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Caratterizzazione della politica di promozione delle esportazioni
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Caratterizzazione della politica di promozione delle esportazioni

Ileana Díaz Fernández- Ariadna Lluch Padilla

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1. Situazione delle esportazioni

Alla fine degli anni ‘50, Cuba si caratterizzava per una grande dipendenza dal mercato degli Stati Uniti, verso il quale si dirigeva il 71% delle esportazioni, delle quali un 84% era rappresentato da zucchero ed un 6% da tabacco, essendo essenzialmente monoproduttrice e monoesportatrice; un’altra fonte importante di entrate era il turismo, con una partecipazione del 23% che convertiva il paese nel maggiore recettore di turisti dell’area, provenienti principalmente dagli Stati Uniti. Il livello di industrializzazione era basso, e a L’Avana si concentrava il 75% dell’industria non zuccheriera. Dopo il trionfo della Rivoluzione, si stabilirono relazioni coi paesi socialisti dell’Europa, coi quali si realizzava dall’80 all’85% dello scambio commerciale totale1 (le esportazioni erano: zucchero 63%, nichel 73%, agrumi 95% e 100% dei componenti elettronici; era l’origine del 63% delle importazioni di alimenti, 98% di combustibili e lubrificanti e l’80% di macchinari). Con la disintegrazione del blocco socialista, l’economia cubana non solo perse i principali mercati per l’acquisto-vendita di beni e servizi, ma anche le condizioni favorevoli in termini di prezzi, l’unica fonte esterna di finanziamento e crediti, e le relazioni e nessi stabiliti con questi paesi, entrando così in una tappa di crisi economica segnata da un’acuta contrazione del finanziamento esterno, dalla riduzione della spesa interna e da uno scenario commerciale avverso. Nel seguente grafico possiamo osservare il comportamento delle esportazioni negli anni anteriori e posteriori alla crisi. Si può apprezzare perfettamente il ritmo delle esportazioni nel quinquennio 1985-90, nel quale il commercio esterno rappresentava approssimativamente il 33% del PIL2, e la drastica caduta delle stesse, dovuta alla perdita del nostro principale mercato recettore e ad altri fattori come l’instabilità dei prezzi esterni dei principali titoli esportabili e la delicata situazione internazionale. Si apprezza la brusca discesa delle esportazioni nell’anno 1992, poiché fu a partire da allora che perdemmo il trattamento differenziato in prezzi che avevamo con gli ex paesi socialisti. Questa tendenza al ribasso delle esportazioni è continuata, mantenendo il saldo negativo della bilancia commerciale di Cuba (vedere figura 1), invertendo leggermente questa tendenza a partire dall’anno 1996, quando sono state inserite nel conteggio le esportazioni di servizi. A partire dal 2002 si è osservato un certo recupero, poiché si è lavorato all’ampliamento dell’offerta esportabile, si è dato maggiore protagonismo ai servizi, specialmente al turismo, e si sono priorizzati altri settori. Ad esempio si deve osservare che l’industria zuccheriera ha perso il protagonismo e le maggiori entrate derivanti da esportazioni corrispondono a prodotti non tradizionali.

2. Incidenza del blocco economico nelle esportazioni

Il blocco economico imposta a Cuba, dagli anni sessanta del secolo scorso, da parte degli Stati Uniti, è fondamentalmente il principale ostacolo che il paese deve affrontare a livello internazionale, e le esportazioni soffrono le conseguenze di questa politica, poiché la stessa ha tra le sue conseguenze la proibizione di esportare prodotti nordamericani nell’isola, così come l’importazione di prodotti cubani in territorio nordamericano. Queste restrizioni non solo coinvolgono le imprese nordamericane, ma ostacolano anche l’ingresso nel territorio degli Stati Uniti di qualunque prodotto che contenga materia prima di origine cubana. Come è noto, ciò impedisce che produttori di differenti parti del mondo possano acquisire materie prime cubane per elaborare i loro prodotti, poiché perderebbero, in caso contrario, il mercato degli Stati Uniti, il che sarebbe molto negativo per l’economia di questi paesi, specialmente per quelli dell’America Latina o dell’Africani. In questo modo, a causa di questa restrizione, non solo Cuba non può dirigere le proprie esportazioni all’economia più potente del mondo, ma anche a quelle di moltissimi altri paesi. Un altro aspetto importante del blocco è l’impossibilità per Cuba di accedere alla valuta degli Stati Uniti, il fatto di non poter avere conti in dollari nelle banche nordamericane né in paesi terzi. È per questo che, per realizzare transazioni sul mercato internazionale, deve ricorrere all’utilizzo di altre monete, affrontando costantemente i rischi derivanti dal tasso di cambio. L’obiettivo è privare Cuba del credito internazionale, pressare i governi e le istituzioni finanziarie di altri paesi affinché non offrano crediti a Cuba. A partire dal 1964, è rimasta interdetta per il commercio cubano la zona geografica più vicina, potendosi indirizzare così il nostro commercio solo verso Europa ed Asia, il che implica maggiori costi di trasporto e, pertanto, la necessità di immagazzinare quantità maggiori di prodotti da esportare, il che a sua volta implica un incremento del costo dell’operazione. Dalla promulgazione delle legislazioni Helms-Burton e Torricelli (1992), è estato proibito alle imprese sussidiarie di consorzi statunitensi radicate in altri paesi di negoziare con Cuba, proibizione poi estesa anche alle imprese presenti negli Stati Uniti, il che provocò un effetto moltiplicatore perché, a partire dagli anni ‘90, molte imprese che commercializzavano con Cuba si unirono ad imprese statunitensi ed adottarono la stessa politica. Per incentivare le esportazioni, molte volte dobbiamo vendere i prodotti con forti sconti per il rischio che significa per altri paesi commerciare con Cuba. Ciò contribuisce a rendere difficile per il nostro paese la collocazione delle sue esportazioni sul mercato internazionale; inoltre è ugualmente difficoltoso trovare un mercato stabile, perché le porte si chiudono quando aumentano le pressioni, i ricatti e le minacce di sanzioni commerciali che gli Stati Uniti esercitano sui paesi che mantengono aperto il commercio con Cuba. Tutte questi restrizioni portano con sé la perdita di clienti, di mercati, e quando questo succede dobbiamo cominciare la ricerca di nuove destinazioni, e ciò incrementa i costi di promozione.

3. Trasformazioni e ridistribuzione del commercio estero A causa dei cambiamenti occorsi nel contesto internazionale con la scomparsa del campo socialista, il nostro paese perse il suo principale mercato e si vide obbligato a realizzare una serie di trasformazioni per adattare la nostra economia al contesto internazionale (vedere annesso 3). Cominciò così un processo d’apertura commerciale di carattere ininterrotto, poiché le misure adottate erano orientate principalmente a ottenere un incremento delle esportazioni e ad elevare la partecipazione dell’economia cubana negli altri mercati. Gli aspetti più importanti di queste misure furono:

• Decentralizzazione del commercio estero; l’applicazione di questa misura permise alle imprese statali, ad entità private, alle imprese miste ed altre con capacità legale di realizzare operazioni di importazione ed esportazione, di esercitare operazioni di commercio estero. • Perfezionamento ed aggiornamento dell’infrastruttura giuridica commerciale esterna (vedere annesso 4). • Riorientamento geografico e mercantile del commercio in funzione delle potenzialità e dei costi, oltre alla creazione di condizioni per variare il profilo esportatore mediante lo sviluppo del turismo e la produzione di prodotti chimico-farmaceutici. • Creazione di condizioni organizzative per ottenere una messa a fuoco integrale nella promozione delle esportazioni. • Elaborazione di un corpo legale per il trattamento degli investimenti stranieri. • Valutazione della possibilità di sviluppo, in determinate zone del paese, di zone franche dirette all’esportazione. • Introduzione di aggiustamenti nell’attività delle istituzioni statali che intervengono nelle operazioni di esportazione ed importazione. • Perfezionamento della legislazione doganale e doganiera.

Tale trasformazione del commercio estero di Cuba ha prodotto come conseguenza l’internazionalizzazione delle imprese cubane, l’incremento e la diversificazione delle imprese che realizzano operazioni di commercio estero, che alla fine del 2001 ammontavano a 451, mentre nel 1989 erano solo 50.

4. Investimenti stranieri

Gli investimenti stranieri vennero concepiti come un fattore che doveva contribuire al nuovo processo di reinserimento internazionale dell’economia cubana mediante la diversificazione delle esportazioni, la penetrazione di prodotti cubani in nuovi mercati, l’acquisizione di tecnologie avanzate, la introduzione di pratiche innovative di gestione economica. Ciò facilitò l’accesso a nuovi mercati e l’incorporazione di titoli di maggiore valore aggregato. La linea delle esportazioni è di vitale importanza nelle associazioni con capitale estero, tuttavia attualmente molte imprese con capitale straniero non si dedicano a promuovere l’offerta esportabile cubana. Vi incidono fattori quali: l’esistenza di un importante potenziale di domanda insoddisfatto a livello locale, i bassi livelli di competenza esistenti, i margini relativamente alti di utile ottenuti sul mercato nazionale, i benefici fiscali che si applicano per esportare non costituiscono un incentivo efficace all’esportazione, non si è mantenuto una politica rigorosa di controllo degli obiettivi di esportazione delle imprese miste. Nel seguente grafico si apprezza l’evoluzione delle esportazioni realizzate da imprese con capitale straniero.

Come può si può vedere nel grafico, le esportazioni realizzate da imprese miste hanno continuato a decrescere anche dopo il 1995, il che ha portato gli organismi dello Stato ad esigere il compimento dei livelli di esportazione decisi all’atto della creazione dell’impresa mista. Non dobbiamo dimenticare che l’investimento straniero ha elevato i risultati produttivi e la competitività in vari rami dell’industria e dei servizi, e ha introdotto trasformazioni tecnologiche importanti, quindi bisogna riuscire ad incentivare le imprese miste ad esportare.

5. Strategia esportatrice di Cuba

Cambiando il mercato col quale Cuba soleva realizzare le sue operazioni commerciali si cominciò a lavorare alla variazione della strategia esportatrice indirizzata verso l’aumento e la diversificazione dell’offerta esportabile di beni e servizi in funzione della domanda mondiale. A Cuba si produce per il mercato interno e non per l’esportazione, quindi i prodotti che si elaborano non rispondono alle esigenze del mercato estero. È una priorità far sì che l’offerta esportabile di beni e servizi corrisponda con la richiesta del mercato internazionale. Per questo bisogna aggiornarsi in base alle evoluzioni della domanda mondiale:

• Sviluppare una vera cultura esportatrice Gli imprenditori cubani non hanno coscienza dell’importanza delle esportazioni, a volte i produttori non sanno bene verso che mercato stanno esportando perché l’esportatore non ha buona comunicazione con il produttore. Per le ragioni prima citate si decise di sviluppare questa coscienza esportatrice tra i produttori, nella stampa, nei centri di ricerca affinché tutti riconoscano l’importanza dell’esportazione per Cuba e si lavori con qualità, rispettando i parametri e le norme ISO

• Sviluppare alleanze strategiche esterne ed interne Promuovere la sinergia tra le imprese esportatrici e le unioni sindacali, rendere consapevoli i lavoratori di queste imprese che devono unirsi internamente per offrire prodotti con maggiore valore aggregato; a livello esterno, sviluppare alleanze con soci stranieri che apportino tecnologia, capitale, canali di distribuzione ed altro.

• Rendere competitiva l’attività esportatrice Se si esporta un determinato prodotto, questo deve rispettare certe normative di qualità, fitosanitarie, deve essere un articolo richiesto sul mercato estero, e ciò si ottiene mediante la realizzazione di studi di mercato per sapere con esattezza se i nostri prodotti saranno accettati o no in un determinato mercato, o se bisogna realizzare alcune modifiche. Bisogna anche lavorare con le imprese per ottenere la riduzione dei costi di esportazione, rivedendo le schede di costo. Ottenere che le imprese esportatrici utilizzino gli incentivi alle esportazioni che applica il paese, il che fa anche diminuire i costi delle esportazioni.

• Incentivare gli investimenti stranieri È obiettivo del paese e del Ministero del Commercio Estero che si promuova l’investimento straniero in quei settori i cui prodotti hanno possibilità di essere esportati.

Ogni volta che si realizza una proposta di investimento straniero in qualche industria o impresa di beni o servizi, si analizza la parte che corrisponde a quella impresa nelle esportazioni; cioè, la possibilità di esportare perché il prodotto lo merita o se è un prodotto che viene consumato solo sul mercato interno, dando priorità alle produzioni esportabili.

• Promozione dei servizi professionali cubani La struttura delle esportazioni è variata negli ultimi anni. Come possiamo apprezzare nel grafico seguente, alla fine degli anni ’80 le esportazioni cubane erano composte per il 90% da beni, e solamente il 10% corrispondeva ai servizi; a partire dagli anni novanta, il turismo ha riscosso molto successo nell’economia a tal punto che oggi è la principale fonte di ottenimento di valuta del paese, facendo variare lo schema di composizione delle esportazioni.

Attualmente, sommati al turismo si trovano tutti gli altri servizi professionali che il paese esporta e che si possono potenziare, poiché il loro sviluppo è ancora incipiente, ma questo non limita l’impulso che hanno avuto a causa di tutti gli accordi firmati con il Venezuela ed altri paesi dell’America latina e dell’Africa, tutto ciò espresso graficamente in un incremento delle esportazioni di servizi di un 70% contro un 30% di esportazioni di beni.

Oltre a questo si lavora allo sviluppo di prodotti di qualità, frutta e vegetali freschi, conserve e succhi di frutta e vegetali, gamberi di allevamento, miele di api biologico, emoderivati, per la loro collocazione nei mercati ritenuti prioritari. 6. Politica di promozione delle esportazioni a Cuba: problemi e difficoltà

Nel 1995 si creò il Centro per la Promozione delle Esportazioni di Cuba (CEPEC), all’interno del Ministero del Commercio Estero, come parte del processo di ristrutturazione del commercio estero cubano. Gli obiettivi di questo centro sono lo stimolo, la promozione, la diversificazione e lo sviluppo delle esportazioni mediante un programma di lavoro mirante ad offrire informazione commerciale agli esportatori, aiutarli a conformare la loro strategia di esportazione, fornendo loro servizi di consulenza e l’opportunità di partecipare a fiere internazionali, missioni ed eventi che promuovano le esportazioni in senso generale.

Questo centro lavora con organismi come: • la Camera di Commercio, addetta ad organizzare all’estero tutti gli eventi di promozione, le fiere, le missioni imprenditoriali per promuovere le esportazioni;

• il Sistema Imprenditoriale della Corporazione Panamericana, casa madre con una serie di uffici all’estero che lavorano con capitale cubano, per esempio l’impresa canadese con capitale cubano Star, la quale svolge la funzione di facilitazione, cercando fornitori di prodotti che le imprese cubane vogliano acquisire e li appoggiano in tutto il processo di importazione, riscuotendo una piccola commissione. In questo modo promuovono e facilitano le esportazioni.

Esistono uffici cubani all’estero che si mettono a disposizione delle ambasciate cubane nei paesi in cui operano anche per ricercare opportunità commerciali, sono attente all’intelligenza imprenditoriale, indagando sull’informazione commerciale, sui mercati potenziali e promuovono prodotti in questi mercati. A Cuba non si cura la promozione delle esportazioni come in America Latina i cui paesi hanno organizzazioni di promozione commerciale con grandi risorse finanziarie, grandi strutture, uffici all’estero e possono fare tutta una campagna di promozione per un prodotto, offrire maggiore appoggio finanziario ad una determinata campagna di promozione o ai produttori ed associazioni di esportatori di prodotti. Nel nostro caso il CEPEC ha risorse inferiori e si appoggia molto sulle strutture create negli ultimi anni citati anteriormente. Cuba non ha una politica di promozione delle esportazioni come tali, ma promuove le stesse appoggiandosi sugli organismi stabiliti e lavorando con gli incentivi alle esportazioni. Secondo la direttrice del marketing del CEPEC, molti imprenditori non utilizzano i servizi di promozione dell’offerta esportabile che il CEPEC offre in forma gratuita (tra le imprese visitate solamente Rio Zaza utilizzava regolarmente questi servizi) e preferiscono continuare a lavorare in maniera tradizionale, incorrendo in errori quali:

• la non realizzazione di ricerca di mercato; • la non elaborazione di una strategia di commercializzazione prima di iniziare l’attività di esportazione, mancanza di assistenza; • non fornire la dovuta attenzione alle necessità e richieste dei clienti all’estero; • trascurare le esportazioni quando il mercato nazionale aumenta la sua domanda, supporre che un prodotto specifico avrà lo stesso successo in tutti i mercati; • mancanza di disposizione per modificare i prodotti al fine di compiere i requisiti e preferenze dei clienti; • non contare su materiale promozionale nelle lingue richieste per i mercati di esportazione; • non realizzare correttamente la marcatura degli imballaggi.

Tutto questo ha una influenza negativa sull’accettazione dei nostri prodotti di esportazione nei differenti mercati. Bisogna ricordare che quando si esporta si compete con prodotti simili o uguali di paesi differenti, oltre agli articoli propri del mercato di destinazione, perciò non si deve incorrere in questi errori poiché una volta che si perde il mercato conquistato è molto difficile recuperarlo. In studi realizzati per il CEPEC e l’Istituto Nazionale di Ricerche Economiche (INIE), si sono riscontrati problemi durante tutto il processo di esportazione quali:

• bassa qualità delle materie prime nazionali; • alti costi di produzione, a causa delle metodologie applicate per la formazione di prezzi o per il cattivo controllo interno; • deficienze nelle relazioni produttore - commercializzatore che si manifestano nella scarsa conoscenza della domanda esterna da parte dei produttori, • ritardi da parte delle imprese esportatrici ed inadempienze dei termini di consegna da parte di quelle produttrici; • necessità di formazione degli specialisti in temi come la competitività, • iter doganale, • dazi, • agevolazioni bancarie, incentivi; • servizi bancari lenti • difficoltà nel trovare finanziamenti a lungo termine e per grandi volumi di produzione • non conoscenza dei servizi offerti dalle banche.

In opinioni raccolte in quello studio3 si manifesta il carattere contrario alle esportazioni delle politiche di regolazione cubane che frenano le possibilità di promuovere un prodotto competitivo. Molti imprenditori affermano che queste politiche “sono progettate per non esportare.” Occorre dire che esistono ostacoli a livello macroeconomico che danno adito ad opinioni di questo tipo, ci sono regolamenti di tipo monetario e fiscale che sono stati varati con l’obiettivo di controllare e regolare ma che non beneficiano le operazioni di commercio estero. Il tipo di cambio ufficiale attuale, per esempio, sopravvaluta la moneta nazionale e ribassa artificialmente il prezzo in moneta nazionale dei prodotti importati, sottovalutando le entrate in moneta straniera. Per ottenere maggiore disciplina fiscale è stata aumentata l’esigenza per il conferimento di sussidi in moneta nazionale, e gli imprenditori pensano che le trafile siano noiose e in ritardo. Il sollecito viene presentato alla direzione provinciale di finanze che interpella l’impresa e dopo lo dirige al Ministero delle Finanze e dei Prezzi. Si lamenta il fatto che la risposta finale può ritardare anche molto tempo. Gli apporti al bilancio si fanno in funzione delle entrate totali in valuta senza differenziare le fonti - esportazioni o vendite nel mercato interno -, l’imprenditore pertanto non vede rispecchiati i risultati dell’esportazione nel bilancio economico del suo ente e solo la percepisce come un obbligo. Anche l’esigenza fiscale si fa sentire nell’accesso ai regimi doganali speciali. Le trafile sono lunghe e quando si esportano quantità molto piccole le ispezioni doganali richiedono che i componenti usati nella produzione del bene esportabile siano ben delimitati fisicamente. Inoltre, la reintegrazione è molto ritardata ed arriva quando quasi ci si è dimenticati della vendita ed il produttore non sente lo stimolo. Tutto questo fa sì che alle imprese risulti più redditizio vendere sul mercato interno piuttosto che contribuire a far entrare valuta fresca nel paese, per questo il mercato nazionale in valuta fa concorrenza alle esportazioni. Tra i problemi che affrontano gli imprenditori ci sono quelli finanziari. Essi pensano che le banche devono rischiare di più; che le esigenze per la concessione dei crediti sono troppo elevate e le trafile fastidiose; i tassi di interesse bancari sono molto alti; utilizzano ancora un’imposta sulle entrate esterne del 3% che agisce come freno alle esportazioni; i crediti offerti sono di breve termine con periodi di ammortamento uniformi per tutti i prodotti: 90 giorni, che sia miele o una macchina per lavorare la canna da zucchero, il che limita le possibilità di competere con altri somministratori, non permette l’acquisto della materia prima nei termini stabiliti né offre agevolazioni al compratore. Si osservano anche difficoltà finanziarie presenti sia al momento di acquisire le materie prime sia al momento di promuovere agevolazioni di pagamento al cliente a causa della scarsa capacità di finanziamento. La scarsità di programmi integrali di finanziamento può portare come conseguenza un rincaro del prodotto, problemi alla qualità, alla somministrazione dei componenti che rendono lento il processo di produzione: Confitel, impresa di commercializzazione del MINAL, esporta caramelle in Germania, frequentemente i produttori presentano problemi nella produzione mancando il sapore alla menta, altamente richiesto nel mercato tedesco, a causa di difficoltà nel finanziamento che garantiscano l’acquisto di questo componente. D’altra parte, alcuni imprenditori hanno segnalato la non esistenza di copertura contro il rischio cambiario, e hanno riconosciuto la loro scarsa conoscenza sulle possibilità che offre la banca cubana, così come le difficoltà delle riscossioni delle lettere di credito a causa del fatto che si ignorano le caratteristiche degli strumenti bancari, il che provoca una gran esposizione al rischio da parte degli esportatori e la scarsa utilizzazione di alcuni possibilità di finanziamento. Si pongono anche problemi produttivi quando si promuove un prodotto competitivo in qualità e prezzo, perché i costi di produzione sono molto elevati poiché non si può contare su tecnologia moderna (ad esempio, nelle fabbriche de la Union Làctea, i macchinari che tagliano le strisce di polipropilene per imbottigliare i prodotti sono vecchi e non hanno le misure delle strisce di materiale che si commercializza attualmente, perciò si spreca molto materiale il che incrementa il costo); i componenti che si ottengono dell’industria nazionale presentano problemi di qualità ed alti prezzi, questione che colpisce principalmente le produzioni piccole, perché il prezzo unitario aumenta man mano che diminuiscono le quantità da comprare. Le schede dei costi, in molti casi, sono antiquate e sopravvalutate, il che incide su tutta la catena produttiva quando si tratta di materie prime o beni intermedi. Anche gli elevati costi di trasporto contribuiscono a rincarare il prodotto finale. Questo problema si acutizza quando si devono trasportare piccoli volumi di merce, perché quando il lotto è maggiore è più facile negoziare noleggi più bassi, e ciò colpisce fondamentalmente i prodotti non tradizionali e le vendite che hanno come destinazione l’area dei Caraibi, perché è questo un mercato dove si commercializzano chilogrammi e non tonnellate; il paese non ha flotte per il commercio con la regione. L’opzione attuale è rappresentata dall’aviazione e da Cubana, la linea più economica, neanche tocca alcuni punti dell’area. Questo rincara i noli; per esempio, il trasporto di un pacchetto di semi di Papaia verso un paese dei Caraibi costa tra 1 200 e 1 800 dollari e per alcune imprese risulta più economico trasportare carichi in Spagna che in Honduras. I noli terrestri, marittimi e soprattutto quelli aerei, sono molto alti; a volte quelli terrestri interni superano quelli i marittimi, poiché in questo è determinante l’elevata concentrazione degli imbarchi nel porto de L’Avana. A ciò si aggiunge il fatto che i noli sono uniformi per esportazioni ed importazioni, perché non esiste nessuna regolazione speciale che favorisca le prime. Oltre a questo, a volte i cargo non rispettano gli itinerari dopo avere preso a bordo il carico, il che fa sorgere reclami da parte dei clienti. Si fa riferimento agli alti prezzi e alla bassa qualità di altri servizi associati; per esempio, per i controlli fitosanitari quando il certificato è esteso in lingua spagnola e non è accettato dai clienti, l’esportatore deve provvedere alle spese di traduzione. È stato segnalato che le trafile migratorie risultano molto lunghe quando quello che si esporta sono servizi professionali. Questi ed altri aspetti come la poca attenzione che ricevono i fondi esportabili non tradizionali, la scarsa informazione sulla necessità di esportare che ha il paese, la carenza di programmi di certificazione in funzione delle esportazioni, la non l’inclusione della Direzione delle Esportazioni nella struttura istituzionale delle imprese, la mancanza di una politica statale integrale che includa lo stimolo a tutte le entità che intervengono nell’attività esportatrice-produttrice, di commercializzazione, trasporto e dogana -, lo scarso riconoscimento sociale e la limitazione di risorse con fini pubblicitari, denotano una mancanza di cultura esportatrice alla quale devono lavorare il MINCEX e le entità affini (CEPEC, Ministero dell’Economia e della Pianificazione, Ministero di Finanze e Prezzi, Banca Centrale di Cuba, Ministero per gli Investimenti Stranieri e le Collaborazioni) per riuscire a promuovere in maniera soddisfacente l’offerta esportabile del paese.

7. Incentivi fiscali alle esportazioni e la loro applicazione

Si lavora con due incentivi alle esportazioni, avallati dalla Risoluzione 300 del Ministero delle Finanze e dei Prezzi, che stabiliscono che le imprese che importino materie prime utilizzate nella produzione di linee esportabili sono esenti dal pagamento dei dazi d’importazione. Esistono due regimi doganali. Quando un’impresa importa un determinato prodotto deve pagare un dazio, ora, se si importa materia prima lavorata a Cuba ed alla fine si ottiene un prodotto per l’esportazione questo regime doganale permette che si rimborsino i dazi, e quindi il costo del prodotto da esportare diminuisce. Se usa l’esenzione doganale, all’impresa vengono sospesi i diritti di imposta all’importazione se prova che la materia prima oggetto di importazione è destinata ad essere sottoposta ad un processo totale o parziale di trasformazione o elaborazione con la finalità di esportare, il che implica un aumento del suo valore aggregato. L’altro regime è la reintegrazione dei diritti, quando si esporta una merce e si chiede che si restituiscano tutti o parte dei dazi pagati perché si tratta di un prodotto elaborato con una materia prima inizialmente non destinata alla produzione di un articolo per l’esportazione. Le imprese devono sollecitare l’applicazione di questi incentivi alla dogana. In interviste realizzate a vari imprenditori si constatò che ci sono imprese che utilizzano questi incentivi ed altre invece che non lo fanno. Gl’imprenditori riferiscono che per provare che i loro prodotti sono stati elaborati con materie prime inizialmente importate bisogna fornire una serie di informazioni che risultano “tediose”, le trafile sono lunghe e noiose, molte volte quando si riceve la reintegrazione l’esportazione è avvenuta da tempo, perciò alcuni imprenditori lasciano perdere, altri pagano dazi in moneta nazionale e pertanto non sollecitano gli incentivi perché non rappresentano una percentuale consistente dei costi. Esiste il credito alle esportazioni che offre la Banca Estera di Cuba. Questi sono crediti vincolati alle operazioni di esportazione come tali; per esempio, per produrre cavi elettrici, una linea esportabile di Cuba, si deve importare filo di rame, e la Banca Estera di Cuba può concedere crediti per l’acquisto di queste materie prime previa presentazione, da parte dell’impresa, di documenti che avallino la sua situazione finanziaria.

8. Tasso di cambio e rischi monetari

Non potendo contare il nostro paese sulla moneta degli Stati Uniti per realizzare le sue operazioni commerciali esterne, acquista una grande importanza il tasso di cambio ed i rischi che questo implica sul mercato internazionale. Le svalutazioni monetarie spingono le esportazioni, poiché nel mercato estero l’offerta esportabile del paese nel quale si è svalutata la moneta è più competitiva di quelle degli altri competitori; benché lo sviluppo del settore esportatore richieda l’impiego di altre misure che abbiano maggiore portata temporale, poiché la svalutazione è essenzialmente una misura di breve termine. Nel caso di Cuba, a causa della natura non convertibile del peso, questa misura ebbe l’effetto contrario e provocò un incremento significativo del deficit finanziario esterno ed il deprezzamento della moneta nazionale. Attualmente la sopravvalutazione del tasso di cambio, per cui un peso convertibile è uguale a 1.08 dollari, ha effetti negativi, poiché si sottovalutano le entrate in valuta ed i costi dei prodotti importati, stimolando la spesa e l’inefficienza imprenditoriale; inoltre perde valore l’apporto economico delle attività esportatrici e frequentemente risulta necessario conceder loro dei sussidi per coprire i costi in moneta nazionale. A causa del blocco, gli esportatori cubani devono badare ai rischi monetari che un’esportazione implica, poiché se si deprezzasse la moneta straniera nella quale si fattura un contratto X, l’esportatore riceverebbe meno contante in moneta del suo paese. Nel caso in cui si apprezzasse la moneta nella quale si fattura il contratto i prodotti esportati diventano più costosi. Paradossalmente, nel nostro paese non esiste nessuna copertura contro il rischio cambiario, tema vitale dovendo realizzare, a causa del blocco economico degli Stati Uniti, le nostre operazioni esterne in altre monete.

9. Considerazioni finali

Molti sono i problemi che le imprese cubane affrontano per esportare e potrebbero riassumersi così:

• Incoerenze tra le politiche fiscali, monetarie e commerciali • Procedimenti noiosi • Pochi incentivi e stimoli all’esportazione • Scarsa cultura esportatrice.

Tuttavia una buona parte di questi problemi sono provocati dalle misure che il paese ha dovuto varare come forma di protezione contro possibili azioni che attentino alla stabilità economica di Cuba, prodotto dell’atteggiamento belligerante degli Stati Uniti e che si evidenzia nel Blocco che dura da più di 40 anni. Nonostante ciò potrebbero essere intraprese iniziative che aiutino a migliorare la promozione delle esportazioni nel paese tali come:

• Destinare maggiori fondi alle attività di esportazione ed al CEPEC, • Offrire speciale attenzione alla qualità e ai prezzi delle materie prime, tanto nazionali come importate, così come ai servizi associati, soprattutto il trasporto. • Creare un Sportello Unico per velocizzare i tempi dell’esportazione. • Far conoscere i servizi (ricerche di mercato, elaborazione di strategie di esportazione verso differenti mercati) che gratuitamente vengono offerti dal CEPEC. • Progettare altri strumenti di finanziamento alle esportazioni ed in generale di promozione alle esportazioni.

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Prof. Univ. dell’Avana (Cuba), CETED

Ripreso da: Cuba investigación económica. Oct-Dic 2000.

Dato ripreso da Hiram Marquetti en Cuba: importancia actual del incremento de las exportaciones. Si sono effettuate interviste a dirigenti di impresa e funzionari del commercio estero.