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IL CAPITALISMO ITALIANO:RIFLESSIONI E CONTRADDIZIONI

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I prezzi controllati: il ruolo del Regolatore

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1 - L’intervento pubblico in materia di prezzi

1. L’erogazione dei servizi di pubblica utilità (public utilities) avviene in genere sotto il controllo dello Stato pur se con caratteristiche e forme differenti. Secondo la “teoria del benessere” (Hotelling), l’intervento dello Stato assicura una più elevata efficienza al sistema economico nel suo insieme quando la produzione è caratterizzata da costi marginali decrescenti ovvero trattasi di settori in cui per le dimensioni dell’impresa e per le caratteristiche a “rete” dei servizi forniti si avrebbe la formazione di monopoli. In passato, l’obiettivo di ottima allocazione delle risorse disponibili, nonchè la necessità di supplire le carenze dell’iniziativa privata in settori di attività economica, socialmente rilevanti ma scarsamente remunerativi1, ha portato all’assunzione da parte dello Stato di attività imprenditoriali.

2. Le componenti principali della regolamentazione dei servizi pubblici sono quattro:
  controllo sull’entrata di nuove unità produttive (in genere si prevede il monopolio legale);
  il controllo sui prezzi;
  il controllo sulla qualità e sulle condizioni dell’offerta;
  l’obbligo da parte dell’unità produttrice di fornire il servizio a tutti coloro che ne fannno richiesta a condizioni ragionevoli. Nel corso degli anni ottanta, la diffusa insoddisfazione nei confronti dell’intervento pubblico ha dato l’avvio - nei principali paesi industrializzati - ad un articolato processo di privatizzazione dell’economia basato prevalentemente sulla denazionalizzazione delle imprese e sulla liberalizzazione dei mercati (deregolamentazione). Lo sviluppo tecnologico ha, infatti, in molti casi eliminato quelle condizioni che rendono i mercati strutturalmente monopolistici. Anche in Italia, si è andata affermando - sul finire degli anni ’80 - l’esigenza di una diversa gestione delle public utilities. L’avvio del processo di privatizzazione attraverso la trasformazione in S.p.a. di alcuni importanti Enti che gestiscono servizi pubblici è stato indotto dalle crescenti esigenze di risanamento della finanza pubblica e dalla necessità di incidere sulle inefficienze che talvolta caratterizzano il modo di produrre di queste imprese. Tuttavia, analogamente a quanto avvenuto in altri paesi, il programma di privatizzazione e di introduzione di nuove forme di mercato ha comportato la revisione dell’intervento pubblico (dell’Autorità Regolatrice) in materia di controllo dei prezzi. Ad una politica tariffaria sempre più attenta alle implicazioni di carattere microeconomico si è, in alcuni casi, affiancata una maggiore concorrenza sul mercato. In effetti, il passaggio al settore privato non è da solo in grado di eliminare le inefficienze gestionali, che in assenza di un mercato concorrenziale, tendono anzi ad amplificarsi.

3. A livello generale, l’intervento dello Stato in materia di prezzi e di tariffe dei servizi pubblici si può ispirare a fini diversi: a) strumento d’intervento per fini di controllo di posizioni monopolistiche; b) strumento volto ad istituire per certi beni o servizi di consumo essenziali o di carattere strategico, un regime di prezzi politici al fine di garantire il soddisfacimento di certe finalità sociali (diffondere l’uso di certi beni e servizi anche ai ceti meno abbienti della popolazione) o di perequazione dei redditi (la determinazione di tariffe inferiori ai costi si traduce in un sussidio indiretto alle famiglie) o di sostegno alle imprese che utilizzano il servizio; c) strumento di intervento dell’operatore pubblico per promuovere ed incentivare certi sviluppi strutturali in particolari settori dell’economia o in alcune aree del territorio (Mezzogiorno) nel quadro di una politica di programmazione industriale; d) intervento di politica economica a carattere prevalentemente congiunturale (regolazione e contenimento di tensioni inflazionistiche o controllo, diretto o indiretto, di salari e profitti nell’ambito di una politica dei redditi).

4. La politica seguita in Italia nel settore dei prezzi amministrati e delle tariffe pubbliche ha avuto, in passato, tendenze diverse privilegiando di volta in volta, obiettivi sociali e di redistribuzione del reddito, di contenimento dell’inflazione o di riduzione del disavanzo pubblico. L’opinione prevalente - fino alla metà degli anni ’70 - era che lo Stato dovesse garantire a tutti i cittadini un minimo tenore di vita, considerato socialmente accettabile, e soddisfare direttamente alcuni bisogni essenziali con l’offerta di servizi pubblici gratuiti o a prezzo politico e comunque imporre in via autoritativa il prezzo di alcuni beni di prima necessità. Tale impostazione, se pure poteva essere accettabile nel periodo immediatamente successivo al secondo conflitto mondiale, in quanto le esigenze di ricostruzione e il basso livello del tenore di vita della popolazione lo richiedevano, ha prodotto effetti particolarmente squilibranti quando il sistema economico nel suo insieme si è trovato sottoposto a shocks esterni e/o la pressioni sulla dinamica dei prezzi e dei costi non è stata compensata da recuperi di produttività. Infatti, il prezzo di un bene o di un servizio “ amministrato”, pur mirando alla difesa del consumatore, deve essere sempre fissato su livelli equamente remunerativi, altrimenti provoca distorsioni nel sistema economico ed una inefficiente allocazione delle risorse. Nel settore privato entrano immediatamente in azione meccanismi di difesa che portano alla rarefazione dell’offerta, all’accaparramento e a distorsioni nel sistema produttivo. Nel settore pubblico la fissazione di prezzi e tariffe a livelli non rispondenti a criteri di economicità, oltre a contribuire in modo significativo alla dilatazione del disavanzo pubblico (v.TAB.3), rende più difficile la soluzione di problemi di lungo periodo quali il contenimento e la razionalizzazione dei consumi, il potenziamento - attraverso gli investimenti - di settori strategici per lo sviluppo dell’economia nel suo complesso. La consapevolezza che gli obiettivi di disinflazione e di riduzione degli squilibri di finanza pubblica vanno affrontati simultaneamente, ha portato ad un mutamento di indirizzo nella politica dei prezzi pubblici nel corso degli anni ’80. L’Accordo Governo - Parti sociali, attuato tra il 1983 ed il 1984, rappresenta un momento importante di tale mutamento.

5. La necessità di ridurre il tasso di inflazione a livello degli altri Paesi industrializzati porta il Governo - tra il 1983 e il 1984, cioè dopo il secondo shock petrolifero - ad utilizzare lo strumento dei prezzi pubblici al fine di impostare una politica dei redditi. L’aumento delle tariffe e dei prezzi amministrati si fa più riflessivo e si armonizza con l’esigenza di ridurre le indicizzazioni presenti nel sistema economico. L’effetto di “scambio” minori tariffe/minore costo del lavoro (prederminazione dei punti di contingenza) ha riflessi positivi sull’inflazione (v. TAB.1) Si innesta per così dire un circolo “virtuoso”: minori tariffe e dinamica più contenuta del costo del lavoro si traducono in minori costi per il sistema produttivo, cosicché pur in presenza di una ripresa dell’attività economica il tasso di inflazione si ridimensiona; d’altro lato, minore inflazione (e quindi minori oneri per interessi) e minor costo del lavoro si traducono in costi più contenuti anche per le imprese che producono servizi pubblici cosicché la capacità di autofinanziarsi (Enel, SIP) o, quanto meno, di ridurre il proprio fabbisogno (Ferrovie, Poste) viene assicurata senza un peggioramento degli oneri complessivi a carico della finanza pubblica.

6. Un sistema economico guidato da più ampie logiche di mercato e, nelle aree soggette a monopolio/oligopolio, da metodologie di controllo più adeguate al perseguimento di obiettivi di efficienza, di efficacia e di qualità del servizio offerto sembra essere quello capace di avviare alla modernizzazione le imprese di pubblica utilità anche nel nostro Paese. In effetti, anche se l’aumento delle tariffe pubbliche è risultato essere, dal 1984 in poi, in linea con l’inflazione (v. TAB.2), il prezzo pagato dai consumatori italiani rispetto a quelli dei principali paesi europei è risultato essere, in termini reali, sostanzialmente crescente a causa dell’incremento contenuto della produttività. L’opinione che si va affermando, recepita peraltro più volte nei Documenti Programmatici del Governo, è che l’adeguamento delle tariffe deve tener conto della struttura dei costi di produzione e degli eventuali spazi per recuperi di produttività e di efficienza nel modo di produrre i servizi stessi. Se non si incide sulle cause (aumento dei costi ovvero bassa produttività), la dinamica contenuta dei prezzi rischia, infatti, di riflettersi negativamente sui conti dei gestori dei servizi pubblici, sui loro investimenti e sulle caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi offerti. Per ottenere risultati concreti sul piano della dinamica dei costi occorre, quindi, un approccio più articolato i cui elementi costitutivi sono un forte aumento del grado di concorrenza nei pubblici servizi e una diversa regolamentazione dei servizi ove tale aumento della concorrenza non appaia realizzabile. Per i servizi per i quali non è possibile introdurre forme di concorrenza, per motivazioni economiche (monopoli naturali) o per ragioni di interesse pubblico, occorre attuare nuove forme di regolazione, attraverso l’introduzione di meccanismi semiautomatici di adeguamento delle tariffe (“price-cap”). In pratica, si passa dalle istruttorie del CIP volte ad accertare la dinamica effettiva dei ricavi e dei costi, che si sono rivelate in passato scarsamente capaci di incentivare aumenti di efficienza e qualità, a forme di regolamentazione basate su un sistema semiautomatico in grado di garantire per ciascun servizio una dinamica tariffaria inferiore all’inflazione ma vincolata all’andamento predeterminato della produttività e della qualità (“price-cap”). Una politica di adeguamenti tariffari più frequenti, raccordati al tasso di inflazione programmato, ma inferiore a questo - la differenza venendo data dagli incrementi di produttività - è ritenuta essere quella capace di perseguire contemporaneamente l’obiettivo di contenimento dell’inflazione e di riduzione dei disavanzi aziendali e, quindi, una più efficiente allocazione delle risorse disponibili

2. Le autorità di controllo

1. Fino al 1993, l’intervento pubblico in materia di prezzi è stato attuato in Italia attraverso due modalità principali: il sistema di “amministrazione” e quello di “sorveglianza” dei prezzi che faceva capo al Comitato Interministeriale dei Prezzi (C.I.P.)2 ed ai Comitati Provinciali dei Prezzi (C.P.P.)3, organismi che la Finanziaria per il 1994 ha soppresso. Per i prodotti sottoposti a regime di prezzo amministrato il C.I.P. (e, su base locale, i C.P.P.) determinava autoritativamente il prezzo. Per quelli a prezzo sorvegliato il C.I.P. seguiva l’evoluzione dei prezzi, riservandosi di proporre al C.I.P.E. il passaggio al prezzo amministrato quando la situazione lo rendeva opportuno. Il C.I.P., l’organo che riveste in questi anni un ruolo centrale per le decisioni nel settore, viene istituito4 nel 1944 allo scopo di passare dal sistema di controllo generalizzato dei prezzi del periodo bellico ad un sistema di controllo permanente dei prezzi (prezzi massimi) di un numero limitato di beni e servizi. Le competenze attribuite al C.I.P. riguardavano la determinazione del prezzo di qualsiasi bene o servizio, in ogni fase di scambio all’importazione e all’esportazione, al fine di impedire il formarsi di rendite monopolistiche o profitti speculativi, specie in settori di rilevanza strategica per la nostra economia ovvero attinenti a consumi essenziali.

2. Dopo il 1968, l’individuazione dei beni e dei servizi per cui il C.I.P. esercita le sue competenze viene effettuata sulla base delle direttive del C.I.P.E. (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica)5. Con questa norma si è voluto introdurre uno strumento istituzionale per far sì che la politica dei prezzi corrispondesse alle indicazioni della programmazione economica. Gli interventi del C.I.P.E, in materia di prezzi, non si sono limitati solo ad individuare i beni ed i servizi da sottoporre a regime di prezzo6, amministrato o sorvegliato, ma si sono rivolti talvolta a dare direttive al C.I.P. circa il metodo di determinazione del prezzo di alcuni beni (es.medicinali) come pure - in occasione dell’approvazione dei piani di investimento - i criteri da seguire per la determinazione delle tariffe in alcuni settori (telefonico, elettrico, trasporti, ecc.).

3. In relazione alla manovra di graduale rientro del fenomeno inflazionistico nazionale, avviata dal Governo nel 1984, viene attribuito al C.I.P.7 un ruolo centrale; i poteri di intervento e di coordinamento in materia di prezzi e tariffe vengono rafforzati. Il coordinamento del C.I.P. si esplicava sostanzialmente nella potestà ad:
  esprimere un parere preventivo vincolante sulle proposte di incremento superiori al tasso programmato di inflazione, da deliberarsi da parte di altri organi delle amministrazioni centrali dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;
  emanare apposite direttive8 alle amministrazioni regionali, provinciali, comunali e ai Comitati Provinciali Prezzi, per i provvedimenti da attuarsi nell’ambito territoriale di loro competenza, per contenere gli incrementi delle tariffe e dei prezzi amministrati, inclusi nel paniere ISTAT dei prezzi al consumo, entro il tasso massimo di inflazione fissato dal Governo;
  possibilità di annullare i provvedimenti dei Comitati Provinciali Prezzi (C.P.P.) assunti in violazione delle suddette direttive. Circa i contenuti delle direttive, i criteri di impostazione erano:
  indicazione per ciascuna voce dello spazio per aumenti conseguibile in corso d’anno e quello complessivo da realizzare nella media dell’anno.
  indicazione delle voci per le quali esisteva la possibilità di “derogare” ai limiti imposti nella direttiva9.

4. Nel biennio 1990-1991, si è assistito ad un processo che ha teso a sganciare progressivamente gli adeguamenti di talune tariffe e prezzi amministrati dal parere del C.I.P. In alcuni casi, si è trattato di un definitivo passaggio dal regime amministrato - che implica la preventiva autorizzazione da parte del C.I.P. o dei C.P.P. - alla disciplina di sorveglianza o alla totale liberalizzazione; in altri casi, si è trattato di un cambiamento dei soggetti preposti alla vigilanza. Un passaggio dal regime amministrato a quello libero, si e’ avuto, invece, per giornali quotidiani (1988), zucchero (1990), tariffe delle strutture recettive (alberghi e campings, 1991) e, ultimo in ordine di tempo, per le carni bovine fresche (1992), pane, latte, concimi e cemento (1993). Mentre per i prodotti petroliferi, il cui prezzo e’ stato sottoposto a regime sorvegliato10, è stato effettuato un controllo ex post dei listini da parte del Comitato Tecnico appositamente istituito nell’ambito del C.I.P fino a settembre 1993 e dalla Direzione Fonti di Energia del Ministero Industria per il periodo successivo fino al completamento del periodo di sorveglianza (30 aprile 1994).

5. La soppressione11 del Comitato Interministeriale Prezzi (C.I.P.), disposta nel 1993, si inserisce nell’ambito del disegno di riorganizzazione della pubblica amministrazione. Le competenze di carattere generale vengono trasferite al CIPE. In particolare, vengono trasferiti12 al CIPE i poteri di coordinamento in materia tariffaria ed il parere preventivo vincolante circa la compatibilità con il tasso di inflazione programmato delle variazioni tariffarie proposte da Amministrazioni centrali o enti locali. Al CIPE è demandata inoltre la verifica della rispondenza delle tariffe dei servizi municipalizzati, determinate attraverso contratti di programma pluriennali, a criteri di economicità di gestione e di compatibilità con gli indirizzi di politica economica generale. In tema di tariffe dei servizi pubblici, il CIPE è coadiuvato dal Nucleo di consulenza per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS)13. Tale organismo ha il compito di promuovere l’applicazione delle linee guida per la disciplina dei servizi di pubblica utilità (di cui alla Delibera del 24/4/1996), di favorire l’omogeneità dei contenuti dei diversi contratti di programma e di eseguire il monitoraggio degli effetti derivanti dai contratti stessi, in modo da consentire il perseguimento coordinato degli obiettivi di politica economica. Le competenze di carattere specifico, concernenti la fissazione di determinati livelli tariffari, sono state invece attribuite, sempre con il coordinamento del CIPE14 alle Amministrazioni centrali competenti per settore.

6. Diversa è la situazione per i settori liberalizzati o avviati alla liberalizzazione, per i quali i compiti sono affidati alle Autorità di settore. In particolare, le competenze in materia di energia elettrica e gas, inizialmente esercitate dal Ministero dell’Industria (oggi Ministero Attività Produttive), sono attribuite all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas15. Oggi l’Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio nel quadro degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo e dal Parlamento e tenuto conto delle normative dell’Unione europea in materia. I poteri di regolazione del settore fanno riferimento alla determinazione delle tariffe, dei livelli di qualità dei servizi e delle condizioni tecnico-economiche di accesso e interconnessione alle reti, in servizi in cui il mercato non sarebbe in grado di garantire l’interesse di utenti e consumatori a causa di vincoli tecnici, legali o altre restrizioni che limitano il normale funzionamento dei meccanismi concorrenziali. Nel settore delle telecomunicazioni, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, istituita dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, vigila sull’intero settore delle comunicazioni (telecomunicazioni, radiotelevisione ed editoria) contribuendo così ad eliminare i rischi di frammentazione nella regolazione in un settore caratterizzato da mutamenti tecnologici estremamente rapidi. Il potere di determinazione delle tariffe postali dei servizi “riservati” è attribuito al Ministro delle Poste e telecomunicazioni, previa acquisizione del parere NARS. Oggi, Poste SpA16 è il soggetto gestore del servizio ed il Ministero delle Comunicazioni è l’Autorità di regolamentazione del settore postale17. Il Ministero fissa nella misura massima le tariffe dei servizi riservati, sentito il NARS ed in coerenza con le linee guida fissate dal CIPE. Ciò tenendo conto dei costi del servizio e del recupero di efficienza, secondo quanto fissato nel contratto di programma stipulato tra Poste SpA ed il Ministero delle Comunicazioni, di concerto con il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica. Per quanto riguarda i servizi già aperti alla concorrenza ed in particolare i servizi di bancoposta, Poste SpA determina direttamente le tariffe alla clientela18. Per quanto riguarda il settore ferroviario le novità più rilevanti sono collegate alla riforma intrapresa a livello europeo per una maggiore liberalizzazione. L’Italia ha già trasposto le direttive relative al “pacchetto ferroviario” ed attualmente sta definendo il quadro normativo per istituire un’autorità di regolazione del settore. L’Agenzia sarà parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e si presenterà come una sorta di task force con funzioni di regolazione pro-attive, gestita da un Direttore Generale19.

7. Il disegno di riorganizzazione della pubblica amministrazione in cui le modifiche descritte si inseriscono, ha come cardini la riforma del bilancio (legge n.94 del 1997) e le riforme amministrative di cui alle cosiddette “Leggi Bassanini” (Leggi nn.59 e 127 del 1997) che, con l’introduzione della contabilità analitica per centri di costo e l’attuazione del D.Lgs.29/1993 si è inteso costruire una nuova amministrazione sul modello privatistico, secondo criteri di specializzazione professionale e di più marcata responsabilizzazione delle strutture ministeriali. In tale contesto assume particolare rilievo l’unificazione dei Ministeri del Tesoro, del Bilancio e della programmazione economica (oggi Ministero dell’Economia e delle Finanze), con la quale è stato perseguito l’obiettivo razionalizzare le strutture amministrative e potenziare gli strumenti operativi a supporto dell’azione di governo in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio20. In seguito alla unificazione è stato riorganizzato il CIPE21, affidandogli il ruolo proprio di governo e di indirizzo della politica economica, mentre i poteri di autorizzazione, revoca o concessione di contributi ed in genere competenze tecniche, amministrative e di gestione finanziaria vengono trasferite alle amministrazioni competenti per settore. Il ruolo delle Autorità indipendenti nel settore delle public utilities In Italia, negli ultimi dieci anni si è assistito ad un ripensamento radicale del ruolo dello Stato e dell’intervento pubblico nell’economia che si è accompagnato ad un processo di dismissione di partecipazioni pubbliche in settori chiave dell’economia - quali le telecomunicazioni e l’energia - tra i più intensi dei Paesi industrializzati. In pratica si è passato da Stato gestore a Stato regolatore22. Alla base di questo processo vi è l’obiettivo di accrescere i benefici per l’intera economia, sviluppare la quantità e la qualità dei servizi offerti e ridurre le tariffe, a favore dei consumatori. A tal fine sono state create Autorità amministrative indipendenti dapprima nel settore energetico e successivamente in quello delle telecomunicazioni. La loro attività ha affiancato quella già svolta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Perché i benefici derivanti dall’operare delle Autorità possano realizzarsi a pieno, è importante che le risorse loro destinate siano indipendenti dal bilancio statale. A tal fine, il modello che è stato previsto in Italia si basa su un finanziamento derivante dal prelievo - in misura massima dell’1 per mille - sul totale delle entrate delle industrie regolate. Dal punto di vista teorico, la presenza di Autorità indipendenti si giustifica sulla base del fatto che non è sempre sufficiente eliminare un monopolio legale per porre fine ad una posizione dominante. È infatti necessario un certo periodo di tempo ed una stretta vigilanza sui comportamenti dell’incumbent perché si instauri una effettiva capacità da parte dei nuovi entranti di competere nel mercato. I processi di privatizzazione delle imprese di pubblica utilità richiedono che, alla trasformazione della struttura societaria delle imprese pubbliche, si accompagnino quei cambiamenti strutturali da cui deriva una effettiva apertura del mercato. L’operare di Autorità indipendenti assicura l’instaurarsi nel mercato di condizioni di uguaglianza tra gli operatori. In questo contesto il ruolo dello Stato è diretto principalmente ad indirizzare le Autorità di settore a perseguire obiettivi di interesse generale ed, in particolare, a garantire l’universalità del servizio.

Note

* Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, Direzione I, Ufficio V - Prezzi e Regolamentazione.

1 Un esempio tipico è costituito dalla assunzione da parte dello Stato della gestione del servizio ferroviario nel 1905.

2 Il C.I.P., soppresso dalla Finanziaria per il 1994, era presieduto dal Presidente del Consiglio (che di regola delegava il Ministro dell’Industria) era composto da dieci Ministri (Finanze, Lavoro, Agricoltura, Trasporti, Industria, Lavori Pubblici, Commercio Estero, Partecipazioni Statali, Bilancio e Tesoro) e da tre esperti. Il C.I.P. era affiancato dalla Commissione Centrale Prezzi (C.C.P.), che aveva funzioni tecniche consultive ed era composta da rappresentanti dei Ministeri, dei datori di lavoro, dei lavoratori, delle associazioni dei consumatori, dell’ISTAT, dell’ICE, delle regioni autonome della Sicilia e della Sardegna, più tre esperti (rappresentanti dei Ministeri del Bilancio, delle Partecipazioni Statali e degli Interventi straordinari nel Mezzogiorno).

3 I C.P.P., che nell’ambito provinciale avevano gli stessi poteri e le stesse facoltà conferite al C.I.P. su base nazionale, erano presieduti dal Presidente della Giunta Regionale che, di norma, delegava un assessore alla Regione e, talvolta, persino il Presidente delle Camere di Commercio. I C.P.P. erano composti generalmente da rappresentanti della Camera di Commercio e di Uffici a carattere provinciale (Lavoro, Industria, Alimentazione).

4 D.L.L. del 18 ottobre 1944 n. 347.

5 D.P.R. 30 marzo 1968 n. 626.

6 Le Delibere CIPE di base sono quelle del 26 giugno 1974 e del 17 luglio 1974.

7 D.L. del 15 febbraio 1984.

8 Le direttive alle amministrazioni locali hanno riguardato un complesso di voci: pane - acqua - alberghi e campings - trasporti urbani - autolinee - trasporti funebri - latte - taxi - ingresso musei.

9 Con il provvedimento C.I.P. 28/1991 sono state concesse deroghe per il 1992, limitatamente al settore degli acquedotti per i quali operano le disposizioni sulla finanza locale (L. 331/90).

10 Inizialmente per il periodo settembre 1991 - aprile 1993, poi prorogato a settembre 1993 ma con una definitiva liberalizzazione dal 1 maggio 1994.

11 Art.1, legge 537/1993, collegato alla Finanziaria per il 1994.

12 L’art.5 del DPR 373/1994.

13 Previsto dalla Delibera del CIPE del 24 aprile 1996 ed istituito con successiva Delibera dell’8 maggio 1997.

14 In base all’art.5 del DPR 373/1994.

15 L’art.1, lett.b) della Legge 537/1993, nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione prevedeva l’istituzione di organismi indipendenti. L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas è stata istituita con la Legge 14 novembre 1995, n. 481 con funzioni di regolazione e di controllo dei settori dell’energia elettrica e del gas.

16 La trasformazione delle Poste in S.p.A. è stata deliberata dal CIPE il 18 dicembre 1997 (Delibera n.244). L’effettiva trasformazione ha avuto luogo il 28 febbraio 1998, data della prima assemblea successiva alla Delibera citata, con decorrenza 1° gennaio 1998. L’azionista è il Ministero del Tesoro, che esercita i suoi diritti d’intesa con il Ministero delle Comunicazioni.

17 Art.2 del D.Lgs. n.261 del 22 luglio 1999, che attua la Direttiva 97/67/CE concernente la liberalizzazione del servizio postale.

18 L’art.2, co. 20 della Legge n.662 del 23/12/1996 attribuiva all’Ente Poste il potere di determinare le tariffe dei servizi postali e di pagamento non svolti in regime di monopolio legale a decorrere dal 1° aprile 1997. Con D.P.R. n.144 del 14/3/2001 vengono espressamente abrogate le norme che prevedevano la potestà tariffaria in materia di bancoposta del Ministero delle Comunicazioni (D.L. n.487 del 1°/12/1993, cvt. In L.71 del 29/1/1994,).

19 DPR. 184 del 2 luglio 2004 art.6, che sarà seguito da un decreto ministeriale contente definizioni dettagliate dei doveri e delle responsabilità dell’organo di regolazione.

20 In base alla L.94/1997 (art.7) - che delega il Governo ad emanare un decreto di unificazione - i due ministeri sono stati unificati con D.Lgs.430 del1997. Le attribuzioni del Ministero sono state definite con i seguenti regolamenti: D.P.R.38 del 20 febbraio 1998; D.P.R.154 del 28 aprile 1998 e D.P.R.147 del 22 marzo 2001.

21 Art.1, commi 3 e 5, del D.Lgs.430 del 1997.

22 La regolazione economica è il complesso di misure esplicite con le quali lo stato induce negli operatori economici comportamenti che, altrimenti, non sarebbero stati adottati. Può riguardare i consumatori (regolazione della domanda), i produttori (regolazione dell’offerta) o il mercato. Può essere ex-ante (misure che precedono le azioni degli operatori economici e sono volte a orientarle: interventi di settore volti a fissare prezzi, regolazione della qualità...) o ex-post (misure volte a correggere le azioni degli agenti: interventi anti-trust).