Dalle mobilitazioni contro l’uso antisociale dell’emergenza rifiuti alle campagne antiautoritarie.

MICHELE FRANCO

Necessità di un allarme democratico contro il palese restringimento autoritario della libertà di lotta e di organizzazione in Campania.

Nello scorso numero di Proteo (2/08) avevamo indicato nel Decreto/Rifiuti, emanato dal governo Berlusconi, all’indomani del suo insediamento a Palazzo Chigi, alcune pericolose tendenze in materia di autoritarismo le quali stravolgono le già limitate norme che garantiscono la libera espressione del conflitto civile e sociale. Abbiamo utilizzato, nel precedente articolo, la categoria interpretativa dello stato di eccezione per evidenziare le modalità con cui, forzando e stravolgendo le ordinarie leggi e consuetudini con cui si producono i provvedimenti legislativi, il governo del Cavaliere, in virtù, di una emergenza strutturale (...la monnezza sparsa per le strade della Campania) ha varato un Decreto che - di fatto - sancisce un vulnus democratico. Una lacerazione della democrazia la quale, a distanza di mesi, sta mostrando il suo vero volto antisociale non solo nei comparti e settori riguardanti l’affaire/rifiuti ma in tutto l’arco delle contraddizioni sociali e della loro esemplificazione materiale sul piano delle mobilitazioni e del conflitto. A distanza di mesi circa possiamo affermare - senza alcuna inutile ridondanza propagandistica ma riferendoci, esclusivamente, alle dinamiche ed ai fatti in corso - che in Campania si stanno assommando eventi e atti concreti che configurano una articolata pianificazione normativa (e di conseguenza una “produzione culturale” alla bisogna) che punta, esplicitamente, a soffocare e criminalizzare ogni espressione di dissenso e di voce dissonante. Spesso si è detto, con cognizione di causa, anche da parte di comitati ed organismi di lotta diffusi sul territorio, che in Campania si stava dispiegando una linea di condotta liberticida prendendo a pretesto l’eccezionalità della situazione sul campo. A tale proposito tutto quanto è accaduto in termini di variegata repressione statale contro gli attivisti e le comunità popolari in lotta rappresenta i primi effetti pratici di questo corso dispotico reso possibile dalla decretazione eccezionale entrata in vigore a partire dallo scorso Maggio 2008. Infatti se redigiamo una cronologia dei tanti piccoli e grandi episodi repressivi1 consumati in questi ultimi mesi possiamo cartografare una soffocante ragnatela di controllo sociale incardinata in un mix tra presenza militare nei territori, terapia del manganello verso chi protesta, provvedimenti giudiziari a pioggia verso attivisti e militanti dei movimenti di lotta fino alla concretizzazione di forme esplicite di esautoramento dei poteri delle assemblee elettive in materie e competenze da sempre titolarità di questi consessi. Un panorama desolante in cui si percepisce l’alito mefitico del dispotismo antisociale e dove anche quelle forme particolare di potere, come i mass media o la magistratura, le quali, spesso, hanno determinato fattori di contraddittorietà nell’ordinario corso dei provvedimenti istituzionali, sono state silenziate e disciplinate alla supina subalternità verso i deliberati governativi e i loro enormi interessi in gioco. Per dare un esempio clamoroso di questa situazione di vera e propria sospensione della democrazia è interessante citare l’indicativo caso di Chiaiano/Marano. In questa zona dell’area metropolitana, nota alle cronache nazionali per la tenace resistenza che la locale popolazione ha espresso contro l’imposizione di una megadiscarica, l’attività di ricerca e di controinformazione, compiuta dai membri del Presidio Permanente, ha scoperto che nella cava prescelta dai tecnici del Sottosegretario di Stato, Guido Bertolaso, negli anni passati, erano state interrate abusivamente e clandestinamente, tonnellate di amianto2. Nel momento in cui questo amianto è venuto alla luce, a seguito di alcuni scavi della ditta incaricata di predisporre i lavori preliminari alla costruzione della discarica, i militari ivi presenti hanno tentato di interrare, di nuovo, l’amianto senza dare comunicazione alle strutture sanitarie di controllo competenti. Solo attraverso alcuni video amatoriali ripresi da due contadini della zona si è smascherato questo nuovo stupro ambientale al territorio di Chiaiano e di Marano. Eppure le prove video e le relazioni dei carabinieri del Noe, chiamati a catalogare ed isolare l’amianto rilevato, non sono stati sufficienti a far scattare la chiusura del cantiere della discarica. Alle veementi proteste dei comitati e di alcuni europarlamentari, che si sono offerti di far rimbalzare a Strasburgo l’eco di queste nefandezze, il Procuratore della Repubblica di Napoli si è sottratto alle sue oggettive responsabilità e - concretamente - non ha dato seguito alla procedure di chiusura del cantiere della Cava di Chiaiano pur ravvisando gravi motivi di sicurezza per il territorio e di attentato alla salute dei cittadini. Anche in tale caso la Procura della Repubblica ha potuto giustificare la sua inadempienza (tutta politica!) adducendo alla attuale vigenza del Decreto/Rifiuti il quale, in casi come questo - impedisce ad un singolo Pubblico Ministero, che ha notizia di reato e che intenda perseguirlo, di intraprendere un procedimento giudiziario senza che intervenga una decisione condivisa da più Pubblici Ministeri ed avallata dal loro immediato superiore gerarchico. Abbiamo citato questo caso (il quale, in virtù della mobilitazione delle popolazioni è riuscito a rompere, in parte, la cappa della dis/informazione deviante) per far notare gli aspetti concreti del clima politico e giuridico che si percepisce nell’area metropolitana campana ed in tutta la regione Campania; una deriva autoritaria e securitaria la quale sta dilagando in tutti gli ambiti sociali3 restringendo gli spazi di democrazia e di agibilità. A fronte di tale situazione non è possibile, per quanti non hanno abdicato all’idea/forza della trasformazione sociale e della rappresentazione organizzata del conflitto, continuare ad esprimere la propria azione (politica-culturale-sindacale) in queste pesanti condizioni. Adagiarsi, però, a questo contesto comporta che le istanze sociali, che a vario titolo, si riproducono nei posti di lavoro e nel territorio, dovranno pagare un costo politico e materiale enorme a discapito dei contenuti e degli obiettivi di lotta che, di volta in volta, si ricombineranno nel gorgo della lotta. Si impone - quindi - una presa d’atto collettiva capace di costruire una tendenza politica ed organizzativa che sappia far convergere le energie e le disponibilità alla mobilitazione contro questo disegno reazionario. Il tema della democrazia di massa e dell’autorganizzazione dal basso, fuori da ogni incartapecorito formalismo giuridico, deve tornare ad essere una battaglia a tutto campo per affermare gli obiettivi di libertà di azione e di organizzazione. Una battaglia intrapresa che deve interessare non solo i protagonisti diretti delle lotte ma quanti ritengono che i movimenti e il conflitto siano una positiva dinamica costitutiva delle relazioni e del vivere sociale particolarmente in una fase come quella che stiamo attraversando caratterizzata dalla morte della politica e dalla parossistica blindatura delle istituzioni e dell’intera società. L’RdB/CUB, l’intero sindacalismo di base ed indipendente, i movimenti di lotta e le varie reti movimento sono invitate ad una possibile sinergia di intenti e di promozione politica pubblica4 in difesa della democrazia. Comprendere, a pieno, questa necessità non è, unicamente, un pur necessario esercizio di difesa legale e giuridica, ma è una pratica utile per garantire, anche nel prossimo futuro, l’espansione, la generalizzazione e l’affermazione di tutti i diritti che afferiscono alla multiforme sfera della riproduzione sociale e all’insopprimibile anelito di emancipazione e liberazione dei ceti popolari e subalterni.

Federazione regionale della Campania dell’RdB/CUB

Da sempre la repressione statale si è abbattuta sui movimenti di lotta contro l’uso antisociale della cosiddetta emergenza rifiuti. Con l’approvazione del Decreto Rifiuti, ad opera del governo Berlusconi, le azioni repressive e la più complessa attività di criminalizzazione delle lotte ha compiuto un salto di qualità e di quantità. A questo proposito vogliamo ricordare ai lettori che in Campania è stato schierato l’esercito, in assetto da combattimento, attorno ad alcuni siti in cui saranno allocate discariche o inceneritori. Tale dispositivo è stato concretizzato attraverso un articolato legislativo il quale definisce le aree territoriali scelte, di volta in volta, da Berlusconi o dal Sottosegretario Bertolasio come “zone di interesse militare” in cui gli eventuali “reati” che dovessero consumarsi saranno giudicati tramite gli strumenti normativi del Codice Militare.

A riprova che l’avvelenamento dei territori della Campania è il frutto di una sistematica aggressione da parte di grossi potentati economici e, spesso, opera di grandi aziende nazionali vogliamo far notare che le tonnellate di amianto rinvenute nell’area della costruendo cava di Chiaiano erano contenute in sacchi con l’intestazione dell’Enel.

Quando denunciamo l’attentato alla democrazia in Campania non facciamo riferimento, esclusivamente, al Decreto/Rifiuti ma intendiamo denunciare il complessivo attacco ai diritti politici e sociali. Inoltre dobbiamo registrare che tale ondata normalizzatrice sta producendo effetti narcotizzanti anche nei confronti degli organi di stampa, della locale Chiesa Cattolica e di quei settori intellettuali che - almeno formalmente - fino ad ora avevano espresso posizioni contraddittorie con i poteri forti.

Qualche anno fa i sindacati di base, numerosi centri sociali, collettivi di lotta, redazioni di riviste e siti web, avvocati e giuristi democratici animarono un forum di discussione e di iniziative pubbliche denominato “Libertà di Movimento”. Non sarebbe una idea bizzarra riprendere, nelle mutate condizioni dello scontro e all’indomani dell’incrudirsi dell’attacco governativo e padronale alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, dei giovani e del proletariato tutto, alcuni dei ragionamenti e delle esperienze di mobilitazione che quello ambito collettivo seppe realizzare.