Il punto, la pratica, il progetto

Nasce l’Osservatorio Meridionale di CESTES-PROTEO

Ernesto Rascato

Povero zappatore, zappa, zappa
E mai la tasca soia denaro porta
La sera si ritira ndoppa ndoppa
Se leva gli scarponi e mai si corca...
(ritornello lucano)

Da tempo le discussioni, le analisi della trasformazione del nostro paese sembrano lasciate ai notabili, ai salotti mass- mediatori televisivi e a tutti coloro che vogliono cimentarsi nelle più originali dissertazioni che possono eventualmente avere uditori.

Si decide che non esistono più gli operai, che il lavoro è quasi solo via etere, il futuro è lavoro intellettuale, che ciò porterà ad un livellamento di reddito, ad una sparizione delle classi, che a Nord si dirigono i flussi di ricchezza, e a Sud in fondo si può campare con il turismo; che i ponti sugli stretti unificheranno finalmente l’Italia, che in fondo per L.S.U. o disoccupati la questione- lavoro si può risolvere con una tanica di benzina.

Il tutto con dati e notizie artefatte e manipolate, con interessi di parte e senza che ci sia un possibile riscontro scientifico.

Da tempo i riferimenti della sinistra sembrano essere diventati queste fonti e la conoscenza del territorio, delle sue caratteristiche sfaccettate, dell’individuazione degli anelli deboli nell’estensione del dominio del capitale non sembra più essere una prerogativa. Se esiste o non esiste più l’operaio, se il Sud è sulla via dello sviluppo per i nuovi insediamenti, se il turismo colmerà il gap di ricchezza tra le due Italie (o sono persino tre) non ce lo dice più la ricerca militante sul campo, il lavoro di co- inchiesta fatta tra i soggetti della trasformazione sociale che il capitale impone nelle sue ristrutturazioni, né tantomeno la sintesi comunque critica degli istituti o strutture di ricerca di quelli che erano i grandi partiti e i sindacati delle masse. Questi paiono più disposti a mettersi a disposizione della valorizzazione delle aziende (perché più aziende, più lavoro, più sviluppo, più libertà etc.) che “darsi” per far vendere al meglio la forza lavoro.

Da tempo studiosi, militanti, sindacalisti, riviste critiche hanno ritenuto che ciò dovesse avere una inversione di tendenza e si sono ridisposti in campo, antagonisti, a cogliere le trasformazioni sociali del nuovo modello di sviluppo, del riflesso della sparizione tendenziale delle grandi fabbriche, di quanto incidono i flussi migratori, del perché si vuole il paese spezzato in aree o distretti. La necessità di una ripresa di una analisi di classe corroborata da un’inchiesta che supporti questo sforzo potrebbe essere fondamentale per poter individuare assi e soggetti portanti di una ricomposizione di un blocco sociale che possa determinare processi di trasformazioni epocali e in questo la creazione di osservatori stabili, a più voci e occhi sui territori, sulle aree metropolitane, sui distretti, sulle zone franche. Nasce così l’Osservatorio Meridionale di CESTES-PROTEO con l’apertura di una propria sede ad Aversa.

E’ uno stimolo che abbiamo sentito anche nel particolare come meridionali e come tali il compito che pensiamo ci spetti è quello di seguire le dinamiche della trasformazione, il calare o l’accentuarsi del conflitto e del contenzioso di classe in questa particolare area del nostro Paese.

Da ciò nasce la collaborazione del Centro di Documentazione “Le radici e le ali” con il CESTES-PROTEO per riannodare le maglie di un Osservatorio Meridionale che attraversando i luoghi del lavoro e del non- lavoro partecipi al rilancio di quella che era la “Quistione” e che oggi chiamiamo la “Contraddizione Meridionale”.

Abbiamo iniziato un lavoro di contatti con intellettuali, personalità critiche, realtà associative, strutture militanti e speriamo di poter essere un riferimento dignitoso per la riflessione e la ricostruzione di un sindacato conflittuale e di altre rappresentanze sociali attraverso il nostro lavoro e le riflessioni che stimoleremo. Certo le condizioni storiche da Salvemini sono mutate e le prime rappresentanze dei lavoratori meridionali con i Fasci contadini sono lontane nel tempo, ma “forti” restano le motivazioni dell’organizzarsi del movimento dei lavoratori nei contesti complessivi.

Un secolo e più hanno visto affidare al Sud un possibile luogo di debolezza e forza di entrambe le parti in conflitto.

Gramsci, Bordiga, Di Vittorio, la scuola di Portici con Manlio Rossi Doria, Ernesto De Martino e tanti altri fino ai “fuochi” dei nuovi briganti degli anni ’70 hanno scritto e riscritto con approcci diversi, ricchi e contraddittori, relativi ed estremizzati il Mezzogiorno d’Italia dandoci un corpo di riferimento importante per riprendere un analisi accurata.

Le lotte contadine, le migrazioni al Nord, l’industrializzazione sperimentale e parziale, la formazione di composizione di classe nuova, la resistenza di soggetti collettivi nelle aree metropolitane, l’estendersi dei luoghi del lavoro a macchia di leopardo, l’introduzione di forma estrema di flessibilità e concertazione a fronte di una disoccupazione persistente e strutturale, la nascita dei distretti con Patti Territoriali concertati, il parziale ritorno di lavoratori politicizzati nelle lotte operaie passate, il ruolo dello Stato e la mutazione delle Mafie in azienda che ben partecipano, non osteggiate, alla penetrazione e divisione dei mercati ad Est e nel mediterraneo da parte dell’Italia hanno radicalmente cambiato il regno “regalato” ai Savoia da Garibaldi.

Il protagonista del romanzo “Vogliamo tutto” di Balestrini che raccontava la rivolta dei meridionali a Corso Traiano a Torino, è tornato a Sud; il Gasparazzo di Zamarin non è più solo un fumetto perché lavora a Melfi e lì dovrà organizzarsi con altri operai contro i ritmi feroci alla FIAT; il professore, una volta studente a Roma, insegna a Palermo e insieme con gli altri precedenti potrà essere tra i protagonisti di un nuovo ciclo di lotte in compagnia delle nuove figure, i nuovi migranti, i nuovi invisibili.

Dal progetto generale del CESTES- PROTEO e del Centro di Documentazione vogliamo estrapolare tre punti che intendiamo realistici e su cui chiediamo contributi all’esterno. Tre punti sui quali confrontarsi, di approfondimento per dare respiro al dibattito, alla ricerca militante, e ai momenti di vertenza-cardine, soprattutto per il sud quale rivendicare reddito per disoccupati, precari subalterni. Punti supportati dalle inchieste fatte e da farsi ancora per dotarsi di ulteriori strumenti di conoscenza per poter mettere in discussione chi considera il sud un laboratorio, una Taiwan di profitti e flessibilità camuffato da nuovo modello di sviluppo.

1) Le metropoli e le cinture. Sviluppo di nuove realtà meridionali e configurazione del lavoro e non- lavoro nei distretti. Confronti con le realtà storiche che dettero vita alla formazione del primo proletariato meridionale visto con le realtà bracciantili e contadine.

2) La realtà immigrazione. Essa si inserisce direttamente nella somma delle contraddizioni future e di promiscuità alta con il Nord-Africa dove esiste concentrazione urbana e penetrazione del capitale europeo.

3) Lavoro di memoria. Dare finalizzazione di ricerca alle centinaia di riviste e migliaia di volumi che sono già in possesso della nostra struttura, e da cui attingere per confrontare le varie esperienze di organizzazioni di classe nel Sud. Accumulo di materiale orale sulle lotte e i protagonisti.