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La transizione difficile

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Gianni Cirino
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Il lavoro ”cognitivo” nella fase dell’accumulazione flessibile: uno schema interpretativo del “fenomeno“ dei cosiddetti “lavoratori della conoscenza”

Gianni Cirino

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Questa prospettiva è poi quella, che viene propagandata dai responsabili politici dei paesi industrializzati (ad esempio tramite i programmi della Unione Europea di sostegno alla ricerca tecnologica per una Società dell’Informazione, per non parlare dei programmi USA), per cui il futuro delineato deve essere costruito e dipenderà dalla capacità dei paesi occidentali di investire nei servizi hi-tech, progettare organizzazioni in grado di gestire e di integrare le conoscenze lungo la “filiera del business”, creando una struttura solida di sviluppo delle conoscenze.

Al di là della veridicità o meno di queste profezie o di queste strategie, l’idea che, chi scrive, si sente di sostenere e cercare di “approfondire”, consiste nel fatto, che l’emergere di nuovi sistemi di lavoro, non è riconducibile ad un semplice incremento delle competenze, richiesto ai tradizionali lavoratori che operano nelle imprese private, come anche e sempre di più nelle pubbliche amministrazioni, ma costituisce una nuova forma di produzione, coerente con il modo di produzione capitalista, che sta soppiantando progressivamente il precedente modello taylor-fordista.

In particolare il nuovo sistema di produzione, centrato sulla “conoscenza”, sta portando sulla scena nuovi soggetti- “i lavoratori della conoscenza”, che, analogamente a quanto è già successo nel sistema di produzione capitalistico del novecento, con la figura dell’operaio-massa, sono costretti ad operare in un contesto di radicale mutamento della struttura del lavoro, sia sul fronte dell’organizzazione, che sul fronte delle cosiddette “relazioni industriali” tra lavoratori e management aziendale, ovvero tra lavoro e capitale.

D’altra parte, come si è illustrato nel precedente paragrafo del presente articolo, sono proprio gli aspetti di “lavoro cognitivo” e “creatività coatta” che sembrano essere proprio quelli che individuano le peculiarità dei “lavoratori della conoscenza” e, come si è visto, tali aspetti influenzano fondamentalmente la dimensione “meta-lavorativa” e quindi dei metodi organizzativi dei processi di produzione.

Pertanto nel seguito si illustreranno i risultati qualitativi e quantitativi della ricerca internazionale condotta in Francia, Germania ed USA dall’IRSO (Istituto RSO) nel 1995, che ha messo in luce, come la popolazione dei cosiddetti “lavoratori della conoscenza”, stia divenendo la “categoria centrale” della forza-lavoro nelle imprese di grandi e medie dimensioni dei paesi più sviluppati dal punto di vista dell’economia capitalista. [1]

In particolare si cercherà di documentare che:

1. le occupazioni ad alta qualificazione crescono in modo continuo e significativo sia nel settore manifatturiero, sia in generale e quindi anche nella Pubblica Amministrazione; questo trend interessa tanto il lavoro manageriale, quanto il lavoro professionale e tecnico, anche se per il futuro i trend di crescita dovrebbero vedere far prevalere le figure a base professionale e tecnica, piuttosto che quelle manageriali ed amministrative;

2. le occupazioni a media qualificazione - inclusi gli operai qualificati - restano percentualmente stabili nel tempo, pur a fronte di una progressiva riduzione complessiva del segmento di popolazione operaia ed impiegatizia; ciò significa che in rapporto al totale degli operai ed impiegati, le figure di media qualificazione sono in realtà in crescita;

3. le occupazioni a bassa qualificazione decrescono rapidamente e marcatamente in tutti i settori produttivi e dei servizi del terziario;

4. le grandi classi occupazionali tradizionali (blue collar/white collar, professional/manager), basate sulla funzione, sull’ambiente in cui lavorano, sulla classificazione sociale hanno confini meno netti e le distinzioni tra essi tendono ad essere meno nette, se non a scomparire;

5. le forze - lavoro tendono a distinguersi piuttosto in base al livello di qualificazione, competenze, scolarità;

6. lo sviluppo quantitativo e qualitativo dei lavoratori della conoscenza:

• è correlato all’evoluzione tecnologica, automazione dei processi industriali e soprattutto più recentemente alla diffusione delle tecnologie dell’informazione ed della comunicazione, così come al crescente impiego di conoscenze scientifiche nei processi economici e produttivi;

• è associato a strategie competitive, centrate sull’innovazione di processo e di prodotto e sullo sviluppo di servizi a valore aggiunto.

Sia ben chiaro che la popolazione, di cui si vuole parlare - i “lavoratori della conoscenza”- non risulta definita in modo preciso, anzi viene di solito classificata secondo diverse prospettive ed in vari metodi:

rispetto al livello di formazione include diplomati, laureati, master, titolari di dottorati;

rispetto al contenuto del lavoro include manager (dirigenti e quadri), professional, tecnici, figure commerciali e di marketing, group-project leader, conduttori e gestori di sistemi, addetti al customer-care, responsabili di una unità di business o di un cliente od un’insieme di clienti-chiave, che hanno molte sovrapposizioni sfuggenti;

rispetto alla posizione occupazionale ed contrattuale include dipendenti garantiti (“core”), dipendenti flessibili (“supplemental”), dipendenti di imprese outsourcer (lavoratori interinali, ecc), lavoratori “autonomi” eterodiretti di seconda generazione, ecc: figure professionali uguali si trovano spesso in posizioni occupazionali diverse (es: gli informatici, i consulenti direzionali).

Risulta aperta la questione della nuova strutturazione interna di questa categoria di lavoratori, anche perchè le attuali differenziazioni prima o dopo daranno luogo a nuove differenziazioni e così via. [2]

In particolare i sistemi di classificazione, utilizzati dagli enti statistici di Francia, Germania e Stati Uniti, differiscono spesso in modo significativo, per cui nella ricerca suddetta dell’IRSO, al fine di rendere confrontabile i fenomeni, le tendenze, i dati forniti dagli enti statistici ufficiali per le diverse classi occupazionali, sono stati analizzati e riaggregati in categoria per lo più omogenee; le logiche utilizzate seguite per l’aggregazione dei dati verranno indicate volta per volta a commento delle tavole e dei grafici presentati.

 

4.1. Principali trend evolutivi nella composizione degli occupati nei tre paesi

 

Nel seguito del suddetto paragrafo verranno presentati i principali trend evolutivi, ricavati nella ricerca dell’ IRSO, della struttura occupazionale dei tre paesi analizzati, con particolare riferimento all’evoluzione avvenuta negli ultimi vent’anni; per quel che riguarda la Francia i dati forniti si riferiscono ad un periodo piu’ breve, a causa del fatto che, a partire dal 1982, e’ stato adottato un nuovo sistema di classificazione, che ha reso piu’ difficile il confronto tra i dati.

 

STATI UNITI. I dati relativi agli USA segnalano una crescita costante e marcata delle fasce di popolazione piu’ qualificate a discapito delle fasce di lavoro “unskilled”; i dati forniti dal Bureau of Census mostrano che dal 1900 al 1994 la categoria dei white-collar workers passa dal 17,6% al 57,8% ed in particolare nell’ambito di questa categoria i “professionals and technicals” costituiscono l’aggregato che mostra i tassi di crescita piu’ marcati, passando dal 4,3% al 17,4% dell’intera popolazione attiva. Nello stesso tempo i “farm workers” passano dal 37,5% al 2,9% ed i “manual workers” dal 35,8% al 25,5%.

Gittleman e Howell (1995) hanno classificato tutti gli occupati nelle imprese private in base al livello di qualificazione del lavoro svolto, giungendo a determinare quattro raggruppamenti [3]; come si può notare dalla fig. 1, l’aggregato “alta qualificazione” e’ passato, tra il 1973 ed il 1990, dal 15,6% al 21,8%, mentre nello steso periodo la “bassa qualificazione” e’ scesa dal 23,7% al 20,7%.

La ricerca IRSO conferma e rafforza questa tendenza: a partire dalle statistiche ufficiali dello US Bureau of Census, sono stati classificati tutti gli occupati in tre ampie classi ovvero “alte”, “medie” e “basse” qualificazioni, ma differentemente dalla ricerca di Gittleman e Howell, si e’ scelto di non limitare l’indagine alle imprese private, ma di estenderla a tutti gli occupati; ciò anche al fine di verificare la fondatezza delle tesi piu’ pessimistiche, che ritengono che la crescita dell’economia americana abbia generato soprattutto lavori dequalificati e marginali (servizi di pulizia, servizi alle persone,ecc). Sono stati esclusi (raggruppamento qualificazioni “non determinabili “) quei gruppi professionali di difficile collocazione nelle tre categorie (come ad esempio i “sales workers”) a causa della loro elevata eterogeneità nella composizione.

Come si può osservare nella fig. 2 [4] le alte qualificazioni sono cresciute significativamente, passando dal 25,8% degli occupati nel 1977 al 31,4 nel 1995. Questo andamento mostra come nel tempo la generazione di lavori ad alta qualificazione abbia favorito un migrazione di parte delle medie qualificazioni verso l’alto e non, come sostenuto da alcuni, verso posti di lavoro dequalificati e sottopagati.

La leadership conseguita dagli USA nel corso degli anni 90 nei settori hi-tech ed a piu’ alta concentrazione di “brainpower”, come la microelettronica, l’informatica, le telecomunicazioni, le bio-tecnologie, risulta in sintonia con gli andamenti sopra illustrati; parallelamente questa significativa trasformazione del lavoro e’ stata accompagnata da un innalzamento del livello di scolarità, come si può osservare dai dati della fig. 3.

 

FRANCIA. Al fine di rendere confrontabili le tendenze in atto, anche nel caso della Francia, le diverse categorie socioprofessionali riportate dall’INSEE (Istitut National de la Statistique et des Etudes Economique) sono stati dall’IRSO riaggregati in tre grandi classi: alta, media e bassa qualificazione. Pur se riparametrati ad un periodo piu’ breve, i dati indicano, come si può osservare nella fig. 4, la medesima tendenza riscontrata per gli USA.


[1] La ricerca citata è stata recentemente aggiornata, rielaborata e pubblicata nel volume di F.Butera,E. Donati, R.Cesaria, dal titolo “ I lavoratori della conoscenza”, Franco Angeli 1997; da questo volume si trarranno i dati della ricerca, che verranno illustrati in questo paragrafo.

[2] Chi scrive vuole sottolineare come una analisi-inchiesta, effettuata da parte del sindacato di base, potrebbe essere utile ad “chiarire” questo punto, oltre che soprattutto ad essere un punto di partenza ed uno strumento per impostare delle “lotte unitarie” con gli altri tipi di lavoratori

[3] I quattro raggruppamenti sono stati ottenuti aggregando le seguenti categorie:

alte qualificazioni (skilled workers): include professionals, managerial e technical jobs, caratterizzati da skill acquisiti attraverso percorsi di studio formali e da flessibilità ed autonomia operativa; sono esclusi i dipendenti pubblici;

medie qualificazioni white collar (semi-skilled workers): include semi-skilled white-collars, caratterizzati da compiti regolati da procedure con limitata discrezionalità;

medie qualificazioni blue collar (semi-skilled workers): include semi-skilled blue collar, caratterizzati da compiti relativamente ripetitivi, governati da specifiche regole di lavoro e coordinati da supervisori;

basse qualificazioni (low o unskilled workers): include lavoratori addetti alla produzione di industrie manifatturiere ed imprese di costruzione caratterizzate da bassi salari e vari lavoratori manuali nel settore dei servizi.

[4] Si legga “nostra elaborazione” come “elaborazione IRSO”