La RdB/CUB al XV Congresso della Federazione Sindacale Mondiale.

STEFANO DEL MEDICO

Unità e conflitto. Contro la globalizzazione imperialista, contro la guerra permanente.Per la giustizia sociale, per la piena occupazione, SOLIDARIETÀ E PACE!

Dal 1 al 4 dicembre si è tenuto a L’Havana il XV Congresso della Federazione Sindacale Mondiale. Un incontro che ha riunito più di 500 delegati provenienti da oltre 70 paesi, a 60 anni della nascita della FSM. Un appuntamento certamente non rituale che ha evidenziato già nel documento preparatorio i limiti e l’indebolimento della FSM dovuto in particolare al dissolvimento dell’URSS e all’indebolimento delle organizzazioni sindacali in quei paesi. Un congresso che ha visto la partecipazione di oltre 250 organizzazioni sindacali, generali e di categoria, nonostante il tentativo di limitare la partecipazione attraverso la negazione dei visti di transito, come accaduto, per volontà dell’Unione Europea, alla delegazione di Camerun, Indonesia e Pakistan. I delegati e gli osservatori provenivano da India, Siria, Australia, Brasile, Costa Rica, Korea, Jamaica, Vietnam, Perù, Cile, Messico, Cina, Sudan, Sud Africa, Senegal, Venezuela, Equador, Colombia ecc. Relativamente all’Europa, dove la FSM, negli anni ’90 ha perso forza e affiliati, erano presenti delegati e osservatori provenienti dalla Grecia, dalla Galizia, dai Paesi Baschi, dalla Germania, dalla Francia, dall’Italia, alcuni in veste di soggetti sindacali indipendenti, altri in rappresentanza di correnti all’interno delle Confederazioni tradizionali. Dall’Europa dell’est, erano presenti le delegazioni Russa e Bulgara. Per l’Italia, oltre alla RdB/CUB che, invitata, ha partecipato come osservatore, c’era il Sindacato Indipendente Studenti e Apprendisti del Ticino. Il congresso si è svolto nel Palazzo delle Convenzioni a una decina di chilometri dal centro dell’Havana. I delegati e gli osservatori, accolti dalla segreteria organizzativa della CTC cubana, hanno potuto seguire con esattezza il dibattito grazie ad un gruppo straordinario di interpreti che hanno permesso il superamento delle difficoltà linguistiche. La prima giornata si è svolta in seduta plenaria ed è stata caratterizzata dai numerosi interventi delle varie delegazioni. Nella seconda giornata erano previste due sessioni tematiche: la prima sul ruolo del sindacato nei confronti della globalizzazione neoliberista, la seconda sulla lotta per la pace e contro l’imperialismo. Il terzo giorno gli osservatori e gli ospiti hanno avuto modo di poter visitare la Scuola Latinoamericana di Scienze Mediche: un enorme complesso appartenuto alla marina militare cubana e oggi riconvertito e trasformato in scuola di medicina. Ospita oltre 1.500 studenti provenienti da tutto il continente, completamente sostenuto e finanziato dal governo cubano. Gli interventi dei delegati inizialmente sono apparsi rituali e molto formali, nello stile di una pratica passata. La capacità di dare un’impronta di rinnovamento e di rivitalizzazione al dibattito è emersa in primo luogo dalla vivacità e dalla passione espressa dalla CTC cubana e più in generale dalle organizzazioni sindacali provenienti dall’America Latina. Queste oggi dimostrano di avere una capacità di analisi e di azione di massa in grado di definire gli orientamenti su cui collocare la stessa FSM. L’intervento di apertura del segretario della CTC Pedro Ross ha posto subito sul tavolo i problemi della FSM: una fase critica che attraversa tutto il movimento sindacale, in particolare nei paesi del Nord del mondo, con la particolarità europea che vede la stragrande maggioranza delle organizzazioni sindacali “accompagnare” i governi alla realizzazione delle politiche neoliberiste. Sicuramente per la FSM la dissoluzione dell’URSS ha rappresentato un punto di crisi sul piano del metodo e della direzione. Oggi però quelle difficoltà, ha sostenuto Ross, possono essere superate da una nuova ed adeguata strategia conseguente alla fase politica che vede il movimento dei lavoratori sottoposto a pesantissimi attacchi dalle politiche di privatizzazione e di precarizzazione in tutto il pianeta. Quanto fatto dalla FSM, dal 2000 ad oggi, definisce l’inizio di un percorso per una fase nuova: l’assemblea internazionale tenuta in Argentina contro la privatizzazione del settore energetico, con particolare attenzione a quanto sta accadendo nel continente asiatico, in particolare in India; la lotta contro l’occupazione della Palestina, dell’Afghanistan, dell’Iraq con milioni di firme raccolte contro la violazione dei diritti umani; la lotta dei lavoratori campesini in Equador; la battaglia contro lo sfruttamento del lavoro minorile. L’analisi strutturale della situazione è poi proseguita indagando i processi di attuazione di riforme regressive che precarizzano il lavoro, con l’unico obbiettivo di aumentare la produttività e gli utili, collegati ad una situazione internazionale di unipolarità del mondo, e che hanno rafforzato enormemente l’offensiva capitalista sostituendo il diritto internazionale con la legge del più forte. Si è rafforzata l’offensiva degli Stati Uniti contro i cosiddetti “stati canaglia”. Rimane ferma, da parte degli Stati Uniti, l’intenzione di annettere l’America Latina. In Venezuela è in atto una controffensiva della controrivoluzione che mira a rompere l’unità latinoamericana e i rapporti d’amicizia e solidali con Cuba. In Colombia accanto ad una crescita della resistenza campesina ed ecologista le forze filo-governative attuano pesanti azioni repressive con omicidi e arresti nei confronti di lavoratori e sindacalisti. La FSM deve però fare i conti - come ribadito in molti interventi - con la perdita di coscienza e identità di classe soprattutto nei paesi dove più forte era la tradizione del movimento del movimento operaio e di massa. La bocciatura della Costituzione Europea in Francia ha attivato un processo antiliberista di cui la FSM deve divenire soggetto di riferimento e farsi interprete di tali istanze. Permane un rischio di indebolimento in alcuni paesi dell’America Latina, come ad esempio la Colombia, dove l’incapacità di dare risposte alle masse di lavoratori e la collusione di alcuni sindacati che, attraverso le cooperative di gestione, favoriscono i progetti delle politiche neoliberiste e imperialiste, sta producendo un forte arretramento. La relazione introduttiva e il documento preparatorio hanno messo al centro la questione dell’UNITA’ DEI LAVORATORI: una necessità storica che ha segnato i destini del movimento sindacale, dove le fratture e le divisioni hanno costituito una pesante ipoteca nella lotta dei lavoratori. Oggi, questa l’analisi proposta dal congresso, la FSM non può solo ricercare la crescita degli affiliati ma deve darsi una funzione avanzata: il compito di ricostruire l’ideologia e l’identità del sindacato di classe e combattivo. Un percorso fatto di solidarietà internazionalista, contro le politiche sindacali concertative. È stato ribadito che l’unità dei lavoratori può essere strategicamente praticabile solo su un progetto che definisca in modo chiaro i compiti e le funzioni che il sindacato oggi deve praticare nell’interesse dei lavoratori. Un piano complessivo che unifichi le forze sindacali combattive e che definisca i principi del sindacalismo classista. Su questo elemento, a nostro avviso, pesa la mancanza di un’analisi precisa della funzione dei sindacati concertativi e di quanto poco produttivo sia il permanere al loro interno, magari in posizione alternativa, invece di procedere a rotture sul piano di classe come avvenuto nel nostro paese. L’unità è un bene ma non a tutti i costi! L’altro grande tema è stato quello del CONFLITTO. Anche qui le organizzazioni sindacali dell’America Latina sono parse certamente quelle più avanzate, parte attiva di un conflitto praticato che ha contribuito all’affossamento dell’ALCA promosso dagli Stati Uniti e alla nascita di un accordo alternativo (l’ALBA) tra i paesi latinoamericani. La capacità di esprimere conflittualità, non solo sulle vertenze sindacali tradizionali, ma anche per la realizzazione di un modello alternativo a quello neoliberista, che porti concreti vantaggi alle popolazioni latinoamericane. Nello stesso tempo, come sottolineato da diversi interventi, i sindacati conflittuali sono sottoposti a pesantissime repressioni: sei dirigenti sindacali della Federazione dei Trasporti del Perù sono stati assassinati, una scia di omicidi mirati che prende di mira i sindacalisti che si oppongono alle politiche neoliberiste. Il sindacalismo nell’America Latina è colpito pesantemente, oltre 1000 sindacalisti sono “desaparecidos”. In una sessione specifica del Congresso è stata affrontata la questione politica e sindacale in Europa. L’allargamento dell’Unione Europea, il progetto di Costituzione Europea, “l’aggressione” al welfare -pensioni, politiche di flessibilità, precarietà, smantellamento dei servizi pubblici - hanno, di fatto, liquidato le conquiste realizzate dal movimento dei lavoratori europeo. A questo si affianca l’incapacità di generare conflitto da parte del movimento sindacale europeo, dovuta prevalentemente all’appoggio che le grandi Confederazioni hanno dato alle politiche neoliberali, mettendo in crisi la credibilità stessa delle organizzazioni sindacali. La FSM in Europa ha vissuto profondamente la crisi dell’89 e, in sede di Congresso, è emerso con chiarezza che questa difficoltà potrà essere superata soltanto se si consuma una rottura netta, teorica e pratica, con esperienze passate. La mancanza di una chiara presa di distanza dalle Confederazioni legate alla CES porta un oggettivo rallentamento dei processi di ricomposizione del sindacalismo di classe in Europa. Inoltre, la carenza di esperienze di sindacati Confederali indipendenti e di classe, fatta eccezione dell’Italia, rende ulteriormente difficile questo obiettivo. In quest’ambito è stata evidenziata l’esperienza tutta italiana della RdB-CUB. Una scelta di rottura capace di dare un futuro al sindacalismo indipendente e di classe. L’assenza di esperienze analoghe in Europa limita la prospettiva capace, attraverso il conflitto e l’unificazione delle lotte dei lavoratori, di sconfiggere il progetto di polo Europeo, competitore degli Stati Uniti e portatore delle politiche imperialiste. Il Congresso, aprendo le porte ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali europee, ha evidenziato conseguentemente il carico di responsabilità che il movimento sindacale europeo deve avere sul ruolo specifico ricoperto dall’Unione Europea. Questo anche se, come è comprensibile data la situazione e la localizzazione del paese ospitante, per tutto il dibattito vi è stata un’attenzione predominante alle politiche imperialiste statunitensi, con minor attenzione alla funzione dell’Europa nella realizzazione dei processi di aggressione nei confronti dei diritti e della dignità dei lavoratori. Relativamente alla questione del conflitto si è dibattuto molto su come ridare ai lavoratori un “nuovo protagonismo”. Su questo punto la FSM, a parte la particolare condizione europea, esprime una pratica di massa e conflittuale, che trova in America Latina il punto più avanzato. Mentre emergono tutte le difficoltà di larga parte delle organizzazioni sindacali europee incapaci di recidere il tradizionale rapporto con i sindacati ufficiali. L’assemblea del XV Congresso della FSM ha approvato un documento finale (scaricabile dal sito ufficiale www.wftu.cz), completo ed esaustivo che sintetizza nei suoi 25 punti i quattro giorni di confronto e dibattito. Il documento rileva come la FSM abbia la responsabilità di individuare gli ostacoli verso un cammino di unità e azione dei lavoratori. Le esperienze recenti hanno dimostrato che la negoziazione per un neoliberismo temperato, quella che in Italia definiamo concertazione, produce regressione sociale e indebolisce complessivamente il movimento sindacale. Nel discorso conclusivo il neo Segretario Generale George Mavrikos, del PAME (Grecia) ha riassunto i 10 obiettivi principali della FSM come base di azione comune: 1) aumentare gli spazi e i livelli di confronto democratico e collettivo nella FSM, superando la burocratizzazione delle strutture; 2) favorire la nascita di un Consiglio aperto anche ai non affiliati come luogo di discussione, proposta e critica; 3) sostenere la solidarietà internazionalista e l’appoggio ai lavoratori e ai popoli che lottano contro le politiche imperialiste; 4) rafforzare la presenza e la partecipazione dei giovani e delle donne nella FSM; 5) avviare percorsi di formazione sindacale con seminari e momenti di confronto; 6) istituire una Segreteria sul tema dei Migranti composta dalle varie organizzazioni aderenti alla FSM; 7) avviare, da parte della FSM,un coordinamento di azioni congiunte di lotta con i vari settori del mondo del lavoro in tutti i continenti e nelle varie regioni geografiche; 8) rinnovare il programma della FSM, individuando nuove forme di azione sulla base delle esperienze e della tradizione del movimento sindacale; 9) istituire il registro dei nuovi membri; 10) rafforzare la presenza della FSM nelle Organizzazioni Internazionali costruendo alleanze e collaborazioni nell’interesse del movimento internazionale dei lavoratori. Il nostro giudizio su questo Congresso è senz’altro positivo, anche se articolato. La nostra presenza come osservatori ci ha consentito proprio di “osservare” dall’esterno come la FSM provi a riorganizzarsi su un nuovo piano, quello cioè del conflitto, della solidarietà internazionale, dell’unità delle organizzazioni combattive. Non è scontato che tale riorganizzazione riesca, e comunque è certo che non avverrà con identica velocità in tutti i continenti. Troppe sono le differenze, dovute soprattutto alle condizioni oggettive di chi opera in America Latina o in India, rispetto ad esempio all’Europa e all’Asia. Il tentativo di fare i conti con un passato burocratico, in cui la FSM operava per diretta emanazione dei partiti di riferimento è senz’altro condivisibile ed apprezzabile, perché è obbiettivamente l’unico modo possibile di agire per poter immaginare di divenire un punto di riferimento concreto e visibile in un panorama sindacale a tutt’oggi dominato dalla CISL internazionale. Se tale sforzo avrà successo la FSM potrebbe assumere concretamente una nuova funzione, capace di costituire anche un ambito organizzativo in opposizione alle centrali sindacali tradizionali. La via tracciata è chiara: uscire dalla pratica delle dichiarazioni, della retorica e della rappresentazione a carattere istituzionale, divenire punto di riferimento per il sindacalismo internazionale mantenendo fermo uno dei compiti principali a cui si richiamava uno dei padri dell’indipendenza cubana e latinoamericana, Josè Martì: “FARE È IL MIGLIOR MODO DI DIRE”.

Note

* Coordinamento Nazionale RdB.