Il sindacalismo galiziano: origini, evoluzione e momento attuale
MANUEL MERA
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Affinché si conoscano le nostre origini ed il nostro progetto, dobbiamo fare una breve presentazione della Galizia. Nel 1970 la regione contava 2.583.674 abitanti, la popolazione attiva era di 1.097.682 persone, il 48,99% lavorava nell’agricoltura e pesca, l’8,88% nell’edilizia, il 14,54% nell’industria, ed il resto, il 27,59%, nei servizi. I salariati erano una minoranza, appena il 45,5% del totale. Cioè, parliamo di una società agricola e rurale, con piccoli proprietari terrieri e un’economia di sussistenza, nella quale sopravvivono ancora forme di proprietà comune di terra e bestiame, a cui si somma un’attività di pesca moderna, e alcune imprese industriali molto avanzate (per esempio cantieri navali, conserve di pesce, ecc..). In queste imprese, e di riflesso nel settore rurale, si era stabilito fortemente un sindacalismo di ambito statale, egemonizzato dai CC.OO.
La Galizia fu conquistata dai Romani che, accortisi di una sua cultura differente, vi crearono un’unità amministrativa a parte. Nell’anno 411 fu invasa dagli Svevi, popolo germanico, che crearono un regno che durò 180 anni. Da allora e fino al secolo XIII, il paese si estendeva fino al fiume Duero, con capitale Braga, oggi nel nord del Portogallo. La presenza araba fu praticamente nulla, la qual cosa accrebbe le differenze culturali col resto della penisola. Formò un regno realmente autonomo per secoli, a volte indipendente, altre volte unito per corona a León. Nel secolo XIII il paese si divise in due, e la parte meridionale fu la culla del Portogallo. Le relazioni non si ruppero e per secoli la nobiltà galiziana e la chiesa governarono importanti aree del nuovo regno. La tragica morte di Inés de Castro, cantata dal poeta portoghese Camões, fu un aspetto fondamentale di questa lotta per il potere in questo paese, tra settori della nobiltà galiziana e portoghese.
Nel secolo XV vi furono due grandi ribellioni contadine: scesero in armi fino a 80.000 uomini che distrussero più di 100 fortezze e castelli. I rivoltosi vinsero, ma dopo due anni vennero sconfitti. La divisione interna che originò le guerras irmandiñas (questo il loro nome) permise il controllo del territorio ai Re Cattolici che ricominciarono il processo centralizzatore e la sostituzione della nobiltà istituita un secolo prima dal re castigliano Enrico di Trastamara. Durante questa fase la nobiltà galiziana, o galleghizzata, cercherà di aumentare bene il proprio potere favorendo l’unione della Castiglia con il Portogallo per ottenere l’unità col Portogallo, ed aspirare ad un regno indipendente.
A metà del secolo XIX comincia il risorgimento nazionale, detto provincialista, che ha come finalità il recupero dell’unità, abolita nel 1833 con la cancellazione dell’antico Regno della Galizia, della lingua e dello sviluppo del paese. La Rivoluzione del 1846, il Banchetto di Conxo tra operai e studenti, fa parte di questo risorgimento. La lingua è un elemento fondamentale di questo processo, poiché è utilizzata pressoché dalla totalità della popolazione (il galiziano è identico al portoghese e cambia nella fonetica, contiene molte parole di origine preromana o latina).
1. Nascita
Arriviamo ai primi anni Settanta, nei quali la mobilitazione sociale andava lasciando il passo alla pesante cappa della guerra civile e agli anni più duri della repressione della dittatura franchista che determinò ritardo economico e perseguì la nostra lingua e cultura finanche nelle feste tradizionali. La repressione fu incessante nei primi anni, si parla di migliaia di fucilati e scomparsi, e la guerriglia durò fino alla fine degli anni cinquanta.
Il 10 marzo1972 la polizia ammazza a Ferrol due lavoratori e ne ferisce più di una dozzina, scesi in piazza per una protesta sindacale. Lo sciopero di solidarietà si estende alle altre città della Galizia, in special modo a Vigo, Coruña e Santiago de Compostela. Molti lavoratori sono licenziati, arrestati e processati. In settembre per un conflitto sindacale alla Citroën, esteso poi a tutto il settore metalmeccanico ed edilizio di Vigo, circa 20.000 lavoratori iniziano una astensione dal lavoro che dura quindici giorni nei quali le mobilitazioni giornaliere, le barricate e la repressione poliziesca saranno il pane quotidiano. La repressione sarà in questo caso più feroce, vennero inviate 6.000 lettere di licenziamento, alla fine saranno più di 300 quelli che perderanno il lavoro. Questi due conflitti dell’anno 1972 segneranno il movimento operaio galiziano nel futuro, molti si convertiranno al nazionalismo.
Nel 1964, a seguito della lotta contro la colonizzazione in Algeria e Vietnam, nasce in Galizia l’Unión do Povo Galego (Unione del Popolo Galiziano), formata da un gruppo di giovani preoccupati dai gravi problemi sociali del paese e in difesa della cultura del luogo; conta sull’appoggio di alcuni galleguistas e comunisti esiliati all’estero. Danno forza a questo fronte le lotte studentesche di Santiago de Compostela nel 1968 che hanno un carattere democratico ed antifranchista, e l’opposizione violenta dei contadini di Castrelo de Miño contro la costruzione di un bacino artificiale che lascia sotto le acque una delle valli più ricche della Galizia. Ma sarà fondamentalmente coi grandi scioperi del 1972 che il nazionalismo galiziano acquisirà un ruolo centrale. Unendo classe e nazione, si trasforma in un movimento di liberazione nazionale. Nel 1972, in novembre, nasce Estudantes Revolucionarios Galegos, ERGA, ed i Comités de Axuda á Loita Labrega - campesina -.
Nella primavera del 1973 si forma il Fronte Operaio dell’UPG, una formazione nella quale partecipa quello che fu il fondatore dell’ERGA, dopo essere ritornato dall’Argentina. Agli inizi del 1974 si organizzano in diverse città collettivi di lavoratori che danno origine, a maggio del 1975, al Sindicato Obreiro Galego (SOG) e poco dopo all’Unión de Traballadores do Ensino de Galiza (UTEG). Tutto ciò avveniva in clandestinità. In agosto del 1975 la polizia uccide a Ferrol Xosé Ramón Reboiras Noia, dirigente dell’UPG, già convertito in partito comunista, ed anima dell’organizzazione sindacale, ed altri quattro dirigenti sono fermati. Parte della direzione si trasferisce in Portogallo, dove il 25 aprile del 1974 aveva trionfato la Rivoluzione dei Garofani che aveva sconfitto i resti della dittatura salazarista. Alla fine del 1975 muore Franco e, tra alti e bassi, si va imponendo l’apertura sotto la pressione delle mobilitazioni operaie e studentesche.
2. Rottura e transizione
Il nostro movimento, il MNPG, cioè Movimento Nazionale Popolare Galiziano, optò dal primo momento per la rottura, mentre il Partito Comunista scommise su una transizione concordata. In poche parole, collochiamo a sinistra la nostra proposta politica che definimmo nelle Basi Constituzionali della Nazione Galiziana. Si voleva forzare la formazione di una confederazione di nazioni nello Stato spagnolo (Spagna propriamente detta: Catalogna, Regione Basca e Galizia) e sul piano economico proponevamo per la Galizia un’economia mista, con un ruolo centrale dello Stato e del settore pubblico.
Nel 1977, approfittando della nuova situazione di legalità, decidiamo di creare una centrale sindacale nella quale si raggruppassero le diverse organizzazioni settoriali, l’ING, Intersindacale Nazionale Galiziana. Nelle prime elezioni sindacali l’ING ottenne più del 12% dei delegati nelle fabbriche.
Dal 1976 erano esplosi scioperi e mobilitazioni in tutti i settori per ottenere miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro. E tanto il SOG, come successivamente l’ING, riuscirono ad impegnarsi in prima linea, favoriti dal fatto che l’UGT non aveva presenza reale e la CCOO cominciava a frenare la lotta sociale, subordinandola ai processi politici ed agli accordi assunti. Nelle assemblee guadagnammo affiliati e militanti, specialmente tra i giovani ed i precari. In verità nelle prime elezioni restiamo distanti dalle due grandi centrali statali, CCOO ed UGT, ma la nostra capacità di mobilitazione era considerevole ed in alcune città ed in quasi tutte le piccole città, la nostra forza era superiore alle altre organizzazioni sindacali.
La prima rottura grave col sindacalismo statale si ebbe con i Patti della Moncloa che furono firmati dal governo di Adolfo Suárez e dai partiti politici, tra essi il PCE e PSOE, appoggiati dalla CCOO e dall’UGT. La nostra centrale ed il MNPG si opposero decisamente, poiché quegli accordi significavano una perdita salariale e, cosa più importante, un freno all’avanzamento della classe operaia. L’argomento del sindacalismo statale che favorì la condivisione, benché alcuni settori della CCOO crearono problemi, fu che l’accordo favoriva la stabilità e consolidava la transizione democratica.
Il nazionalismo galiziano decise di dare battaglia e convocò “Xornadas de Loita”, cioè un giorno nel quale si facevano brevi astensioni dal lavoro, assemblee nelle fabbriche e negli uffici, mobilitazioni. Partecipò tutto il MNPG, dall’ING fino all’ERGA, dal sindacalismo rurale (SLG-CCLL) fino a settori del mondo della cultura. Fu un successo, più che per le astensioni, per il livello di mobilitazione sociale che si ottenne, e pertanto, aumentarono ancora gli iscritti. Nel 1978 si fecero due di queste giornate, la prima il 27 gennaio, la seconda il 27 settembre.
3. Riconversione e scioperi generali
Tra il 1980 ed il 1982 la nostra centrale si unificò in primo luogo con la CTG (Confederazione dei Lavoratori Galiziani) e poi con la CSG (Confederazione Sindacale Galiziana), nate da scissioni della CSUT ed USO rispettivamente. Da questo processo nasce l’INTG (Intersindacale Nazionale dei Lavoratori Galiziani). Nelle elezioni sindacali del 1980 ottenemmo 1.672 delegate e delegati, cioè il 17,53% del totale in Galizia. Questo significava, secondo la legislazione dello Stato spagnolo, che eravamo tra i “sindacati più rappresentativi”, poiché avevamo più del 15% dei voti e più di 1.500 delegati. Ciò ebbe la sua importanza, poiché ci posizionava tra le grandi centrali sindacali, ci permetteva di stare in tutti gli organismi istituzionali di rappresentazione sindacale a Madrid, come di essere presenti su tutti i tavoli di trattativa e convocare elezioni nelle imprese di qualsiasi settore.
Nella decennio ’80, oltre al PSOE al governo, altre novità si preparavano per la Galizia. Tra queste gli accordi per il processo di integrazione nel Mercato Comune Europeo e l’applicazione della LOAPA che è la conseguenza sul modello di autonomie del colpo di stato del colonello Tejero che fallisce ma ottiene che si riduca notevolmente l’autonomia reale delle nazionalità storiche Basca, Catalana e Galiziana. Il processo di integrazione nel MEC che coincide con un difficile momento economico, si pretende di risolvere, da parte del Governo centrale, il PSOE, mediante la liquidazione di imprese pubbliche, fra queste i cantieri navali, la precarizzazione del lavoro in settori come l’edilizia e lo smantellamento di attività agrarie competitive in Europa, come l’allevamento di bestiame e, soprattutto, la produzione di latte.
La riconversione a seguito dello smantellamento dei cantieri navali pubblici, non risulta loro facile, per quanto sia la CCOO che ha qui il suo feudo, sia la UGT seconda forza sindacale, firmano i patti di riduzione degli organici. I lavoratori hanno una tradizione di lotta ed una gran coscienza di classe. Iniziano mobilitazioni settoriali e, quando si proclama uno sciopero generale nelle regioni interessate, Vigo e Ferrol, il 14 febbraio, l’INTG decide di estenderla a tutti i settori. Uno sciopero nazionale galiziano. I sindacati statali, maggioritari, fecero ironia, forti del controllo sulle imprese interessate. Inoltre, sostenevano che i lavoratori si muovevano solo per personali problemi concreti. Ci fu anche dibattito nell’INTG, e alcuni compagni la pensavano allo stesso modo. La cosa certa è che lo sciopero generale benché non fosse totale ebbe un successo importante. Dimostrammo che anche la classe operaia sapeva muoversi per solidarietà, compresi quei settori con minore tradizione di lotta. Sconfiggemmo i criteri esclusivamente economicistici, e quelli che utilizzano questi argomenti per frenare la lotta sociale. Quell’anno facemmo altre due scioperi generali, ai quali si unì anche la CCOO.
4. L’unità nella CIG
Nel 1985 le tensioni interne diedero luogo alla rottura della centrale in due parti praticamente uguali, l’INTG e la CXTG (Central Xeral de Traballadores Galegos). Ciò che si ruppe in pochi mesi divenne molto difficile da rimettere insieme. Questa separazione in buona sostanza fu il prodotto della precedente rottura del fronte chiamato BNG (Blocco Nazionalista Galiziano), e dell’incapacità di comprendere che ci trovavamo in una situazione interna diversa, più plurale nelle idee, ed in un contesto nel quale la rottura politica (nella quale persistevamo) era inevitabile. Per la verità incise anche il fatto che governasse il PSOE, e come affrontare questa nuova situazione, il colpo di stato di Tejero, etc.
Facciamo però un salto indietro nel 1994, quando il sindacalismo nazionalista si avviò all’unificazione. Poco dopo farà altrettanto il nazionalismo frontista, che inizierà una rapida evoluzione, aumentando la sua rappresentanza, continuerà anche a poco a poco a moderare le sue posizioni politiche, senza ricorrere ad un dibattito profondo sul cammino da seguire nel nuovo contesto internazionale.
Nel 1990 si crea la Convergenza Intersindacale Galiziana, la CIG, che si definisce di classe, nazionalista (dal punto di vista antimperialista e di liberazione nazionale), autonoma, democratica, ecc. È il prodotto di un’alleanza elettorale dell’INTG e la CXTG che mantengono i propri organismi di direzione, ma nominano un coordinamento a livello nazionale, regionale e di settore, per l’azione sindacale. In questo modo si recupera il carattere di sindacato più rappresentativo e pertanto la presenza negli organismi internazionali e nello Stato spagnolo.
Questa coalizione ha le sue contraddizioni e l’unificazione definitiva ritarderà altri quattro anni. Concretamente si consoliderà con un Congresso Costituente il 19 di marzo di 1994. Fernando Acuña che era stato segretario generale della CXTG, passa ad essere il nuovo segretario generale della CIG - ora confederazione - e Manuel Mera che era stato segretario generale dell’INTG, segretario confederale.
5. Le ultime lotte
Ma torniamo a questo nuovo secolo, molto ricco di mobilitazioni sociali che vede un avanzamento nel numero di associati alla nostra centrale sindacale. A giugno del 2001 si celebrò il 3º Congresso della CIG che elesse Xesús Seixo segretario generale.
Un periodo estremamente conflittuale il 2001; un’esperienza importante fu uno sciopero in una piccola impresa di trasporto di persone, con poco più di 130 lavoratori e lavoratrici. Un conflitto che nasce dalla richiesta dell’applicazione del contratto collettivo. Ci impegnammo direttamente negli scioperi, mentre sia la CCOO che l’UGT mantennero posizioni ambigue o di vero e proprio boicottaggio. Furono 120 giorni di sciopero, ci furono mobilitazioni giornaliere, manifestazioni ed atti di solidarietà. Si fecero collette tra i lavoratori, si ottenne la solidarietà dei cittadini. Alla fine si vinse, anche se la lotta ebbe dei costi. Gli stessi lavoratori comunque ritennero che ne era valsa la pena e che lo avrebbero rifatto in caso di necessità.
Questa lotta favorì in quell’anno uno sciopero generale in Galizia, il 15 giugno, contro l’accordo di riforma delle pensioni, proclamato dalla CIG e dall’UGT, mentre la CCOO si accordò col Governo di destra e con la Confindustria su queste misure negative. Fu l’unico sciopero spagnolo portato a termine con successo. Un anno dopo, il 20 giugno del 2002, si fece un nuovo sciopero generale, questa volta anche con l’appoggio della CCOO, contro nuovi tagli ai diritti. A Vigo manifestano - secondo le stime della polizia - 120.000 persone, 25.000 a Ferrol, 20.000 a Santiago de Compostela, 20.000 a Coruña.
A novembre dello stesso anno si verificò la tragedia sulle nostre coste, il Prestige affonda di fronte a Fisterra, per mancanza di misure di prevenzione e negligenza tanto del Governo centrale come di quello locale. Sono andate in rovina le coste e le foci fluviali, buona parte degli allevamenti marini e la pesca che dà da vivere a migliaia di persone è di fatto compromessa. I pescatori, le loro famiglie ed i vicini rispondono come possono. La nostra centrale mette al loro servizio tutti i mezzi a disposizione, altrettanto fanno le altre organizzazioni nazionaliste.
Si realizzano da tutte le parti mobilitazioni oceaniche, il 1° dicembre, sotto la pioggia, si radunano 300.000 persone a Compostela, altrettante a Vigo l’11, ed un numero ancora maggiore a Madrid il 22 febbraio. Si crea un’organizzazione, “Nunca Máis”, per dirigere la lotta che raggruppa 350 fra partiti, sindacati e associazioni; la nostra centrale entra a farne parte, non altrettanto il PP, né il PSOE, né l’UGT né la CCOO. Tuttavia questi ultimi tre marcheranno qualche presenza in alcune mobilitazioni. Migliaia e migliaia di bandiere della Galizia listate a lutto sventolano sulle case, sulle automobili, dappertutto. Fu questo, senza dubbio, il maggiore movimento di massa che si ebbe nella nostra nazione negli ultimi cinquanta anni. Ancora due anni dopo migliaia di bandiere pendevano dalle finestre delle case. Il disastro del Prestige aveva risvegliato le coscienze, e non solo a Vigo che ha una grande tradizione di lotta.
Questa lotta marcia di pari passo con l’opposizione alla guerra in Iraq, i partecipanti sono gli stessi, benché in questo caso la presenza di partiti e sindacati spagnoli sia maggiore. Le mobilitazioni per il ripudio dell’invasione e dell’occupazione sono impressionanti.
In questo periodo dobbiamo confrontarci anche con un nuovo dibattito politico ed ideologico, l’approvazione della Costituzione Europea. La nostra centrale si oppose chiaramente e realizzò una forte campagna contro. I motivi alla base della nostra opposizione sono evidenti, essa rafforza l’idea di una Europa imperialista che nega le forme democratiche al suo interno, santifica il modello neoliberista specialmente su due temi fondamentali: la deregolamentazione del lavoro e la privatizzazione dei servizi pubblici.
Durante questo periodo aumentano i conflitti, tanto nazionali che sociali e Aznar perde le elezioni, per poco, ma le perde. Si ritirano le truppe dall’Iraq mentre in Galizia perde Fraga. La Giunta della Galizia rimane nelle mani di una coalizione tra il PSOE ed il Blocco Nazionalista Galiziano (BNG). Comincia una nuova era, almeno nella gestione e nei modi di fare politica, il tempo dirà sulla profondità di questo cambiamento.
6. Conclusioni
Noi della CIG pensiamo che il governo di Zapatero continuerà con la deregolamentazione del lavoro, strizzando l’occhio alla CCOO ed all’UGT per facilitarne il percorso. A livello economico le riforme realizzate del mercato del lavoro e fiscale già favoriscono gli imprenditori e i grandi patrimoni. In politica estera sono stati inviati militari in tutti i posti dove l’imperialismo ha interessi: Afghanistan, Haiti, Repubblica Democratica del Congo, ecc.. Il ritiro delle truppe dall’Iraq si è quindi ridotto ad un espediente elettorale. Basta vedere il doppio gioco che si pratica con Cuba, Venezuela e Bolivia, dove insieme alle belle parole si appoggia l’opposizione filoimperialista, per comprendere il cinismo con il quale procede il governo socialdemocratico su questi temi.
La riforma statutaria, siglata in Catalogna coi partiti nazionalisti più autonomisti e pertanto con le destre sociali - che diverrà il modello per tutti, compresa la Galizia -, non passa per un maggiore decentramento, maggiore gestione di fondi e competenze extra, ma per leggi che riconducono il tutto sempre e di nuovo a Madrid. Le borghesie sono oggi quasi tutte, tranne alcuni casi sparsi in pochi paesi, favorevoli alla globalizzazione neoliberista, ai progetti espansionisti.
Relativamente alla riforma dello Statuto di Autonomia, per quanto già detto, temiamo che non garantirà alla nostra nazione il diritto all’autodeterminazione, la difesa dell’identità, cultura e lingua e la sovranità necessaria per sviluppare l’economia.
Negli ultimi venti anni abbiamo perso il 20% della popolazione che parla galiziano. Oggi parla esclusivamente galiziano un 55%, un’altro 10% parla castigliano, ed il resto entrambe le lingue. Il galiziano è sinonimico di classe operaia, di contadino, di pescatore. Il 75% della popolazione è salariato, meno del 7% sono contadini, la disoccupazione è al 12%, il lavoro precario è al 35% ed arriva al 63% tra i giovani sotto i 30 anni. Ogni anno emigrano 20.000 giovani, e muoiono 7.000 persone in più di quelle che nascono. Ci sono fuori dai confini regionali 900.000 galiziane e galiziani, dei quali la metà sta nel resto della Spagna. È verità che l’economia cresce, ma a beneficio di pochi e l’industria ed i servizi sono in buona misura in mani straniere.
Questi dati indicano le nostre difficoltà globali, come paese, ma i problemi crescono quando si tratta di spostare l’analisi solo sulla classe operaia e contadina. Negli ultimi anni sono aumentati i tassi di precarietà, i ritmi e i tempi del lavoro e nel contempo sono diminuiti in termini reali i salari, tenendo conto della produttività, delle imposte indirette e della privatizzazione dei servizi essenziali. La società è ulteriormente frammentata. Tra un 55 ed un 60% non risparmia niente, ed una cifra simile ha problemi per arrivare alla fine del mese. Un 20% e sotto la soglia di povertà.
In questo contesto la nostra centrale comprende che più che mai in questo momento il concetto di classe e sovranità nazionale, in un paese dipendente, è parte di un stesso progetto di liberazione; che l’internazionalizzazione non è conseguenza dell’eliminazione delle identità se non nello sforzo di perseguire che tutti abbiano gli stessi diritti, le stesse garanzie, poiché tutti sono parte della nostra ricchezza. L’isolamento dell’individuo è il grande trionfo del capitalismo attuale, cioè: l’esaltazione dell’individualismo, della concorrenza smisurata; della carenza di contratti collettivi; la sottomissione acritica alle disposizioni ed alla cultura egemonica, considerata universale e progressista.
Per tutto questo la nostra battaglia, quella dei sindacati, non può rimanere nei confini angusti della fabbrica e degli uffici pena la sconfitta. Dobbiamo, sindacati e forze popolari tutte, oltre a mobilitarci giornalmente per i problemi concreti, dare battaglia nel campo delle idee. Vuole dire, quindi, diffondere le nostre lotte e gli obiettivi di giustizia sociale e difesa della nostra identità, sia come classe che come nazione: la formazione e la comunicazione sono la sfida più importante in questo terzo millennio.
Un ultimo dato per il lettore italiano. Il sindacalismo nazionalista, di classe, oggi rappresenta il 26,8% delle delegate e dei delegati totali della Galizia, circa 5.000 su 18.600. Siamo la prima centrale sindacale nelle due regioni più industrializzate, Vigo e Ferrol, dove il Partito Comunista fu più forte negli anni di lotta contro il franchismo. Un dato, la coalizione Sinistra Unita rappresenta meno dell’1% dei voti nel nostro paese perché la stragrande maggioranza dei comunisti militano nel BNG.
Siamo un sindacato con peso molto grande nell’industria, nell’edilizia, nella pesca e nei servizi pubblici. Un esempio di questa presenza è il recente sciopero dei metalmeccanici nella provincia di Pontevedra che ha interessato 20.000 lavoratori per nove giorni, con manifestazioni a Vigo che hanno visto la partecipazione tra le sette e le diecimila persone. L’agitazione ha riguardato principalmente le industrie ausiliari dell’industria automobilistica e delle costruzioni navali. La CIG ha 6 dei 12 membri sindacali nella Commissione Negoziatrice, la CCOO altri 4 e l’UGT 2. Questo ha potuto garantire le assemblee permanenti e la decisione sull’accordo che ha previsto aumenti salariali tra il 6% ed il 7% per questo anno a seconda della categoria e l’obbligo di un minimo del 50% di personale in pianta stabile che per il settore navale arriva ad oltre il 70%.
Il tempo e la lotta diranno se saremo capaci di costruire un mondo migliore. Un’umanità senza sfruttati e sfruttatori, nella quale si rispettino i diritti dei popoli, le libertà individuali, e la solidarietà sia un principio basilare delle relazioni tra le nazioni e le persone. Per questo motivo riteniamo che quanto sta accadendo in Venezuela e Bolivia, siano esperienze da appoggiare con convinzione, come la lotta del popolo cubano per difendere la propria sovranità e le conquiste essenziali della Rivoluzione.
note
* Segretario Confederale per la Formazione Sindacale e la Comunicazione della CIG.