“La filosofia del secolo scorso è stata rivoluzionaria; 
  quella del XIX secolo deve essere organizzatrice”.
 
(Claude-Henri de Saint-Simon, “Sulla riorganizzazione della 
  società europea”)
 
“Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile 
  che segue l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso 
  nel suo risultato, visto nell’insieme da lontano. [...]
Il risultato umanitario copre quanto c’è di meschino negli 
  interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi come mezzi necessari 
  a stimolare l’attività dell’individuo cooperante inconscio a beneficio di tutti. 
  Ogni movente di cotesto lavorìo universale, dalla ricerca del benessere materiale 
  alle più elevate ambizioni, è legittimato dal solo fatto della sua opportunità 
  a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vada 
  questa immensa corrente dell’attività umana, non si domanda al certo come ci 
  va. Solo l’osservatore, travolto anch’esso dalla fiumana, guardandosi attorno, 
  ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che 
  si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, ai vinti che levano 
  le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei soppravvegnenti, 
  i vincitori d’oggi, affrettati anch’essi, avidi anch’essi d’arrivare, e che 
  saranno sorpassati domani.”,
 
(Giovanni Verga, “I Malavoglia”)
1. Premessa 
L’autentica novità della nostra epoca è la formazione di un 
  sistema globale che abbraccia tutte le società della terra. Il processo che 
  conduce dal più noto sistema-paese ad un unico sistema mondo è infatti caratteristico 
  dell’età contemporanea e prende le mosse dal capitalismo industriale e dall’egemonia 
  planetaria che l’Europa ha esercitato per tutto il XIX secolo. A questo proposito 
  è interessante il seguente brano tratto dai Principles di J.Stuart Mill:
 “La straordinaria discesa dei costi dei mezzi di trasporto, 
  che è uno dei grandi successi scientifici della nostra epoca, e la conoscenza 
  che quasi tutte le classi della popolazione hanno ormai acquisita, o stanno 
  per acquisire, circa le condizioni del mercato del lavoro nei paesi più remoti 
  del mondo, hanno aperto una spontanea emigrazione da queste isole alle nuove 
  terre oltre l’oceano, flusso che non tende a diminuire, ma anzi ad aumentare. 
  L’emigrazione anziché uno sfogo occasionale sta diventando uno sbocco costante 
  per l’eccedenza della popolazione: e questo fatto nuovo nella storia moderna, 
  unitamente al flusso di prosperità prodotto dal libero scambio, ha concesso 
  a questo paese sovrappopolato un temporaneo respiro, che potrà essere impiegato 
  per realizzare quei progressi morali ed intellettuali in tutte le classi della 
  popolazione, comprese quelle più povere” [1].
Il brano, sebbene scritto più di un secolo fa è di sconvolgente 
  attualità e riesce a descrivere quali furono verso la fine del XIX secolo i 
  primi passi mossi dal sistema economico e sociale verso quello che sarebbe stato, 
  in seguito, chiamato col nome di processo di globalizzazione [2]. 
  Due sono gli elementi chiave che J.S.Mill evidenzia:
• La diminuzione dei costi di trasporto;
• La conoscenza diffusa circa le condizioni del lavoro in paesi 
  remoti.
Questi due elementi si sono oggi evoluti rispettivamente nella 
  diminuzione del costo dei mezzi e servizi informatici e nella diffusione esponenziale 
  delle informazioni, caratterizzando così quel processo di globalizzazione in 
  cui il capitalismo non è più quello industriale, bensì quello della conoscenza 
  e proprietà tecnologica, mentre l’egemonia planetaria non è più dell’Europa 
  bensì degli Stati Uniti d’America.
In questo nuovo tipo di società lo scambio di informazioni 
  ha raggiunto livelli impensabili solo un decennio fa, in conseguenza soprattutto 
  dell’evoluzione della tecnologia elettronica posta al servizio, tra le altre 
  cose, anche del progresso intellettuale.
Globalizzazione è un termine impegnativo, tuttavia molto elastico, 
  le cui interpretazioni sono le più diverse possibili. La definizione ufficiale 
  che ne dà l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) 
  intende tale processo come quello “attraverso il quale mercati e produzione 
  nei diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio 
  di beni e servizi e del movimento di capitale e tecnologia”. Questa definizione 
  può e deve essere completata affermando che la globalizzazione prevede una competizione 
  globale in un mercato che solo apparentemente è unico, ma che invece presenta 
  una dimensione di aspra competizione mondiale in cui si vanno definendo le aree 
  di influenza di almeno tre poli imperialisti: USA, UE e Giappone o area asiatica [3]. Se non ci si ferma alla semplice definizione, 
  ma si vuole capire come e perché i mercati diventano sempre più interdipendenti, 
  come e perché beni, tecnologia e capitali si scambiano oggi oltre i confini 
  dei singoli paesi, occorre indagare sul significato reale del termine globalizzazione 
  che suggerisce un avvenuto cambiamento qualitativo nella nostra società. Protagoniste 
  indiscusse di questo cambiamento, che non assume sempre valenza positiva ma 
  che anzi presenta spesso risvolti che incentivano le diseguaglianze economiche 
  e sociali, sono quelle che vengono definite risorse elettroniche: 
  programmi, testi, pagine web, archivi di dati, cataloghi di biblioteche (OPAC), 
  fotografie, filmati, documenti sonori e tutte le informazioni che 
  possono essere messe a disposizione soprattutto attraverso la moderna tecnologia 
  informatica.
Così come è accaduto a suo tempo con la diffusione della stampa, 
  l’“informazione” è a disposizione oggi di un numero sempre più elevato di utenti 
  e ciò è stato amplificato negli ultimi anni dall’esistenza di Internet che rappresenta 
  l’infrastruttura di quella che viene chiamata Società dell’informazione 
  e di un nuovo modello economico che va sempre più affermandosi 
  in Europa e nel mondo.
Alla luce di ciò possiamo chiederci come sia evoluto il concetto 
  di “informazione” e se la “risorsa” da esso rappresentata, benché ampiamente 
  diffusa tra la popolazione, sia equamente distribuita tra la stessa. Inoltre, 
  qual è la facilità di accesso alle informazioni e quali gli strumenti e le garanzie 
  che i pubblici poteri mettono in atto per agevolare i flussi informativi tra 
  il pubblico? Ancora, può la risorsa informazione divenire strumento di potere 
  nelle mani di pochi, alla stregua di ciò che avvenne per il capitale?
Con l’avvento di una società dell’informazione, si è recentemente 
  affermata anche una nuova realtà economica che è quella che da più parti viene 
  definita come new economy.
Il presente articolo si propone, quindi, di valutare il ruolo 
  della risorsa informazione, struttura portante e determinante di questo nuovo 
  tipo di società, all’interno dello sviluppo della new economy la 
  quale non è altro che la naturale conseguenza del processo di globalizzazione 
  economica.
La definizione di new economy è stata utilizzata nel recente 
  vertice di Lisbona, intendendo con essa una “comune economia europea del sapere” 
  sottolineando così l’importanza della risorsa informazione (nel senso più ampio 
  di sapere, conoscenza): ciò fa però riferimento al modello statunitense di sviluppo 
  basato sui consumi, un modello che esalta i valori di Borsa esponendo così i 
  risparmi delle famiglie a seri rischi.
Tale modello si impone grazie all’avvento delle nuove tecnologie 
  multimediali che hanno accresciuto la velocità di diffusione delle informazioni, 
  ma anche la loro deperibilità, creando una sorta di piazza virtuale dove tutti 
  vendono e comprano, tutti sperano e credono di poter diventare miliardari, senza 
  nella maggior parte dei casi sapere cosa si produce. Le manifestazioni più eclatanti 
  del ruolo dell’informazione nella new economy sono rappresentate dall’applicazione 
  in misura esponenziale di Internet alle dinamiche aziendali e 
  commerciali: e-commerce, nuove professionalità associate al web, pubblicità 
  on-line, domain grabbing e così via.
Questo articolo, non ha l’ambizione di esaurire gli argomenti 
  legati alla new economy, ma si propone semplicemente di offrire alcuni spunti 
  sull’importanza dell’informazione nell’ambito dei nuovi scenari economici, partendo 
  dall’analisi di Internet, della sua penetrazione nei settori produttivi e nelle 
  famiglie, cercando di valutare quali modificazioni ha apportato nel mondo produttivo 
  e quali influenze tali strumenti hanno sulla crescita dell’occupazione.
I servizi multimediali interattivi in rete (Mir), d’altra parte, 
  comprendono una serie di servizi informativi rivolti all’utenza privata e di 
  affari che rappresentano una vera e propria rivoluzione nello sviluppo evolutivo 
  delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Nel trattare Internet e le problematiche ad esso connesse occorre 
  tenere presente che il World Wide Web è molto più di una semplice rete. 
  Ciascuno dei suoi “componenti” - la tecnologia, i consumatori, gli offerenti 
  di svariate tipologie di computer, la comunicazione, le informazioni, la creatività 
  umana - sono in continua evoluzione. L’economia basata su queste componenti 
  è tanto complessa quanto lo sono le componenti stesse. Cercare quindi di usare 
  un singolo modello per spiegare e allocare in maniera efficiente tale vario 
  e dinamico insieme di elementi è non solo inappropriato, è impossibile [4].
2. Il mercato evoluto 
La società del 2000 è caratterizzata da quella che da più parti 
  viene definita new economy.
Si tratta, in sostanza, di quello che potremmo definire un 
  “falso concettuale”, in quanto qualsiasi economia nasce come “new” ed è destinata 
  a divenire “old”, soprattutto se non rappresenta un semplice modello teorico 
  ma una realtà che, oltre ad esprimere tendenze in atto sui mercati, implica 
  anche modelli sociali e di comportamento che influiscono fortemente sulla vita 
  quotidiana. Nel caso in esame, quindi, possiamo parlare di una evoluzione della 
  old economy nell’ambito della quale il settore dei servizi alle imprese è cresciuto 
  grazie agli sviluppi della tecnologia elettronica e informatica. Il terziario 
  vive così una nuova era, arricchendosi di categorie che sembrano una naturale 
  evoluzione di quelle già esistenti, grazie alla crescita del mondo della conoscenza.
Non ha molto senso quindi parlare di una nuova economia, separata 
  da tutto ciò che l’ha preceduta e resa possibile; ha senso, invece, parlare 
  di un mercato evoluto in cui gli scambi privilegiano beni ad alto contenuto 
  tecnologico e sono essenzialmente resi possibili dal mezzo informatico.
La new economy non è altro che la conseguenza dell’affermarsi 
  di quella società dell’informazione che sembra ormai dominare gli scenari economici 
  e sociali.
Quella in cui viviamo è infatti la società dell’informazione 
  globale, cioè dell’economia basata sulle conoscenze e tutte le economie avanzate 
  dipendono oramai sempre più dalla capacità di elaborare, distribuire e utilizzare 
  informazioni e conoscenze. In base ad una indagine dell’OCSE del 1996 [5]-based Economy”, 1996.]] oltre la metà del PIL complessivo delle 
  economie avanzate si basa attualmente sulle conoscenze e la caratteristica peculiare 
  di queste economie non risiede tanto nella gran quantità di informazioni che 
  esse producono a beneficio dei consumatori, quanto nell’uso pervasivo delle 
  conoscenze sia come input sia come output in ogni settore.
Da sempre la conoscenza è la fonte primaria della crescita 
  economica nel lungo periodo, dalla rivoluzione agricola ai nostri giorni, anche 
  se una differenza fondamentale c’è: oggi, grazie all’informatica, è possibile 
  trasmettere a grandi distanze e a costi relativamente modesti una grande quantità 
  di informazioni, accelerando così la spinta verso un’economia basata sulle conoscenze.
Come affermato nel Libro verde della Commissione europea del 
  1997 [6], lo sviluppo 
  della società dell’informazione ha ricevuto impulso dai rapidi cambiamenti tecnologici 
  che trasformano le industrie
dell’informazione con una velocità e con caratteristiche tali 
  da porre nuove sfide ai responsabili politici. Si è generalmente concordi sul 
  fatto che gli sviluppi dell’elettronica digitale e del software creino il potenziale 
  tecnologico per un nuovo approccio alla diffusione e all’uso dei servizi d’informazione: 
  meno d’accordo si è sulla portata di tali sviluppi e sui tempi richiesti. Secondo 
  alcuni, le caratteristiche specifiche di ciascun settore limiteranno la portata 
  della convergenza dei servizi: condizioni economiche e contenuto dei servizi 
  d’informazione, cioè, devono essere regolamentati separatamente se se ne vogliono 
  garantire l’efficacia e la qualità. Secondo altri la trasformazione rapida e 
  completa degli attuali settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie 
  dell’informazione saranno tali che aree oggi indipendenti finiranno col confluire 
  in una sola, annullando le reciproche differenze. Ci sembra che finora questa 
  sia l’ipotesi più realistica, anche se non del tutto accettabile, visto che 
  attualmente l’interdipendenza tra settori sia sempre più marcata, accelerando 
  la spinta verso la globalizzazione dell’economia e verso l’affermazione del 
  potere delle “multinazionali” in campo informatico e tecnologico.
La base politica di queste argomentazioni è fornita dal concetto 
  stesso di Società dell’informazione che prevede una logica che succede a precedenti 
  epoche nello sviluppo economico del mondo industrializzato: la società feudale 
  poggiava sulla forza lavoro, la società industriale sull’energia, la società 
  dell’informazione, appunto, sull’informazione [7]. Lo sviluppo della società dell’informazione, 
  rappresenta quello stadio di evoluzione economica caratterizzato da creazione 
  di valore economico attraverso la produzione e l’uso dell’informazione, ossia 
  attraverso la differenza tra il valore d’uso dell’informazione prodotta ed il 
  suo costo [8].
			
            
              
[1] J. Stuart Mill, Principi di economia 
  politica, UTET, Torino, 1956.
[2] Per una ampia 
  descrizione del concetto di “globalizzazione” e delle tematiche ad esso connesse 
  si consulti il sito http://www.sinistra.net/lib/upt/quader/let/qualetgloi.html
[3] Vasapollo 
  Luciano, Martufi Rita, Comunicazione deviante. L’impero del capitale sulla comunicazione, 
  MediaPrint Edizioni, 2000.
[4] 4 McKnight 
  Lee W., Bailey Joseph P., Internet Economics, Cambridge, MIT, 1997.
[5] OCSE, 
  “The Knowledge
[6] Libro Verde sulla convergenza tra i settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo 
  e delle tecnologie dell’informazione e sulle sue implicazioni normative, Commissione 
  Europea, Bruxelles, 1997, in: http://www.ispo.cec.be/convergencegp
[7] Basili Carla, La biblioteca in 
  rete, Milano, Editrice Bibliografica, 1999.
[8] Mandelli Andreina, “Internet, la conoscenza e la fiducia: prime riflessioni 
  sull’economia delle risorse immateriali nel cyberspazio”, Milano, SDA Bocconi, 
  in: http://www.tin.it/osservatorio_bocconi/papfidu.htm