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Maurizio De Santis
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Uranio impoverito o Europa arricchita?

Maurizio De Santis

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Il 27 giugno 1980 sul cielo di Ustica esplode in volo un DC9 Itavia delle nostre linee interne. Ottantuno persone perdono la vita. Attentato? Guasto? Battaglia fra aerei Nato e Mig libici? Chissà? Smentendo quest’ultima ipotesi, nonostante conferme, ripensamenti e successive morti sospette, il Governo italiano ha fatto quadrato intorno all’Alleanza Atlantica.

Qualche anno fa, un aereo militare USA a volo radente tranciava i cavi della funivia del Cermis: altre 20 persone sono morte. Anche stavolta il nostro Governo si è compattato con la Nato sentendosi forse in colpa per aver costruito un impianto di risalita proprio sulla rotta di quell’aereo.

Sono esempi questi di un modo servile con cui l’Italia si è sempre posta nei confronti dell’arroganza imperialista americana.

Per contro, da giorni stanno piovendo accuse più o meno larvate nei confronti degli USA e dei loro spocchiosi cugini inglesi in merito alla questione delle bombe all’uranio impoverito.

Il tono della polemica è piuttosto alto. L’accusa mossa è quella di aver mandato allo sbaraglio i militari italiani, spagnoli, greci e di alcuni paesi dell’est europeo che si sono trovati a operare in zone in cui erano disperse le micidiali polveri dei proiettili anticarro. L’elenco dei casi sospetti di tumore si va allungando di giorno in giorno con il suo corredo di morti.

Lungi da me il voler stabilire quali siano le cause delle morti denunciate, anche perché dopo l’uranio come cancerogeno è stato tirato in ballo il suo potere tossico; inoltre, tanto per far chiare le idee, ora è spuntato fuori un suo prodotto di degradazione: il plutonio. Quello che mi colpisce è questo atteggiamento diverso di certi alleati europei nei confronti della Nato e degli Stati Uniti in particolare.

A noi di Cestes - Proteo la cosa non ci meraviglia.

Nel giugno del 1999 sul n° 3 dei Quaderni Cestes intitolato “Riflessioni sulla guerra imperialista della Nato contro la Jugoslavia” alcuni di noi preconizzavano quanto oggi sembra essere una realtà.

Gianni Cirino e Mauro Cristaldi, ipotizzando i danni alla salute da utilizzo di proiettili a uranio impoverito, denunciavano l’uso di tali proiettili al fine dello smaltimento dei rifiuti della lavorazione dell’uranio arricchito che, altrimenti, avrebbero dovuto essere stoccati negli Stati Uniti per numerosi anni. La guerra contro Milosevic è servita anche a questo! Ed è ancora troppo presto per valutare appieno i danni diretti sull’uomo e indiretti da inquinamento del suolo e delle acque.

Inoltre, sempre sul n° 3 dei Quaderni abbiamo delineato l’ipotesi, che sembra concretizzarsi in questi giorni, di uno scontro politico - economico tra USA ed Europa.

Io stesso nello scritto “Economia di guerra e guerra di economie” venivo preso dal dubbio che le operazioni contro la Serbia fossero un epifenomeno del contrasto tra dollaro e euro. E ben più compiutamente, nelle pagine successive, Rita Martufi sottolineava che: “Le guerre economiche sui mercati del cambio, gli attacchi speculativi sui mercati finanziari, l’uso delle crisi geopolitiche di area, e quelle nei Balcani sono sistematiche e sintomatiche: rappresentano momenti di guerra economica e politica di una violenta competizione fra USA e UE”.

Come mai ci troviamo di fronte a questa crisi di rapporti fra paesi “amici”? Sembra quasi, a dirla come direbbe Luciano Vasapollo, che l’Europa stia presentando il conto agli USA.

È il conto degli ultimi otto anni di sopravvalutazione del dollaro e dell’economia statunitense. Non sono un economista, eppure ho trovato sempre molto strano che nei mesi passati la Banca Centrale Europea, quando l’euro era sprofondato a 0,82 sul dollaro, non promuovesse drastiche manovre protezionistiche nei confronti della moneta europea. Al più, ci si era limitati ad un modesto rialzo del costo del denaro. Probabilmente la BCE riteneva che la forza economica del “biglietto verde” era, almeno in parte, effimera e che tale situazione non poteva durare a lungo: oggi siamo già a quota 0,93.

Esistono, poi, altri fattori che fanno propendere per una crisi dell’”ipotesi capitalistica” americana. (questi temi possono essere approfonditi su R.Martufi, L.Vasapollo: "EuroBang").

a) L’impennata dei prezzi petroliferi ha fatto vacillare il paese che sperpera talmente le fonti energetiche da essere, in assoluto, il più grosso produttore di anidride carbonica.

b) Nell’anno 2000 la New Economy dell’effimero ha avuto un tracollo: il Nasdaq ha perso circa la metà del suo valore.

c) Ogni americano è indebitato del 130%.

d) Il futile, la parte più consistente dell’attuale economia USA, sta diventando sempre più difficile da piazzare; è inutile che i paesi capitalistici ipotizzino lo sviluppo del terzo mondo per mezzo della diffusione del computer: in aree in cui fame e malattie falcidiano la gente, quale potrebbe essere la funzione di un PC? E, soprattutto, mancando l’energia elettrica in queste zone, dove potrebbe essere attaccata la spina dello stesso computer?

e) Probabilmente, si sta facendo sempre più oneroso il compito di “sceriffi del mondo” che gli USA si sono attribuiti da tempo.

f) I dati sul tasso di disoccupazione in America sembrano superare le previsioni del governo Clinton.

Forse, non per niente, gli americani si sono ritrovati un presidente che probabilmente non hanno votato: G. (senza W perché rubata dallo staff di Clinton) Bush jr, che nel suo programma elettorale ha previsto un periodo di tagli alle spese per rimettere in sesto l’economia.

C’è da aggiungere che, proprio in questi giorni, il capo della Federal Reserve Greenspan ha denunciato con toni preoccupati che la “locomotiva americana” sta conoscendo un periodo di stasi con una crescita pari allo zero (stasi o recessione?).

Sembra proprio che ci si trovi di fronte ad una grossa crisi del colosso d’oltreoceano: d’altronde, la stessa farsa delle elezioni presidenziali si propone proprio come momento qualificante della crisi socioeconomica che gli USA stanno attraversando.

L’Europa quindi si sta fronteggiando con un’America che, traballante sui suoi piedi di argilla, dà l’impressione di volersi chiudere in sé stessa. L’uranio impoverito sta diventando, perciò, il falso pomo della discordia, ma tutti sanno che il vero motivo di contendere è la supremazia di un’economia sull’altra come ben spiegano R.Martufi, L.Vasapollo nel loro "EuroBang".

Come evolverà questo momento di crisi? È l’inizio della crisi del capitalismo come ideologia o una crisi della sua variante americana? A quali altri scontri dovremo assistere?