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L’analisi-inchiesta

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Luciano Vasapollo
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Docente di Economia Aziendale, Fac. di Scienze Statistiche, Università’ “La Sapienza”, Roma; Direttore Responsabile Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali (CESTES) - Proteo.

Rita Martufi
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Consulente ricercatrice socio-economica; membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Trasformazioni Economico Sociali (CESTES) - PROTEO

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Rita Martufi, Luciano Vasapollo

 

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Le tendenze macroeconomiche del processo di ristrutturazione capitalistica

Luciano Vasapollo

Rita Martufi

Quinta parte: Multinazionali e produttività.

Svelato il “trucco”: gli enormi incrementi di produttività non tornano a remunerazione del fattore lavoro

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La mancata redistribuzione al fattore lavoro degli incrementi di produttività determinano, quindi, solo in apparenza un “trucco contabile”, in realtà si tratta del “trucco economico-politico”, insito nel modo di produzione capitalistico. Vediamo, allora, di seguito, l’esplosione quantitativa della produttività avutasi a partire, quasi in tutti i paesi capitalistici a struttura avanzata, dalla metà degli anni ’70.

La produttività è in termini di rendimento il rapporto fra il prodotto ottenuto e la quantità di fattori impiegati; è questa la produttività globale o totale che può essere espressa nel modo seguente: produttività globale: prodotto ottenuto/quantità dei fattori. Questo indice ci offre la possibilità di quantificare la capacità di un sistema economico nel trasformare le risorse disponibili in prodotti, con una riduzione dei costi reali per unità di prodotto. Ovviamente, poiché in questo rapporto sono indicati fattori eterogenei, sorge il problema di utilizzare un valore comune; questo valore non può che essere la moneta, per cui si fa riferimento sia al prezzo del prodotto (o meglio al valore aggiunto della produzione), sia al prezzo dei fattori produttivi (nel nostro caso per semplificare si userà la somma del costo del capitale e del costo del lavoro). Oltre alla produttività globale possiamo calcolare quella specifica di un fattore (lavoro, capitale). Per quanto riguarda il lavoro possiamo calcolare anche la Produttività media del lavoro fornita dal rapporto tra il valore aggiunto dell’intero prodotto e quello dell’intero fattore; può essere calcolata generalmente in tre modi: Valore aggiun-to/Costo del lavoro; Valore aggiunto/N. ore lavorate; Valore aggiunto/N. dipendenti.

Diversamente da quella del lavoro, la Produttività media del capitale si calcola generalmente in un unico modo: Valore aggiunto/valore del capitale.

Essendo un indicatore molto importante dell’andamento del sistema economico, è interessante esaminare l’evoluzione della produttività nel corso degli anni. Negli anni ’60, ad esempio, in Italia, l’andamento della produttività è stato crescente grazie ad un elevato livello di progresso tecnologico e ad un’organizzazione del lavoro sempre aziendalmente più efficace che ha portato, per l’alta conflittualità operaia, ad un aumento costante dei salari reali. L’incremento di produttività intenso diminuisce dopo il 1973, come si poteva facilmente prevedere, considerate le recessioni che si sono verificate nel nostro paese durante gli anni ’70 e ’80, a causa dell’aumento del prezzo del petrolio, all’andamento degli investimenti in ricerca e sviluppo e di un livello insufficiente di investimenti in nuovi macchinari, per poi riprendere una crescita abbastanza accelerata a inizio anni ’90, nonostante proprio nei primi anni’90 il mondo intero sia stato colpito da un periodo di mancata crescita economica complessiva che ha costretto la maggior parte dei paesi ad attuare piani di ristrutturazione in molti settori produttivi. Nonostante questa sia avvenuta durante gli anni ’80 e ’90, il sistema industriale si basa, ancora, principalmente sui settori base e di consumo finale, con carenze strutturali nelle aree dei grandi beni strumentali, dell’impiantistica, della progettazione e della ricerca. Inoltre, con l’ampliarsi delle politiche monetariste restrittive di stampo neoliberista, si è radicata l’idea in tutti i paesi capitalistici a struttura avanzata che il lavoro sia un costo da limitare e non una risorsa da incentivare in modo da assorbire a profitto tutti gli incrementi di produttività.

Per avere una visione più diretta dell’andamento della produttività nei principali paesi capitalisti a industrialismo avanzato si è calcolata su dati delle rilevazioni OCSE per ogni singolo paese la produttività del lavoro, del capitale e totale, relativamente al settore industriale attraverso l’uso dalle statistiche ufficiali dei tre aggregati indispensabili per la determinazione degli indici suddetti.

Analizzando in modo più approfondito i dati contenuti nei Riquadri successivi si possono evincere risultati e fenomeni molto interessanti. Gli Stati Uniti, ad esempio, fino al 1978 si sono caratterizzati per livelli di produttività costantemente crescenti; ma tra fine anni ’70 e inizio ‘80 vi è stato, un cambiamento di tendenza che ha toccato il suo livello minimo nel 1985; negli ultimi anni, fino al ‘95, la situazione è tornata a segnalare livelli alti di produttività totale, ma anche singolarmente come produttività del lavoro e del capitale. Negli anni che partono dal 1976 il Giappone, invece, ha fatto registrare livelli di produttività totale crescente, che si è mantenuta costante per quasi tutti gli anni’80; solo tra il 1989 e il 1993 si è avuto un calo negli indici, che ha avuto fine a partire da quella data; da segnalare una produttività del lavoro sempre molto alta ad esempio rispetto agli USA, mentre è più bassa la produttività del capitale.

Per compiere un’analisi approfondita dell’andamento della produttività che ha caratterizzato l’Unione Europea in questi ultimi venti anni è necessario fare una distinzione più dettagliata tra i vari paesi. L’Austria, il Belgio, la Finlandia, la Germania e la Francia sono accomunate da un andamento sempre crescente della produttività, negli anni ’70; successivamente si è verificato un periodo di crisi agli inizi degli anni’80; negli ultimi tempi, però, il livello della produttività è tornato a crescere ad alti ritmi. Per quanto riguarda la Danimarca e il Portogallo il primo periodo di crescita si è prolungato fino al 1985, ma dal 1986 si è rilevata una flessione; solo dal 1991 la produttività totale ha ripreso la sua crescita abbastanza elevata. Per la Grecia, la situazione non è molto positiva, infatti la produttività ha avuto un andamento quasi sempre modesto, raggiungendo solo un picco più elevato nel 1986. In maniera più specifica, la Germania segnala un’alta produttività totale negli anni ’70, dovuta soprattutto al peso della produttività del capitale, per attestarsi poi negli anni ’80 e i primi anni ’90 a livelli medi intorno ad 1,25. La Francia mantiene livelli medio-alti di produttività del lavoro con andamento altalenante della produttività del capitale; la produttività totale aumenta significativamente a partire da fine anni ’80. La Spagna si caratterizza per avere sempre livelli mediamente molto alti rispetto agli altri paesi sia della produttività totale e del lavoro, ma soprattutto della produttività del capitale. Nel Regno Unito si segnala una produttività del capitale mediamente sempre più alta rispetto agli altri paesi oggetto di indagine, con livelli di produttività totale che aumentano a partire da fine degli anni ’80.

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Visualizza Riq.2, Riq.3, Riq.4, Riq.5, Riq.6, Riq.7,

Infine nel nostro Paese, si evidenzia, nella seconda metà degli anni ’70, un andamento della produttività totale significativamente crescente, con un picco massimo nel 1979; agli inizi degli anni’80 il livello di quest’ultima è stato in flessione, ricominciando la sua risalita solo nella seconda metà dei suddetti anni. Va segnalato, inoltre, un significativo livello sempre più alto rispetto alla media degli altri paesi della produttività del lavoro. Per quanto riguarda la produttività totale settoriale, durante gli anni ’70 e ’80, sempre in Italia nei settori della meccanica, della chimica, della farmaceutica, dei minerali e dei prodotti non metalliferi, è risultato un tasso di crescita maggiore rispetto all’industria estrattiva e alimentare. Questa crescita è dovuta ad un forte aumento della produttività del lavoro e degli input energetici, mentre quella verificatasi nella meccanica la si è ottenuta grazie anche all’accelerazione del risparmio degli input intermedi. Nella seconda metà degli anni ’80 si è registrato un maggiore utilizzo degli input energetici ed intermedi, mentre è rallentato il processo di accumulazione del capitale. La produttività del lavoro, invece, negli anni ’80 è aumentata in misura rilevante nell’industria dei mezzi di trasporto, pur avendo un andamento crescente un po’ in tutti i settori. Negli ultimi anni, infine, la produttività del capitale nel nostro Paese ha fatto registrare valori che si sono mantenuti stabilmente abbastanza alti; si è rilevato, infine, un rallentamento nel processo di accumulazione dovuto a nuovi investimenti produttivi mentre si sono avuti forti investimenti finanziari e forti incrementi valoriali d’impresa dovuti a investimenti in capitale intangibile o risorse immateriali.

Anche dal seguente Riquadro 8, con dati sui tassi di variazione rilevati dalla Confindustria, si rileva che la produttività totale ha avuto andamenti diversi a seconda dei paesi che si prendono in considerazione: ad esempio nei paesi anglosassoni è risultata in maggiore aumento rispetto agli altri paesi oggetto del nostro studio.