L’opera che presentiamo, “ Crisi o Big Bang? La crisi sistemica del capitale: Cosa, Come e Per Chi”, di Joaquin Arriola e Luciano Vasapollo, inaugura la cooperazione accademica tra il Dipartimento di Economia dell’Università “La Sapienza” di Roma e la Scuola post-laurea di Scienze dello Sviluppo dell’Università Mayor di San Andrés (Bolivia), a partire dalla Convenzione di cooperazione scientifica e culturale stipulata tra i due atenei il 5 gennaio del 2010.
Il tema affrontato dai due autori riveste enorme importanza a fronte della situazione attuale. In quest’ottica, il CIDES e tutto il suo corpo docente hanno deciso di aprire l’anno accademico con il ciclo di seminari “25 anni + 1”, che sarà incentrato sull’analisi sistematica della crisi capitalistica in corso e sulla disamina della nozione e dei vari modelli di sviluppo. Tale riflessione - che farà da base per le attività didattiche della nostra scuola - si propone di illustrare le linee di pensiero e le varie posizioni all’interno del dibattito sullo sviluppo nelle scienze sociali e umane, così come il nuovo contesto storico e politico e le dinamiche economiche e culturali della società contemporanea, in un’ottica nazionale, regionale e mondiale; è esattamente in queste fasi di passaggio che prendono forma le sfide e gli obiettivi della formazione e della ricerca accademica, e ciò vale in particolare per il CIDES, che ha costruito la propria identità intorno al concetto di sviluppo. È dunque nostro interesse affrontare tali sfide da una prospettiva critica e, soprattutto, farlo organizzandosi in reti accademiche nazionali e internazionali, in modo da arricchire la riflessione, l’insegnamento e la ricerca del CIDES, dando risposta alle esigenze che emergono a partire dalle dinamiche internazionali e specialmente dai cambiamenti in corso in Bolivia. Tale compito, improrogabile ormai, va affrontato con grande sensibilità rispetto alla situazione attuale e consapevolezza dei possibili scenari futuri, ed è in questa prospettiva che va inquadrata la collaborazione con l’università “La Sapienza”.
Ad oggi, due processi simultanei sembrano caratterizzare la realtà della società contemporanea: da un lato, sono evidenti i limiti intrinseci della riproduzione sociale fondata sull’accumulazione capitalistica privata, limiti che si manifestano nella crisi al contempo alimentare e ambientale, legate al cambiamento climatico, nelle crisi occupazionali e sociali, nonché nella crisi energetica. Questi processi sono tutti attraversati dalla crisi originata dalla speculazione finanziaria e dalla sua estensione a livello globale.
D’altra parte, in numerosi paesi i cambiamenti in atto sul piano politico riflettono l’aspirazione a un mondo e ad una società differenti, recuperando forme di essere, pensare e sognare il futuro, che nascono come reazione naturale alla crisi, alla crescente diseguaglianza e alla povertà. Si torna ad immaginare un mondo a misura d’uomo, in cui venga ripristinata l’unità e l’armonia tra società e ambiente naturale, la razionalità collettiva e la fratellanza; un mondo in cui si metta freno alla crescita distruttiva e si ponga di nuovo al centro l’essere umano e la sua socialità, il dialogo ed il confronto negli spazi pubblici, in un’ottica di giustizia, uguaglianza e democrazia.
L’opera di Arriola e Vasapollo ci spiega chiaramente come la crescente finanziarizzazione del capitale abbia portato ad una crisi del processo di accumulazione, con la “distruzione” di forza-lavoro e/o capitale in forme sempre meno prevedibili, poiché le crisi, connaturate al sistema capitalistico, si presentano con forme e tempi diversi a seconda della collocazione storica e geografica.
All’interno del dibattito sull’attuale crisi capitalistica, in cui la dimensione economica e finanziaria appare dominante, la posizione dei due autori si distingue nettamente dalle interpretazioni che attribuiscono alla crisi un carattere ciclico dovuto alla deregolamentazione dei mercati, alla smodata speculazione finanziaria, al fallimento delle politiche neoliberiste di aggiustamento strutturale - che pretendono di conciliare una crescita senza freni con lo sviluppo umano - alla debolezza delle istituzioni nell’economia globalizzata o - da un punto di vista geopolitico - al crollo dell’egemonia statunitense, sostituita da quella dell’Unione Europea, del Giappone o della Cina.
Senza ignorare le crisi cicliche attuali - e dopo aver analizzato i vari modelli storici di sviluppo e di accumulazione - Arriola e Vasapollo teorizzano la combinazione delle crisi cicliche con un “mutamento strutturale di lungo periodo del capitalismo”, originato dalla profonda e acuta crisi strutturale che si manifesta con la caduta generalizzata del tasso di profitto e con la crescente difficoltà - o impossibilità - di ricomporre nel lungo periodo le basi della valorizzazione del capitale. Queste dunque, tra le altre, le ragioni della “distruzione di forza-lavoro” con disoccupazione di massa e crescente precarietà del lavoro, usati come strumento di riduzione della spesa sociale pubblica e trasferimento di risorse alle imprese, nel tentativo di stimolare la crescita economica e l’accumulazione privata.
In questo senso, la contemporaneità delle crisi porta i due autori a ritenere che ci si trovi di fronte ad una crisi del sistema capitalista mondiale nel suo complesso; crisi sistemica dunque, che inizia già dal 1971 come crisi produttiva: tale, pertanto, è l’origine della crisi finanziaria globale, e non viceversa, sebbene - secondo i due autori - nessun crollo di borsa o fallimento di banca comporti la distruzione di ricchezza reale, in un gioco a somma zero. Analogamente, viene chiarito che non c’è un capitale produttivo “buono” contrapposto ad un capitale finanziario “cattivo”, orientato verso la mera speculazione e dunque da eliminare a favore del primo: l’esistenza dell’uno risulta infatti strettamente legata a quella dell’altro.
Allo stesso modo, non esiste un capitalismo “buono”, regolato, a fronte di uno “cattivo”, aggressivo e selvaggio, poiché qualsiasi sia la sua forma - legata alla localizzazione geografica, al contesto socio-economico produttivo e al sostrato culturale, il capitalismo persegue comunque la ricerca del profitto e l’accumulazione basata sullo sfruttamento del lavoro.
L’opera che presentiamo include alcuni capitoli in cui vengono identificate le ipotesi e gli argomenti di questa impostazione chiaramente marxista, in una prospettiva di confronto con le interpretazioni presenti nei vari momenti storici, benché l’enfasi maggiore venga posta sul dibattito contemporaneo. Ci auguriamo così di mostrare le origini, le conseguenze, la specificità, i tempi e le possibili vie d’uscita dalla crisi attuale, apportando un contributo al dibattito sui principi e sui modelli di sviluppo finora dominanti. Allo stesso modo, vorremmo contribuire alla discussione sulle categorie e le forme della teoria neoclassica, teoria funzionale al capitalismo e al suo modello di sviluppo, la cui posizione culturalmente egemonica ha finito per oscurare altri e differenti principi di organizzazione sociale, legati a modelli relazionali non necessariamente orientati al profitto e alla logica del mercato - ormai estesa agli spazi pubblici - e propri invece di culture e patrimoni di conoscenze che li pongono al di fuori delle logiche economiche.
Traduzione di Giulia Altieri
* Direttrice del CIDES-UMSA, Università La Paz, Bolivia.