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LO SVILUPPO ALTERNATIVO ECO-SOCIO-COMPATIBILE

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“Cura del ferro” e trasporto eco-sostenibile per il futuro.
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“Cura del ferro” e trasporto eco-sostenibile per il futuro.

RAIMONDO ORSINI

L’esempio di Roma

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1. Contro la schiavitù dell’auto Immaginiamo di poterci fermare un attimo e ragionare sul mondo dei trasporti in un’ottica di lungo termine (ad esempio 10 anni): se fossimo in grado di pianificare ragionevolmente i cambiamenti necessari, come potremmo coniugare gli aspetti socio-ambientali con quelli economici? Qaule sarebbe un sistema di trasporto “sostenibile”? Come vorremmo che fosse un sistema di trasporti metropolitano e regionale nel 2015, ad esempio per la citta’ di Roma? I dati dell’UITP (Unione Mondiale del Trasporto Pubblico) ci confermano che, mentre a Parigi e Londra i mezzi privati circolanti corrispondono a un terzo circa della popolazione residente, a Roma le auto ed i motoveicoli sono circa 2.500.000, cioè uno per abitante. Chi oggi vive a Roma deve possedere un mezzo, perché il trasporto collettivo non garantisce ancora spostamenti rapidi ed affidabili su tutto il territorio comunale. Su questo campo le possibilità di intervento sono molteplici e molti orizzonti ancora da conquistare. La figura precedente-relativa a Parigi e per questo ancora piu’ applicabile ancora a Roma-fornisce l’evidenza del fatto che, mentre la durata di un un viaggio in treno di 700Km dal 1950 ad oggi sia più che dimezzata, la velocità media dei bus cittadini nell’ora di punta in 50 anni sia addirittura diminuita! È fondamentale allora perseguire, e se possibile accentuare, l’impostazione strategica già avviata di disincentivazione all’auto privata, per favorire la qualità, la funzionalità e soprattutto la velocità del trasporto collettivo. Sono assolutamente positivi ed anzi auspicabili per i prossimi 10 anni quei provvedimenti che sinergicamente e contemporaneamente disincentivino il mezzo privato in favore di quello collettivo, quali l’aumento della percentuale di corsie preferenziali, le chiusure al traffico del centro storico il pay-parking ed il paydriving. È evidente che per continuare ad attuarli è necessaria una forte dose di coraggio da parte degli amministratori e soprattutto una diffusa collaborazione da parte dei cittadini: questi provvedimenti, pur apparendo impopolari, sembrano assomigliare alle antiche medicine consigliate dai medici cinesi che all’inizio sembrano di sapore amaro ma col tempo divengono dolci e portano guarigione duratura.

2. Il trasporto su ferro come unica cura per la sostenibilità La necessità di limitare l’uso dell’auto privata in favore del trasporto collettivo è quindi il mio primo-evidente ma forse non troppo scontato-auspicio. Un’altra necessità per i prossimi anni mi sembra essere il riequilibrio modale del trasporto collettivo, attraverso l’aumento della quota di trasporto su ferro (metropolitane e tram e treni locali) rispetto a quello su gomma. Infatti, pur essendo probabile (ed auspicabile) che nei prossimi 10 anni siano assai più diffuse di oggi le tecnologie sostenibili per gli autoveicoli (mi riferisco ai motori ibridi diesel/elettrici, ai motori ad idrogeno, all’alimentazione a Gas, etc.), in realtà la persistenza del problema della congestione del traffico e del forte consumo energetico generale evidenzierà comunque il bisogno di nuovi sistemi di trasporto collettivo. È infatti l’aumento del trasporto collettivo su ferro la “cura” rivoluzionaria del sistema, l’unica in grado di soddisfare contemporaneamente le esigenze ambientali e sociali. Infatti, come evidente dalla figura sottostante, a parità di unità di traffico trasportato (passeggero*km), la differenza di inquinamento (locale e globale) fra la ferrovia e la strada è dell’ordine di un terzo. D’altro canto, la percentuale di occupazione del suolo pubblico-e cioè la causa diretta della congestione-provocata dal trasporto di un flusso di 50.000 viaggiatori*ora risulta devastante nel caso di utilizzo dell’auto privata, ad impatto comunque notevole per un sistema di bus e assolutamente accettabile per una linea di tram o metropolitana di superficie, come chiaramente dimostrato dall’immagine seguente. La cosa interessante è che nei piani esiste già una strategia di sviluppo sostenibile del trasporto e di aumento della quota per la rotaia, la così detta “cura del ferro”. La necessità per i prossimi anni, io credo, è quella di riuscire ad attuare entro i tempi quanto già pianificato: non serve creare nuove idee, quelle esistenti sono già buone, servirebbe “solo” attuarle. Infatti, se al 2015 la rete ferroviaria metropolitana utilizzabile a Roma (FM e linee metro) corrisponderà a questa immagine- già presente sul sito del Comune- se cioè saranno operative le nuove linee B1 e C e, aggiungo io, saranno avviati i lavori per la linea D, e se lo sviluppo delle linee ferroviarie regionali si sposerà con una intelligente pianificazione urbanistica e con una coerente politica di finanziamento pubblico, forse la scelta di non possedere a Roma l’auto privata sarà veramente realizzabile. 3. Il punto dolente: i finanziamenti Se la “cura del ferro” è l’obiettivo strategico da perseguire, ed il “design” del nuovo Piano del Ferro è già pronto, dobbiamo però ammettere che la situazione a Roma, come dice spesso un mio esimio collega, è ancora quella di “grave anemia”. Non è questa la sede per analizzarne le cause, né è mio compito quello di individuare responsabilità - quello che mi sembra invece importante è tentare di confutare la tesi che ha portato a rallentare o, addirittura, negare i finanziamenti alle nuove linee, sulla base della (pur vera) constatazione relativa ai costi onerosi. Su questo punto vorrei far notare che forse nelle scelte pianificatorie non si tengono a debito conto le “esternalità” da attribuire ai trasporti locali, come invece suggerito dal Libro Bianco dell’UE sulla Politica dei Trasporti al 2010. Come Gruppo FS abbiamo pubblicato uno studio svolto dagli Amici della Terra - “I Costi ambientali e sociali della Mobilità in Italia”- che riflette in termini macroeconomici, quantificandoli in Euro, l’incidenza dei costi sostenuti dalla collettività e che non sono incluse nel costo del viaggio. Alle stesse conclusioni e’ giunto un analogo studio commissionato dall’UIC (Unione Internazioneale delle ferrovie) ad istituti accademici di Berlino e Zurigo. Se quantifichiamo i costi degli incidenti stradali (spese sanitarie), dell’inquinamento atmosferico (spese sanitarie e costi disinquinamento monumenti ed immobili), i costi dei cambiamenti climatici derivanti dalle emissioni di gas serra (e cioè degli interventi necessari a neutralizzare gli effetti dannosi), dei danni da rumore e della congestione (tempo inutilizzato ed uso del territorio), troviamo che il trasporto su ferrovia- alla collettività-costa meno di un quarto di quello su autovettura e la metà di quello su bus. Sono queste le proporzioni di cui bisogna tenere conto nell’attività di pianificazione delle infrastrutture di trasporto, specialmente per un investimento a lunghissimo periodo. L’auspicio che vorrei lanciare allora, è rivolto proprio a chi deve prendere le decisioni a livello nazionale, affinché si tengano in debito conto questi dati. 3. Un’idea: il Protocollo di Kyoto Per chiudere, vorrei ricordare un obiettivo importante e, vorrei dire, naturale in un’ottica di previsione degli scenari futuri per la sostenibilità. Sto pensando infatti al contributo che può dare Roma all’applicazione del Protocollo di Kyoto, appena entrato in vigore grazie alla recente ratifica della Russia. Come sappiamo, e come illustrato nella figura seguente, gli obiettivi sottoscritti dal Governo Italiano per i gas serra sono quelli di ridurre al 2012 le emissioni del 6,5%. Ora, al 2003 le emissioni italiane risultavano cresciute e purtroppo il trend per il 2012 prevede, senza azioni correttive, un aumento del 20% in luogo di quella diminuzione del 6,5% concordata a livello internazionale. Il settore dei trasporti, secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, contribuisce più del 30% a determinare questo incremento ed è quindi necessario un intervento deciso. Se Roma, attraverso un’attenta politica per la mobilità sostenibile che preveda l’apertura di nuove linee metropolitane, lo sviluppo del trasporto su ferro e l’attuazione dei provvedimenti di limitazione dell’auto privata, riuscirà al 2012 a spostare una quota sensibile di passeggeri dalla strada, potrà puntare ad una diminuzione esponenziale delle proprie emissioni e costituire un modello per le altre città italiane e per la corretta applicazione del Protocollo in Italia. L’occasione è buona e le possibilità di farcela ci sono. Un incoraggiamento ci giunge, secondo me, dal nostro fiume, il Tevere. Mi ricordo infatti quella scena di un film di anni fa in cui un noto comico romano proponeva, ironicamente, di asfaltarlo, per far scorrere il traffico a 3 corsie e perché in fondo il fiume così com’era risultava “inutile”, non serviva. Guardiamo ora cosa è successo: grazie ad uno sforzo preciso e dedicato che ha portato all’applicazione della normativa ambientale sugli scarichi civili ed industriali e agli investimenti per ridare lustro e dignità ad un simbolo di Roma, oggi il Tevere è molto più pulito, navigato e frequentato addirittura da specie protette di animali, proprio nel centro della metropoli. Chi ci avrebbe creduto dieci anni fa?

* Esperto Trenitalia per Energia e Ambiente con incarico internazionale a Parigi.