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Continente rebelde

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Marcos Costa Lima
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Prof.Dr. del Programma di Dottorato in Scienze Politiche dell’Università Federale di Pernambuco-Recife-Brasil. Attualmente compie studi di post-dottorato presso l’Università di Parigi XIII-Villetaneuse

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L’ALCA: più che un’area di libero commercio, una ridefinizione del progetto egemonico degli Stati Uniti d’America

Marcos Costa Lima

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Nel testo preliminare dell’ALCA il controllo del libero movimento finanziario è espressamente proibito, anche nel caso di controlli poco restrittivi come in Cile (dove, tra il 1991 e il 1998, si sono attuate leggi cosiddette di incasso [1]) e in Argentina (2003), e nonostante l’assenza di controlli sia fonte di gravi instabilità nell’economia mondiale (vedi le crisi in Argentina, Brasile e Messico) tanto che, a causa di esse, lo stesso FMI ha ammesso che si possano esercitare controlli sui capitali per limitare i danni della crisi in Russia. Il testo proibisce, inoltre, requisiti di disimpegno (integrazione nazionale delle catene produttive, grado o percentuale di contenuto nazionale, trasferimento di tecnologia e di conoscenze riservate, bilancio equilibrato tra esportazioni e importazioni, occupazione, sviluppo regionale, miglioramento della qualità della vita, ecc.), obbligando i governi a rinunciare alla propria sovranità in alcuni settori e ad alcuni progetti di sviluppo economico e sociale per i propri popoli.Il recente accordo di libero commercio firmato nel 2003 tra il Cile e gli Usa [2] è un’ulteriore dimostrazione del fatto che il modello del NAFTA è in pieno vigore. Si tratta, come affermato dall’economista Paulo Nogueira Batista [3] di un contratto di adesione formulato secondo le priorità degli USA e gli interessi delle sue corporazioni. L’accordo è vantaggioso e strategico per i negoziatori dell’”Impero”, perché serve da esempio e da principale referenza per la negoziazione continentale. Non per niente Bush ha insistito per stabilire il maggior numero possibile di accordi bilaterali, ognuno dei quali consente di ampliare le concessioni, e di stabilire priorità e precedenti [4].

Nell’accordo, il Cile concede ampie possibilità di accesso a tutto il mercato dei servizi, in particolare nei settori finanziario, delle telecomunicazioni, audiovisivi, edilizia e ingegneristica, turismo, pubblicità, trasporti, servizi professionali (architetti, ingegneri, contabili), servizi di distribuzione (ingrosso, vendita al minuto, poste), servizi ambientali, educazione per gli adulti, ecc.

Anche per quel che riguarda gli investimenti l’accordo è totalizzante. Stabilisce un meccanismo di soluzione delle controversie tra gli investitori e lo stato che, come abbiamo visto, permette il ricorso all’arbitraggio internazionale, surclassando la legislazione e il sistema giuridico del paese ospitante. Inoltre, tutti gli investimenti USA sono protetti, sia in relazione alle imprese, agli utili e alle concessioni, sia in relazione alla proprietà intellettuale. Su questo aspetto in particolare, l’accordo amplia la protezione per mezzo di brevetti, copyrights e marche, rispetto a quella già concessa grazie ad accordi simili. Si prevede quest’ampliamento delle protezioni (che, di fatto, porta a un rafforzamento del monopolio), per compensare carenze amministrative o di regolamenti sulle concessioni. Nondimeno si considera questo accordo come un modello.

Rispetto alle vendite all’asta di beni pubblici, oltre alle priorità che si pretende di stabilire nell’ALCA per le tre sfere del potere, nel caso Cileno queste riguardano 10 porti del paese e tutti gli aeroporti statali. Evidentemente il Cile non potrà concedere la priorità alle sue imprese in crisi, come ad esempio la Grande Irmão.

L’ALCA, pertanto, rappresenta una nuova tappa nel processo di deregolamentazione e di liberalizzazione degli investimenti stranieri su scala mondiale. Per la sua estensione e complessità, configura un cambiamento sistematico nelle relazioni tra gli USA e i paesi in via di sviluppo. Quest’accordo è coetaneo a un processo di approfondimento delle riforme neoliberali del FMI e della Banca Mondiale, che intendono avviare una cosiddetta seconda generazione di riforme neoliberali, flessibilizzando i diritti dei lavoratori, assicurando l’autonomia delle Banche Centrali rispetto allo Stato, promuovendo i fondi pensione. Questi ultimi, in via pionieristica, sono già stati introdotti in Cile, in seguito allo smantellamento del sistema previdenziale pubblico da parte della dittatura e degli economisti di Chicago. Tutto ciò implica un estendersi delle privatizzazioni dei beni pubblici a settori come l’educazione, la salute, l’acqua, l’energia, la biodiversità, ecc. In un periodo di crisi strutturale e di rinata competizione intercapitalista, l’Area di Libero Commercio amplierà significativamente il mercato degli Stati Uniti e, allo stesso tempo, intaccherà la sovranità dei popoli latino-americani.

Recentemente si è recato in Brasile il Sig. Peter Allgeiger, co-presidente nord-americano dell’ALCA, il quale ha affermato che gli USA non accetteranno modifiche alla struttura dell’Accordo ALCA [5], il che rafforza la nostra opinione sul carattere impositivo e senza reciprocità dell’accordo. Tocca al presidente Lula dimostrarsi all’altezza del suo ruolo, salvaguardando gli interessi sovrani del paese.

Di fatto, le competenze dell’ALCA vanno molto al di là di quelle di un’area di libero commercio, poiché è un accordo che incide sulle relazioni tra il settore dei servizi, il sistema finanziario, la spesa pubblica e gli investimenti. Riconosce, inoltre, un trattamento molto favorevole alle imprese che detengono brevetti e regole privilegiate sulla soluzione delle controversie tra Stato Nazionale e investitore straniero. Si intensifica il processo di deregolamentazione economico-finanziaria che tanti effetti perversi ha provocato nella regione lungo gli anni ‘90.

3. Il Brasile tra il Mercosur e l’ALCA

Alla fine degli anni ‘90 la strategia che si prospettava per il Brasile e per la sua agenda del commercio estero, era, dato il consolidamento del Mercosur nel 1998, di fare avanzare il Blocco Regionale nella direzione di un’Area di Libero Commercio dell’America del Sud. Parallelamente, insieme all’Organizzazione Mondiale del Commercio, cercare la liberalizzazione dei prodotti agricoli e agroindustriali. Si poteva anche pensare di dare il via all’ALCA, ma solo dopo aver oltrepassato queste due fasi concomitanti e, inoltre, con l’avvio di un processo correlato di accordo di libero commercio con l’Unione Europea. La crisi economico e finanziaria asiatica del 1997, che si propagò su scala mondiale, pregiudicò la strategia brasiliana, attaccando, con un colpo solo, le iniziative del Mercosur e dell’OMC e ostacolando l’avanzata dello stesso Mercosur. La pressione esercitata dagli Stati Uniti per far avanzare l’ALCA ad ogni costo, ha reso critica la posizione brasiliana all’interno del Mercosur, colpito pesantemente dalla crisi Argentina, che avrà bisogno di tempo per rimarginarsi.

Il dialogo tra Mercosur e Unione Europea si sta svolgendo su due fronti: il primo, dettato dall’orientamento dell’ALCA e dalla politica di allargamento nel mercato europeo, riduce notevolmente le aspettative di successo delle negoziazioni. Sandra Polonia Rios [6] afferma che “il Mercosur vede nell’avvicinamento all’Europa una forma compensatoria delle negoziazioni con l’ALCA”. Sul secondo fronte, si cerca di stabilire meccanismi capaci di ridurre le barriere in relazione alle esportazioni delle proprie commodities agricole nel continente europeo, poiché, se osserviamo la composizione delle esportazioni brasiliane verso il Mercosur, l’ALCA e l’Unione Europea, quest’ultima riceve la maggioranza dei prodotti basici.

Il Brasile è il paese che più interessa gli Stati Uniti per il consolidamento dell’ALCA: il governo Lula precisa che non intende tener conto delle pressioni esercitate dagli USA tramite l’accelerazione di accordi con i paesi più piccoli [7], pressioni a cui ha accennato, con una frase a effetto, il Segretario del Commercio Nord-americano, che recentemente ha affermato che l’alternativa per il Brasile al di fuori dell’ALCA è di “commerciare con l’Antartide”.

Il paese si trova davanti a tre prospettive centrali nel processo di costruzione dell’ALCA:i) non firmare l’Accordo; ii) negoziare un nuovo trattato; iii) accettare l’ALCA nella sua forma attuale - il che rappresenterebbe grandi perdite per la nazione e soprattutto per i lavoratori.

L’attuale vice-cancelliere brasiliano, ambasciator Samuel Pinheiro Guimarães [8] ha fatto delle interessanti riflessioni, minimizzando il possibile impatto negativo di una non adesione del Brasile all’ALCA. Secondo lui l’eventuale celebrazione di un “ALCA senza Brasile” o di accordi di libero commercio bilaterali tra Stati Uniti e ognuno dei paesi latino-americani non devono turbare il Brasile circa le nostre relazioni economiche con il Nord-America e rispetto alla nostra posizione nel mercato dei paesi latino-americani. Un esempio è il caso del Messico che, integrato nel NAFTA dal 1994, non ha ridotto le importazioni dal Brasile, anzi, le ha accresciute. Il Brasile potrebbe celebrare con ognuno degli altri paesi un accordo di libero commercio in condizioni simili a quelle ottenute dagli Stati Uniti e preservare la propria posizione competitiva.

Per Pinheiro Gutarrães sono tanto vari e importanti i vincoli e gli interessi degli USA in Brasile (occasione e luogo per opportunità di investimento e di lucro molto significative per le macroimprese nord-americane), che non hanno interesse a stabilire sanzioni nei nostri confronti, anche nel caso che ci ritirassimo dall’ALCA, né hanno il diritto di farlo, perché non c’è nessuna norma del Diritto Internazionale che obblighi un paese a negoziare o a partecipare a un progetto di integrazione economica. Ma,date le attuali correlazioni tra forze mondiali e volontà imperiale che agiscono su questo paese, è prematuro pensare che non ci sarà una rappresaglia. In ogni caso, il Brasile è un paese “global trader”, e, se si seguirà il modello generale dell’Accordo, soffrirà una riduzione delle esportazioni.

Guimarães dice inoltre che nel caso di qualche misura di boicottaggio da parte americana, questa sarà facilmente dirottata all’OMC, dove avremmo l’appoggio di tutti i paesi membri, talmente evidenti sono l’illegalità e l’arbitrio. Ma anche qui dipendiamo dall’andamento degli umori, poiché gli USA non rivendicano la Super 301. Le nostre relazioni con gli Stati Uniti possono essere condotte attraverso negoziazioni dirette bilaterali per rimuovere gli ostacoli specifici al commercio, o multilateralmente in seno all’OMC, dove la posizione negoziale del Brasile è molto più forte che nell’ambito dell’ALCA, grazie agli interessi e al peso politico degli altri paesi membri con i quali possiamo allearci. In questo senso, sembra coerente un’approfondimento dei rapporti con l’India, la Cina, la Russia e l’Africa del Sud, e, ovviamente, con l’Argentina e il Venezuela, per dar luogo a un “fronte emergente”.

Sarebbe possibile aprire al mercato americano, in modo adeguato, quei prodotti che ci interessano, attraverso negoziazioni bilaterali o nell’ambito di negoziazioni nell’OMC, dice ancora Guimarães. Molti prodotti brasiliani già entrano liberamente negli Stati Uniti, ciò è dovuto esclusivamente all’interesse americano (nel caso dei prodotti primari come il caffè) e, inoltre, non ci interessa ottenere libero accesso permanente per tutti i prodotti della lista, perché molti di quelli semplicemente non li fabbrichiamo. Gli ostacoli affrontati dagli esportatori brasiliani sono localizzati, specifici, aggravati dalla legislazione di difesa commerciale americana, che secondo la legge della Trade Promotion Authority (TPA), non può essere oggetto di negoziazione. Nel caso dei prodotti agropecuari, gli interessi americani e la loro rappresentazione politica nel Congresso e le difficili relazioni commerciali in questo settore con l’Unione Europea, che ha emanato leggi per mantenere e ampliare i sussidi all’agricoltura, complicano o impediscono le negoziazioni su numerosi prodotti di interesse brasiliano, come lo zucchero, il tabacco, la carne bovina tra gli altri, e indicano chiaramente che l’ALCA non è, e non può essere, una strategia adeguata per un’espansione del commercio estero brasiliano.

Lo sforzo di preservare spazi per un’applicazione di politiche industriali più incisive fu uno dei fattori principali nella decisione del governo brasiliano di ritardare l’invio delle sue proposte di apertura alle negoziazioni sull’ALCA, riguardo il settore della spesa pubblica, i Servizi e gli Investimenti (si stima che solo la spesa pubblica raggiunge, appena al livello federale, i 20 miliardi di Reali), posticipando così il termine stabilito da 34 paesi [9].

In quanto al Mercosur, i quattro soci hanno presentato all’ALCA una proposta comune sulla liberalizzazione del commercio di beni industriali e agricoli.

La proposta di consolidamento dell’Area di Libero Commercio delle Americhe-ALCA rappresenta, viste le argomentazioni qui riportate e la forma in cui è proposta dal governo statunitense, un’imposizione e non una ricerca di reciprocità. E neanche abbiamo considerato i dettagli sugli aspetti giuridici [10] coinvolti, che non sono meno importanti e che aggiungono altre difficoltà all’implementazione dell’ALCA, data la loro rilevanza rispetto alla limitazione della sovranità nazionale.

Si tratta, pertanto, di un progetto strategico del governo degli Stati Uniti, con l’obiettivo di consolidare il proprio dominio sulla regione, attraverso nuovi meccanismi di conquista commerciale, maggiori controlli sugli investimenti e sofisticate forme di supervisione dei flussi finanziari. A differenza dei mercati di Asia e Europa, l’America Latina è una sicurezza per le esportazioni delle compagnie nord-americane e una riserva strategica di manodopera, di materia prima e di biodiversità, oltre a un grande mercato. Il consolidamento di un modello economico e sociale che subordina le necessità delle persone agli interessi delle multinazionali e del capitale finanziario, oggi, affermandosi a livello planetario, avviene in una forma immensamente più perversa nelle regioni povere, o in via di sviluppo, con sistemi di benessere sociale precari e con élites compromesse con gli interessi esterni, regioni dipendenti e sottomesse ai processi di indebitamento, che asfissiano e riducono le possibilità di investimento in infrastrutture e nei progetti sociali più urgenti.

Una riflessione elaborata dallo scienziato sociale Claudio Katz [11], che parte da un’analisi macrosociale e politica, ammette l’incapacità della classe dominante latino-americana di realizzare un progetto di integrazione (utilizzando gli esempi dei progetti falliti del Patto Andino e Centro Americano) che pesa oggi sul Mercosur:”Se durante il secolo XX le borghesie regionali non hanno potuto sviluppare il programma bolivariano, oggi hanno perso l’interesse in questo obiettivo perché i loro legami col capitale metropolitano è notevolmente maggiore”.

Con lucidità, parla, inoltre, del problema della deregolamentazione del mercato del lavoro che, lungo gli anni ‘90, ha visto l’approfondirsi della precarizzazione e l’aumento della disoccupazione. Un progetto d’integrazione degno di questo nome dovrebbe, in primo luogo, stabilire le condizioni per rispondere alle esigenze di base dei paesi coinvolti: combattere la miseria, l’aumento del salario minimo e le possibilità di accesso al mercato del lavoro formale, l’educazione e la sanità gratuite. Il principio di base dovrebbe essere il miglioramento della qualità della vita e non, come succede, esclusivamente l’efficienza degli affari e delle politiche monetarie, che peggiorano la crisi sociale e di governabilità. L’approfondimento della politica neoliberale, come la storia latino-americana ha dimostrato negli ultimi vent’anni, si interessa solo a un piccolo gruppo di corporazioni multinazionali, al settore finanziario e a piccola parte delle borghesie nazionali, al settore delle esportazioni, alle oligarchie e ai professionisti dagli alti redditi impiegati in questo settore.


[1] NOGUEIRA BATISTA (2003)

[2] “Per creare occupazione nel nostro paese, dobbiamo continuare a firmare accordi di libero commercio che aprano i mercati stranieri ai prodotti Nord-Americani”; discorso di Bush tenuto alla fine di Ottobre in California, così commentato da Robert Zoelick : “Quanto più estenderemo i nostre rapporti commerciali con le altre nazioni, tanto più favoriremo la crescita in casa”

[3] NOGUEIRA BATISTA, op. cit.

[4] RIOS (2000)

[5] GIRAULT (2003)

[6] Cf. GUIMARRAES (2002)

[7] La spesa pubblica negli Stati Uniti si limita quasi esclusivamente all’acquisto di armi ed equipaggiamenti militari,limitatatamente, per legge, a fornitori locali. Nel caso brasiliano, la spesa pubblica, in maggioranza, è rivolta all’area civile e, pertanto, è esposta alla concorrenza generalizzata.

[8] LACOMBE, Masset (2002)

[9] Katz, Claudio (2002)

[10] Cf. GIRAULD (2003)

[11] in FIORI (2003): “Da qui, il governo si dedica a esporre il suo punto di vista e comincia a muovere le sue pedine sulla scacchiera, a partire dall’opzione per la priorità sud-americana e del Mercosur. Stabilirà in seguito una serie di ponti e alleanze possibili in Africa e in Asia, come successo per il G21, nella riunione di Cancun dell’OMC, e come sta avvenendo per le negoziazioni del G3, con l’Africa del Sud e con l’India. O, ancora, come sta avvenendo per le compagnie tecnologiche in Ucraina, Russia e Cina, o per i progetti di infrastrutture di Venezuela, Bolivia, Perù e Argentina.”

Cf. inoltre SADER (2003) riguardo all’Accordo di Buenos Aires, documento firmato il 16 Ottobre da Lula e Kirchner, visto come una “via d’uscita dal neoliberismo”. Qui si afferma che l’integrazione sud-americana ha come obiettivo “la costituzione di un nuovo modello di sviluppo, nel quale alla crescita siano associate giustizia sociale e dignità ai cittadini”