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“L’ambiente capitale”: un libro che discute sulle prospettive dell’umanità

GISELA ALONSO DOMINGUEZ

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Intervista a cura di Grazia Orsati

Il libro “L’Ambiente Capitale” evidenzia già nelle prime pagine come la comunità internazionale scientifica si pone davanti al drammatico problema sviluppo-ambiente. Moltissimi sono stati finora gli studi, le relazioni e le pubblicazioni, gli inviti agli incontri internazionali e alle conferenze - con l’assistenza dei più importanti rappresentanti di stato e di governo -, il cui obiettivo è stato quello di identificare le cause e gli effetti dei problemi del deterioramento ambientale globale, analizzarli nella loro complessità e stimare i diversi fattori d’incidenza; inoltre, è necessario proporre delle possibili azioni, in ambito governativo e a livello della cooperazione internazionale, che possano frenare lo sfruttamento progressivo, veloce e irrazionale delle risorse naturali e la distruzione di importanti ecosistemi, avendo sempre come massimo dovere, quello di proteggere l’integrità del sistema ambientale globale. Con la Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992, si raggiunge un momento cruciale per gli sforzi realizzati negli anni precedenti. In questa riunione si unirono le diverse volontà politiche, per far sì che la comunità internazionale stabilisse gli impegni etici e politici nei confronti delle generazioni presenti e future. A Rio è stato legittimato - non lo dobbiamo dimenticare - il concetto di sviluppo sostenibile e tra i tanti impegni adottati, va ricordata l’Agenda XXI, ovvero il programma strategico di azione per il secolo XXI. Su tutto ciò il libro “L’Ambiente Capitale” è molto chiaro.

Quali sono le reali cause del problema? Ebbene, le realtà ambientali, che affronta il mondo contemporaneo, hanno origine nei sistemi di sviluppo che, nel corso degli ultimi secoli, assunsero e continuano ad assumere un gruppo di paesi sostenuti da modelli irrazionali di produzione e consumo, da politiche imperiali di dominazione volte ad assicurare lo sfruttamento coloniale e necoloniale, ossia le reali cause dell’arretratezza e della povertà che attualmente colpiscono larga parte dell’umanità. Le società di consumo che caratterizzano il mondo capitalista sviluppato sono le principali responsabili dell’atroce distruzione dell’ambiente e del deterioramento sempre più avanzato nel Terzo Mondo. Dopo aver preso coscienza delle cause di tale distruzione e davanti alla necessità di maggiore uguaglianza a livello internazionale, spetta ai paesi sviluppati e ricchi saldare il debito ecologico che hanno con i paesi sottosviluppati e poveri: le vie per intraprendere il cammino sono quelle della cooperazione, dell’aiuto finanziario e tecnico, del trasferimento di tecnologie pulite; inoltre si deve raggiungere un consenso internazionale affinché si stabilisca un nuovo ordine economico più giusto ed equo.

Quale è il contributo ambientale della Rivoluzione socialista cubana e il contributo della scienza? Il progetto rivoluzionario cubano, caratterizzato da uno spiccato aspetto umanista, indipendente e sovrano, si diede come obiettivo iniziale quello di innalzare il livello di qualità di vita del nostro popolo, nella concezione più ampia, che poi è lo stesso principio che si trova alla base del concetto attuale di sostenibilità dello sviluppo. In questi anni, dalle parole educatrici e dalle opere concrete adottate da Fidel, è trapelata la necessità di raggiungere una relazione armoniosa tra l’uomo e la natura e soprattutto il dovere di usare razionalmente i beni che da essa provengono. Per risolvere i seri problemi ereditati dal periodo neocoloniale, la Rivoluzione ha affrontato le difficoltà e ha sempre lavorato alla preservazione e alla riabilitazione degli ecosistemi ormai degradati, come le falde acquifere, i terreni, i boschi, le zone costiere e le montagne. D’accordo con la visione di Fidel riguardo al ruolo della scienza all’interno della società, sin dai primi momenti degli anni ’60 del secolo passato, vennero organizzati un ampio gruppo di istituti di ricerca e di università dedicate allo studio delle nostre risorse naturali, e in cui moltissimi giovani si formavano nelle discipline scientifiche che sarebbero servite allo sviluppo. Il primo successo ambientale e sicuramente quello più importante, è stato lo sradicamento della povertà estrema, attraverso il perfezionamento e la diversificazione dell’economia su basi di uguaglianza. Quando ha trionfato la Rivoluzione, la popolazione a Cuba era di appena 6 milioni di abitanti, di cui più di un milione analfabeti e 600 mila bambini che non andavano a scuola. Oggi, il tasso di scolarizzazione nel paese è del 99,4% con più di un milione di laureati. A Cuba ci sono 220 unità dedicate a compiti scientifici e tecnologici, in cui lavorano più di 30 mila persone. Negli ultimi cinquanta anni, il tasso di mortalità infantile si è ridotto dal 60 del 1959 al 5,3 per mille, tra i nati vivi nel 2006; in questo stesso periodo, le aspettative di vita sono passate da 61 anni a 76 anni. Questo miglioramento qualitativo degli indicatori sanitari, è stato possibile grazie al miglioramento delle condizioni ambientali basiche: ad esempio, far arrivare a tutta la popolazione l’acqua potabile e bonificare le aree interessate; la percentuale di acqua potabile sul territorio passò dal 50% al 95,6%, le zone bonificate invece dal 28% al 95%. La superficie boschiva nazionale - che come abbiamo già visto ricopriva appena il 14% del suolo al momento della Rivoluzione - è aumentata, grazie agli sforzi sostenuti nella riforestazione, per cui attualmente la percentuale è salita fino al 24,6%. È aumentata anche la capacità dei bacini d’acqua, che nel 1959 era pari a 48 milioni di m3 e attualmente a 670 milioni di m3. Il raggiungimento dei risultati scientifici e l’applicazione delle conoscenze disponibili, hanno permesso la valutazione del potenziale delle risorse naturali presenti nel paese, così da poterle usare nello sviluppo economico, stabilendo i piani di lavorazione corrispondenti. Viene agevolata l’applicazione di pratiche di agricoltura sostenibile, si ricercano vaccini e nuove medicine, si impiega la tecnologia per l’utilizzazione dei residui; vengono adottate, nelle industrie, pratiche di produzione più pulite, così come lo sono la riabilitazione e il restauro degli ecosistemi danneggiati, una gestione integrata delle zone costiere e dei bacini idrografici; tutto ciò è accompagnato da un migliore controllo delle risorse vitali, come l’acqua e i terreni. Nel piano di sviluppo territoriale sono state aggiunte le variabili ambientali.

Proprio di questi temi parla il libro che è appena uscito: “L’Ambiente Capitale”. Un libro in cui tu e l’Agenzia Nazionale cubana per l’ambiente, siete coinvolti direttamente. C’è una tua introduzione, ci sono molti articoli di ricercatori e studiosi dell’Agenzia. In tutto ci sono quindici articoli con una prefazione e una conclusione di Martufi e Vasapollo del Centro Studi CESTES-PROTEO. Articoli che trattano in modo diverso questo caso studio, il tema di cui si è recentemente occupata la FAO, e di come Cuba, una piccola isola che subisce il blocco dell’imperialismo, difende l’ambiente e difende l’umanità. Non è un caso che da molti anni organizzazioni internazionali e centri studi dichiarano Cuba miglior paese per lo sviluppo e la difesa sociale e dell’ambiente. Parlaci di questa esperienza, che non è soltanto legata al libro, ma che rappresenta la posizione complessiva di Cuba, di come Cuba difende la natura e fornisce esempi al mondo di uno sviluppo qualitativo armonico. Sono molto contenta dell’opportunità di questo libro perché il bloqueo significa anche blocco dell’informazione. Ci sono molte cose che Cuba ha fatto, che ha raggiunto; Cuba ha anche collaborato con altri paesi sottosviluppati, cose queste che non si sanno. Noi vorremmo che la nostra realtà si conosca; per quanto si voglia manipolare l’informazione: la realtà è la realtà. Penso che Cuba, nel contesto dei paesi sottosviluppati, offra cose importanti. Penso ci sia l’esperienza, che abbiamo condiviso non soltanto nell’area dei Carabi, ma anche con altri paesi e se ci fossero più attività di cooperazione sud-sud avremmo potuto generalizzare molto di più queste esperienze positive. Sappiamo che è impossibile estrapolare ciò che appartiene a ciascun paese, ma c’è un processo di conoscenza e di alternative, che si possono adattare alle necessità ed alle possibilità degli altri paesi. È fondamentale l’istruzione, per questo Cuba sta facendo questo sforzo internazionale con il suo metodo Yo sì puedo, perché è molto difficile che chi non sa leggere e scrivere possa agire consapevolmente. Per questo dico che la conoscenza è tanto importante, e quando parlo di conoscenza non parlo soltanto della conoscenza scientifica, sto parlando di un livello di istruzione che permetta di capire e che permetta di agire conseguentemente a ciò di cui si ha bisogno. E allora vediamo la grande quantità di analfabeti che ci sono nel mondo e quando diciamo: abbiamo una tecnologia, abbiamo un metodo, ma che ne faccio se queste persone non sono in grado di capirlo, non sanno cosa gli si sta spiegando, non possono accedere a questa tecnologia; la tematica ambientale è così trasversale perché coinvolge molte questioni e a Cuba, grazie alla grande rivoluzione dell’istruzione, avvenuta fin dai primi anni della Rivoluzione e parallelamente all’impulso che Fidel ha dato personalmente alla scienza, perché dobbiamo dire che la scienza è opera della Rivoluzione, e opera di un pensiero strategico di Fidel dello sviluppo della Rivoluzione. Ricordiamo che nel 1960 Fidel disse che il nostro paese doveva diventare un paese di uomini di scienza, di pensatori, e questo nel contesto di confronto duro con i nordamericani, con 600.000 analfabeti e quasi altrettanti semi-analfabeti, con un’economia totalmente dipendente dalla monocoltura e dagli americani. È stato fondamentale avere allora questa visione di come diversificare la nostra economia, come fare ad assimilare le nuove tecnologie per permettere i cambiamenti che avrebbero trasformato l’economia e il paese e per la salute. A Cuba erano rimasti soltanto tremila medici, molto fedeli alla Rivoluzione e oggi abbiamo quasi 40.000 addetti alla sanità in tutto il mondo; questo non si può organizzare in pochi giorni, ci sono elementi strategici che dipendono molto da paese a paese, si deve essere capaci di organizzare questa strategia. In questo senso penso che Cuba abbia molto da dimostrare e quindi è di questo che stiamo parlando, libri, articoli che facciano arrivare l’informazione. L’interessante di questo libro è che non si tratta di una raccolta strettamente scientifica, cioè si basa su conoscenze scientifiche ma al contempo porta un messaggio che può essere compreso da chiunque lo legga, fondamenta scientifiche ma scritto con l’intenzione di spiegare in modo comprensibile. Quindi siamo molto contenti anche se a volte non abbiamo il tempo di fermarci a scrivere perché la dinamica a Cuba è molto forte con tutte le responsabilità, il lavoro politico e culturale ecc. e a volte manca il tempo per scrivere, ma credo si debba fare uno sforzo perché questo aspetto della Rivoluzione deve essere trasmesso e conosciuto nel mondo.

Mi sembra che in questo libro si evidenzi un aspetto fondamentale della posizione di Cuba e cioè che la crisi alimentare, la crisi energetica e la crisi ambientale sono aspetti diversi della crisi generale del modello di produzione capitalista che crea fame, crea disuguaglianze; è questo ciò che è stato evidenziato dal vertice alternativo a quello di giugno della FAO tenutosi all’Università e diretto dal Prof. Vasapollo che ha sottolineato che c’è bisogno di riforme strutturali; mi sembra che questo evidenzi la crisi complessiva del modo di produzione del capitale; come diceva il comandante Fidel, è una questione centrale per l’umanità e mi sembra che il libro sottolinei come questi tre aspetti della crisi sono la stessa cosa e a Cuba questo approccio è chiaro. È per questo che dicevo che stiamo analizzando una serie di problemi che non nascono ora, ma si stanno formando a causa di determinati sistemi di produzione e di consumo. Tutto questo è stato denunciato a Rio con assoluta chiarezza. Non si possono avere tre auto, non si può avere tutta una serie di cose superficiali nella vita, quando ci sono bambini che muoiono di fame, è un’incredibile mancanza di sensibilità umana. Si deve quindi chiedere ai capitalisti che trasformino questo modo di pensare e deve farlo un movimento di lotta e intellettuale a livello mondiale; si devono aggiungere sempre nuove voci che denuncino questi problemi, si tratta di problemi strutturali. Il libro ci evidenzia in maniera chiara che si deve cambiare questo tipo di vita, questa base di produzione, questo consumismo, perché il pianeta ha risorse che sono in via di esaurimento e c’è già chi parla dell’oro azzurro, l’acqua, della possibilità di guerre per l’acqua, il problema della contaminazione, dell’esaurimento delle risorse legate alla pesca. Ci sono prove scientifiche molto serie e allora credo che, indipendentemente dalla posizione di determinati governi, e soprattutto quella dei paesi industrializzati, si devono sommare gli sforzi dei paesi sottosviluppati per chiedere lo stesso dignitoso tenore di vita dei paesi industrializzati, perché tutti abbiamo lo stesso diritto alla vita.

Presidentessa dell’Agenzia dell’Ambiente di Cuba