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Ignazio Riccio
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per Proteo (8)

Giornalista del “Corriere del Mezzogiorno”

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Il dramma umano della povertà da lavoro.

Ignazio Riccio

Un punto di vista su “L’uomo precario nel disordine globale”

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"Il disonore dell’uomo è il Potere. Il quale si configure immediatamente nella società umana, universalmente e da sempre fondata e fissa sul binomio: padroni e servi - sfruttati e sfruttatori" (Elsa Morante)

1. Vivere nell’incertezza

Essere disoccupato, nella società di oggi, non vuol dire necessariamente che non si lavora, che non si è funzionali al processo produttivo. La maggior parte dei disoccupati ha un’attività non remunerata, o un lavoro precario, o passa alternativamente dalla disoccupazione all’impiego, o lavora solamente d’estate. Anche i disoccupati di lunga durata mantengono una di queste caratteristiche che vanno dallo sbrigare le faccende familiari, fino a lavorare a tempo pieno al nero. Da questo punto di vista la disoccupazione può considerarsi parte di un fenomeno più vasto che è quello della precarietà. Una differenza tuttavia esiste: si può uscire dalla disoccupazione, ma con molta difficoltà si riesce a superare la precarietà. Il lavoratore precario è sottomesso ad un’incertezza costante e non può darsi delle regole fisse di consumo, non può arrivare ad una sicurezza nell’acquisizione dei beni individuali strategici, come l’abitazione, o nella pianificazione familiare. Alternativamente questo lavoratore subisce il rischio costante di ritrovarsi senza lavoro o la paura di restare totalmente marginalizzato nel corso di una qualsiasi crisi ciclica di lavoro. Queste situazioni hanno la loro conseguenza politica. La lotta per la trasformazione sociale nel settore socio-economico non è già più un bisogno per i lavoratori stabili, la loro lotta è la difesa dei diritti ancora in vigore, validi per il mondo operaio e che devono dunque essere legittimamente sostenuti da tutti i lavoratori coscienti. Solo i lavoratori precari possono condurre questa ed altre lotte; ogni offensiva operaia che possa realmente fermare le avanzate neoliberiste deve ben prendere in considerazione questi lavoratori in situazione precaria. E, senza dubbio, l’ideale sarebbe creare delle organizzazioni di lotta proprie della classe lavoratrice.

2. Il punto sulla “civiltà” del precariato È fresco di stampa il libro degli studiosi Luciano Vasapollo e Joaquìn Arriola Palomares: “L’uomo precario nel disordine globale”, dove è affrontato il tema della precarietà. Si tratta di un’analisi attenta del lavoro, necessaria per la comprensione di qualsiasi epoca e momento storico. Vasapollo e Arriola, dopo aver sviscerato i passaggi economici tra fordismo e post-fordismo, configurano lo scenario dei prossimi anni, nel quale il movimento dei lavoratori dovrà organizzarsi e confliggere per introdurre nello spazio europeo nuovi diritti del lavoro. Il libro offre lo spunto per ulteriori riflessioni partendo dal contesto ideologico che fa da sfondo ai lavoratori precari, i quali lavorano oggi e sono disoccupati domani. L’insicurezza strutturale che subisce il precario non può essere alleviata dalle offerte ideologiche o dagli interventi sociali del neoliberismo. All’incertezza dei precari il neoliberismo duro oppone l’equazione “Competitività = Successo = Fortuna”, con la volontà di nascondere la componente “Sfruttamento” che esiste all’interno stesso del concetto di competitività. L’antitesi a questa “Fortuna” sarebbe dunque la disoccupazione, cosa che, con questi presupposti ideologici, sarebbe il più grande fallimento possibile e che è comunque qualcosa di normale e quotidiano nella vita operaia di questo sistema economico. Comunque sia, questo messaggio neoliberista penetra nello spirito dei lavoratori attraverso i prodotti audiovisivi, la cui immagine però viene offuscata dalla situazione personale di chi vive la precarietà. Un ulteriore nucleo ideologico attivo viene dalla frazione ex sinistra della generazione del ’68 che propone una serie di comportamenti come la ricerca del piacere a breve termine, la sottomissione scettica e la rassegnazione. Nessuna di queste proposte solleverà i precari dal loro stato di ansietà. Il risultato è che i precarizzati identificano l’origine della loro situazione nelle attuali strutture neoliberiste ma non credono più possibile il cambiamento di sistema economico né, allo stesso modo, la deroga di una sola delle misure di deregolamentazione del mercato del lavoro. Con l’attuale rapporto di forza tra il padronato e la maggior parte dei sindacati sembra difficile organizzare forme concrete di lotta. Il potere accumulato dai padroni consente loro di lasciare senza lavoro una voluta area di precari, nel momento e sotto la forma desiderata. Come lottare contro ciò? Vasapollo e Arriola propongono “una battaglia europea di tutta la classe dei lavoratori, occupati o no, coperti dalle garanzie dei contratti collettivi o no, come momento centrale dell’iniziativa correlata alla riproposizione verticale dei conflitti sociali a partire dalla distribuzione sociale dell’accumulazione di capitale determinata da forme ogni volta più sofisticate di sfruttamento del lavoro, iniziando dalla redistribuzione ai lavoratori di quegli incrementi di produttività che in ultima analisi altro non sono che ricchezza sociale prodotta dai lavoratori”. Secondo il gruppo organizzato dei disoccupati di Bilbao, che hanno sviluppato una significativa linea di ragionamento sulla condizione dei lavoratori precari, esiste un mezzo per lottare contro il potere senza che il padrone possa esercitare la sua repressione diretta contro i lavoratori precari. Il disoccupato stesso può costituire una “retroguardia combattiva” di non lavoratori organizzati, sostenuta dagli stessi sindacati. Una retroguardia che controlli le tecniche rivendicative proprie, intervenendo in tutti gli spazi deregolamentati, nelle imprese più devastatrici e nella società in generale nell’insieme delle rivendicazioni storiche e attuali.

3. Le nuove povertà e gli effetti sociali I disoccupati di oggi possono essere assimilati ai nuovi poveri o in via di diventarlo. Si ascoltano sempre di meno frasi lapidarie che dipingevano i non lavoratori come fannulloni, mentre prevalgono argomentazioni che li presentano come vittime della crisi. Il disoccupato diventa ogni giorno una minaccia generale ed anche i capi della destra hanno la tendenza ad addolcire le forme delle loro misure restrittive. Solidarietà, particolarmente per la disoccupazione dei giovani, che agisce come ammortizzatore ad ogni riduzione della copertura sociale, ripartendo gli effetti della povertà tra tutti i membri della famiglia. Il cinismo dei neoliberisti li spinge ad esaltare i valori della famiglia, mentre nello stesso tempo vi scarica tutto il peso della propria politica antisociale. Sono tante le iniziative neoliberiste che danneggiano i lavoratori; le agenzie di assunzione private, per esempio, presentano un menù di profili operai, non solamente professionali ma anche psicologici graditi ai padroni. Indirizzano i lavoratori sul miglior modo di adattarsi al peggio delle esigenze padronali. È inaccettabile. Il problema è che queste imprese organizzano delle banche d’informazione con menù di profili operai in cui i padroni possono studiare quelli che sono da scartare a priori tra cui, senza dubbio, quelli che hanno capacità sindacali. Questo potere di selezione degli operai è una prerogativa eccessiva, creatrice di sottomissione ed antisindacale. La condizione del disoccupato, ma anche del lavoratore precario, ha conseguenze anche sulla sua salute. Ad Aversa, presso la libreria “Quarto Stato”, nel corso di una recente presentazione del libro “L’uomo precario nel disordine globale” si è discusso delle malattie scaturite dalla mancanza del lavoro e numerose riviste analizzano le relazioni tra la precarietà e la salute. Il rischio di morte prematura è quattro volte superiore tra i senza-lavoro; a partire dal terzo anno di disoccupazione, le visite dal dottore si moltiplicano; tre bambini di disoccupati su quattro sono in una situazione di fallimento scolastico; i senza-lavoro hanno un tasso più alto di malattie mentali, sono particolarmente esposti alla depressione. Lo stress, i dolori dorsali, l’alcolismo sono sovente la risposta dell’organismo all’inazione che deriva dalla ricerca del lavoro in un mercato in cui non ci sono lavori da trovare, ma solo lavori da creare. La medicina non è in grado di risolvere questi mali ma il sindacalismo, al contrario, potrebbe essere la migliore medicina. La sfida consiste nel ricostruire l’amor proprio di questi lavoratori vittime delle strutture economiche neoliberiste dandogli la possibilità di lottare contro le normative adottate dai Governi che sono delle toppe vergognose destinate a creare una clientela politica tra i senza-lavoro.

4. I disastri della legge 30 sul mercato del lavoro La legge 30, meglio conosciuta come legge Biagi, stravolge il principio base del diritto del lavoro. Siamo di fronte alla estremizzazione della precarietà. L’impresa potrà scegliere tra più di quaranta contratti di lavoro con meno tutele e senza un reale diritto alla retribuzione in caso di malattia e infortunio, senza una copertura previdenziale dignitosa, con un lavoratore sempre a disposizione dell’impresa. Con la legge 30 sarà possibile dividere un’azienda in più parti anche se non vi è nessuna esigenza produttiva, né autonomia funzionale preesistente del ramo d’azienda da cedere (in precedenza era obbligatorio che, per cedere una parte dell’azienda, questa fosse già prima della cessione dotata di autonomia organizzativa, o finanziaria o contabile). Siamo in presenza di possibili “spezzatini” del ciclo produttivo fatti senza alcun controllo e di una frantumazione delle soglie dimensionali dell’impresa. Sarà possibile inoltre moltiplicare gli appalti e i sub-appalti: questo vuol dire meno tutele contrattuali, salari più bassi, niente ammortizzatori sociali, anche per chi fino a ieri ne era provvisto. Altri punti deboli della legge riguardano la contrattazione, il lavoro a chiamata ed i diritti dei lavoratori part-time e a progetto. Un lavoro è dignitoso quando può contare su una buona protezione contro i licenziamenti, sulla certezza di avere percorsi professionali e di qualifica, sulla certezza del reddito e della futura pensione, sulla sicurezza sul lavoro, sulla garanzia di poter avere una rappresentanza. Di tutto ciò non c’è traccia nella legge 30.

5. Le proposte per migliorare le condizioni di lavoro I professori Luciano Vasapollo e Joaquìn Arriola Palomares, nel libro “L’uomo precario nel disordine globale”, disegnano le linee condivisibili di un programma di controtendenza e contrattazione sociale. A partire dal salario, dalla riduzione dell’orario di lavoro e dal reddito sociale. “La proposta di ridurre l’orario di lavoro a parità di salario - scrivono Vasapollo e Arriola - e la battaglia per un reddito sociale garantito per disoccupati e precari diventano le principali proposte valide per combattere la disoccupazione, proposte che possono essere in sintonia con l’ambiente, cioè con incrementi occupazionali a compatibilità sociale e tenendo presente i problemi ecologici”. L’dea è quella di garantire un salario minimo europeo “che riduca significativamente le enormi disparità salariali”. Tutto ciò non può prescindere dalla riaffermazione della centralità del contratto e da una nuova agenda per il Welfare State. Vasapollo e Arriola ritengono necessario il ritorno al marxismo, attraverso il superamento del modo di produzione capitalista. “La liberazione della classe operaia dallo sfruttamento capitalista - concludono - è possibile solamente mediante il superamento del modo di produzione capitalista. Nonostante le trasformazioni avvenute nei metodi di produzione, la crescita del lavoro autonomo, precario, mal retribuito, e una sempre più ampia diffusione dell’impresa nel territorio, il lavoro continua sempre ad essere al centro del sistema produttivo. Sono ancora i soggetti del lavoro e del lavoro negato gli agenti per la trasformazione radicale di fuoriuscita dal capitalismo per muoversi verso l’orizzonte del socialismo. Per questo bisogna garantire un’attenzione preferenziale alla classe dei lavoratori, alle lotte di tutto il mondo del lavoro e del lavoro negato, per muoversi da subito nella strategia di classe della trasformazione reale della società”.

Bibliografia J. Arriola, L. Vasapollo, L’uomo precario nel disordine globale, Jaca Book, Milano 2005. Lavoro precario, 18 novembre 2005 www.rivistaindipendenza.org. Riccardo Bellofiore, Una discussione su Rifondazione e sulla rivista, in “la rivista del manifesto”, novembre 2001. Il lavoro non è una merce, 22 novembre 2005, www.cgil.it. Roberto Farnetti, In un anno aumentato del 7% il lavoro precario, in “Liberazione”, 11 agosto 2005.

Note

* Giornalista, ricercatore dell’Osservatorio Meridionale di CESTES-PROTEO.