conosciuta al pubblico. Bisogna sottolineare che
l’IMI è una banca senza sportelli che si interessa soprattutto ai finanziamenti
a medio e lungo termine alle imprese; è la Banca Fideuram (sua società controllata)
a rappresentare il gruppo nel settore dei prodotti finanziari delle famiglie.
L’IMI è nato come ente di Diritto Pubblico nel 1938 per consentire
un potenziamento dell’economia italiana attraverso operazioni finanziarie e
creditizie. L’importanza di questo istituto si è accentuata negli anni successivi
alla seconda guerra mondiale nel momento in cui sono divenuti necessari dei
finanziamenti all’economia attraverso disponibilità monetarie provenienti dall’European
Recovery Program statunitense. In seguito l’IMI ha operato soprattutto nel settore
dei finanziamenti a grandi progetti industriali, nel sostegno alle piccole e
medie imprese e nel finanziamento a progetti riguardanti il Mezzogiorno; i fondi
sono stati reperiti soprattutto attraverso l’emissione di obbligazioni e di
certificati di deposito. Nel 1948 inoltre, con la IMICAPITAL e l’IMIREND, è
stato avviata anche l’attività nel settore dei fondi comuni di investimento.
Nel 1991 si è avuta la trasformazione dell’Istituto in società
per azioni (con la legge 218/90 del D.L. 20 -11 - 1990, n.356); mentre dal 1992
l’IMI è iscritto nell’albo dei gruppi bancari.
I tre settori principali di attività del gruppo IMI restano
comunque :l’attività creditizia, l’investment banking e vari servizi bancari,
assicurativi di minore entità. Per quanto attiene all’attività creditizia va
ricordato che l’IMI possiede una quota pari al 20% del settore e circa il 4%
del totale del sistema creditizio italiano; circa il 61% dell’utile lordo consolidato
del gruppo nei primi nove mesi del 1993 è stato costituito dai ricavi dell’attività
creditizia.
Per quanto concerne invece il settore dell’Investment Banking,
l’IMI è attiva nei settori di Intermediazione Titoli e Finanza Aziendale Capital
Markets; questa attività è svolta direttamente o attraverso società controllate
che agiscono non solo in Italia ma anche sulle maggiori piazze finanziarie del
mondo (New York, Londra, Francoforte, Parigi,ecc.). Il settore dei Servizi finanziari
alle famiglie è imperniato sull’attività svolta dalla Banca Fideuram che offre
servizi finanziari, bancari e assicurativi.
[1] Va ricordato inoltre che
dopo la seconda guerra mondiale questa banca insieme al Credito Italiano e al
Banco di Roma hanno fondato la Mediobanca ed hanno acquisito il Credito Fondiario
ed industriale FONSAP S.p.A.10 L’IMI registra oltre 60 anni di bilanci positivi;
nel 1992 l’esercizio si è chiuso con un attivo di 443 miliardi di lire, il 30
settembre 1993 risultavano 376 miliardi di utili con una previsione per l’esercizio
di oltre 500 miliardi di lire.