Il modello sindacale olandese

Hans Boot

1. Introduzione

L’ Olanda è conosciuta non solo a causa di Mata Hari e Cruijff ma anche per il suo ‘Modello Olandese’. Recentemente anche altri simboli nazionali vanno di moda: il ‘modello del delta’ e il ‘modello del tulipano’. Questo modello viene considerato come un esempio economico e sociale per gli altri membri dell’ Unione Europea. Agli altri capi di governo fa gola. La loro ammirazione la dice lunga ma i fatti la dicono ancor più lunga. Esaminiamo criticamente tale modello.

La realtà economica olandese è strettamente connessa ad una lunga tradizione concertativa. Il sindacato partecipa volentieri alla soluzione di problemi, discute con il Governo e con gli imprenditori, e si assume la responsabilità dello sviluppo economico senza per altro avere un reale potere decisionale. Un sindacato a cui piace cooperare, quindi. Nel 1982 ciò condusse a quello che in effetti è il patto di stabilità olandese: un accordo tra datori di lavoro e sindacato sotto la guida del governo. Le caratteristiche centrali erano l’incremento dei profitti e la moderazione salariale. Un po’ di riduzione del tempo di lavoro fece da controparte alla flessibilazzione.

2. Disoccupazione e previdenza sociale. Esaminiamo i fatti e alcuni dati storici

Le cifre ufficiali sulla disoccupazione sono al di sotto del 7%. Però per l’Ufficio Statistico Cenrale si tratta di ben 1.100.000 persone, il 17%, se si contano tutti coloro che

- non vengono pagati o vengono pagati per meno di 12 ore settimanali e

- allo stesso tempo vorrebbero un lavoro per più di 12 ore,

Per di più, secondo gli standard dell’OCSE, la disoccupazione in Olanda raggiunge e supera il 20%, se si includono i lavoratori temporaneamente inabili, i pre-pensionati, ecc.

Negli anni 70, l’Olanda aveva un discreto sistema di sicurezza sociale. Si parlava addirittura dello ‘stato assistenziale’. Da allora, quel sistema è stato svuotato dai successivi tagli di bilancio. Conseguentemente, il mercato acquista sempre di più libertà di azione (la privatizzazione). Il ministero delle finanze annuncia spesso orgogliosamente che l’Olanda è il campione europeo nell’introduzione del funzionamento del mercato nell’assistenza sociale. In media, negli anni 80, il potere d’acquisto dei disoccupati e di coloro che dipendono dal sussidio governativo è diminuito del 10-15%. Negli anni novanta è ulteriormente diminuito del 5-10%.

3. Flessibilità

- Nel 1983 la popolazione attiva contava 5 milioni di persone, nel 1992 era cresciuta a 6 milioni. Però il totale degli anni-lavoro è rimasto lo stesso. Il lavoro è quindi ridestribuito ma in una maniera specifica: principalmente attraverso la flessibilità e l’aumento del lavoro part-time e temporaneo. Dal 1987, più del 40% dei nuovi posti di lavoro sono temporanei.

- Il numero dei lavori part-time nell’Olanda è il più alto dell’Europa. Nel 1995 era il 37,4%, di cui i tre quarti donne, mentre la media della Unione Europea era il 16,1%. Le donne lavorano in media solo 25 ore alla settimana mentre la media europea è di 32,8 ore. Da indagini risulata che le donne vogliono lavorare di più.

- L’Olanda ha anche il primato per quanto riguarda il lavoro interinale. Nel 1996 ammontava al 3,5% dei posti di lavoro e tale percentuale continua a crescere. Da ricerche risulta che due terzi dei lavoratori interinali desidera un lavoro fisso.

- Un altro grande ‘successo’. Più di una persona su dieci è stata assunta con un contratto flessibile o temporaneo. Quasi la metà di tutti coloro che hanno una occupazione lavorano a volte di sera, di notte e durante il fine settimana.

- Non a caso diversi economisti ammoniscono che, a causa di tali fatti, una recessione potrebbe far salire rapidamente la disoccupazione. A quel punto il ‘Modello Olandese” diventerà improvisamente meno popolare presso capi di governo, banchieri centrali, e la stampa internazionale.

4. Moderazione salariale e crescita dei profitti

Il governo Olandese stimola il lavoro poco pagato in ogni maniera possibile: sussidi, ribassi sui costi del lavoro, l’imposizione di bassi livelli di scala mobile nei contratti collettivi, e posti lavoro creati dallo Stato stesso con salario minimo. Questi posti lavoro sono spesso quei posti che precedentemente sono scomparsi a causa dei tagli di bilancio. In tal modo vengono soppiantati i posti lavoro più “cari”. Solo dal 5 al 10% passa ad un lavoro regolare. In tal modo grandi gruppi sono condannati a lavorare per un salario minimo. Il salario minimo era il 65% del salario medio nei primi anni 70, ma il 51% nel 1995.

Da quando è stato firmato il patto del 1992, la moderazione salariale regna nell’Olanda. Il risulato più importante è un grande incremento della fetta del reddito nazionale che va ai profitti. I profitti sono ritornati ai livelli dei primi anni ‘70, l’inizio della depressione economica. Dal 1994 al 1995, i profitti netti (come proporzione del proprio patrimonio) delle 1.562 imprese quotate sulla Borsa Valori è aumentato dal 14,6% al 15,7%. Questo senza contare le banche e altre imprese finanziarie a crescita ‘esplosiva’. Una parte di questi profitti è esportata: ogni anno si fanno acquisizioni per miliardi di fiorini specialmente nella UE. È un’amara constatazione che mentre il numero dei milionari è aumentato a 150.000, come minimo 800.000 persone vivono sulla o al di sotto della soglia della povertà.

5. Per una critica

Il Modello Olandese non è poi così bello. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il mercato del lavoro è diviso in due segmenti. Il sistema di previdenza sociale diventa sempre più crudele. A un piccolo guadagno supplementare, fatto a causa di necesità economiche, seguono multe e detrazioni dal sussidio. I disoccupati vengono puniti se non fanno domande di assunzione, soprattutto per lavori precari. E questo mentre, per coloro che lavorano, le denuncie a causa dell’alta pressione sul lavoro sono aumentate negli ultimi 20 anni dal 33% al 60%.

Infine, ancora un paio di fatti.

- Ogni anno lo Stato Olandese riceve 5 miliardi di fiorini come reddito per il metano. Gli altri paesi non lo hanno.

- La moderazione salariale pluriennale significa l’esportazione della disocupazione. Naturalmente non tutti gli altri paesi possono fare lo stesso.

- Se tutte le altre nazioni europee dovessero imitare la moderazione salariale dell’Olanda, ne conseguirebbe una forte depressione. Le direzioni degli altri sindacati europei lo hanno fatto presente chiaramente ai loro colleghi Olandesi.

Questa critica offre delle buone munizioni se, nonostante questi fatti, i politici europei vogliono imitare il modelleo Olandese.

6. Alternative

Senza aver la presunzione di voler indicare la strada per un sindacato diverso, possiamo enunciare alcune caratterstiche che farebbero del sindacato un partner nella elaborazione di alternative al neoliberalismo.

- Rompere con la teoria e la pratica secondo le quali la posizione del lavoratore precario, disoccupato e invalido è derivata da quella del lavoratore, relativamente privilegiato, occupato nei settori centrali dell’economia, e fare di questi lavoratori e dei loro interessi una delle attività centrali;

- Favorire l’attività sindacale internazionale di base, a incominciare dalle imprese multinazionali, facendo uso dei mezzi informatici di collegamento disponibili;

- Prendere iniziative per impedire che il lavoro conduca a danni fisici e psichici;

- Realizzare una cooperazione, per incominciare dal livello locale, tra quei lavoratori e gruppi che sono attivi sul terreno ambientale, della casa, della disoccupazione e della sanità, quindi portare l’attività sindacale sul territorio;

- Aprire discussioni sui meccanismi e sulle conseguenze del neolibaralismo e della sua ideologia; nelle scuole di formazione ciò dovrebbe rimpiazzare -in ogni caso, temporaneamente- lo studio delle leggi e dello studio acritico delle strategie manageriali.

Il fattore cruciale in queste ed altre attività è una democrazia organizzata dal basso. Essa non può essere proclamata ma deve essere imposta dai membri del sindacato e della società. Oggigiorno la sua necessità è maggiore delle possibilità reali. Ma se ciò dovesse accadere, sorgerà un nuovo sindacato pieno di alternative al neoliberalismo.

Note

* Vive e lavora ad Amsterdam. È il redattore di “Solidariteit” e appartiene al “Werkgroep Euromars” e alla Piattaforma “Naar en andere Europa”. Mentre i dati portati ad esempio non sono molto recenti, le argomentazioni dell’articolo sono incentrate sulla realtà attuale.

Hans Boot*

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- La moderazione salariale pluriennale significa l’esportazione della disocupazione. Naturalmente non tutti gli altri paesi possono fare lo stesso.

- Se tutte le altre nazioni europee dovessero imitare la moderazione salariale dell’Olanda, ne conseguirebbe una forte depressione. Le direzioni degli altri sindacati europei lo hanno fatto presente chiaramente ai loro colleghi Olandesi.

Questa critica offre delle buone munizioni se, nonostante questi fatti, i politici europei vogliono imitare il modelleo Olandese.

6. Alternative

Senza aver la presunzione di voler indicare la strada per un sindacato diverso, possiamo enunciare alcune caratterstiche che farebbero del sindacato un partner nella elaborazione di alternative al neoliberalismo.

- Rompere con la teoria e la pratica secondo le quali la posizione del lavoratore precario, disoccupato e invalido è derivata da quella del lavoratore, relativamente privilegiato, occupato nei settori centrali dell’economia, e fare di questi lavoratori e dei loro interessi una delle attività centrali;

- Favorire l’attività sindacale internazionale di base, a incominciare dalle imprese multinazionali, facendo uso dei mezzi informatici di collegamento disponibili;

- Prendere iniziative per impedire che il lavoro conduca a danni fisici e psichici;

- Realizzare una cooperazione, per incominciare dal livello locale, tra quei lavoratori e gruppi che sono attivi sul terreno ambientale, della casa, della disoccupazione e della sanità, quindi portare l’attività sindacale sul territorio;

- Aprire discussioni sui meccanismi e sulle conseguenze del neolibaralismo e della sua ideologia; nelle scuole di formazione ciò dovrebbe rimpiazzare -in ogni caso, temporaneamente- lo studio delle leggi e dello studio acritico delle strategie manageriali.

Il fattore cruciale in queste ed altre attività è una democrazia organizzata dal basso. Essa non può essere proclamata ma deve essere imposta dai membri del sindacato e della società. Oggigiorno la sua necessità è maggiore delle possibilità reali. Ma se ciò dovesse accadere, sorgerà un nuovo sindacato pieno di alternative al neoliberalismo.