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Il punto, la pratica, il progetto

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Domenico de Simone
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La lunga marcia per il Reddito

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Il 17 febbraio scorso si è tenuto a Roma, presso la sala del Cenacolo un convegno promosso dal CESTES sul reddito sociale minimo e sul reddito di cittadinanza. Su queste proposte sono stati presentati diversi progetti di legge tra cui quello di iniziativa popolare promosso dal Cestes e dal comitato per il reddito sociale minimo che ha raccolto 63.000 firme di cittadini. Il convegno ha visto la partecipazione di numerosi parlamentari appartenenti a vari schieramenti politici, e messaggi sono giunti dalla vice Presidente del Senato, On. Ersilia Salvato, dal Presidente della Commissione Lavoro della Camera, On. Innocenti, e da altri parlamentari. Sono intervenuti al dibattito l’On. Russo Spena di Rifondazione comunista, l’On. Gardiol dei verdi e il sen. Vegas di Forza Italia, che hanno ribadito l’interesse delle rispettive formazioni politiche alle tematiche sul reddito garantito. Molto applauditi gli interventi di Lamari dei disoccupati organizzati di Napoli e di Salerni del comitato promotore.

Sul tema del reperimento delle risorse necessarie al finanziamento, si è sviluppato un ampio dibattito che ha visto prevalere la tesi della necessità di finanziare ogni ipotesi di reddito svincolato dal salario per mezzo di strumenti fiscali che non gravano sul lavoro. Su questo tema il rappresentante di Forza Italia ha manifestato un aperto dissenso ad ogni ipotesi di tassazione dei capitali finanziari, che nelle proposte di legge viene prospettata per mezzo dell’applicazione, anche solo a livello nazionale, di una Tobin Tax. D’altra parte è assolutamente necessario ipotizzare, per recupero di ulteriori risorse finanziarie, un sistema di tassazione diverso da quello attualmente in vigore. Ciò sia al fine di evitare un ulteriore carico fiscale sul lavoro, già di per sé gravato oltremisura, e sia per evitare una contrapposizione tra lavoratori impiegati e lavoratori in attesa di occupazione.

I sistemi fiscali in vigore in tutto il mondo occidentale si basano su un processo di accumulazione fordista da tempo in crisi irreversibile. Le risorse che essi garantiscono sono in progressivo declino ed è impossibile ipotizzare ulteriori incrementi della pressione fiscale. Il passaggio dal social state al profit state [1], determinato dalla necessità del capitalismo di garantirsi profitti crescenti, è stato favorito anche dall’allocazione di parte crescente delle risorse dello stato sociale nel mondo delle attività finanziarie. Trasferimento forzato dal meccanismo di reperimento delle risorse da parte dello stato sociale che ha utilizzato prevalentemente lo strumento dell’indebitamento pubblico. Ciò ha da un lato espropriato progressivamente la funzione politica della sovranità monetaria, dato che di fatto l’emissione di titoli di stato si risolve in emissione di moneta da parte del sistema finanziario. La crescita della ricchezza finanziaria e stata enorme in tutto il mondo, anche per effetto della sua sostanziale esenzione da tassazioni significative. In proposito, è significativa l’esperienza sulla sorte della Tobin Tax. L’ostilità delle lobbies finanziarie e del Congresso americano alle ipotesi di tassazione dei capitali finanziari ha consentito, in passato, solo l’adozione di misure parziali facilmente eludibili, che hanno prodotto effetti pressoché nulli. Molti economisti sono convinti che solo un governo mondiale, o un accordo generale tra i paesi industrialmente avanzati, possa consentire l’introduzione di misure di tassazione dei capitali finanziari in grado di evitare l’elusione fiscale che può derivare dall’utilizzo dei contratti derivati e dagli altri strumenti ideati dall’ingegneria finanziaria. In realtà, l’utilizzazione di risorse fiscali per ridurre la pressione sulla produzione e sul lavoro consente di evitare fughe di capitale di investimento che, al contrario, sarebbero attirati per effetto dell’incremento dei margini di profitto indotti dalla riduzione dei costi, e consente, al contempo, di finanziare le forme di reddito che sono ipotizzate dal comitato per il reddito. Allo stesso tempo, I’incidenza di una tassazione generalizzata sulle attività liquide consentirebbe l’utilizzo di aliquote molto ridotte, pressoché non significative per i margini di profitto delle attività di pura speculazione finanziaria. E’ evidente, d’altra parte, la necessità di assumere provvedimenti che limitino in qualche modo la speculazione finanziaria ed allontanino il rischio dell’esplosione di ricorrenti bolle speculative, e favoriscano una ripresa stabile delle attività produttive.

La tassazione dei capitali finanziari è quindi neutra rispetto alle vicende del lavoro, e rappresenta lo strumento ideale per determinare quella rottura tra lavoro salariato e remunerazione che è il presupposto di ogni ipotesi di reddito garantito. La proposta di tassare i capitali finanziari, colpendo lo strumento che rappresenta oggi la ricchezza effettiva, ha una valenza fortemente innovativa rispetto al sistema di tassazione vigente, che si fonda sul paradigma ottocentesco della creazione di plusvalore nel processo produttivo [2].

Queste tesi proposte nel comitato, si fondano su analisi che rompono i tradizionali schemi di interpretazione e disegnano un nuovo quadro di interpretazione della realtà economica nella società globale. Nella quale assume un ruolo preminente l’attività finanziaria, ormai del tutto svincolata dalla capacità di controllo degli stati nazionali e delle loro istituzioni e sostanzialmente allergica anche a strutture di regolamentazione internazionali. Le nuove tecnologie della comunicazione e dell’automazione, se hanno innestato un processo di profonda ristrutturazione delle attività produttive, hanno radicalmente mutato il quadro dentro il quale operavano le vecchie istituzioni finanziarie, banche, società di intermediazione mobiliare e istituzioni come il F.M.I.

E’ da oltre un decennio che le decisioni di politica monetaria vengono assunte dalle banche centrali senza alcuna ingerenza da parte del potere politico. Anche la capacità di intervento delle banche centrali, per effetto dell’enorme incremento della massa monetaria, e soprattutto degli strumenti finanziari creati dall’ingegneria finanziaria, si è ridotta progressivamente alla determinazione del livello del tasso di sconto, che rimane l’unico strumento in grado di orientare la destinazione di grandi masse di capitali finanziari nelle economie fortemente aggregate dell’occidente, per mezzo di ritocchi di qualche decimale di punto dei tassi. Nelle economie più deboli, questo tipo di intervento è da tempo del tutto inefficace se non per scostamenti di decine di punti percentuali, che generano effetti perversi sull’economia reale. La ragione di questa sensibilità dei mercati occidentali alle manovre sul tasso di sconto, deriva dalla enorme massa di capitali finanziari legata ai fondi obbligazionari o misti, ed al fatto che i titoli di Stato, ormai da tempo, svolgono una funzione monetaria per le grandi transazioni economiche e per il mercato dei derivati, di cui costituiscono in larghissima maggioranza la base. L’elevato indebitamento di tutti gli Stati del mondo, impedisce alle banche centrali l’utilizzo diretto di capitali derivanti dalla tassazione per le operazioni di controllo sui rapporti tra le monete e di salvataggio di economie sotto attacco della speculazione finanziaria. Sotto questo profilo, la crisi giapponese del 1997 e quelle del sud est asiatico e del sud America del 1998 sono emblematiche, per la dimostrata impotenza del F.M.I. di intervenire efficacemente per mantenere in equilibrio quelle economie. L’enorme crescita dell’economia finanziaria e la sua intolleranza ad ogni forma di controllo viene accentuata dalla rapida evoluzione degli strumenti informatici, che stanno di fatto togliendo agli Stati nazionali l’altro strumento di controllo dell’economia monetaria, ovvero l’emissione di moneta.

Oltre alle perverse conseguenze del rapporto tra moltiplicatore bancario e tassazione sui redditi, per il quale l’indebitamento pubblico assume la veste di un’emissione monetaria gestita dal sistema bancario, la creazione di strumenti di pagamento virtuali su internet si traduce in una forma di emissione monetaria destinata in breve tempo a soppiantare quella gestita dagli stati nazionali. Questo svuotamento delle tradizionali funzioni della sovranità, culmine di un processo già in atto da tempo, deve indurci ad una riflessione sul ruolo della finanza nella distribuzione della ricchezza, e sull’equità di un sistema fiscale fondato sul prelievo del reddito prodotto. Un’ulteriore riflessione è necessaria sullo svuotamento di contenuto della politica, se non e in grado di attaccare il cuore del problema, ovvero l’appropriazione da parte di un sistema finanziario parassitario della grande maggioranza delle risorse. L’arretramento della politica è reso sempre più evidente dall’allontanamento generale della gente da analisi e parole d’ordine confuse, contraddittorie e chiaramente inefficaci rispetto alla maggior parte dei problemi della popolazione. Il pensiero debole che ha dominato la scena politica negli ultimi dieci anni, deve essere sostituito da un pensiero forte che dia risposte ed obiettivi concreti ed allo stesso tempo rilanci la speranza in un mondo migliore. Che, evidentemente non può consistere nell’abbassamento del tasso di inflazione di qualche decimale o nell’andamento schizofrenico della borsa.

La proposta del comitato è una proposta forte che rilancia sul terreno concreto la lotta per un mondo migliore. Che restituisce senso ai discorsi sulla dignità e sulla libertà dell’uomo, umiliati da una politica che spaccia per grandi conquiste lo sfruttamento istituzionalizzato e da un mediatico che prostituisce la libertà confondendola con un’automobile o un profumo.

La proposta di un reddito sociale minimo finanziato con un’imposta sui capitali speculativi, non solo rende questo paese un po’ più libero e dignitoso, ma prepara il terreno per la grande rivendicazione di un reddito di cittadinanza che il comitato ha designato come proprio obiettivo. Il reddito sociale minimo costituisce l’obiettivo di riportare l’Italia al livello di tutti i paesi europei che hanno istituzioni simili e che rendono meno angosciante la perdita del lavoro in una società dove ce n’è sempre di meno. Allo stesso tempo esso svolge la funzione di diffondere tra la gente la coscienza della necessità di rompere il legame tra salario e lavoro, di definire un’etica in cui non stia al primo posto il lavoro, bensì la dignità dell’uomo. Prepara, cioè, una grande stagione di rivendicazioni sociali per ottenere il riconoscimento concreto del diritto alla vita ed alla dignità, oltre ai servizi sociali efficienti da sempre obiettivo di tutti i tentativi di costruire uno Stato sociale giusto.

Sotto questo profilo, la riduzione degli spazi del potere e della burocrazia, la rivendicazione concreta del diritto di esistere e di fruire di tutti i servizi sociali che la tecnologia consente e che una società umana impongono, prefigurano una nuova stagione di grandi lotte sociali. Nella quale la ricomposizione delle classi vedrà da un lato i produttori e gli emarginati, entrambi vessati a dismisura da un sistema sempre più tiranno, ed uniti contro il capitale finanziario parassita ed avventuriero, che mette quotidianamente a repentaglio la vita di centinaia di milioni di esseri umani per seguire la sua cieca avidità. Le crisi finanziarie del passato, sempre più violente e ricorrenti nell’ultimo decennio, danno la misura del grado di avventurismo e di follia del sistema finanziario. Di qui la necessità di tenere unite le rivendicazioni del reddito sociale, minimo o di cittadinanza, con la tassazione dei capitali finanziari, allo scopo di indirizzare le forme di lotta verso il nemico effettivo dei diseredati, degli sfruttati di tutto il mondo e dell’umanità tutta.

Un sistema fiscale che liberi il lavoro e rilanci la produzione è certamente nella prospettiva di tutte le forze politiche che non siano inibite nei propri orientamenti da rigide preclusioni ideologiche.

Per tali ragioni. il congresso ha concluso rilevando l’unità di intenti delle diverse formulazioni del reddito garantito prospettate: in particolare, il coordinatore del dibattito, Luciano Vasapollo, ha annunciato che il comitato per il reddito considera comunque il reddito di cittadinanza universale l’obiettivo finale della propria azione, considerando la vertenza sul reddito sociale minimo per i disoccupati una tappa di un’azione di più ampio respiro. Il comitato promotore ha richiesto un’audizione presso la commissione Parlamentare del lavoro, audizione che i deputati presenti hanno giudicato necessaria ed auspicabile e che dovrebbe avvenire subito dopo le elezioni regionali di aprile.


[1] Cfr. in proposito L. Vasapollo, R. Martufi: Profit State, ridistribuzione dell’accumulazione e reddito sociale minimo, La Città del Sole, Napoli, 1999

[2] Cfr. D. de Simone, Un Milione al mese a tutti: Subito!, Malatempora edizioni, Roma, 1999