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TRASFORMAZIONI SOCIALI E DIRITTI

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L’accesso al sistemadei beni comuni ossia la possibilità di conquistare quote di salario indiretto

ANTONIO MUSELLA

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La questione rifiuti in Campania è un importante tema che investe la lotta politica compreso il versante sindacale. In tutta la Regione si sono sviluppate lotte, mobilitazioni popolari ed interessanti esperienze di autorganizzazione. Dentro questo crogiuolo sociale la Confederazione Unitaria di Base sta svolgendo un’utile funzione di sostegno alle varie vertenze e di raccordo politico/organizzativo tra gli obiettivi delle comunità popolari, dei lavoratori del settore e del complesso delle dinamiche del conflitto. Accanto alle quotidiane mobilitazioni territoriali la nostra organizzazione sindacale ha promosso una importante iniziativa di lotta anche a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente, a cui hanno aderito e partecipato la Rete Campana Salute ed Ambiente, i Centri Sociali, lavoratori dei Consorzi di Bacino e precari del Progetto I.SO.LA. Inoltre in occasione della giornata di lotta regionale dello scorso 18 gennaio, la CUB assieme alle altre organizzazioni del Sindacalismo di Base, ha proclamato - sfidando e subendo gli strali autoritari ed antidemocratici della Commissione di Garanzia - uno Sciopero Generale a sostegno delle popolazioni in lotta contro il Piano Rifiuti varato dal super/prefetto Gianni De Gennaro. Come in altre occasioni, in questa vicenda, si è consolidato il rapporto politico di collaborazione con gli attivisti del Laboratorio Occupato Insurgencia che da tempo partecipano alle iniziative dell’RdB/CUB. A questo proposito pubblichiamo un contributo alla discussione in corso scritto da Antonio Musella rendendoci disponibili, a partire dai prossimi numeri della rivista, ad ospitare altri interventi singoli o collettivi. La redazione di PROTEO

I primi giorni del 2008 ci hanno consegnato un ondata di rabbia e di determinazione a Napoli contro il Piano Rifiuti varato dal Commissariato Straordinario, e contro le scelte scellerate di parte delle istituzioni nazionali e locali di continuare nella logica delle discariche e degli inceneritori. A Napoli è in atto un insubordinazione sociale che non ha precedenti nella storia recente della città, localizzata nel quartiere di Pianura contro la riapertura della discarica in contrada Pisani. La discarica di Pianura ha una storia lunga, già utilizzata per oltre 25 anni come sversatoio di tutta la città, dove sono finiti rifiuti di ogni tipo avvelenando le case che sorgevano fin dentro la conca dei Pisani dove oggi si registrano un aumento di leucemia, tumori, neoplasia che colpiscono come una mannaia di morte la popolazione dei Pisani. Le lotte in difesa della salute e dell’ambiente in Campania, negli ultimi anni hanno attraversato tanti luoghi raccogliendo la rabbia e la mobilitazione delle comunità in lotta: Giugliano, Terzigno, Serre, Pignataro Maggiore, Carabottoli, Ariano Irpino, ed ovviamente Acerra dove nell’agosto del 2004 si è registrata fino ad ora la mobilitazione più forte e determinata in Campania, con un intero paese di oltre 30 mila abitanti che si sono scontrate per ore con polizia e carabinieri contro l’apertura del cantiere dell’inceneritore. Dopo le mobilitazioni, le cariche e gli scontri di Giugliano tra Novembre e Dicembre scorso le lotte sono arrivate all’interno della città di Napoli a Pianura. Ciò che abbiamo davanti è ancora qualcosadai contorni indefiniti e difficili da leggere attraverso quelle categorie che utilizziamo con consuetudine per dare una lettura politica dei fenomeni sociali. Oltre ai blocchi, più di uno, intorno alla discarica di Pianura che vedono la partecipazione popolare, di famiglie, bambini, donne e uomini in lotta per un futuro diverso da quello che è il loro presente fatto di morte con patologie legate allo sversamento dei rifiuti, c’è una dimensione nuova, ciò che accade di notte a Pianura. Blocchi ovunque, barricate in fiamme, assalti ai commissariati di polizia, alle sedi dei partiti di destra e sinistra, sassaiole continue contro polizia e carabinieri, blocco totale delle vie d’accesso al quartiere di Pianura. Fiamme, soprattutto fiamme. Questi elementi definiscono l’insubordinazione sociale di Pianura, oltre che mitopoieticamente anche concretamente, il fenomeno più simile all’esplosione delle banlieue parigine a cui assistiamo in Europa. Giovani, giovanissimi, si organizzano tutte le notti contro la polizia ed i carabinieri che assediano da giorni il quartiere di Pianura all’altezza del sito di contrada Pisani, una resistenza che è difficile da leggere attraverso la comparazione con scenari biopolitici a cui siamo abituati nel nostro paese. Da tempo ci siamo interrogati e abbiamo interrogato i percorsi di movimento che mettono in rete le lotte per la difesa della salute e dell’ambiente in Campania sulla necessità di declinare le lotte per la difesa dei beni comuni all’interno delle metropoli come necessario scatto in avanti sul fronte del conflitto, per portare nel cuore dei meccanismi di esercizio del comando e del dominio la lotta contro questo modello di sviluppo. Ebbene i fatti hanno superato l’espressione delle intenzioni collettive con la decisione scellerata di riaprire la discarica di Pianura. La declinazione di queste lotte nella metropoli si è tradotta immediatamente nella definizione precisa della controparte, che in questa martoriata Regione sono le istituzioni a tutti i livelli: Comune, Provincia, Regione, Commissariato Straordinario, governo centrale, e tutta la schiera dei partiti. Oggi a Napoli si vive un momento alto di delegittimazione del potere istituzionale grazie ai fallimenti di centro destra e centro sinistra che hanno distrutto questa terra, e grazie al lavoro certosino e caparbio di chi in questi anni ha continuato ad organizzare il conflitto sociale a Napoli ed in Campania. Ma ciò che stiamo vivendo a Pianura non può essere letto con le categorie né dei movimenti antisistemici classici né con quello che è il bagaglio di insegnamento che abbiamo ricevuto in questi anni dalle lotte per la difesa dei beni comuni. È qualcosa di più complesso, che da un lato esprime una ribellione sociale verso le forme sostanziali di esercizio del potere e della forza che sono Polizia e Carabinieri, e dall’altro una nebulosa che evoca l’insurrezione sociale ma che difetta senza dubbio di tattica e strategia politica mentre esprime il massimo della conflittualità metropolitana. Il pestaggio di giornalisti e cameraman e spesso la sostanziale incomunicabilità tra questo spaccato di metropoli ed il resto della protesta che maggiormente somiglia agli esempi di lotta in difesa dei beni comuni sul territorio di Pianura, sono senza dubbio dei limiti cronici della rabbia sociale espressa. Appare evidente che il lessico spesso triste, ed i codici di linguaggio vetero e inappropriati di alcuni, rendono la nebulosa dell’insubordinazione dei ragazzi e ragazze di Pianura impermeabili al confronto politico con le esperienze di autorganizzazione. Noi riteniamo di essere quelli che hanno provato in questi anni a sperimentare nuovi codici di linguaggio che facevano parte del nostro essere moltitudine, a partire dalla nostra composizione e dal nostro attraversamento dei luoghi di aggregazione sociale altri che la metropoli produce. Questo elemento ci porta oggi a provare a rompere la gabbia di criminalizzazione che accompagna le lotte di Pianura, le barricate, gli scontri con le forze dell’ordine. La nostra città è anche questo. Capace di esprimere la peggior classe politica istituzionale ed allo stesso tempo produrre un meccanismo di difesa del territorio determinato e straordinariamente incisivo. Non abbiamo certezze nell’attraversamento di questo fenomeno sociale da banlieue italiana, non sappiamo dare oggi dei giudizi di merito o di demerito. Comprendiamo la necessità di una strategia politica complessiva rispetto alle lotte in difesa della salute e dell’ambiente, e ci adoperiamo in questo senso, attraverso gli strumenti costruiti in questi anni come la Rete Campana Salute e Ambiente, che ha avuto il merito di essere l’unico punto di riferimento politico che ha messo in discussione l’intero piano rifiuti, ha costruito la connessione delle lotte di tutta la Campania rompendo la dimensione nimby delle lotte campane, l’unico strumento costruito dai movimenti che a partire dal protagonismo dei comitati è riuscito a costruire un alternativa concreta al fallimento della politica ufficiale. D’altro canto il nostro essere moltitudine, il rifiuto di qualsiasi logica di avanguardia politica nelle lotte popolari, il rigetto per una dimensione sociale e politica che vede le strutture di movimento assurgere a direzione politica delle ribellioni sociali soffocando il protagonismo della moltitudine ed il legame biopolitico con il territorio, ci porta anche ad attraversare quella insubordinazione sociale mossa spesso semplicemente dall’odio verso la polizia volto brutale e feroce del comando imperiale. È questa la dimensione che ci pare di comprendere che porta il livello dello scontro tra potere e moltitudine ad un livello diverso evocando scenari ancora da costruire nel nostro paese. Ed è evidente che chi controlla l’ordine pubblico abbia ben compreso la portata di ciò che sta accadendo. Lo dimostra lo schieramento impressionante di polizia e carabinieri a Pianura, con mezzi blindati e cariche indiscriminate. Tutto ciò è possibile senza dubbio grazie alla dimensione sociale della nostra città e dal portato fenomenologico che essa esprime. Napoli endemicamente produce conflitto, in un esplosione di ribellione che quando non trova l’anestetico sociale della camorra e delle clientele politiche riesce ad esprimersi nella sua complessità e nella sua determinazione. Da queste lotte che c’hanno insegnato tanto, abbiamo di certo compreso la necessità di rimettere mano allo strumento della Rete Campana Salute e Ambiente attraverso un meccanismo di ulteriore radicamento territoriale a partire dalla città di Napoli. In diversi quartieri della città sono nati i comitati in difesa della salute e dell’ambiente, strumenti di costruzione di forme di autogoverno, a partire dalla strategia della raccolta differenziata dal basso ed autorganizzata. La crisi rifiuti si è inserita come la lama di un coltello della crisi della rappresentanza in Campania e nel resto del paese, mandando in cancrena la ferita. Per questo la risposta al malgoverno che per 14 anni ha tenuto in scacco la città e l’ha messa in ginocchio, dal centro destra al centro sinistra, è senza dubbio quella dello sviluppo e dell’articolazione di forme di partecipazione politica dal basso che si concretizzano in forme di autorganizzazione sociale. Davanti al crollo della politica istituzionale bisogna rispondere con la costruzione di una soggettività politica, sotto la forma della rete, che sia capace di rappresentare l’alternativa alla miseria del quadro politico istituzionale. Tutto questo ci aiuta a definire meglio la cosiddetta rappresentazione della moltitudine, concetto che rimane sul piano dell’astrazione ideologica e politicista se non si prova concretamente a mettere mano alla sua declinazione, anche sperimentale, sui territori.

Laboratorio Occupato Insurgencia, Napoli