Riprendiamo il discorso sulle privatizzazioni già analizzato
in diversi numeri di PROTEO per cercare di collocare storicamente ciò che è
avvenuto nel nostro Paese dagli anni ‘90 in poi; anni in cui si è cominciata
ad attuare quella politica di dismissione del patrimonio pubblico che, pur non
essendo ancora conclusa, ha già mostrato i suoi tanti lati negativi.
I lavoratori e i cittadini, infatti, hanno già potuto saggiare
le conseguenze della politica di liberismo e della “febbre di apertura al mercato”
che ha contagiato ormai tutti i governi occidentali.
Insomma analizziamo lo stato delle privatizzazioni, nel doppio
senso della situazione attuale e della forma di governo.
COLLOCAZIONE CRONOLOGICA
Nel nostro Paese nel marzo del 1990, è sorta una Commissione
per il riassetto del patrimonio mobiliare pubblico e per le privatizzazioni
presieduta dal prof. Scognamiglio che ha stilato un documento atto a determinare
le condizioni per l’adozione di una prima misura governativa per definire le
regole generali delle privatizzazioni. In seguito nel 1992 con il D.L. n. 333,
convertito nella Legge 8 agosto 1992, n. 359, si è avuta la trasformazione dell’IRI,
l’ENI, l’ENEL e l’INA in società per azioni con assegnazione delle azioni al
Ministero del Tesoro che si vide attribuire anche le azioni della Bnl Spa e
dell’Imi Spa [1].
Comunque: “L’avvio effettivo del processo di privatizzazione
in Italia è avvenuto nel 1992. La maggior parte delle vendite realizzate da
quell’anno sono state effettuate dal Tesoro (come nei casi di Telecom, INA,
IMI, e, da ultimo, ENEL), mentre una quota minore è stata effettuata dal gruppo
IRI (come nei casi di Banca commerciale, Credito Italiano, ILVA, Nuovo Pignone,
e infine Società Autostrade) e dall’ENI (Enichem e Agip Petroli)... Complessivamente,
la cessione di mercato di quote di aziende pubbliche è ammontata tra il 1992
e il 1999 a circa 185.000 miliardi di lire, pari al 12,3% del PIL dell’anno
iniziale. Ne consegue che, mediamente, tra il 1992 e il 1999, la vendita di
partecipazioni pubbliche ha comportato incassi pari a 1,5 punto di PIL del 1992”
[2].
Il D.L. 27 settembre 1993, n. 389 ha stabilito le prime disposizioni
a carattere legislativo per garantire una giusta stabilità alle procedure di
dismissione delle partecipazioni dello Stato in società per azioni. Per sistemare
e regolarizzare il programma di privatizzazioni si sono avuti ben cinque decreti
legge e questo ha portato al fatto che molte privatizzazioni importanti (Credit,
Comit, IMI, INA) siano state attuate sulla base di regole diverse.
Nel 1995, poi, (Legge n. 481) sono state create le Autorità
di regolazione dei servizi di pubblica utilità (c.d. Authorities) riguardanti
l’energia elettrica, il gas e le telecomunicazioni. Vi sono in questa legge
due diversi gruppi di norme: il primo stabilisce le regole generali per tutte
le Authorities, definisce le loro caratteristiche e le loro funzioni mentre,
il secondo gruppo regola le Autorità per il settore energetico (energia elettrica
e gas).
La tavola 1 espone in modo sintetico l’iter normativo delle
privatizzazioni in Italia dal 1990 al 1995.
E’ fondamentale aver presente che dal 1992 al 1999 sono entrati
allo Stato oltre 178.000 miliardi di lire (il 12,3% del PIL del 1992, anno in
cui sono partire le privatizzazioni; i ricavi lordi delle cessioni in sette
anni sono stati di oltre 100.000 miliardi di lire)
E’ opportuno sottolineare però quali sono stati i maggiori
settori interessati a questo intenso processo di privatizzazioni. Il 31,6% delle
aziende privatizzate appartiene al settore bancario-assicurativo, il 33,2% al
settore delle telecomunicazioni (Telecom, STET) [3], il 13% ai trasporti,
il 2,8% all’editoria, il 3,4% al settore alimentare, il 4,6% al settore siderurgico,
mentre l’11,5% ad altri settori. [4]
A livello finanziario comunque fra il 1993 e il 1999 le privatizzazioni
hanno portato nelle casse dello Stato 152.000 miliardi di lire, quasi l’otto
per cento del Prodotto interno lordo (Pil) dello stesso periodo.
Negli anni ‘90 sono state privatizzate tutte le aziende statali
nel settore dell’acciaio e in quello alimentare mentre si è ridotto il controllo
nei settori strategici quali quello dell’elettricità, delle telecomunicazioni,
del petrolio, dei prodotti chimici, dei trasporti.
Ci pare interessante ora mostrare una breve cronologia delle
privatizzazioni italiane dal 1993 ad oggi [5]:
1993: le prime operazioni
Fu l’anno più contenuto, con un incasso totale di 2.753 miliardi
di vecchie lire. Oltre alla vendita di Italgel, Cirio-Bertolli-De Rica (IRI)
e di SIV (Efim), fu anche l’anno dell’addio alla prima delle grandi banche pubbliche,
il Credito Italiano (IRI) che fu ceduta tramite Offerta pubblica di vendita
(Opv) per 1.801 miliardi di vecchie lire.
1994: in vendita la Comit
Con 7 operazioni, lo Stato incassò 12.704 miliardi di vecchie
lire. Fu l’anno della vendita di Comit (Opv da 2.891 miliardi) da parte dell’azionista
IRI, della prima tranche di IMI (2.147 miliardi), INA (4.530 miliardi) e Sme
(IRI), della cessione di Nuovo Pignone (ENI), dell’Acciai Speciali Terni (IRI)
e di altre società dell’ENI.
1995: l’anno di ENI
Per complessivi 13.462 miliardi di vecchie lire furono collocate
le seconde tranche di IMI, INA (entrambe tramite trattativa privata per rispettivi
1.200 e 1.687 miliardi) e Sme e la prima tranche dell’ENI (Opv da 6.299 miliardi).
Lo stesso anno furono anche cedute Italtel (IRI), Ilva Laminati Piani (IRI),
Enichem Agusta, Ise (IRI) e altre società dell’ENI.
1996: il grande boom
Assieme al ‘95 è stato l’anno con il maggior numero di privatizzazioni,
con un introito totale di oltre 18.000 miliardi di lire (circa 9,3 miliardi
di e). Oltre alle ricche vendite di ENI (seconda Opv, 8.870 miliardi) e INA
(terza tranche, 3.260 miliardi) furono ceduti anche Dalmine (IRI), Italimpianti
(IRI), Nuova Tirrena, Sme (terza tranche), Mac (IRI), IMI (terza tranche), Montefibre.
Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1996 il gruppo IRI ha realizzato
cessioni per un valore pari a 20.873 miliardi di lire , dei quali il 55% è da
imputarsi ad operazioni effettuate dal gruppo IRI S.p.A.
Il gruppo ENI dal luglio 1992 al 31 dicembre 1996 ha realizzato
cessioni per un importo pari a 5.839 miliardi di lire; i debiti finanziari trasferiti
sono stati pari a 2.481 miliardi di vecchie lire. In complesso l’effetto finanziario
è stato pari a circa 8.320 miliardi di vecchie lire.
[6]
1997: poche ma ricche
E’ l’anno con il minor numero di operazioni ma con incassi
più che raddoppiati, pari a oltre 40.000 miliardi di vecchie lire.
Il Ministero del Tesoro ha gestito la vendita della Telecom
(nucleo stabile + Opv, 22.883 miliardi), alla terza tranche ENI (Opv, 13.230
miliardi), alla Bancaroma (Opv + prestito obbligazionario, 1.900 miliardi),
alla Seat e Aeroporti di Roma.
Il Tesoro ha gestito poi le dismissioni riguardanti la vendita
della parte del pacchetto azionario posseduto nell’Istituto Bancario San Paolo
di Torino S.p.A e la vendita di una quota delle azioni nel Banco di Napoli S.p.A.
Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1997 l’incasso è stato di oltre
48.209 miliardi di lire , dei quali oltre il 76% riguarda le operazioni attuate
direttamente dall’IRI S.p.A.
Nel 1997, nel gruppo IRI vi fu un incasso di oltre 2.800 miliardi
di lire (1,4 miliardi di e).
Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1997 il valore delle operazioni
effettuate dal gruppo ENI è stato di oltre 6.291 miliardi di lire; a questi
vanno aggiunti circa 2.427 miliardi di lire di debiti finanziari trasferiti.
L’effetto complessivo totale finanziario è stato di oltre 9.348
miliardi di lire.
“Il Tesoro, in particolare, realizza operazioni per un controvalore
complessivo pari ad oltre 38 mila miliardi di lire (circa 19,6 miliardi di e):
cede tramite l’offerta globale, la propria partecipazione nell’Istituto Bancario
San Paolo di Torino; vende tramite asta competitiva e dopo un’operazione di
riassetto patrimoniale, il pacchetto di maggioranza del Banco di Napoli; colloca,
tramite un’offerta globale, la terza tranche di azioni dell’ENI; cede, attraverso
un’asta competitiva, la partecipazione detenuta nella SEAT e, infine, porta
a termine la maggiore offerta pubblica secondaria mai realizzata in Europa,
dimettendo la partecipazione detenuta in TELECOM ITALIA , attraverso un’offerta
globale e una trattativa diretta, volta alla costituzione di un azionariato
stabile” [7].
[8]
1998: sul mercato Bnl
Nel 1998 le entrate da dismissioni hanno superato i 25 mila
miliardi di lire (circa 13 miliardi di e).
Il Ministero del Tesoro ha dismesso una ulteriore quota della
partecipazione azionaria tenuta in ENI S.p.A. e la vendita della partecipazione
nella Banca Nazionale del Lavoro.
Si è avuta la vendita della quarta tranche dell’ENI (12.995
miliardi; la partecipazione del Tesoro è scesa così molto al di sotto del 50%),
della BNL (6.707). Il gruppo IRI ha realizzato dismissioni per più di 4mila
miliardi di lire ((circa 2 miliardi di e), mentre il gruppo ENI ha realizzato
operazioni che hanno portato ad entrate pari a 1.100 miliardi di lire (5,68
miliardi di e).
Dal luglio 1992 al 31 dicembre 1998 il gruppo ENI ha realizzato
un volume complessivo di entrate pari a circa 8.106 miliardi di lire (4.186.399,624
e).
[9] [10]
[1] Va ricordato che le privatizzazioni possono essere di carattere
mobiliare (possono riguardare il settore finanziario-assicurativo, quello industriale
in senso stretto, quello delle utilities e quello dei servizi pubblici) e privatizzazioni,
invece, che hanno per oggetto il patrimonio immobiliare dello Stato o di altri
enti pubblici.
[2] Cfr. S.De Nardis (a cura di), “Le privatizzazioni italiane”,il Mulino, Bologna,
2000, pag.15.
[3] Dati OCSE
[4] E’ interessante notare che i dati forniti
rilevano che in tutti i paesi OCSE il settore delle telecomunicazioni è stato
quello che ha registrato gli incassi più elevati.
[5] L. Nivarra : “Le privatizzazioni
tra riforma del mercato azionario e democrazia economica “, in www.ansa.it
[6] Cfr. Libro Bianco sulle operazioni di privatizzazione , pag.28
[7] Cfr. Libro Bianco sulle operazioni......, op. cit., pag.41.
[8] Cfr. Libro Bianco sulle operazioni di privatizzazione, pag.42
[9] Cfr. Libro Bianco sulle operazioni......, op. cit., pag.63.
[10] Cfr. Libro Bianco
sulle operazioni......, op. cit., pag.78