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Come l’Unione Europea realizza il Protocollo di Kyoto

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Protocollo di Kyoto e dintorni L’arrivo della primavera rende felici gli europei. Gli alberi fioriscono, il cinguettio degli uccelli vivacizza l’ambiente ed i fiori appena nati causano ottimismo, lo stesso che era stato riposto durante il periodo del freddo e nel silenzio delle strade. Questo è ciò che almeno accade nei paesi circondati dalla Manica, nei paesi baltici e in quelli del centro Europa. I paesi mediterranei hanno delle sensazioni simili soprattutto nei luoghi di montagna e in quelli lontani dalla costa, in quanto soffrono di meno rispetto agli altri l’oscurità dell’inverno. Ma durante l’ultimo decennio, la catastrofe climatica - chiamente non paragonabile ad eventi come lo tsunami ed i terremoti nei paesi sottosviluppati - ha afflitto gli europei. Il cambiamento climatico mostra sempre di più e con maggior forza i suoi effetti nella regione più sviluppata del pianeta e preoccupa i governi dell’Unione, tutti firmatari del protocollo di Kyoto, ma non sempre disposti ad un sacrificio maggiore per preservare la specie. I precedenti di Kyoto risalgono alla conferenza dell’ONU sull’ambiente, realizzatasi a Stoccolma nel 1972. Nel 1983 la commissione mondiale sul medio ambiente sottolineò l’urgenza di proteggere il pianeta come ragione di sopravvivenza. La conferenza di Rio, nota come Vertice della Terra, si realizzò a giugno del 1992 e fu un incontro decisivo per promuovere un giusto equilibrio tra le necessità economiche, sociali ed ambientali delle attuali e future generazioni, per mezzo di un’associazione mondiale tra i paesi sviluppati e i sottosviluppati. Vi parteciparono 171 paesi, 108 capi di stato e di governo, che approvarono quattro documenti di base ed altri emendamenti tra cui: • La dichiarazione di Rio, con 27 principi applicabili universalmente. • La convenzione quadro sul cambiamento climatico, vincolante, firmata da 154 governi per stabilizzare le concentrazioni dei gas per l’effetto serra. • Il convegno sulla diversità biologica (CDB), anche vincolante, sottoscritto da 168 paesi, per la conservazione della diversità biologica e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivati dall’uso delle risorse genetiche. • La dichiarazione dei principi forestali, con 15 capitoli non vincolanti, che intende dirigere la politica nazionale ed internazionale per la protezione, l’amministrazione e l’uso più sostenibile delle risorse forestali mondiali. 2 • Il programma 21, da cui si estrapolarono 2 500 raccomandazioni. Da questo sorsero iniziative per la conferenza mondiale sullo sviluppo sostenibile dei piccoli stati insulari (si leggano i poveri); una convenzione dell’ONU per la lotta contro la desertificazione ed una commissione di ECOSOC nell’ONU, di periodicità annuale, legata alla OMC, alla UNCTAD e al PNUMA. Teoricamente, il programma 21 intendeva controllare i settori di popolazione impegnati nello sviluppo sostenibile, come le imprese e le industrie, i bambini ed i giovani, gli agricoltori, i popoli indigeni, le autorità locali, le organizzazioni non governative, le comunità scientifiche e tecnologiche, le donne, i lavoratori ed i sindacati. 3 Nel 1995 si creò il gruppo intergovernativo sui boschi, che aggiunse il programma per il riciclaggio delle risorse conosciuto come Metro Manila Linis-Ganda e la segreteria del risanamento dei fiumi del dipartimento del medio ambiente.4 L’introduzione sintetizza solo gli impegni, obbligatori o facoltativi, dei partecipanti al Vertice di Rio. Il Presidente del Consiglio di Stato e dei Ministri della Repubblica di Cuba, Fidel Castro, spiegò quali sarebbero stati i mali che avrebbero afflitto l’umanità contemporanea e futura se gli stati forti non avessero adottato misure per ridurre l’inquinamento ed il degrado del medio ambiente, e fece riferimento anche a quanto fosse indispensabile che gli stessi provvedessero alle risorse per poter aiutare i più poveri del pianeta, derubati e danneggiati storicamente a causa del saccheggio delle loro materie prime da parte degli antichi e moderni colonizzatori e degli attuali macroconsumatori. Dal Vertice di Rio, i progressi hanno scarseggiato; lo stesso Vertice cercò di materializzarli parzialmente con l’accordo di Montreal, dicembre del 1987. Essenzialmente cercava di organizzare il controllo della produzione e del consumo delle sostanze chimiche distruttrici dell’ozono. Fu pensato per eliminare o ridurre l’elaborazione di vari prodotti chimici, chiamati alogenati (contenenti cloro o bromo), che danneggiano sensibilmente l’ozono. Nel 1995 fu adottato il mandato di Berlino (prima conferenza organizzata dal Convegno del 1994 dell’Onu), con lo scopo di emanare una misura vincolante riguardo il medio ambiente. Questo documento è noto come il protocollo di Kyoto ed è stato firmato l’11 dicembre del 1997 nella città giapponese omonima. Fino al citato protocollo, che è stato poi denominato come la convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, i risultati dell’impegno di Rio sono stati minimi. Tutti gli stati membri dell’Unione Europea hanno firmato il suddetto accordo che li impegna, secondo il diritto internazionale, alla sua esecuzione e a quella di vari documenti precedenti: la Convenzione di New York del 1992, il gruppo intergovernativo di esperti convocato dall’organizzazione meteorologica mondiale, il PNMA del 1988 ed il protocollo di Montreal.5 Per comprendere che cosa stabilisce l’esteso protocollo di Kyoto è indispensabile ripassare tutti i suoi principali enunciati: promozione dell’efficienza energetica, protezione e miglioramento dei depositi dei gas dell’effetto serra, promozione delle modalità agricole sostenibili, ricerca, promozione, sviluppo ed aumento dell’uso delle forme nuove e rinnovabili dell’energia ecologicamente razionale e mobilitazione delle risorse finanziarie per indirizzare le precedenti priorità. I politologi non possono spiegare l’immensità delle cause e degli effetti scientifici dei prodotti distruttori del medio ambiente, ma possono enumerare due aspetti essenziali del citato protocollo, affinchè il lettore raggiunga una dimensione il più possibile vicina alla sua esecuzione: 1) L’allegato A classifica i gas da effetto serra: diossido di carbonio, metano, ossido nitroso e idrofluorocarburi, plerfluocarboni, exafluoruro di zolfo; i settori e le categorie delle fonti: energia, combustione, combustibili solidi, petrolio e gas naturali; processi industriali: minerali, industria chimica e produzione di metalli; utilizzo di dissolventi ed altri prodotti; agricoltura: fermentazione enterica, coltivazione del riso, suoli agricoli, incendio, bruciatura dei residui agricoli ed altri rifiuti: eliminazione dei rifiuti solidi nella terra, trattamento delle acque residuali o incenerimento dei rifiuti. 6 2) L’Allegato B stabilisce un impegno quantificato per limitare e ridurre le emissioni ad una percentuale determinata. In esso figurano i paesi sviluppati e tra questi bisogna ricordare ciò che è stato stabilito per i membri dell’Unione Europea, in cui le cifre permesse superiori corrispondono ai paesi in processo di transizione verso l’economia di mercato. Kyoto stabilisce la responsabilità comune differenziata e la riduzione delle emissioni a partire da ciò che è stato stabilito nel 1999 a non meno del 5% durante il quinquennio 2008-2012. Per questo, la UE come istituzione, Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna Svezia, hanno raggiunto il 92%, mentre la Croazia ha il 95% e Ungheria e Polonia il 94%, tre paesi che si definiscono “in processo di transizione verso un economia di mercato”. Kyoto raggruppa due clausole speciali del Diritto Internazionale: è un documento mutatis mutandi e non ammette la presentazione di emendamenti delle parti.7

2. Effetti del cambiamento climatico

L’allargamento della UE durante gli ultimi decenni, ha provocato inquietudini di diversa natura riguardo l’ambiente, a cominciare dalla eterogeineità economico-sociale e dalle caratteristiche geografiche dei suoi nuovi membri. L’Europa, nel suo insieme, non è un continente uniforme. Il lasso di tempo sopra citato ha mostrato che i pericoli del cambiamento climatico non riguardano solo paesi ubicati in zone telluriche o cicloniche del mondo eufemisticamente chiamati “in via di sviluppo”. Alcuni eventi confermano teorie espresse nel Vertice di Rio e in vari enunciati del protocollo di Kyoto o in specifiche risoluzioni delle commissioni delle Nazioni Unite. La conferenza di Nairobi sul cambiamento climatico ha osservato che il riscaldamento globale incide sulla fauna e che la temperatura in Europa aumenta di 1,2 gradi in un lasso di tempo inferiore a cinque anni, e ció potrebbe rappresentare la perdita, nel corso dei prossimi anni, del 38% della sua ricchezza ornitologica, come per esempio l’aquila imperiale della Spagna e del Portogallo. Delle 924 specie, 226 si trovano in una situazione di conservazione sfavorevole. Durante il vertice iberoamericano di Montevideo, Uruguay, nel 2006, il presidente del governo spagnolo, José Luís Rodríguez Zapatero, asserí che “il cambiamento climatico ha provocato piú vittime del terrorismo internazionale e che il suo potenziale distruttivo è anche superiore”. Tuttavia, questa tesi non è condivisa da tutti i dirigenti comunitari. Tra il vertice della terra e l’anno 2006, vari accadimenti naturali hanno contribuito ad assimilare il fatto che tutti, poveri e ricchi, viviamo in una geografia decadente. Il melanoma maligno (forma mortale del cancro della pelle) si è duplicato negli ultimi anni, cosí come le cataratte, altre lesioni oculari e la contrazione del sistema immunologico, dovuto all’aumento delle radiazioni ultraviolette, aumentate tra il 5 e il 10% rispetto al 19808. La situazione ecologica manifesta sensibili alterazioni in vari paesi della UE. L’organizzazione non governativa Oceana, per esempio, accusa Spagna, Francia, Polonia e Portogallo di danneggiare il fondale marino con l’accentuato sfruttamento della pesca con le reti in acque pro¬fon¬de. Da parte sua, il ministro francese dell’ecologia, Grigitte Girardin, nel settembre del 2006 ha valutato che si estingueranno in Europa tra il 25 e il 50% delle specie prima della fine dell’attuale secolo, fondamentalmente a causa dell’impatto climatico con particolare incidenza sui paesi poveri. L’ecologista britannico John Lovelak profetizza che per il 2050 si saranno sciolti i poli e che Londra, oltre ad altre città, sará sommersa dalle acque. Può darsi che la sua predizione apocalittica non si verifichi, ma la sua erudizione induce gli specilisti europei ad ascoltarlo9. Problemi presentatisi in vari stati comunitari esemplificano l’inevitabilità del cambiamento climatico: • Nel 1993, le inondazioni destabilizzarono l’economia dell’Italia, della Germania, della Francia e della Spagna; • Nel 1994, Italia, Spagna e Francia subirono inondazioni senza precedenti; • Nel 2005, le acque del fiume Elba oltrepassarono l’aumento verificatosi in Germania tre anni prima, raggiunse livelli inusitati in Sassonia, con seri danni al centro storico di Hizacken, la località di Laurenburg nel Land Schleswing-Holstein, biforcandosi in direzione delle località di Wehlen, Bad Schandau, Köningstein, Pirna e Heidenau, Porschdorf, Tathmannsdorf e Reinhardtsdorf-Schoena. • In quell’anno anche in Romania fu necessario evacuare centinaia di persone perchè il Danubio -privo già dell’azzurro idilliaco di Strauss- esondò sbarramenti e minacció popolazioni dei Balcani come Bechetul Vale, Sarata y Dabuleni (Dolj), Tulcea. Queste inondazioni danneggiarono inoltre terre coltivate della Serbia e della Bulgaria. • In Galizia, Spagna, il mese di agosto del 2006 è stato complicato e cruento, con oltre 100 incendi boschivi che alcune autorità socialiste hanno attribuito al “terrorismo forestale”, difficile da confermare. Le zone più danneggiate sono state Pontevedra e La Coruña, e combattere il fuoco ha richiesto più di un terzo degli sforzi tecnici impiegati per spegnere le fiamme. Si calcola una distruzione di oltre 77 mila ettari di boschi, anche se esperti della UE, basandosi su immagini dal satellite, la stimano in 88 mila. • Ma la siccità in Spagna, Italia, Grecia e Portogallo non è assimilabile come risultato di azioni umane, salvo per quanto concerne il maltrattamento della natura e l’effetto serra. Si susseguono siccità e inondazioni incredibili, mentre gli inverni dell’ultimo triennio hanno segnalato una carenza delle tradizionali nevicate che inumidiscono la terra per le semine primaverili. Questi disastri - non paragonabili agli tsunami asiatici o ai cicloni centroamericani o caraibici - fanno si che la UE si renda conto gradualmente delle proprie deficienze nella cura della natura, motivo per cui cerca di adottare misure che ne dimiuscano la vulnerabilità. Si avverte la lentezza con cui si sensibilizza per quanto concerne il problema, in questo caso, si potrebbe analizzare che risponde più ad un tentativo di sopravvivenza che allo stretto rispetto di parametri stabiliti dalla comunità internazionale sull’ambiente. Il rapporto dell’organizzazione wwf/ADENA, fornito all’ONU (in cui riconoscono a Cuba lo sforzo che compie per la salvaguardia dell’ambiente), denuncia allo stesso tempo che nel 2050 si consumeranno le risorse equivalenti alla terra duplicata, mentre include nella lista nera paesi con un alto consumo pro-capite: Finlandia, Estonia e Svezia, tra gli altri.

3. Risultati per “terzi stati”

Prevale una triplice concezione comunitaria per analizzare il comportamento ed i motivi dei problemi dell’ambiente nella UE, in alcuni stati alleati e nei paesi sottosviluppati, denominati terzi stati, tanto nel progetto di trattato costituzionale come nella prolissa documentazione del parlamento, dei comitati, sezioni specializzate in instanze collegate alla commissione e al consiglio europeo. La Ue omette l’assenza di un impegno statunitense con il protocollo di Kyoto e si accontenta di discussioni bilaterali, protocolli di intenzione e documenti - fragili, tra l’altro - quando cambia qualcuno degli attori governativi. In questo caso risulta attendibile l’impostazione parzializzata dell’incidenza dei modelli consumatori di idrocarburi e, per esempio, critica la Repubblica Popolare Cinese per il suo “aumento sfrenato del consumo di petrolio”, mentre ignora lo spreco da parte degli stati maggiori consumatori di idrocarburi. La Francia, per esempio, lancia diatribe contro l’Islanda - paese non comunitario - perchè in epoca recente ha annunciato la ripresa della pesca della balena nella zona adiacente alla sua e nei Caraibi. La convenzione baleniera internazionale (CBI), nata a Washington nel 1946, aveva sospeso la cattura del cetaceo per scongiurarne l’estinzione. Ciò nonostante, dato che si tratta di accordi comunitari, vengono considerate non importanti le esplosioni o la “deviazione” delle scorie nucleari verso i cosiddetti territori di oltremare ubicati nell’Oceano Pacifico10. Gli europei dell’Unione sembrano ignorare le proteste turche e siriane a causa di un enorme macchia di petrolio nelle loro coste dopo che i missili islaeliani fecero esplodere dei contenitori di petrolio in una centrale elettrica nella costa libanese, spargendo circa 20 000 tonnelate di combustibile, all’inizio della guerra lampo intrapresa da Israele contro il cosiddetto paese dei cedri. 11 Non è superficiale ricordare che l’effetto serra, le malformazioni congenite, cancerogene o visive o i disturbi psichici sono anche il risultato delle esplosioni nucleari, dell’utilizzo delle armi di sterminio di massa e dell’impiego sfrenato dell’uranio impoverito che hanno sperimentato gli Stati Uniti ed il Regno Unito nella prima guerra del Golfo. Nella vecchia Yugoslavia, questi bombardamenti non sono partiti solo da aerei e da altri artefatti bellici di origine statunitense, ma anche la NATO, che è presente anch’essa nella regione, ha utilizzato questo materiale radiattivo contro la popolazione civile ed i soldati europei sono stati contaminati. L’Iraq non è un paradiso e le armi di sterminio di massa utilizzate dal 2002 hanno influito sulla salute umana, non solo degli abitanti, ma anche degli occupanti stranieri. Ad ottobre del 2005, una violazione criminale contro il medio ambiente della Costa d’Avorio provocò la morte di sette persone e l’avvelenamento di altre 85 000 come conseguenza dello scarico di più di 550 tonnellate di rifiuti tossici nel porto di Abidjiàn, che viaggiavano a bordo del sottomarino Probo Koala, battente bandiera panamense. 12 Ad aprile del 2006 c’è stato un conflitto finlandese-argentino, per la costruzione di una gigantesca cartiera in Uruguay, ai margini del fiume omonimo, e durante la visita del Ministro di cooperazione finlandese, il popolo ha manifestato di fronte all’Ambasciata di quel paese. È stata presentata una richiesta governativa argentina per ritirare il progetto, per l’enorme impatto ambientale, ma la costruzione continua.

4. Azioni europee sull’ambiente

Per ottenere un approfondimento della genesi del comportamento europeo al medio ambiente è giusto analizzare alcuni problemi che l’Unione Europea affronta attualmente. In questo senso è anche opportuno sottolineare l’impossibilità a stabilire una frontiera che impedisca l’inquinamento tra gli stati protettori e saccheggiatori del medio ambiente. Gli stati nordici, l-Austria (molto prima di entrare nell’Unione) e la Svizzera si evidenziarono per la conservazione dei loro boschi, dei fiumi e per il trattamento dei rifiuti. Per questa ragione abbondano gli incontri bilaterali tra gli stati membri dell’UE e i vicini non appartenenti all’Unione, con lo scopo di perfezionare le misure attinenti. Un riassunto cronologico sulle principali misure e gestioni vincolate alla preservazione dell’ambiente, sostiene che queste sono indirizzate fondamentalmente verso il risparmio energetico, perchè la dipendenza comunitaria dagli idrocarburi inizia a preoccupare tutti i governi. Nonostante ciò, il progetto, tanto difeso, del trattato costituzionale sostiene l’importanza del medio ambiente ed il Vertice della primavera del 2005 è solo riuscito ad ottenere il 3% del PIL destinato alle ricerche fino all’anno 2010, una percentuale irrisoria se si considerano le necessità attuali a cui dare priorità fra cui quella dell’attenzione alla salute vincolata alla situazione ambientale. Le piaghe della “mucca pazza” e l’influenza aviaria o il pesce “inquinato dal petrolio” non sembrano preoccupare quest’anno i governanti comunitari. 13 A settembre del 2005, la commissione di energia ha ottenuto l’approvazione del presidente in carica del Consiglio dell’Unione per iniziare lo studio di una politica energetica duratura e per procurare risorse rinnovabili, stabilità, incrementare la tecnologia e le maggiori capacità di raffinamento, i prezzi aperti, competitivi e trasparenti. Il sesto Vertice degli stati del mar Baltico, realizzatosi a Reykiavik, Islanda, alla fine del 2005, ha contato sulla partecipazione di undici paesi e si è occupato della cooperazione energetica e la protezione del medio ambiente, mostrando la sua fiducia nei confronti dei risultati della cooperazione regionale. In tal senso i partecipanti hanno affermato che nel 2005 si serebbe conclusa la costruzione dell’impianto per il trattamento delle acque residuali a San Pietroburgo, Russia. Durante la discussione dei cinque punti prioritari per la commissione dell’UE per la ricerca delle energie rinnovabili si è stabilito che il 70% del petrolio consumato dall’Unione è destinato al trasporto. Quindi, la riduzione delle emanazioni dei carburanti è imperativa. Anche la proliferazione dei pesticidi affligge i “pensatori” medio-ambientali. Il presidente dell’esecutivo comunitario, Josè Manuel Durao Barroso, ha enfatizzato a marzo del 2006 la necessità di iniziare una nuova politica energetica per l’Europa. Ma i piani non sempre danno frutti, fino a quando si imponga il proposito finanziario delle trasnazionali. Le misure governative hanno evitato tensioni tra i petrolieri spagnoli e tedeschi, partners europei difensori della liberalizzazione del gas e dell’elettricità, ossessionati dal controllo della trasnazionale spagnola Endesa, che non può affrontare il gigante tedesco E.ON. Le multinazionali della Francia e dell’Italia si sono scontrate - nello stile più elegante europeo - sulla titolarità del gruppo franco-belga Suez, dopo essersi fuso con Gas de France in Africa. Tutto ciò diede un risultato negativo al progetto dell’allora primo ministro italiano Silvio Berlusconi riguardo un offerta pubblica d’acquisto (OPA) presentata dall’italiana ENEL.

La Francia è uno dei paesi più attivi in tal senso, nel dare priorità all’energia nucleare. Ad ottobre del 2005 è stato annunciato l’aumento del 10% delle tasse per l’inquinamento industriale e dei trasporti aerei con l’uso del carbone ed è stato annunciato uno studio con i suoi partners europei affinchè siano aumentate le merci industriali, soprattutto di quei paesi che hanno rifiutato di impegnarsi a favore dell’Accordo di Kyoto dopo l’anno 2012. Inoltre si è stabilito che il consumo del bioetanolo E85 si riducesse dal 2007 in una proporzione del 65% contro il 25% della benzina nel cosiddetto gasolio. 14 Il suddetto paese produce un pro capite di 18 kilogrammi di rifiuti derivati dagli strumenti elettronici (DEEE) e nell’esecuzione della direttiva europea del 27 gennaio 2003, ha adottato il 15 novembre del 2005, una risoluzione, come contributo ecologico: il reciclaggio e la distruzione di quelli esistenti, per poter diminuirli a 4 kg annui per abitante. Gli elettrodomestici gettati via potrebbero raggiungere circa 1,7 milioni di tonnellate annue. I consumatori potrebbero adottare tre soluzioni: consegnare gli elettrodomestici vecchi e riportarli ai rivenditori del nuovo elettrodomestico, mediante la presentazione dello scontrino; consegnare l’elettrodomestico ai depositi locali abilitati, o donarlo ad una associazione che potrebbe ripararlo o venderlo a prezzi modici nell’ambito della cosiddetta “economia solidale” ossia per i poveri e gli immigranti. 15

La Germania ha stabilito che una delle priorità durante la sua presidenza nell’UE sarà il tema energetico, in primo luogo. L’eurocommissario del medio ambiente, Stavros Dimas, rimprovera questo paese del fatto che la sua riduzione delle emissioni di CO2 è solo il 2% dal periodo proposto da Kyoto, e quindi è insufficiente. Per questa ragione è in gioco il cosiddetto “piano di assegnazione nazionale”. Il governo tedesco è disposto a ridurre le emissioni annuali permesse da 485 a 482 milioni di tonnelate, ma Bruxelles chiede che giungano a 453 milioni di tonnelate. Soluzione sagace? Alcuni consorzi, come l’impresa elettrica Streag, minacciano di muovere gli investimenti in America Latina ed Asia. Ciò permetterebbe di spostare i problemi verso il mondo sottosviluppato. Nonostante ciò, la Germania esporta il 19% della tecnologia medioambientale nel mondo, mentre impiega le opzioni alternative per la sua produzione nazionale energetica al 10,2%. L’energia alternativa è aumentata del 4,3%, a paragone di quella nucleare, che ha raggiunto un 26%, nonostante il rifiuto popolare. La produzione lorda di elettricità è aumentata del 15%. Il 47% dell’energia elettrica in Germania proviene dalla lignite e dal carbone vegetale, considerati altamente inquinanti. Parte della strategia stabilita dal cancelliere federale Angela Merkel scaturisce dalla sua conversazione con il presidente statunitense, George W. Bush, a gennaio del 2007, su alcuni aspetti che potrebbero favorire una visione più autentica della Casa Bianca sulla situazione caotica che affronta il mondo per il cambiamento climatico. L’impegno non garantisce che gli Stati Uniti adottino le posizioni conciliatrici sugli obiettivi di Kyoto, e tanto meno che firmino il Protocollo. Il Regno Unito è più timido nelle sue azioni, presumibilmente per un coinvolgimento maggiore con gli Stati Uniti, soprattutto nell’uso dei gas e delle sostanze inquinanti in diversi scenari bellici mondiali. Inoltre non è nemmeno in condizioni di promuovere nel suo territorio azioni che aiutino la sua complessa economia. Il primo ministro Tony Blair cita “drastiche riduzioni” delle emissioni, che siano “pratiche e ragionabili”. Allo stesso tempo, ha stabilito un lasso di tempo di quindici anni per l’adozione di alcune misure - che evidentemente non corrisponderanno al suo mandato - e si è pronunciato per appoggiare la settimana per il recupero dell’energia. Per placare i problemi esposti da altri governanti, ha firmato solo una lettera d’intesa con il suo collega olandese, in cui prevedeva le “serie conseguenze” del cambiamento climatico e la necessità di un’integrazione energetica. Il Consiglio dell’Unione Europea ha stabilito ad aprile del 2005, aspetti che conducono a rispettare una parte degli impegni con il protocollo di Kyoto e lUNF CCC, possibilmente dopo il 2012, rispetto agli effetti inquinanti dell’emissione dei gas. Questi obiettivi, l’incertezza provocata dal blocco del petrolio durante la crisi russo-ucraina (petrolio da cui dipende più del 40%) e il crescente esaurimento universale degli idrocarburi, ha condotto al fatto che il Gruppo degli 8, riunitosi in Russia, desse priorità - prima di tutto - all’immediato avvio delle fonti alternative energetiche.16

Il presidente del governo spagnolo ha manifestato al Congresso del Partito dei Socialisti Europei, realizzatosi ad Oporto, la strategia per l’energia ed il cambiamento dinamico, che augura piani per il periodo 2007-2009.17 Le misure più concrete adottate dall’UE rispetto al medio ambiente possono sintetizzarsi nella recente direttiva Reach sui prodotti chimici, approvata a dicembre del 2006 dal Parlamento Europeo, con 529 voti a favore, 98 contro e 24 astensioni. Il Consiglio fu d’accordo e firmò un ampio piano che revoca più di 40 testi legislativi e prevede più di 1700 posti di lavoro legati al settore e tre milioni indiretti, per il fatto che l’Europa è il maggiore produttore di sostanze chimiche, attività che coinvolge non solo le multinazionali, ma anche 25 00 piccole e medie imprese .18 Tutto ciò colloca l’Europa, per lo meno in teoria, in una posizione predominante per lo sviluppo sostenibile, anche se i consumatori, le organizzazioni non governative, molti militanti dei partiti verdi ed i socialisti francesi, non sono d’accordo con il documento per il fatto che “ha rinunciato alla sostituzione sistematica di tutte le sostanze pericolose”. Il tutto può essere considerato solo l’inizio degli impegni presi a Kyoto. Senza entrare in Honduras, la nuova legislazione comunitaria, diffusa come libro bianco della commissione dal 2001, riassume i principali impegni:

• Registro sistematico dei prodotti chimici esistenti e dei nuovi, quelli prodotti e quelli importati in quantità superiori ad una tonnellata che dovranno essere registrati nell’agenda europea: si tratta di più di 30.000 sostanze. Proposta direttiva e di regolamento sull’agenda europea che deve valutare e autorizzare i prodotti chimici. L’appuntamento avverrà a Helsinki. Il Parlamento europeo designerà i due membri dell’entità ed il direttore esecutivo prima di confermare la sua nomina. • La responsabilità dei produttori e degli importatori nella valutazione dei rischi dei loro prodotti. • Procurare la trasparenza nell’accesso dei cittadini all’informazione sulle sostanze. • Gli eurodeputati considerano l’obbligo di sostituire le sostanze ad alto rischio quando esistano alternative, il principio di responsabilità dell’industria e la ricerca delle alternative rispetto alla sperimentazione sugli animali. • Il parlamento ha fiducia nella proposta di revisione del regime di commercio dei diritti d’emissione dell’UE, affinchè la stessa cerchi di migliorare l’efficacia medio ambientale del sistema e proponga che siano incluse le emissioni dell’aviazione nel regime di commercio. • Insiste su un miglior coordinamento della politica del trasporto e del medio ambiente e propone “obiettivi concreti di riduzione del CO2 per tutta la mobilità”. • Entrata in vigore del regolamente: giugno 2007.

CONCLUSIONI:

Ë La UE promuove l’attenzione al medio ambiente nella misura in cui non danneggi direttamente nè immediatamente gli interessi delle trasnazionali e delle grandi o medie imprese dei paesi più sviluppati che fanno parte dell’ambito comunitario. Ë La sua massima preoccupazione - sulla quale baserà i suoi massimi sforzi - è la ricerca di alternative energetiche, considerando la mancanza di risorse proprie, la dipendenza dalla Russia e di altri stati come la Norvegia, i paesi africani, i latino americani e i medio orientali. Ë La riduzione drastica da parte dell’UE dell’uso esagerato degli idrocarburi obbliga inoltre a dover risolvere le sue crescenti necessità a partire dall’energia nucleare - che come nel caso della Germania - era stata abbandonata da molti anni, e l’incremento delle fonti naturali (fonte idrica, biomassa, energia eolica e solare). Ë Tutto ciò obbliga a investire e a pagare le spese per i funzionari e gli specialisti che si dedicano alla ricerca in un periodo che non è stato pianificato. Conviene ricordare che le scienze ed il medio ambiente non costituiscono priorità nel TCE. Ciò significherebbe un adattamento dei limiti pro capite corrispondenti a questi temi, non tanto per l’esistenza di un impegno con Kyoto, ma soprattutto come necessità economica e pragmatica. Ë Il comportamento permissivo nei confronti dei principali alleati: quasi indifferente verso l’incompatibilità di Washington con Kyoto, acquisizione degli atti non accettabili e antinaturali di Israele nei suoi attacchi alla Palestina, Libano o qualsiasi altro; persistenza di azioni punitive, preventive o pacificatrici per le quali si utilizzano armi dannose alla salute umana, alla flora e alla fauna. Ë Il capitolo dei prodotti chimici modifica lo spettro bilaterale, ma si applicherà anche con il piano Reach ai terzi stati tra cui vi è anche Cuba. Ë Per il fatto che il Protocollo di Kyoto permette un margine nel tempo indeterminato per quanto riguarda le sostanze o il comportamento del progetto di riduzione, bisogna aspettarsi che nuove catastrofi si ripetano in vari continenti affinchè i danni per il pianeta non debbano attendere le istituzioni create per proteggerlo.

Ricercatrice del CEE. Vicepresidente della Società Scientifica del Diritto Internazionale presso la Provincia di Città dell’Avana; membro della Società del Diritto Constituzionale dell’Unione Nazionale dei Giuristi di Cuba.

http://www.un.org /spanish/conferences/wssd/unced.html

ECOSOC: Consiglio Economico e Sociale dell’ONU. OMC: organizzazione Mondiale del Commercio. UNCTAD: Commissione dell’ONU sul commercio e sviluppo. PNUMA: programma delle Nazioni Unite per il medio ambiente.

http://www.un.org /spanish/conferences/cumbre5.htm.

Testo del protocollo. Gli elementi sottolineati corrispondono ai classificatori del Protocollo degli elementi inquinanti, soggetti al mutatis mutandis (trasformazioni) della situazione medioambientale.

Mutatis mutandi: trasformabile secondo i suoi risultati e cambiamenti della situazione imperante

Secondo Frank de Gruil, Ricercatore dell’Ospedale Universitario di Utrecht, Paesi Bassi

Scopritore dell’ECD (rilevatore di cattura di elettroni, che con un macchina economica che individua particelle dannose a migliai di chilometri di distanza. Autore della Teoria GAIA sull’atmosfera

Gli stati favorevoli alla caccia son il Giappone, la Norvegia e l’Islanda, mentre i cosiddetti “protettori sono capeggiati dalla Francia, la Germania, la Gran Bretagna, l’Australia, gli Stati Uniti, il Brasile e il Sudafrica

The New Anatolian, 3/08/2006.

EU Observer, Boletín del Parlamento Europeo, Strassbourg, 26/10/06, por Helena Spongenberg.

“Terrícolas en Peligro”, Informe Especial de la autora, CEE.

Sitio web del Primer Ministro, Dominique de Villepin, 10/10/06

http://premier ministre. Gouv.fr/information/questions_reponse¬84/service_cvil_volontaire_66894.html.

Ufccc (comité de ONU para la convención sobre el cambio climático), Eurolat, 28/04/06

Reunión de Zapatero y el líder demócrata estadounidense Howard Dean.

Boletín Europa, 9397, 14/12/06.