La nuova configurazione dei soggetti del lavoro e del lavoro negato dalla fabbrica sociale generalizzata al blocco sociale antagonista
Luciano Vasapollo
INCONTRO NAZIONALE DELLA RETE DEI COMUNISTI: BLOCCO SOCIALE ANTAGONISTA, LOTTE SOCIALI E RAPPRESENTANZA POLITICA - ROMA 2, 3 LUGLIO 1999
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Jeremy Rifkin è convinto che: ”Entro il prossimo secolo,
il lavoro di massa nell’economia di mercato verrà probabilmente cancellato in
quasi tutte le nazioni industrializzate del mondo. Una nuova generazione di
sofisticati computer e di tecnologie informatiche viene introdotta in un’ampia
gamma di attività lavorative: macchine intelligenti stanno sostituendo gli
essere umani in infinite mansioni”, (cfr. Rifkin J., “The End of Work”
The Decline of the Global Labor Force and the Dawn of the Post-Market Era”,
G.P. Putnam’s Sons,1995, Trad.it. di Paolo Canton, “La fine del lavoro - Il
declino della forza lavoro globale e l’avvento dell’era post-industriale -“,
Baldini & Castoldi s.r.l., Milano, 1995, p.23). Lo scenario prospettato da
Rifkin, di un mondo in cui la terza rivoluzione industriale accrescerà la
produttività in cambio però di un numero sempre crescente di disoccupati, va
però valutato attentamente: a nostro avviso infatti il lavoro non è finito ma
sta cambiando in quanto “ormai il problema reale non è quello della
produzione ma quello dell’equa ripartizione sia della ricchezza, sia del
lavoro che occorre per produrla. Ma i paesi ricchi fingono che il problema
principale sia quello di rendere ancora più veloce la produzione di beni”
(cfr. De Masi D., "Sviluppo senza lavoro", Edizioni Lavoro,
Roma, 1994, p.81).
Questa situazione ha portato alla nascita di una forma di
lavoro nuovo, alternativo chiamato anche “lavoro atipico o informale”.
Questo termine comprende il cosiddetto lavoro sommerso, secondario, illegale,
nero, grigio, intermittente, occulto, atipico che si realizza al di fuori del
mercato ufficiale, mal retribuito senza le regole dei contratti nazionali e non
segue le procedure legali e regolamentative. La mancanza di protezioni
legislative e sindacali fa sì che questi lavoratori non siano garantiti in
alcun modo e si trovino quindi ad operare in condizioni di lavoro inaccettabili.
E’ secondo tale direttrice che, a partire dall’imposizione di un nuovo modello
di sfruttamento del lavoro, anche se con modi e tempi diversificati, si sta
realizzando la nuova fase dell’accumulazione flessibile capitalistica con forti
connotati di ridefinizione sul lungo periodo.
L’analisi effettuata può permettere un riscontro empirico
dell’esistenza di nuovi soggetti del lavoro nel territorio concentrati, in aree
non necessariamente depresse, giungendo alla evidenziazione e alla verifica di
ipotesi socio-politiche sulla loro natura e sul loro ruolo. Si è in una fase,
dunque, di passaggio epocale nella trasformazione delle modalità di sviluppo
nel nostro Paese; una fase in cui, si stanno velocemente affacciando sulla scena
economico-sociale nuove soggettualità, nuove povertà e quindi nuove figure da
riaggregare in un progetto di ricomposizione e organizzazione del dissenso
sociale.
L’attuale problema del lavoro non è solamente connesso
alla disoccupazione bensì una serie di problemi di carattere quanti/qualitativo
e quindi delle nuove figure del lavoro e del non lavoro. Il problema lavoro
esiste ormai anche per coloro che ne possiedono uno, dato che si lavora sempre
di più ed in condizione sempre più precarie, non tutelate e con un guadagno
sempre minore e con alti livelli di mobilità e intermittenza.
Le economie avanzate del modello post-fordista che hanno
caratterizzato l’ultimo ventennio hanno dato luogo ad un fenomeno di
deregolamentazione dei rapporti di lavoro ad alto contenuto di flessibilità.
Tale fenomeno è caratterizzato da diversi aspetti distinti del nuovo ciclo
dell’accumulazione flessibile. Aumenta, ad esempio, l’esistenza di “lavori”
che non consentono a chi li esercita di raggiungere livelli di reddito tali da
superare la soglia della povertà. Ricerche condotte in Europa e negli Stati
Uniti mettono continuamente in luce il problema delle nuove povertà, figure
sociali che emergono a fianco a quella dei disoccupati, costituite da una
consistente parte di cittadini che svolgono un lavoro precario intermittente, ad
alta mobilità. Questi lavoratori sono esposti al rischio di accettare salari
minimi, a rendere più lunga la giornata lavorativa, a forme moderate di cottimo
generalizzato, i loro salari spesso sono a giornata, sono salari di fame.