Federico Rampini e i teorici della geo/politica nel tumultuoso gorgo asiatico

MICHELE FRANCO

Commento critico a “Il secolo cinese” 2005 - “L’impero di Cindia” 2006 - “La speranza Indiana” 2007 - Mondadori editore.

Che il XXI secolo si vada delineando come l’arco temporale in cui il continente asiatico irrompe nelle dinamiche mondiali è, oramai, una opinione comune che accomuna tutti gli osservatori di ogni ordine e tendenza. Tra gli opinion maker che, più di altri, stanno producendo materiali di documentazione e di analisi si segnala Federico Rampini, corrispondente de “la Repubblica” da Pechino e dalle altre principali metropoli della Cina, dell’India e dell’estremo oriente. Le sue ultime produzioni editoriali hanno affrontato, con vari volumi, la questione Cindia, l’acronimo con il quale gli esperti di geo/politica indicano la Cina e l’India (il dragone e l’elefante). In tutti i suoi testi Rampini parte da una concezione fondamentale che costituisce la premessa ad ogni altra considerazione di carattere analitico: Cina ed India non sono solo le due nazioni più popolose del pianeta ma, dentro il poderoso sviluppo capitalistico, costituiranno - in parte già lo sono - il nuovo centro del mondo. Infatti Rampini mette in evidenza le punte avanzate dei segmenti finanziari e produttivi di questi due paese e la grande vivacità economica che accompagna l’ascesa di questi settori sul mercato internazionale. Certo, nella descrizione di questi due veri e propri continenti, il buon Federico mette in evidenza che se la Cina è governata, in forma autoritaria, da una forma partito/stato l’India, invece, sarebbe la più grande democrazia al mondo dove conviverebbero, in reciproca tolleranza, tensioni e profonde differenze etniche e religiose. Già questa premessa segna la partigianeria con cui Rampini analizza questi paesi limitandosi, agli aspetti formali, nella definizione della natura sociale di India e Cina evitando, quindi, di scandagliare le grandi stratificazioni sociali esistenti e le naturali forme del conflitto sociale che derivano da questa situazione strutturale. Per Rampini Cina ed India sono, già oggi, i nuovi competitori sul piano internazionale delle grandi potenze occidentali. Anzi, forzando e stravolgendo alcuni indicatori statistici economici di questi paesi si tende ad accreditare che - in particolari segmenti dell’industria e del commercio - sia avvenuto un sorpasso ai danni di USA ed Europa. Nel contempo, però, si tace su alcuni dati semplici che qualunque osservatore onesto intellettualmente può ricavare e verificare: Si prenda in esame la Gansu, una regione della Cina, con oltre 30 milioni di abitanti, tra quelle collocate nella fascia media dell’ attuale sviluppo di questo paese. Il Reddito pro capite medio anno è di 542, 8 dollari. L’occupazione prevalente è in agricoltura (circa il 60% sul totale degli occupati), il contributo al volume delle transazioni commerciali con l’estero è del 0, 16%, gli investimenti stranieri diretti sul totale nazionale sono dello 0,11%, la percentuale di analfabeti e semianalfabeti sono il 21,1%, la popolazione collocata sotto la soglia di povertà: 15,4% del totale. Queste cifre ci dimostrano come, in un punto mediamente significativo di osservazione della Cina, la situazione socio/economica reale non è sorprendentemente positiva come può apparire ad una fugace valutazione o come ascoltiamo da una interessata propaganda. Sfogliando sia l’indice di Sviluppo Umano (HDI), che il Rapporto che l’UNDP pubblica regolarmente per attestare la “qualità della vita” nei singoli paesi, notiamo effettivamente che la Cina ha migliorato la posizione stimata nei primi anni ’80. Questo miglioramento - però - non è stato rilevante!! All’epoca la Cina si collocava al 111° posto (su 167 paesi censiti) per reddito pro capite, aspettative di vita, livello di alfabetizzazione, nel 2003 ha guadagnato la 104° posizione (su 177). Nel Rapporto si fa esplicita menzione di indicatori molto puntuali quali il tasso di disoccupazione, la percentuale di popolazione che ha accesso all’acqua potabile, i servizi igienico-sanitari, il rapporto medici/abitanti, la gestione dei rifiuti ecc. Insomma da questa analisi la Cina ricava un punteggio che non supera lo 0,745. Questi dati sono coerenti con il livello raggiunto che - ed è bene averlo in mente - solo dal 2003 è arrivato a 87 dollari al mese. Né deriva che questa situazione non è coerente con i tassi di crescita e con l’immagine che ne è derivata in tutto il mondo. Già questi primi dati ci spingono a ritenere che l’impetuoso sviluppo messosi in moto, particolarmente nell’ultimo decennio, si è delineato con caratteristiche molto più polarizzanti e diseguali di quelle conosciute nei paesi capitalistici occidentali. Fondando su tale concreta realtà lo stesso Samir Amin descrive le zone della Cina ed anche dell’India, meno sviluppate, non come un semplice meridione, tutto sommato congeniale alle aree più avanzate, ma alla stregua di una sorta di colonia interna (l’economista Amin usa, nei suoi interventi, il termine brasilianizzazione....). Queste cifre ci dimostrano come, in un punto mediamente significativo di osservazione della Cina, la situazione socio/economica reale non è sorprendentemente positiva come può apparire ad una fugace valutazione o come ascoltiamo da una interessata propaganda. Considerazioni di questo tipo si possono rilevare anche analizzando il sub/continente indiano, dove un conto sono le industrie e i centri di ricerca di Bangalore ma altro sono le inenarrabili povertà, il supersfruttamento della fatica e la schiavitù a cui sono sottoposti milioni e milioni di indiani e che costituiscono la vera caratteristica della formazione economica e sociale dell’India. Queste - elementari - verità dovrebbero demistificare le interpretazioni alla Rampini le quali, forzando alcuni processi in atto in questi due grandi paesi, presentano un immagine di Cina ed India come competitori già alla pari delle altre potenze mondiali. La realtà, però, evidenzia che in Cina ed in India si approfondisce il divario e la polarizzazione sociale, aumentano i conflitti e le rivolte sociali mentre non vengono meno le operazioni di manomissione politica, economica e finanziaria dell’occidente capitalista. La forza-lavoro di questi paesi, le grandi risorse naturali continuano ad essere, costantemente, sotto tiro degli interessi del capitalismo internazionale con buona pace delle ambizioni imperiali di Cina ed India. A questo punto ci permettiamo di fare una domanda a Federico Rampini (ma anche ad intellettuali come Lucio Caracciolo): prendendo per buone le vostre previsioni politiche sulla incontrastata ascesa imperiale di Cina ed India pensate di escludere che questo processo possa confliggere, non solo economicamente ma anche militarmente, con gli attori principali (USA ed Unione Europea) della competizione globale? Ci avviamo, quindi, in una nuova fase di coesistenza e di tranquilla concorrenza internazionale o si approssimano scontri e conflitti di ogni tipo?

Federazione Regionale RdB/CUB della Campania