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La transizione difficile

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Maria Rosaria Del Ciello
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Collaboratrice e ricercatrice rivista “Proteo”

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L’evoluzione della comunicazione al cittadino; dai media tradizionali ai sistemi multimediali

Maria Rosaria Del Ciello

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Interessante è notare come i due principi alla base dell’efficienza dei mercati e dell’allocazione delle risorse da parte del sistema dei prezzi (diritto di proprietà ed escludibilità del consumo di un bene) non valgano più in un’economia in cui ciò che ha valore non è un bene ma un’informazione, che può essere trasmessa su Internet a costo nullo da chi la ottiene e può essere contemporaneamente utilizzata da molte persone in qualunque località fisica. Naturalmente esistono modi per ripristinare l’efficienza di mercato, ad esempio leggi e meccanismi che possano ripristinare quelle caratteristiche di proprietà ed escludibilità non più garantite dalla natura fisica del bene informazione. Internet, quindi, così come tutta la tecnologia che avanza richiede strumenti di analisi economica e leggi che evolvano con essa.

 

La domanda di informazioni è riconducibile a due soggetti fondamentali: quello degli enti e delle imprese, utenti dell’informazione, e quello dei singoli individui.

Un terzo della popolazione con più di 14 anni è costituita da consumatori multi-mediali, i quali abitualmente nel loro rapporto col mondo integrano l’uso di qualsiasi tipo di media [1]. D’altro canto quasi il 40% della popolazione con più di 14 anni è costituita da consumatori mono-mediali, nel senso che abitualmente nel loro rapporto col mondo utilizzano quasi solo ed esclusivamente la televisione. Nel corso del 1997 la tradizionale piramide con al vertice gli utenti di Internet ed alla base la vasta platea di spettatori televisivi si è modificata. Gli internauti, così come gli utenti di Cd-rom sono infatti raddoppiati, mentre gli utenti dei media tradizionali tendono a rimanere costanti o a diminuire.

La televisione continua comunque a rimanere il grande gigante incontrastato che domina il sistema della comunicazione nel nostro paese.

Anche se le cose stanno leggermente cambiando, nel senso che il sistema Italia si muove, se pur lentamente, verso la società dell’informazione e dei new media telematici, tuttavia il rapporto con i media nella grande maggioranza dei casi è ancora costituita nell’ordine da: televisione, radio, settimanali, periodici e quotidiani, cinema e libri.

Tuttavia va registrata, allo stato attuale, una perdita di credibilità dell’intero sistema informativo ed un conseguente calo di lettori di quotidiani e periodici: questi sono solo alcuni degli elementi più visibili e macroscopici delle difficoltà che sembrano aver colpito il sistema dell’informazione. In realtà c’è una crisi generale dell’industria editoriale a cominciare dalla carta stampata confinata in un angolo dall’informazione televisiva. Anche quest’ultima, paradossalmente, non viene agevolata dalla nuova situazione: la crescente mole di immagini omologate che le grandi agenzie mondiali dell’informazione producono ogni giorno ad uso e consumo dei telegiornali, inibiscono le capacità e le volontà di approfondire in modo originale ed inedito gli argomenti trattati. Ma la vera novità culturale è rappresentata dalla comunicazione elettronica e virtuale di Internet. La rete delle reti ha trasformato il pubblico dei lettori passivi in una sterminata massa di editori potenziali.

 

Per quanto riguarda l’offerta di informazione, una lettura dei dati sul mercato dell’editoria italiana a fine 1996 mostra una concentrazione delle imprese editoriali prevalentemente nel Nord Italia. L’impresa editoriale “tipo” italiana è una società di capitali che si occupa di libri o opuscoli di vario genere, ed ha una diffusione (del prodotto) comunale; inoltre la dimensione media (misurata dalla classe di addetti) è quella della piccola impresa (al di sotto dei 10 addetti).

Al Nord dove risulta concentrato oltre il 50% delle imprese editoriali italiane prevale un modello di impresa che è molto vicina a quella “tipo” appena descritta. Ci si allontana da questa figura, invece, al Sud dove la forma giuridica prevalente è quella dell’impresa individuale.

La dimensione media dell’impresa editoriale conferma la specificità del tessuto produttivo italiano che presenta una dimensione media aziendale nettamente più ridotta di quella prevalente nell’area UE. Il sottodimensionamento relativo delle imprese industriali e dei servizi italiane dipende solo in parte dalla diversità tra le strutture produttive, essendo sistematicamente verificato in tutti i principali comparti di attività economica [2].

Secondo il Rapporto 1994 sulla Piccola editoria, la debolezza dei piccoli editori non dipende tanto dalla loro dimensione o dal fatto di operare in un mercato in cui sono circondati da editori forti, quanto dal fatto che avendo scarse risorse - solo il 4,7% ha ricevuto negli ultimi tre anni agevolazioni di qualche tipo (credito agevolato, premi all’export o per opere di elevato valore culturale) - ed essendo oberate da oneri finanziari crescenti, non possono compiere quegli investimenti che si renderebbero necessari per attuare alcune scelte strategiche fondamentali.

Sull’andamento del mercato editoriale incidono ed hanno inciso numerosi fattori: il settore è stato per decenni gestito, in particolare il comparto dei quotidiani, secondo logiche essenzialmente politiche.

La mappa dei gruppi editoriali non ha registrato significative variazioni dall’inizio degli anni ‘90 ad oggi. Nonostante l’elevato numero di imprese operanti al suo interno, il mercato editoriale italiano presenta elevati indici di concentrazione, in ragione dell’esistenza e dell’ampiezza dei grandi gruppi multimediali, che realizzano alte quote di mercato contemporaneamente su più settori (Tab. 16) [3]. Nel settore dell’editoria quotidiana le 5 principali imprese editrici (RCS editoriali quotidiani, Editoriale La Repubblica, Editrice Il Messaggero, Poligrafici Editoriale, Editrice la Stampa) realizzano oltre il 40% della diffusione totale. Nel settore dei settimanali i 6 principali editori (Arnoldo Mondadori, RCS Rizzoli Periodici, Silvio Berlusconi editore, Periodici San Paolo, Casa editrice Universo) assorbono circa l’85% della diffusione totale, mentre agli altri 11 resta il 15%.

Sempre sul versante dell’offerta di informazione vanno ricordate radiofonia e televisione .

In Italia il servizio pubblico RAI dispone di 3 reti radiofoniche nazionali ripetute in AM e FM.

Per quanto riguarda i soggetti privati si ritiene che le radio che trasmettono in maniera non saltuaria non siano più di 2500 e quelle con una rilevanza economica circa 700. Le radio nazionali di natura commerciale sono 10.

Dai bilanci consuntivi del 1991 risultava che solo 52 emittenti avevano un bilancio con fatturato superiore ai 700 milioni e ricavi complessivi di 109 miliardi con un’incidenza della pubblicità dell’80%.

L’esperienza dell’impresa radiofonica in Italia mostra che:

L’impresa radiofonica presenta dimensioni modeste e carattere diffuso;

I fenomeni di concentrazione propri della televisione non sono presenti;

Una parte rilevante delle emittenti minori vive ai margini del mercato o non ha una dimensione e una filosofia d’impresa; sopravvive con un ampio ricorso al volontariato ma anche con ampie sacche di lavoro sottopagato.

 

Da circa un decennio, in Europa e negli USA, è avvenuta una progressiva trasformazione della comunicazione, soprattutto televisiva, che ha privilegiato e si è sviluppata intorno ad un binomio globale da un lato elocale dall’altro. La comunicazione televisiva risulta così orientata in termini di scenari internazionali o in una dimensione locale, sia con riferimento ai mercati, al tipo di programmazione, all’individuazione dei pubblici e quindi di destinatari dei messaggi televisivi.

Appare oggi necessario definire le strategie che attualmente caratterizzano il flusso di informazione.

A questo proposito emerge una crescente e quasi incontrollata autoreferenzialità: sempre più spesso il sistema dell’informazione si propone come una rete chiusa che si autoalimenta. Lo stato di iperinformazione, poi, non favorisce, o rende problematico, un qualsiasi momento di approfondimento e per questo si avverte la necessità di immaginare un’offerta forse più limitata nei suoi aspetti quantitativi ma in grado di offrire una pluralità di formati e prodotti e di rivolgersi a pubblici specifici non necessariamente ampi e comunque non definibili secondo parametri esclusivamente quantitativi [4].

Alla fine del 1993 la RAI, come gran parte dei gruppi di comunicazione italiani, si trovava in una situazione di profonda difficoltà economica e crisi strutturale. In quanto servizio pubblico direttamente legato al sistema politico-amministrativo, la RAI subiva gli effetti destabilizzanti delle turbolente trasformazioni che caratterizzavano il paese in quegli anni. Sottoposto a continui attacchi e valutazioni, anche sul senso della sua stessa esistenza, il servizio pubblico attraversava nel periodo 1992-94 uno dei più difficili della sua storia.

La Rai vive, infatti, tuttora una doppia realtà sia sul piano delle fonti dei propri ricavi (canone e pubblicità) che la obbligano a competere come impresa sul mercato televisivo, sia sul piano della propria missione istituzionale in quanto deve comunque operare come servizio pubblico.

A partire dal 1994 la TV pubblica è entrata direttamente nell’arena dei nuovi servizi di TV a pagamento: oltre a diffondere le proprie trasmissioni via satellite (Rai1 e Rai2 su Hot Bird 1 e Rai3 su Eutelsat II F1) la Rai ha puntato ad incrementare la sua presenza internazionale con la creazione di Rai International che gestirà il prodotto Rai sui mercati esteri [5]unicazione in Italia - 1996”, Guerini e Associati, 1996..

 

All’interno del mercato dell’informazione un posto particolare merita Internet.

Internet è una rete storicamente nata verso la fine degli anni ‘60 presso l’ARPA (Advanced Research Projects Agency), una sezione del Dipartimento della Difesa americano, che iniziò a sovvenzionare i dipartimenti informatici di molte Università americane per la creazione di una rete multinodale. Il risultato fu la definizione di un protocollo di comunicazione (TCO/IP) che oggi rappresenta la struttura portante di Internet [6]. La rete può essere considerata come il precursore delle autostrade dell’informazione. L’elemento centrale alla base del successo ottenuto è stato l’ipertesto, reso fruibile dal web e dai browser che consentono a tutti di navigare tra milioni di informazioni di ogni genere [7].

Con Internet è nato un nuovo soggetto media che ha caratteristiche innovative così forti da mettere in discussione i tradizionali modi di comunicare. La prima sostanziale differenza tra la rete e i media tradizionali è la sua assoluta deregulation: tutti possono diffondere messaggi e proposte in modo democratico senza che debba essere rispettato il principio basato sui parametri investimento/risultato.

La seconda differenza è l’assoluta mancanza di barriere di accesso al comunicare [8].

Dal punto di vista economico l’aspetto forse più innovativo di Internet è la sua affermazione quale canale commerciale tra aziende (business to business) e tra aziende e clienti individuali (business to consumer)  [9] tanto che il prossimo sviluppo del commercio elettronico sarà sicuramente una valvola di sfogo sulla quale convergeranno molto i budget pubblicitari (Fig. 1) [10].

Senza soffermarsi sugli aspetti e le dimensioni del fenomeno business to business, che presenta indubbiamente una crescita enorme rispetto al business to consumer, è interessante sottolineare come sia proprio quest’ultimo a caratterizzare il mercato dell’informazione via Internet. Ed infatti i clienti che acquistano via Internet ricercano prodotti ricchi di contenuto informativo: viaggi turistici, libri o prodotti software. Internet si configurerebbe perciò più come un aggregato di mercati di nicchia (micromercati di massa) che non come un generico e illimitato supermercato elettronico.


[1] Censis, “31° Rapporto sulla situazione sociale del Paese - 1997”, F. Angeli, Roma.

[2] Istat, “Rapporto Annuale. La situazione del paese nel 1998”, edizione 1999.

[3] Emilio Pucci (a cura di), “L’industria della comunicazione in Italia - 1996”, Torino, 1996.

[4] AA.VV., Regioni e difesa dei diritti delle persone, VII Convegno Nazionale di studi regionali, 17-18 febbraio 1995, Consiglio regionale della Liguria.

[5] Emilio Pucci (a cura di), “L’industria della com

[6] “La tecnologia dell’informazione e della comunicazione in Italia. Rapporto 1998”, (Forum per la Tecnologia dell’Informazione), Milano, 1998.

[7] “La tecnologia dell’informazione e della comunicazione in Italia. Rapporto 1996”, (Forum per la Tecnologia dell’Informazione), Milano, 1997.

[8] Francesco Segato, “La pubblicità in Internet”, if-Rivista della fondazione IBM Italia, n. 1/99.

[9] Ernesto Hofmann, Carlo Porcella, “Economia, cultura e tecnologia nel modello e-business”, if-Rivista della fondazione IBM Italia, n. 1/98.

[10] M. Mele, “Nuovi mezzi per nuove risorse”, Il Sole 24 Ore, 4 maggio 1999.