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Sergio Cararo
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Una inquietante riforma ormai alle porte. Le trappole del federalismo
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Una inquietante riforma ormai alle porte. Le trappole del federalismo

Sergio Cararo

Quale sarà il volto delle istituzioni locali e nazionali nei prossimi mesi? Il “federalismo dall’alto” sta disegnando la nuova mappa dei poteri. Le conseguenze già oggi visibili sono la nascita di un blocco di potere fondato su amministratori, managers del terzo settore e tecnocrati, l’aumento della divaricazione tra Nord e Sud, lo smantellamento dei servizi sociali locali ed un vertiginoso aumento della tassazione. Altro che sussidiarietà e partecipazione dei cittadini alle scelte di governo!! Dietro il “mito delle Regioni e delle municipalità” incombono gli “spiriti” di Maastricht, del mercato... del Profit State.

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Il saggio curato dall’assessore Mariucci ha però, rispetto ai due succitati lavori, un quid che lo differenzia notevolmente perchè ha più possibilità di essere portato avanti in quanto contiene un humus culturale e politico comune con quello di eminenti personalità politiche che dirigono l’attuale governo. Inoltre, segue per filo e per segno, partendo dalla Grundgesetz, alcuni tratti distintivi di straordinaria importanza ai fini di una comprensione critica del Trattato di Maastricht.

 

La proposta di riforma istituzionale federalista secondo le “teste d’uovo” del laboratorio emiliano dovrebbe articolarsi sui seguenti fattori :

a) Parlamento: istituzione di un Senato federale. I membri sono nominati dagli esecutivi regionali, sul modello della Bundesrat, che li nominano o li revocano

b) Governo: alle entità regionali spetta l’esecuzione amministrativa non solo delle proprie leggi, ma anche di quelle federali.

c) Potere giudiziario: tre ordini di giudici, i due primi radicati nelle regioni, quello superiore, giudice di revisione di diritto, radicato nella Federazione. Alle regioni spetta l’organizzazione e la gestione dei Tar di primo e secondo grado.

d) Corte dei Conti: indipendente dal governo federale e dalle regioni. L’esempio da imitare è la Corte finanziaria federale, Bundesfinanzhof, i cui membri sono designati da un organo misto composto dai ministri competenti dei Länder e da un eguale numero di membri eletti dalla Camera elettiva.

e) Amministrazione: esternalizzazione a terzi o, in alternativa, messa in comune (a fini di economia di scala) con altre pubbliche amministrazioni, di tutti i servizi o attività di supporto non necessariamente connessi all’esercizio di funzioni pubbliche (sistemi informativi, apparati tecnici) :

- utilizzazioni di reti telematiche e conseguente ridefinizione degli organici;

- riserva di amministrazione, vale a dire attribuzione esclusiva agli esecutivi della funzione organizzativa e delle norme riguardanti l’organizzazione degli apparati.

f) Parastato: le vie possibili sono o la trasformazione nelle amministrazioni, ossia Agenzie con clausole di automatico dissolvimento trascorso un periodo determinato di tempo, oppure la loro drastica riduzione mediante fusioni, incorporazioni e soppressioni secondo i criteri della legge 537/1993.

- Superamento degli uffici periferici del governo centrale e del prefetto: resta, e va valorizzata, con funzioni di cerniera tra sistema regionale e residua amministrazione ministeriale, la figura del commissario federale.

- Opportunità di rivedere i confini regionali.

 

Sempre secondo il laboratorio emiliano, la riforma fiscale in senso federalista dovrebbe ruotare intorno ai seguenti tributi:

a) Iva: come proposto dalla Fondazione Agnelli, si prevede una regionalizzazione dell’Iva, con una quota parte del gettito attribuito alla regioni, invece di essere destinato alla stato e successivamente alla Unione Europea. La quota parte andrà in un fondo di perequazione finanziaria tra le regioni. Inoltre, “l’imposta sul valore aggiunto, con introiti calcolabili intorno a 100 mila miliardi, servirà ad attuare quella solidarietà finanziaria che potrà essere efficacemente attuata solo se tutte le regioni si assumeranno la responsabilità dei sacrifici fiscali richiesti ai contribuenti locali ed attuati con l’ampia autonomia che viene loro attribuita”

b) Irpef: verrebbe attribuito completamente alle regioni il gettito dell’imposizione sostituitiva, la quale opera nei settori dei redditi da capitale e dei redditi d’impresa.

c) Imposta sul reddito delle società: assegnazione di un maggior reddito “alle regioni nelle quali è più intensa la concentrazione delle sedi societarie”.

d) Tributi alle regioni: autonomia normativa che va loro assicurata nel regolare i tributi. Nell’ambito territoriale le regioni possono regolare con grande autonomia gli elementi costituitivi, superando i limiti che attualmente vengono posti dalla riserva di legge nazionale.

Il principio di beneficio è alla base del sistema impositivo regionale e si basa sullo “stabilire un diretto collegamento tra i servizi locali erogati e il loro costo per la collettività

e) Bilancio: a garanzia di una gestione rigorosa la legge finanziaria dovrà prevedere l’entità del disavanzo delle Regioni, precostituendo un vincolo inderogabile rispetto alla successiva redazione di bilancio. La responsabilità regionale in materia finanziaria viene poi completata da un vigoroso vincolo per la copertura delle leggi di spesa.

Se l’autonomia richiede una piena responsabilità finanziaria, questa può essere assunta solo con l’autonomia normativa, amministrativa e tributaria. Le scelte per rispettare l’equilibrio di bilancio ( al livello tanto della Federazione che delle regioni) vengono assunte dal legislativo nella fase di previsione e dall’esecutivo nella fase di gestione.

 

Queste, a grandi linee, le proposte diessine della riforma dello stato e del governo italiano. Si è così potuto constatare il vero significato che viene dato alla centralità di tre concetti: l’autonomia impositiva; la razionalizzazione degli apparati pubblici attraverso privatizzazioni ed economie di scala; la trasformazione degli organi pubblici in enti di regolazione economica a livello settoriale.

 

 

4. Il “mito delle Regioni” e lo “spirito di Maastricht”

 

Sono passati pochi anni e le elaborazioni di Mariucci e Bersani sono diventate leggi dello Stato e realtà incombente sulle prospettive di noi tutti. Dopo i primi tentativi nel 1990, dal 1996 (quando l’Italia è entrata nell’epoca dell’Ulivo), l’accelerazione - come registrano molti - è stata impressionante  [1].

Questo “mito” delle Regioni - anche alla luce delle considerazioni tutte politiche che avanzavamo all’inizio di questo lavoro - si interseca profondamente con l’altro “mito” con cui ci hanno “rimbambito” in questi anni : l’Europa di Maastricht.

Nella prefazione al libro di Luverà, Lucio Caracciolo (direttore di Limes)non solo sostiene che questa Europa economicista e monetarista potrebbe essere la tomba degli Stati nazionali senza far scaturire uno Stato europeo ma segnala un rischio ulteriore : quello di trovarsi tra due sedie “avremo eroso la sovranità e la legittimazione dei nostri Stati nazionali senza avere costruito una democrazia europea”. Caracciolo dice ancora di più: a suo avviso i fautori del regionalismo ragionano in modo molto vago “L’Euroregionalismo è infatti una ideologia molto flessibile, ha bisogno di indeterminatezza geopolitica - in ciò è molto simile all’europeismo ortodosso che immagina la costruzione europea come un eterno progresso, senza limiti nè confini, soprattutto senza progetto”.

Esistedunque un ulteriore rischio: l’avventurismo federalista acutizzerebbe i fattori di indeterminatezza insiti e tuttora non definiti dell’avventurismo europeista (e liberista) che ha portato al Trattato di Maastricht e alla supremazia dei dogmi della competitività, della stabilità e della globalizzazione. Le responsabilità della sinistra e del sindacato nella subordinazione al processo di unificazione europea (e al suo impiato teorico dominante) restano dunque enormi.

L’assessore della Regione Emilia-Romagna Mariucci, anche recentemente ha avuto occasione di ribadire questo nesso tra nuovo ruolo delle Regioni e governo europeo. Secondo Mariucci infatti “Le Regioni sono istituzioni essenziali nell’era del prevalere del binomio globalizzazione-localizzazione e costituiscono strumenti necessari della rete di governo che va dai Comuni allo Stato nazionale fino all’Unione Europea”  [2].

Ma questa connessione tra l’organizzazione federalista e le ambizioni dell’Europa di Maastricht non è una passione particolare dell’assessore Mariucci. Essa è una precisa strategia con forti caratteri anti-popolari che - ad esempio - il governo nazionale sta realizzando cooptando (per scelta o obtorto collo) soprattutto i governi regionali.

Ad esempio la riforma della contabilità regionale approvata il 22 ottobre dal Consiglio dei Ministri, rientra perfettamente in questo spirito. Secondo il ministro per gli Affari regionali Katia Bellillo (del PdCI di Cossutta), il provvedimento “permetterà di perseguire gli obiettivi comuni di convergenza e stabilità che derivano dalle disposizioni del Trattato di Maastricht”.  [3] ... Dobbiamo gioirne ?

Sarà casuale che della Riforma Bassanini le prime direttive ad essere state recepite dalle Regioni siano soprattutto quelle sul mercato del lavoro, sul trasporto locale e la riforma del commercio (anche se in dieci regioni per l’applicazione in questo settore c’è il rischio di un intervento del governo tramite commissari)? In un quadro di tagli e vincoli finanziari determinato dalle Leggi Finanziarie di Maastricht, i primi interventi federalisti sono stati proprio quelli sulle privatizzazioni, lo smantellamento dei servizi sociali, i tagli occupazionali.

 

 

5. Vincoli finanziari e conseguenze sociali del “federalismo dall’alto”

 

Le Leggi Finanziarie degli ultimi quattro anni, hanno “scaricato” sulle amministrazioni locali fardelli costosi e tagli pesanti. E’ opinione diffusa che la Finanziaria 2000 sia meno pesante di quelle precedenti ma ciò che sembra meno noto è che si stanno moltiplicando gli effetti negativi delle Finanziarie precedenti.

Un recente lavoro di Francesco Montemurro ci ha consentito di avere davanti un quadro estremamente chiaro di cosa abbiano significato e quali siano le conseguenze di anni e anni di “finanziarie d’urto”. Secondo l’autore “non c’è ancora feeling tra legge Finanziaria ed enti locali. Si tratti di una manovra di rigore o di una finanziaria “leggera” aperta alle politiche di sviluppo, sono sempre elevati i sacrifici finanziari imposti al sistema delle autonomie”  [4].

Una serie di tabelle e schemi consentono di riassumere gli effetti materiali dei collegati alle leggi finanziarie sui servizi sociali e le spese per il personale degli enti locali.

1) Finanziaria ‘97 : prende avvio il federalismo fiscale ma inizia anche lo stravolgimento annuale della normativa sui tributi locali e i trasferimenti erariali con l’effetto di scaricare sulle autonomie gli oneri di riordino delle finanze statali. Si prevedono criteri per l’esercizio di una delega attribuita al governo per l’istituzione dell’Irap e dell’addizionale Irpef e l’abolizione dei conteibuti sanitari oltre ad altri tributi nazionali e locali vigenti. Il primo anno di applicazione mette in evidenza la disomogenea distribuzione territoriale della base imponibile Irap e del relativo gettito. Il grado di autonomia della copertura delle spesa sanitaria per tutte le regioni meridiobali si pone al di sotto di quello registrato nel ‘97. Per tutto il ‘97 persiste il divieto di assunzione del personale con deroga per le categorie protette e il sistema sanitario nazionale. Interviene il congelamento dei compensi per lo stradordinario e la riduzione degli stanziamenti.

2) Finanziaria ‘98 : Viene disposta l’istituzione dell’addizionale comunale Irpef; l’aumento delle imposte sulla pubblicità e le affissioni. E’ prevista la riduzione dei trasferimenti statali ai comuni nell’ottice della riduzione della spesa pubblica adottata dal Dpef. Le assunzioni dovranno realizzare comunque negli anni ‘98 e ‘99 una riduzione dell’1% e dello 0,5% rispettivamente sugli organici dell’anno precedente..


[1] Per comprendere meglio il rapido percorso storico delle leggi che hanno portato al federalismo è molto utile il numero di maggio/agosto 1999 di “ Le istituzioni del federalismo”, bimestrale della Regione Emilia-Romagna.

[2] Luigi Mariucci :“Le Regioni? Tra crisi e rilancio” in Autonomie , inserto settimanale dell’Unità del 30 settembre 1999.

[3] “Anche le Regioni potranno varare una legge finanziaria ogni anno” Sole 24 Ore 23.10.99.

[4] Vedi la pagina dedicata agli enti locali sul Sole 24 Ore dell’8 novembre 1999 curata da Francesco Montemurro.