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Gramsci e la rivoluzione necessaria

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Editori Riuniti ha pubblicato (in occasione del 70° anniversario della morte di Antonio Gramsci) un volume di Raul Mordenti, intitolato "Gramsci e la rivoluzione necessaria". Si tratta di un libro importante, su cui converrà tornare approfonditamente, perché mette al centro della ricerca la scandalosa tesi (posta, provocatoriamente, ad esordio del libro) "Gramsci era comunista". In altre parole, scopo del volume è una polemica diretta (sempre sostenuta da una lettura ravvicinata e "filologica" dei testi gramsciani) contro le letture opportunistiche che vorrebbero fare di Gramsci, di volta in volta, un socialdemocratico, un liberale, un trotzkista, un europeista, etc.; naturalmente queste letture non si risparmiano la tipica pratica revisonista del lancio di fango sulla storia del movimento operaio e dei comunisti. La ricerca di Mordenti si muove dall’analisi del concetto di rivoluzione in Gramsci (che si riflette direttamente anche sulla "forma" dei Quaderni, cioè sulla loro scrittura), rivendica poi una fortissima continuità fra il Gramsci "ordinovista", quello dirigente del PCdI e dell’Internazionale e quello del carcere e infine, su queste basi, affronta i "pronipotini di padre Bresciani", cioè le letture cialtronesche di Gramsci di cui sopra (letture che, per ironia della ragione, vedono per protagonisti i massimi dirigenti dell’Istituto che porta il nome di Gramsci, a cominciare dai diessini Vacca e Pons). Un capitolo è inoltre dedicato alla straordinaria "fortuna" attuale di Gramsci nel mondo, a cominciare (non a caso) dai paesi dell’America Latina oggi impegnati in processi rivoluzionari. Nel momento in cui Gramsci è minacciato di essere collocato nel "pantheon" veltroniano del Partito Democratico a fianco di Tony Blair, Linus, John Kennedy, Tex Willer, madre Teresa di Calcutta e Bettino Craxi, il libro di cui parliamo (e torneremo a parlare) appare davvero necessario.