Il sindacato olandese e le illusioni della concertazione

Hans Boot

L’Olanda appartiene a quel gruppo di nazioni della Unione Europea dove si sciopera di meno e dove il grado di organizzazione è il più basso. Il movimento sindacale è attivamente integrato nelle istituzioni sociali che regolano lo sviluppo sociale ed economico a livello nazionale, regionale, e locale. Coerentemente con questa scelta, il movimento sindacale mostra molta ’comprensione’ per i difetti del sistema capitalistico, supporta la logica del mercato, non rigetta né la privatizzazione né la flessibilità in linea di principio, e ha come scopo una “responsabile politica salariale” (cioè una moderazione salariale).

La disponibilità ad accettare una responsabilità sociale nel dialogo con gli imprenditori e con lo Stato ha prodotto due parole magiche: “economia della consultazione” e la “partnership sociale”. Il presidente della maggiore organizzazione degli imprenditori dice entusiasticamente che “assieme ci dedichiamo attivamente alla definizione e soluzione di possibili problemi”. Il presidente del maggior sindacato, la FNV, è tuttavia infuriato da quando, quest’anno, l’economia Olandese si trova in una recessione. “Nella tradizionale consultazione potevamo trattare tra di noi. Ora, il governo si attiene strettamente alla sua politica, gli imprenditori non fanno nulla, e siamo noi che dobbiamo muoverci. Sono completamente incastrato.”

Vediamo alcuni dati.

Il grado di organizzazione. Il grado di organizzazione, cioè la percentuale dei dipendenti iscritti alle tre maggiori centrali sindacati e ad un numero di sindacati di categoria, è del 26%. Nel 1960 era del 40%, nel 1980 del 33%, nel 1985 del 27%.

Nell’ottobre del 2002, gli iscritti erano ripartiti come segue:

- la FNV, che si forma nel 1976 da una fusione tra il sindacato socialdemocratico (sorto nel 1906) e quello cattolico (1909), contava 1.226.000 inscritti, cioè il 64%;

- la CNV, un sindacato confessionale, sorto nel 1909, aveva 355.200 iscritti e cioè il 19%;

- la MHP, il sindacato dei ceti medi e dei professionisti (sorto nel 1974) aveva 196.300 iscritti cioè l’11 %;

- gli altri sindacati di categoria, tra cui in passato un sindacato anarco-sindacalista, aveva il rimanente 6%.

Il grado di organizzazione di gruppi specifici. Donne, 27%; immigrati, 18%; giovani (tra i 15 e i 24 anni),11%; e imprenditori senza dipendenti, 3%. Un terzo degli iscritti sono coloro che hanno diritto ad un sussidio governativo (e cioè i disoccupati, i pensionati, e gli invalidi). Nel 1999, il grado di organizzazione era del 56% per il settore del trasporto (specialmente i portuali), del 24% per il settore della sanità, e del 6% per il settore della comunicazione e della tecnologia informatica.

La Fondazione del Lavoro è l’organo a livello nazionale per la consultazione tra datori di lavoro e lavoratori. Nelle cosiddette consultazioni della primavera e dell’autunno, vengono stabiliti i limiti degli sviluppi salariali alla presenza del governo. Accanto ad esso c’è un organo governativo, il Consiglio Sociale e Economico, che comprende quindici rappresentanti di altrettante organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori più quindici cosiddetti “consiglieri indipendenti”.

Che ci sia una lunga tradizione di concertazione ce lo rivela un presidente che nel 1932 ripercorreva con la memoria i tempi passati e che dichiarava, soddisfatto, che era riuscito a “fare accordi con gli imprenditori o con la legge”. Egli si riferisce alla centrale sindacale social-democratica, fondata nel 1906, che è chiamata moderna perché ha rotto con “i vecchi tempi burrascosi” quando la strada dominava sul tavolo verde.

Questo corso verso una ricerca insistente di un accordo si deve interpretare sullo sfondo di una nazione a capitalismo commerciale e coloniale e di una tardiva e lenta industrializzazione ad essi connessa. L’organizzazione produttiva Olandese, che ancora all’inizio del ventesimo secolo era dominata da agricoltura, pesca e servizi, offriva deboli condizioni per l’organizzazione sindacale. Non potendo appoggiarsi quasi per nulla su una struttura di lavoratori provenienti da una precedente fase artigianale, si formano nella maggior parte dei casi dei settori sindacali in cui gli iscritti vengono organizzati più al di fuori che dentro l’azienda, più a livello centralizzato che a livello decentralizzato. In questo modo si sviluppa un sindacato che aspira ad accordi (“forza comune”) e che evita lo scontro e lotta (“forza opposta”). Vi sono delle eccezioni, dopo la seconda guerra mondiale e negli anni 1970, e più precisamente in quelli che oggigiorno sono i vecchi settori: i porti, l’edilizia, e la metallurgia.

Gli ultimi venti anni hanno dimostrato quanto sia aperto al capitalismo neo-liberale un tale sindacato amico del capitalismo e orientato verso l’intervento statale. Sia in maniera diretta, perché la transnazionalizzazione e l’Unione europea restringono la possibilità di fare accordi con gli imprenditori nazionali, sia in maniera indiretta perché esse rendono possibili il ripristino dei profitti, la flessibilizzazione, e la moderazione salariale negli accordi nazionali. Sia esternamente, perché favoriscono tra l’altro forme di privatizzazioni nel sistema della sicurezza sociale, che internamente attraverso l’introduzione nella propria organizzazione di appalti e di altri elementi del funzionamento dell’azienda e attraverso la riduzione dei propri iscritti a consumatori di prodotti sindacali. Molto recentemente, questo abbraccio del mercato si è trasformato in uno strangolamento per la centrale sindacale FNV e il suo maggior sindacato. Il ribasso dei titoli della Borsa ha condotto ad una grave crisi finanziaria, che è stata seguita da tagli di bilancio e da licenziamenti. Nell’euforia del rialzo della Borsa si era persa di vista la tradizionale prudenza negli investimenti e la moneta facile contaminò il bilancio. Il ’fare affari’ si era trasformato quindi in un ’entrare negli affari’. Un mutamento che si è accoppiato all’illusione di prendere parte alla co-decisione. In tal modo quello che precedentemente era un avversario è stato trasformato in un maestro il cui comportamento deve essere imitato ma il cui potere non può essere uguagliato.

Il sindacato Olandese funziona in questo contesto storico, anche se di quest’ultimo è stato fatto qui uno schizzo generale e forse troppo sommario. In concreto, il sindacato viene messo a confronto non solo con una crisi finanziaria ma anche con una caduta degli iscritti, con un collegamento difettoso con i giovani, e con un tentativo fallito di raggiungere il “nuovo lavoratore” con nuovi “prodotti”. Per di più vi sono cambiamenti nell’occupazione che svuotano il suo grado di organizzazione. Vecchi settori, come i portuali, con un grado relativamente alto di organizzazione e combattività, si restringono mentre si allargano nuovi settori
 come i servizi provveduti commercialmente - che hanno pochi membri e nessuna esperienza di azioni sindacali. Infine, la strategia della consultazione sembra essersi spenta, il governo e gli imprenditori si mettono le briciole nelle proprie tasche.

Senza pericolo di esagerazione, si può dire che ne va della credibilità del sindacato sia tra gli iscritti che tra i non-iscritti. Se bisogna credere alle cifre di una ricerca di opinione dell’inizio di luglio del 2003 condotta tra gli olandesi tra i 15 e i 64 anni, si presentano anche a questo riguardo dei segni di crisi. Questa ricerca è stata condotta nel periodo in cui è stato formato un nuovo governo. Questo governo è dichiaratamente di destra e sta preparando i maggiori tagli di bilancio della storia dell’Olanda. Alla domanda se si sentano rappresentati, e in che misura, dal sindacato, una minoranza di circa il 40% risponde bene o il 3% risponde molto bene. La stessa domanda riguardante il presidente della FNV produce un magro 25%. Allo stesso tempo, tuttavia, sembra che una maggioranza sia disposta a fare manifestazioni e una grossa minoranza a scioperare. E tutto ciò in un momento in cui non era stata ancora annunciata alcuna manifestazione.

I piani del governo non sono roba da poco. Quello che resta dello Stato assistenziale dopo i governi immediatamente precedenti, una coalizione a maggioranza socialdemocratica, è stato messo sulla lista dei tagli di bilancio, come non solo i sussidi per disoccupazione e invalidità prolungate, la cassa mutua malattie, i lavori sussidiati e i sussidi per l’affitto ma anche i salari, la lunghezza della giornata lavorativa, l’età pensionabile, la protezione dell’ambiente, e la cooperazione per lo sviluppo dei paesi sottosviluppati. In caso di una disoccupazione in rapida crescita, queste misure non potranno offrire nessuna protezione per nessun posto di lavoro. La conclusione è quindi che si è aperto un attacco contro la solidarietà organizzata che è alla base di sistema di sicurezza sociale, senza nessun imbarazzo da parte della maggioranza democristiana. In Olanda c’è un proverbio: “Ciascuno per sé e Dio per tutti”. Ma perfino l’aiuto da lassù è scomparso.

E come sono le prospettive quaggiù? La FNV si avvantaggia di questa situazione per riabilitarsi? Sia la centrale sindacale che i sindacati che ne fanno parte hanno deciso di organizzare varie attività. Si sono formati comitati di azione, bollettini d’informazione sulle varie attività, ecc. Per quanto si sa al principio di Agosto del 2003, non si prevedono manifestazioni nazionali e non si organizzano scioperi. La questione è se si romperà la tradizione dei passati 20 anni di mettere sotto pressione i partner sociali con proteste caute e su piccola scala per arrivare ad compromessi di belle maniere. Ma, dopo anni di pace sociale, la questione è anche che cosa significhi la disponibilità a passare all’azione. Per il momento, l’opposizione all’interno del sindacato è troppo debole per mobilizzare grossi gruppi di iscritti al fine di spostare la lotta dal tavolo verde alle aziende e alla strada. Ciò rende ancora più importante la cooperazione con partiti politici e altre organizzazioni che non sostengono il governo. Il partito socialdemocratico (il Partito dei Lavoratori, PvdA) non ha potuto raggiungere un accordo per formare un governo coi democristiani, ma prima di questo fallimento aveva già firmato una parte importante di tutta una serie di tagli di bilancio.

Dati gli stretti legami di questo partito con la FNV, ciò è un freno per l’allargamento del movimento. I partiti a sinistra del PvdA, Il Partito Socialista e i Verdi, non hanno radici profonde nel movimento sindacale ma tempesteranno il governo sia nel parlamento che al di fuori di esso. Essi fanno parte di un rapporto di collaborazione tra un grosso numero di gruppi d’azione e piccole organizzazioni politiche che, tra l’altro, stanno preparando una manifestazione nazionale ad Amsterdam. La FNV si è tenuta palesemente da parte fino ad ora ed ha fissato un’altra data per un certo numero di attività locali.

Quindi la prova del fuoco aspetta al varco il movimento sindacale, ma non solo esso, nel prossimo futuro. Anche perché quelle idee che fino a poco tempo fa erano il prodotto di cervelli di estrema destra vengono ora presentate dai politici al governo: “dai pene più lunghe ai giovani Marocchini perché questo fa parte della loro cultura”; “fai retate di lavoratori ’illegali’ perché questo colpisce coloro che speculano sulle case popolari e gli appaltatori di lavori pubblici”; “fai centri di detenzione per coloro che cercano asilo senza avere alcuna speranza di ottenerlo, perché ciò toglie loro tutte le aspettative”. In breve, si vuole rimpiazzare l’immagine social-liberale dell’Olanda con una realtà neo-liberale Europea. Speriamo che ciò non accada né in Olanda né in Italia.