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ANALISI-INCHIESTA:CRISI ECONOMICA INTERNAZIONALE RICADUTE SETTORIALI E SUL MONDO DEL LAVORO

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Osservazioni statistico-economiche sulla ristrutturazione e i riassetti di imprese e settoriali in Italia

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

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La grave crisi economica strutturale che si è particolarmente evidenziata in questo ultimo anno ma che, come abbiamo sostenuto da molti anni, ha origine nei primi anni ’70, tempi ha portato ad un vero e proprio tracollo del sistema economico e finanziario mondiale. Dalla fine del 2008 ad oggi gli effetti negativi registrati in tutto il mondo si sono manifestati anche in Italia portando ad un rapido peggioramento nel mondo del lavoro e di conseguenza con già evidenti effetti sociali. Nella tabella seguente si leggono le previsioni nell’occupazione nelle diverse economie mondiali e si vede subito come sia il 2009 sia il 2010 saranno anni in cui è previsto un evidente calo nell’occupazione in tutti i paesi.

La tabella 02 invece mostra come, ponendo l’anno 2001 uguale a 100, si sia evoluta l’occupazione dipendente, ovviamente comprendendo le varie forme a tempo determinato, atipiche, cioè tutto il precariato, in alcuni paesi; interessante è notare per gli stati Uniti come negli anni 2002,2003,2004 il dato sia negativo ossia al di sotto dei 100 del 2001).2 Prima di fornire dei dati riguardanti in specifico le dinamiche di imprese nel nostro Paese ci sembra opportuno ricordare che è possibile distinguere le imprese operanti in Italia secondo la loro grandezza e il numero di addetti. In specifico sono considerate medie imprese quelle con un numero di addetti tra i 50 e i 249, le piccole imprese hanno tra 10 e 49 addetti, le microimprese hanno meno di 10 addetti mentre la grande impresa ha oltre 250 addetti. Secondo le normative europee le imprese oltre che per il numero di addetti si distinguono anche per il fatturato e l’indipendenza secondo lo schema riportato di seguito.

L’ISTAT fornisce dei dati sulla struttura delle imprese e dell’occupazione per l’anno 2007 e l’indagine mostra come vi siano oltre 4 milioni di microimprese con meno di 10 addetti assorbendo oltre 8 milioni di dipendenti, mentre le grandi imprese sono solo 3630 con circa 3,5 milioni di dipendenti e con il settore dell’industria predominante fra le medie imprese (tavola 01 e figura 01 a pagina seguente). I grafici 01 e 02 a pagina seguente mostrano il trend negativo per l’Italia riguardante l’occupazione nell’industria rispetto al dato generale dell’economia; si prevede infatti un calo nell’occupazione di -2,5% nell’industria con un tasso negativo ancora maggiore nel settore delle costruzioni. Le imprese terziarie invece risentono in maniera minore della crisi anche se si attestano sempre intorno ad una variazione occupazionale negativa del -2%. Se si analizzano i dati per macroaree regionali appare evidente che nell’ambito di un già citato trend negativo di circa un meno 2% nel totale dell’economia, la macroarea del Centro è quella che ne ha risentito maggiormente (anche se di poco rispetto al Nord est e al Sud e Isole) ; dal punto di vista delle imprese invece le microimprese (ossia quelle che hanno tra1 e 9 dipendenti) hanno registrato una forte variazione negativa (circa il 2,5%) anche se, come si vede nel grafico seguente , tutte le imprese hanno un trend occupazionale sempre negativo. Le previsioni per i prossimi mesi sono addirittura peggiorative soprattutto per le imprese della macroarea del Nord Ovest, nelle quali la differenza tra le previsioni di crescita e diminuzione della produzione e del fatturato si attesta intorno al -12 e -13 %; se si guarda il Nord est si ha una differenza del -5 e -3%. Il Centro ha dei valori meno significativi attestandosi intorno ad un -2% del saldo alla produzione e allo 0 % per quanto riguarda il fatturato. Contro tendenza risultano invece le prospettive per il Sud in quanto si prevede un +4 punti % per la produzione e addirittura un +8 per il fatturato7. Se si analizzano i settori dell’industria manifatturiera si deve evidenziare che le industrie registrano nelle previsioni sulla produzione e sul fatturato saldi negativi molto elevati; ad esempio quella dei metalli (-16 e -20 %) , della moda (-19 e -15%), del legno del mobile (-25 e -21%), e delle industrie elettriche ed elettroniche (-18 %).8 Un altro elemento interessante è l’analisi dell’andamento demografico delle imprese italiane negli anni che vanno dal 2003 al 2008; come si legge dalla tabella 2 il tasso di crescita è passato dall’1,45% del 2003 allo 0,59% del 2008 E a dimostrazione della sempre peggiore situazione si noti come il numero di imprese fallite è aumentato molto nel primo trimestre del 2009 arrivando al numero di oltre 2.600 (Tabella 5). I dati Istat ci forniscono anche la situazione dell’occupazione nelle grandi imprese e mostrano come si siano registrati valori negativi nell’occupazione, con un netto trend al ribasso da giugno 2007 a giugno 2009 (Grafico 4). L’occupazione nelle grandi imprese dell’industria ha registrato nei primi sei mesi del 2009 cali nell’occupazione di più del 2,7 per cento (al lordo dei dipendenti in c.i.g.) e del 9,7 per cento (al netto dei dipendenti in c.i.g.) (Grafico 5).9 Il grafico mostra come la diminuzione dell’occupazione nelle grandi industrie abbia interessato maggiormente imprese dell’industria rispetto ad una minore diminuzione nelle grandi imprese dei servizi. La produzione industriale nei primi sei mesi del 2009 ha registrato una diminuzione del 21,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno 2008 a riprova degli effetti già evidenti della crisi economica internazionale (Grafico 6). Se si analizzano i vari settori industriali si rilevano tutte variazioni negative; si ha infatti un meno 2,7 % per l’energia, un meno 2,3 % per i beni strumentali, un meno 2,0% per i beni intermedi e un meno 1,0% per i beni di consumo10 (cfr. graf.)(Grafico 7).

Di seguito si possono legger ei dati riguardanti la produzione industriale, la forza lavoro e gli occupati in un confronto tra il 2008 e i primi mesi del 2009, si noterà da subito la generale diminuzione dei vari aggregati macroeconomici.

Si nota che da un confronto tra l’anno 2008 e il 2009 si registra una tendenziale diminuzione nella produzione industriale (escluse costruzioni) con la punta più bassa registrata ad agosto 2008 e a gennaio 2009, diminuzione che prosegue per gli altri mesi del 2009 a dimostrazione delle conseguenze della crisi nel nostro sistema economico. L’esame dei dati mostra come la realtà economica del nostro Paese sia attraversata da una crisi profonda che porterà ad ancora più disoccupazione e gravi effetti sociali e bisognerà aspettare molti anni per avere di nuovo un PIL come quello del 2007. La crisi economica ha quindi interessato i vari settori industriali in modo più evidente rispetto ai servizi; si deve aggiungere poi che l’industria ha registrato notevoli diminuzioni dei livelli di produzione. Questa situazione è ancora più grave se si pensa che l’Italia si è caratterizzata in questi ultimi anni per una produzione ed un apparato industriale incentrato molto sull’alta specializzazione dei lavoratori che devono essere in grado di sostenere l’industria distrettuale Made in Italy che rappresenta un settore molto importante nella nostra economia . Spesso quindi nel nostro Paese si tratta di occupazione professionale legata al territorio (si pensi al lavoro nei distretti industriali; il modello italiano dei distretti è caratterizzato infatti dalla piccola e piccolissima dimensione di impresa, soprattutto nel settore manifatturiero). Il fatto che la crisi abbia colpito maggiormente l’industria porta alla conseguenza che il Nord Italia sia quello che più ne risente; se si considera infatti che l’industria in senso stretto dà lavoro a più del 28% degli occupati nelle regioni del Nord est e circa il 26% nelle regioni del Nord Ovest mentre nel Sud d’Italia questi valori sono di appena il 13% e nel Centro del 19% si comprende meglio la difficile situazione di questa parte del paese 12. Si deve però rilevare che pur essendo le regioni del Sud Italia territori con meno industrie rispetto al Nord, la domanda di lavoro è diminuita in percentuale in misura maggiore al Sud rispetto che al Nord. L’ISTAT infatti nelle sue rilevazioni del primo trimestre 2009 mostra una modifica nell’occupazione nell’industria ( al netto delle costruzioni) ancora positiva (dovuta al fatto che a fronte di un meno 0,1 % del Nord ovest vi era ancora un più1% nel Nord Est); al centro invece si è registrata una diminuzione del 3,9% e al sud del 6,6%. Va segnalato che nelle regioni del Sud Italia, come ad esempio nel Lazio, si possa percepire una realtà economica più stabile dovuta alla grande quota in termini relativi rispetto alle altre regioni di lavoratori del pubblico impiego. E comunque sia l’industria sia i servizi presentano una indicativa espulsione di manodopera; per quanto riguarda l’industria il settore manifatturiero ha risentito di più della crisi rispetto al settore delle costruzioni; per quanto riguarda il terziario invece sono interessati soprattutto i servizi alle imprese e agli alberghi e ristoranti. Sono quindi a rischio ancora molti posti di lavoro e il CNEL prevede la perdita nel 2009 fino a mezzo milione di posti di lavoro. Cosa ci si può aspettare da questa situazione? In che modo uscire dalla crisi? Come proteggere i lavoratori? Le risposte a queste domande sono tutte di carattere politico e riguarderanno le dinamiche del conflitto sociale-sindacale e quindi i rapporti di forza nel conflitto di classe.

1. Cfr. www.starnet. unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere, pag. 9 2. www.starnet.unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere, pag.10 3. http://www.geda-consulting.it/index.php?id=finanzaagevolatabeneficiari 4. www.starnet.unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere, pag. 10 5. www.starnet.unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere, pag.11 6. www.starnet.unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere, pag.12 7. www.starnet.unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere 8. Per questi argomenti si veda www.starnet.unioncamere.it, Rapporto Unioncamere 2009 L’economia reale dal punto di osservazione delle Camere di commercio a cura del Centro Studi Unioncamere, pag.9 9. Cfr. www. Istat.it 10. Cfr. www. Istat.it 11. www.istat.it, Rapporto annuale, 2008 pag. 191 12. http://www.portalecnel.it/portale/documenti.nsf/0/C12575C30044C0B5C12575FA00439702/$FILE/Rapporto%20Mercato%20del%20lavoro%202008%20-2009.pdf