Le aree metropolitane nel contraddittorio sviluppo economico-produttivo italiano. (seconda parte)

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Fabbrica metropolitana e impatto socio-economico

Le aree metropolitane all’interno dello sviluppo italiano: la struttura produttiva e alcune caratterizzazioni sociali Come già evidenziato in maniera approfondita nella prima parte di questa analisi-inchiesta, alla fine degli anni ’80 risale la prima legge sulle aree metropolitane, (ci si riferisce alla legge 142 del 8-6-1990), con la quale si consideravano come aree metropolitane i centri abitativi che negli anni ’80 avevano più di 300 mila abitanti ossia: Torino, Milano, Genova, Bologna, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e Catania. Nell’ambito di ciascuna area metropolitana la provincia diventava “città metropolitana” con alcune funzioni che erano in precedenza delegate ai comuni come ad esempio: la viabilità, i trasporti, la salvaguardia dell’ambiente, la difesa del suolo, la sanità la scuola, ecc. Questa legge però non ebbe una seria applicazione e si deve approvare la nuova legge 265/99 e successivamente al decreto legislativo 267/2000 per giungere alla legislazione in vigore. Tra i problemi che hanno interessato la nascita e lo sviluppo delle aree metropolitane nel nostro Paese va segnalata la grande eterogeneità esistente tra le stesse sia per forma territoriale sia per la natura dei diversi sistemi economici; a ciò va aggiunto anche il fatto che la legislazione non fornisce metodi precisi per l’esatta individuazione delle aree metropolitane limitandosi a dare dei criteri generali. In sintesi però si può affermare che tra i fattori che vanno presi in considerazione vi sono la dimensione, i flussi di movimento delle persone e delle cose e la vicinanza sul territorio dei centri urbani. Per descrivere le aree metropolitane si può procedere nell’identificarle come una particolare forma di Sistemi Locali del lavoro oppure come una partizione territoriale ad omogeneità socio-economico-produttiva da analizzare all’interno delle Province. I Sistemi Locali del lavoro sono unità territoriali individuate da un gruppo di Comuni vicini collegati tra di loro da vincoli ottenuti dall’ottimizzazione degli spostamenti giornalieri per motivi di lavoro. I criteri per identificare i Sistemi Locali del lavoro sono l’autocontenimento, ossia ci si riferisce ad aree in grado di garantire la possibilità di lavoro alla maggior parte della popolazione, la vicinanza tra i Comuni e la relazione spazio-tempo cioè la possibilità per i lavoratori di effettuare i movimenti di pendolarismo in una giornata lavorativa. Attraverso questo metodo si è arrivati a classificare nel Paese 784 Sistemi Locali del lavoro. Un altro metodo di identificazione è quello che analizza le Province che si caratterizzano per il fatto di contenere nel loro interno un’area metropolitana definita anche sul piano legislativo. Chiaramente la Provincia e l’area metropolitana non sono la stessa cosa, dal momento che la prima è un ente amministrativo, mentre l’area metropolitana è, come già sostenuto, un ambito socio-economico-produttivo di non precisa definizione ed è quindi difficile determinare i suoi confini. In sostanza però le Province possono evidenziare un buon ritratto delle aree metropolitane e quindi è utile rappresentare le tre condizioni fondamentali di definizione dell’area metropolitana anche all’interno della dimensione provinciale: 1. la dimensione minima del nucleo centrale e dei centri periferici; 2. i movimenti di persone e cose; 3. la vicinanza sul territorio degli insediamenti. Per quanto riguarda la prima condizione va rilevato che tutte le undici Province su cui si intercettano le aree metropolitane hanno una dimensione molto grande con una popolazione superiore a 800.000 unità. Anche la seconda e la terza condizione sono soddisfatte sia per quanto riguarda il movimento di persone e cose, sia per la vicinanza degli insediamenti. Per quanto riguarda la popolazione residente nelle aree metropolitane si ricorda che oltre il 35% della popolazione italiana vive nelle undici Province e l’età media della popolazione residente è di 41,04 anni, contro i 41,71 anni della popolazione del resto d’Italia. Un altro dato interessante si evince dalla tabella 1 che analizza il peso della popolazione residente nel Comune capoluogo rispetto alla Provincia; se si confrontano i dati ci si accorge che vi è una tendenza graduale allo spostamento degli abitanti dal centro alla periferia; questo fatto si può far risalire tra l’altro anche alla migliore possibilità abitativa nelle periferie sia in termini di costo, sia in termini di qualità. Se si analizzano vari tassi demografici (tasso di natalità, di mortalità, di crescita naturale - differenza tra tasso di natalità e mortalità - e il saggio migratorio totale - differenza tra numero di immigrati ogni 1000 abitanti e numero di emigrati ogni 1000 abitanti in un anno) è possibile avere una più precisa fotografia di come cambia la popolazione nelle aree metropolitane. Se si guardano i tassi di natalità e di mortalità, si osserva che le aree meridionali sono caratterizzate da tassi di natalità più alti e da tassi di mortalità più bassi rispetto alle altre. Esaminando invece il saldo migratorio totale, si osserva una forte differenza tra le città del Mezzogiorno e quelle del resto d’Italia, poiché al Sud il saldo migratorio ha in media valori più bassi rispetto a quanto accade al Centro-Nord. Un altro dato importante è l’analisi del reddito pro-capite nelle aree metropolitane e la variazione dello stesso negli anni 2001-2002(cfr. Tabb.3 e 4).4 Dal punto di vista economico-produttivo è interessante notare anche come si distribuiscono le imprese nelle 11 Province di riferimento per le aree metropolitane e la loro struttura per classe dimensionale (Tab.5) e numero addetti (Tab.6). È evidente nelle aree del Nord il peso delle grandi imprese con 100 e più addetti. È importante evidenziare come al Sud siano percentualmente maggiori rispetto al Centro-Nord solo le imprese monoaddetto. Anche il tasso di disoccupazione (Tab.7) riproduce la situazione fortemente differenziata esistente nelle aree metropolitane; a fronte di una media nazionale ufficiale di disoccupati nel 2003 dell’8,7% si hanno valori di quasi tre volte superiori a Napoli (23,6%) e molto superiori a Bari (11,5%), con invece percentuali significativamente al di sotto della media-Italia a Bologna, Firenze, Venezia e Milano. Senza considerare alcune particolarità, in positivo o negativo, che si evidenziano in alcune specifiche aree, è netta una sorta di sottodotazione delle strutture socio-culturali a Roma, Napoli e Bari e per alcune caratteristiche anche di Roma rispetto alle altre. (Tabb. 8 e 9) Considerando l’importanza della questione ambientale l’analisi della tabella 10 evidenzia significativamente la posizione di Roma che risulta essere ultima nella percentuale delle imprese certificate (2,2%), ha la maggiore quantità di rifiuti prodotti (599,8kg) e la minore percentuale dopo Napoli di raccolta differenziata pro-capite (31,4%). È interessante analizzare anche l’indice di criminalità complessivo nelle aree metropolitane; dalla tabella 11 si nota come Bologna si collochi al primo posto con una percentuale di 65,7 delitti denunciati ogni 1000 abitanti; le altre città con percentuali elevate sono Torino (63,4) e Roma (63,1). Considerando che la media nazionale è di 39,2, l’unica provincia al di sotto risulta essere Bari con 32,9 denunce ogni 1000 abitanti. L’indice di criminalità violenta evidenzia sempre ai primi posti Bologna, seguita da Bari, Napoli, Torino e Firenze. La tabella 12 evidenzia gli indici di criminalità per tipologia di reati.

1. L’area metropolitana di Roma L’area metropolitana di Roma riveste un ruolo molto importante nella formazione del reddito nazionale in quanto contribuisce alla produzione nel solo centro metropolitano di ben 6,4% del PIL nazionale. Comunque, se non si considera nella valutazionie il fattore dimensionale emerge che la nota “città leader”, occupa solo il 7° posto, restando indietro rispetto a Firenze e le maggiori città metropolitane del Nord e soprattutto lontana dalle posizioni che aveva raggiunto agli inizi degli anni ’90. Se si esamina l’incidenza sul PIL dell’area si ha che l’85,7% di questo proviene dalle imprese dei servizi (dato in assoluto più elevato in Italia), che si stacca fortemente dalla media nazionale del 70,9%. La Provincia di Roma risulta essere al secondo posto (dopo Milano) per quanto riguarda il numero delle imprese; In data 31-12-2003 sono state censite 221.132 imprese con una incidenza del
  36,6% sul totale del settore del commercio;
  14,8% delle imprese che erogano servizi alle imprese;
  6% per i settore dei trasporti
  2,9% quello del credito. Se l’area romana è sottodotata rispetto alla media nazionale nell’attività agricola e industriale, è invece sempre sopra la media per quanto riguarda la dotazione in tutte le attività economiche dei servizi. Nel 2003, l’imprenditoria romana ha realizzato esportazioni di merci per un valore pari a 5 miliardi di euro, le importazioni sono sicuramente più alte,anche se in diminuzione rispetto all’anno precedente; circa 17,24 miliardi di euro nel 2003 a fronte dei 17,62 nel 2002. I prodotti più esportati sono: Prodotti chimici (e in particolare farmaceutici), Aeromobili e veicoli spaziali; Apparecchi riceventi. Le importazioni invece riguardano soprattutto gli Autoveicoli (con una quota pari al 27%); i Prodotti a base di tabacco e i Prodotti chimici. I principali paesi destinatari delle esportazioni sono oltre ai paesi europei anche quelli dell’America (Nord e Sud) e Asia (Cina). Anche per le importazioni nelle prime posizioni ci sono quasi tutti i paesi dell’Unione Europea, seguiti da Asia e America (Nord e Sud).11 Se si effettua un confronto con le altre aree metropolitane si segnala che Roma si avvicina alle aree del Nord soprattutto per quanto riguarda le categorie del lavoro; è simile infatti a Firenze, Milano, Genova per la quota di lavoratori impiegati nel settore agricolo e per la percentuale di lavoro non regolare. Se si guarda invece alla natura delle imprese si osserva che Roma, per la particolare propensione al settore dei servizi, non si può avvicinare a nessuna delle altre aree metropolitane. Come la maggior parte delle aree metropolitane del Sud anche Roma presenta una scarsa propensione alle esportazioni. Sul piano più direttamente di carattere sociale va segnalato infine che Roma rappresenta la provincia dell’Italia Centrale con il maggior numero di delitti denunciati rispetto alla popolazione residente e si colloca in terza posizione nella classifica nazionale; anche la percentuale di morti per patologie tumorali è la più alta del Centro Italia.

2. L’area metropolitana di Torino L’area metropolitana di Torino si colloca al terzo posto (dopo Milano e Roma) nella formazione del PIL nazionale (4,6%); il 70,4% della ricchezza è realizzato dal settore dei sevizi seguito da quello dell’industria con una bassa percentuale nell’artigianato. Le imprese registrate sul territorio sono circa 190.00012 che riguardano i settori del Commercio; del Servizio alle imprese; delle Costruzioni e dell’Industria; mentre il numero delle aziende agricole della provincia è molto scarso. Negli ultimi venti anni si è verificata in quest’area una forte riduzione del peso del comparto manifatturiero, e un conseguente forte aumento del settore terziario, evidenziando un intenso processo di deindustrializzazione. Si pensi che nel 1981 il peso dell’industria manifatturiera era del 19,9% delle unità locali con un’incidenza del 48,6% sull’occupazione; nel 2001 si è passati ad un 11,6% nel peso dell’industria manifatturiera e al 29,9% del peso sull’occupazione. Questa riduzione ha interessato in particolar modo la filiera del cosiddetto “made in Italy”, ossia abbigliamento, tessile, calzature, il settore automobilistico e il settore metallurgico. Si segnala che ad esempio nel settore della moda si contavano nel 1981 ben 29.700 addetti e nel 2001 questo numero è sceso a poco più di 11.000 addetti. Tranne l’agricoltura (molto più bassa del livello medio nazionale) e i servizi alle imprese (molto più alto) il resto delle attività economiche sono più o meno simili alla composizione media nazionale. Il tasso di apertura e la propensione all’export sono più alti della media nazionale; l’ammontare complessivo delle esportazioni torinesi è pari a 15 miliardi di euro. Tra le merci maggiormente esportate vi sono soprattutto Mezzi di trasporto;Macchine ed apparecchi meccanici; Macchine elettriche. Per quanto concerne invece i principali mercati di sbocco delle esportazioni: si collocano ai primi 4 posti:Francia,Germania,Spagna e Regno Unito seguiti dagli Stati Uniti. Simile il panorama dal lato delle importazioni con la differenza che nei primi posti si trovano anche Polonia, Giappone e Turchia.

3. L’area metropolitana di Venezia La Provincia di Venezia contribuisce alla formazione del PIL con l’1,7% nazionale e si colloca al dodicesimo posto nella graduatoria delle province italiane e al secondo nel Veneto. Negli anni che vanno dal 1999-2001 si è evidenziata una diminuzione nei settori dell’agricoltura e dell’ industria mentre si è avuto un aumento di 4 punti percentuali nel settore dei servizi che contribuisce alla formazione del PIL per il 75%, seguito dall’industria con poco più del 22,5%. In data 31/12/2003, erano registrate nella provincia di Venezia, 70 mila imprese di cui:
  Il 17,2% nel settore dell’ agricoltura;
  Il 13,7% nell’industria
  e il rimanente 69% nel settore dei servizi. Il 13% del totale delle aziende è composto da imprese agricole con dimensioni principalmente comprese tra 1 e 10 ettari. Nell’area veneziana il 66% degli occupati lavora nel settore terziario, soprattutto in quello alberghiero e dei trasporti. Il 13,1% delle unità di lavoro appartiene al lavoro non regolare (questa percentuale è quasi il doppio al Sud). Il PIL pro-capite nell’area veneziana (ottenuto dal rapporto tra PIL pro-capite provinciale e peso dell’area metropolitana sulla provincia nell’anno 2002) è pari a 30.211 euro (la media delle aree metropolitane è 27637 euro); quindi il reddito medio per abitante è più alto di circa il 4,2% della media del valore nelle 11 aree metropolitane. In agricoltura, industria e commercio la provincia veneziana risulta appena sottodotata rispetto alla media nazionale. Per quanto riguarda gli scambi con l’estero, Venezia registra un valore delle esportazioni pari a circa 4,2 miliardi di euro nel 2003.; e le principali merci esportate sono Aeromobili e veicoli spaziali; Navi e imbarcazioni;Produzione di calzature; le importazioni invece riguardano principalmente Petrolio; Prodotti chimici di base;Prodotti petroliferi raffinati. Il principale mercato di riferimento sia per le importazioni che per le esportazioni è quello europeo (63,8%) seguito da quello statunitense.

4. L’area metropolitana di Genova Il PIL della Provincia è pari all’1,6% dell’ammontare nazionale; lo 0,4% del PIL nell’area metropolitana è da imputarsi al settore primario, il 19,4% al settore industriale e l’80,2% al settore terziario (in questo settore Genova è seconda solo a Roma con il suo 85,7%); il PIL per abitante della provincia è di 23.700 euro. Alla data del 31/12/2003 erano registrate 67.700 imprese di cui circa il 40%, erano imprese commerciali; i maggiori settori interessati sono Trasporti, Credito e assicurazioni, Servizi alle imprese; ciò mette in luce un intenso processo di terziarizzazione con evidenti dinamiche di deindustrializzazione. È importante segnalare che il 77,2% sono microimprese (1-2 addetti), in un contesto, quello del Nord Ovest in cui tale tipologia di impresa è poco presente. Il Graf.10 mostra in maniera chiara il sottodimensionamento rispetto alla media nazionale dell’agricoltura e ormai anche dell’industria, anche se la dotazione rimane significativamente alta rispetto alle percentuali regionali e nazionali, mentre superiore alla media è la dotazione nel commercio nei trasporti e comunicazioni. Le esportazioni attribuibili all’area di Genova nel 2003 sono basse rispetto al dato nazionale (nel 2003 sono state esportate merci per un valore di circa 2000 miliardi di euro) e riguardano soprattutto Macchine per la produzione di energia meccanica, Ferro, Ghisa e Acciaio. Le importazioni,invece, sono soprattutto di Prodotti petroliferi, in particolare petrolio greggio e gas naturali, Apparecchi medico chirurgici;Minerali di ferro. Le esportazioni sono dirette soprattutto in Francia e Germania Spagna Regno Unito; mentre le importazioni arrivano principalmente dalla Francia,Germania e Stati Uniti.

5. L’area metropolitana di Milano L’area metropolitana di Milano riveste un ruolo molto importante nella formazione del reddito nazionale in quanto contribuisce alla produzione del 10.15% del PIL nazionale, ponendosi al primo posto tra le aree metropolitane, con un PIL pro-capite di 43.800 euro nel Comune e di 34.500 euro a livello provinciale, il valore aggiunto per abitante è superiore rispetto sia al dato regionale che nazionale. Il settore dominante è quello dei servizi che contribuisce alla formazione del valore aggiunto per il 70,3%, seguito dal settore industriale che è invece ridotto al 29,4%, evidenziando una forte dinamica di terziarizzazione dell’economia. Alla data del 31/12/2003 le imprese presenti sul territorio milanese sono per il 50% del settore del commercio e dei servizi; mentre poco importante è il settore agricolo(1,7%) con un settore artigianale al 28,2% come numero di imprese. Da segnalare nella composizione delle attività economiche una presenza sopra la media nazionale dell’industria e dei trasporti e comunicazioni ma soprattutto nei servizi alle imprese. Nel 2003 le imprese milanesi hanno avuto una propensione all’esportazione pari al 31.1%, ossia dell’8% in più rispetto al dato nazionale. Tra le merci esportate un posto rilevante è occupato da i Prodotti farmaceutici, mentre gli Autoveicoli, i Macchinari per ufficio e gli Apparecchi radiotelevisivi e per la comunicazione sono tra i maggiori prodotti importati. I paesi europei (che occupano le prime dieci posizioni) insieme a Stati Uniti e Giappone sono tra i principali destinatari delle esportazioni e lo stesso vale per le importazioni con l’aggiunta della Russia nelle prime dieci posizioni e il ruolo particolarmente attivo della Germania.

6. L’area metropolitana di Bologna Nel 2003 il 73% del PIL pro-capite della Provincia era generato direttamente nell’ambito dell’area metropolitana. La Provincia di Bologna (anno 2002) apporta il 2,22% del PIL nazionale e si colloca al sesto posto dopo Milano, Roma, Napoli,Torino e Brescia. Il settore artigianale incide sul PIL per il 10,8%. Nel 2003 invece il 68,6% del PIL era da attribuirsi al settore terziario, il 29,8% dal settore industriale e solo l’1,6% dal settore agricolo. In data 31-12-2003 il 27,7% delle imprese è appartenente al settore del commercio; il 16,6% sono le imprese che erogano servizi alle altre imprese e il 33% sono imprese artigianali (dato più alto di quello nazionale); il settore dei trasporti occupa il 6,1% mentre il settore Credito e assicurazioni il 2,7%. Il 16% del totale sono aziende agricole. La composizione delle attività economiche evidenzia una significativa presenza sopra la media nazionale del comparto dei trasporti e comunicazioni e in particolare dei servizi alle imprese. Sempre nel 2003 l’area bolognese ha esportato beni per un valore di circa 7,8 miliardi di euro; le esportazioni hanno interessato Macchine e apparecchi meccanici; Veicoli a motore e loro componenti. I principali mercati riguardanti sia le importazioni che le esportazioni sono Europa (66,5%), America del Nord e Asia. Bologna risulta essere prima nelle esportazioni seguita da Milano e Torino. Se si confronta l’area metropolitana di Bologna con le altre si segnala l’elevata incidenza degli stranieri, ciò dimostra che quest’area come quella di Milano (che è la prima), Firenze e Roma costituiscono dei poli di attrazione. Le aree metropolitane del Sud Italia al contrario registrano la tendenza opposta visto che le possibilità lavorative sono molto ridotte.

7. Area metropolitana di Firenze La Provincia contribuisce al PIL nazionale per il 2,12% e il contributo settoriale è per lo 0,6% dall’agricoltura; per il 26,3% dal settore dell’industria; per il 73% dal terziario; e in termini maggiormente disaggregati si evidenzia un contributo al PIL nazionale per il 13,2% per l’artigianato. Ben il 73% del valore aggiunto settoriale è realizzato nel terziario, percentuale maggiore della media regionale e nazionale. Nell’anno 2003 il 28,7% delle imprese registrate appartengono al settore del commercio; il 18,9% al settore industriale e il 34,5% al settore artigianale. È molto alto il numero di esercizi alberghieri (537); le aziende agricole rappresentano il 12% del totale. Firenze ha registrato nel 2003 un elevato livello di esportazioni tale da essere risultata la prima tra le Province del Centro Italia e l’undicesima tra tutte le province italiane. Le esportazioni hanno interessato i paesi dell’Europa per il 57,4%, dell’America per il 19,8% e dell’Asia per il 16,2%. I prodotti più esportati sono stati: Macchine per la produzione di energia meccanica per l’ 11,6%, l’Abbigliamento per il 10,8%, Borse e articoli da viaggio per il 10,1% e le Calzature per l’8,5%.Per quanto riguarda le importazioni, invece, i paesi interessati sono: l’Europa per il 66,3%, l’Asia per il 17,3% e l’America per l’11,6% e hanno riguardato principalmente i Prodotti farmaceutici per il 9,9%, i Metalli preziosi per il 7%.

8. L’area metropolitana di Napoli

Napoli contribuisce al PIL con il 3,42% e il settore che incide maggiormente è quello dei servizi con l’82,1%; questo fa sì che Napoli si collochi al 5° posto in tutta l’Italia e al 3° tra le province del Sud per tale indicatore. Le imprese presenti nell’area sono di piccole dimensioni; il 54 % di esse non ha più di 19 dipendenti, il 45,9% sono ditte individuali mentre le imprese medie e grandi sono in percentuale molto ridotta (le imprese con più di 200 addetti sono lo 0,03% mentre quelle con più di 500 dipendenti sono solo lo 0,006%). Il settore che contraddistingue maggiormente le imprese napoletane è il commercio che interessa il 45% delle aziende; l’industria ha invece una percentuale dell’11,9%; seguono poi i Trasporti; il Credito e assicurazioni e i Servizi alle imprese. Le aziende artigianali sono il 13,8% e le aziende agricole il 6,4%. Va evidenziato che oltre il 70% delle imprese è entrato sul mercato dopo il 1990. Dal punto di vista delle esportazioni Napoli è la Provincia più rilevante dell’Italia Meridionale; i prodotti più esportati sono i Mezzi di Trasporto e in specifico gli Autoveicoli, gli Aeromobili e i Veicoli spaziali.. Le esportazioni interessano soprattutto Stati Uniti (19,3%) e Europa (43,4%); mentre le importazioni provengono da Cina e Stati Uniti.

9. L’area metropolitana di Bari

Secondo i dati dell’anno 2002, Bari contribuisce al PIL nazionale per l’1,89%, mentre per il 2003 questo valore raggiunge il 1,91%. Il valore del reddito procapite, pur essendo elevato rispetto al Mezzogiorno è sempre inferiore rispetto alla media nazionale (14300 euro annui a fronte di oltre 20000 euro a livello nazionale). La distribuzione del PIL per settore evidenzia che il terziario contribuisce per il 75,3%, il contributo dell’artigianato per l’8,8%, l’attività agricola per il 3,9% e l’industria per il 21%. È evidente una maggiore dotazione rispetto alla media nazionale nell’agricoltura e nel commercio, mentre in media per l’industria. Nell’anno 2003 la Provincia di Bari ha registrato più di 3 miliardi di euro di esportazioni mentre le importazioni sono di circa 2,02 miliardi di euro. I principali paesi interessati sono l’Europa e l’America (per le esportazioni prime fra tutti Germania e Stati Uniti, mentre le importazioni provengono prima fra tutti dalla Germania e la Spagna). Si segnala che solo i mobili d’arredamento costituiscono quasi un terzo dei prodotti esportati, subito dopo ci sono i prodotti agricoli che però allo stesso tempo sono a loro volta il prodotto che viene importato maggiormente. La mancanza o carenza di dotazioni infrastrutturali, energia elettrica servizi telefonici, collegamenti stradali influisce negativamente sullo sviluppo dell’area metropolitana; migliore è la situazione per quanto riguarda le infrastrutture sociali (sanitarie, istruzione).

10. L’area metropolitana di Catania Nell’anno 2003 il valore aggiunto della Provincia è stato di 15.718 milioni di euro ed ha rappresentato l’1,29% del valore nazionale. Se si guardano gli scambi della Provincia si ha che nell’anno 2003 Catania ha esportato prodotti per un valore di circa 865 milioni di euro mentre le importazioni sono state pari a 842 milioni di euro. I paesi maggiormente interessati sono stati per le esportazioni l’Europa (55,4%), l’Asia (34,3%) ed infine l’America (4%); le importazioni sono arrivate dall’Europa per il 59,1% e dall’America per il 19,5%. Tra i prodotti più esportati ci sono le macchine elettriche e i prodotti chimici che sono anche tra le merci più importate. Sempre nell’anno 2003 la provincia di Catania contava circa 84.076 imprese; si rileva una grande presenza del commercio (36,2%) e una dotazione agricola superiore alla media nazionale; inoltre si registra un livello molto alto di ditte individuali (69,2%) seguita dalle piccolissime imprese (meno di tre addetti).

11. L’area metropolitana di Palermo Il contributo dell’area di Palermo al PIL nazionale è dell’ 1,36% e i settori interessati sono Il terziario (84%), l’agricoltura (2,2%) e l’industria con il 13,2%, e in più nel dato particolare con l’artigianato al 4,4%. Va segnalato che nonostante Palermo sia la prima Provincia nell’isola per ricchezza complessivamente prodotta, coloro che risiedono in questa area metropolitana hanno una quota del PIL pro capite molto bassa, pari a 13.116 euro. Se si stabilisce pari a 100 il PIL pro capite medio delle 11 aree metropolitane, Palermo ha una quota pari a 58, con una percentuale maggiore soltanto a quella dell’area metropolitana napoletana. All’estremo opposto l’area milanese che raggiunge, invece, una quota superiore a quella media di 44 punti. Le imprese sono di piccola e piccolissima dimensione (meno di 10 addetti), inoltre da evidenziare che l’82,4% delle imprese ha non più di due addetti. I settori interessati sono il Commercio, per un 38,6 % seguito dai Servizi alle imprese; dagli esercizi alberghieri; da segnalare l’artigianato che comprende il 23,8% delle imprese. Nel 2003 Palermo ha avuto un valore di esportazioni pari a 422 milioni di euro, mentre le importazioni sono state di circa 674 milioni di euro. I prodotti più esportati sono Mezzi di Trasporto, e le importazioni riguardano i Prodotti tessili; i Prodotti chimici e le Automobili. I paesi interessati sia all’esportazione sia all’importazione sono l’Europa per l’81,7%; l’Asia per il 6,2% e gli Stati Uniti per il 5,9%. Se si analizzano i più importanti di indicatori di natura socio-economica da fonti ufficiali risulta che l’area metropolitana di Palermo è molto caratterizzata da una situazione di povertà, da una prevalenza del settore terziario che non lascia spazio a quello industriale e da una ridotta capacità agricola dell’area. Va evidenziato, inoltre che l’area metropolitana palermitana, rispetto a quasi tutte le altre aree, non è in fase di evoluzione poiché, nonostante l’elevata concentrazione della popolazione nel centro, questa presenta relazioni inverse con il tasso di evoluzione delle imprese e il saldo demografico della popolazione.

Note

1 Ricercatrice socio-economica, membro del Comit. Scient. di CESTES.

2 Prof. Univ. “La Sapienza”, Roma ; Direttore Scientifico CESTES e della rivista PROTEO

3 Cfr. La Provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della vita della provincia di Roma”, maggio 2004, pag. 163.

4 Cfr. La Provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della vita ....”, op. cit. pagg. 176-177.

5 Cfr. “La provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della...”, op. cit., pag.179.

6 Cfr. “La provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della...”, op. cit., pag.202.

7 Cfr. “La provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della...”, op. cit., pag.240.

8 Cfr. La Provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della vita ....”, op. cit. pag.254.

9 Cfr. La Provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della vita ....”, op. cit. pag.262.

10 Cfr. La Provincia si racconta. Primo rapporto sulla qualità della vita ....”, op. cit. pag.263.

11 Si ricorda che il “TASSO DI APERTURA : è’ dato dal rapporto (moltiplicato per 100) fra l’ammontare complessivo delle transazioni con l’estero (somma di importazioni ed esportazioni) delle imprese di un’area in un determinato periodo ed il valore aggiunto prodotto dal complesso dell’economia della medesima area e nello stesso arco temporale”, cfr. http://www.unioncamere.it/Atlante/selreg_frame1024.htm

12 I dati sono dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne e si riferiscono all’anno 2003

13 http:// www.unioncamere.it/Atlante/selreg_frame1024.htm